mid-beach gospel
Mid-beach gospel
Stasera in spiaggia c'erano un sacco di tizi coi tatuaggi,
di quelli che tanto depréchi la notte,
quando butti a sferzate, a sassate, le sentenze rimestate tra i denti di fieno di uomini che rispetti,
negli inveterati crocicchi da bar;
prontuari post ventunesimo secolo e contro il capitalismo a sua immagine di questi tempi,
almanaccante mi piace, culi, tette, e stenti – come serpenti che s'insinuino sussultando per le tue colline,
corrompendole,
butterando le facce alle bimbe, finchè anche l'asfalto non si butta che nel nulla e quella via non significa più niente;
diversamente noi c'accartocciavamo su per i cavalloni
schiamazzando come il tipo di isteriche che legge Virginia Woolf,
non ha a tratti lode ma solo vergogna della propria pelle e di quello che, sembra,
infusioni di Dawson's Creek non siano riuscite a darci –
infiammano adesso i tramonti violetti di chi ha sedici anni, le palme azzurrate
dei loro paesaggi psichici e non,non oltre il bordo del telo da mare,
con quell'innocenza un po' bucherellata come una bella vela;
e le navi dei vecchi sono, in effetti, salpate:
le guardano appassire dietro le boe dalle seggiole in plastica
che paiono scranni solenni - c'era un uomo, però sullo scoglietto,
che pareva un padre, ma raccoglieva i balocchi del bimbo
con troppa, autorevole tristezza per esserne il nonno, in mezzo a una donna dal boccolo biondo
che pudicamente, teneramente, copriva col costume i segni di un parto, giovane;
quel tipo lì, col suo tatuaggio,
portava in braccio un agnellino bianco bianco in pannolino,
e sai è terribile, e sai ero felice,
per una volta non mi scoppiava la testa al pensiero di te che mi pianti come Téseo in spiaggia
attirato da arianne più succulenti o culinariamente competenti, Dio ce ne scampi,
ma muta ululavo con barbara gioia se tu fossi qui! Ed è come dedicare a qualcuno
un cielo,
è come significare -
scavando fra le anafore le aferesi le anamnesi,fra le pagine traboccanti
di quei veleni così sornionamente comprensibili,è il ventunesimo secolo, lei è andata!
(potessi partire così tutte le sere e tutta l'estate!)
io torno solo dalla sabbia con le amiche,
ce l'ho ancora tra le dita mentre affresco 0101 rozzo-meravigliose (rosei-tatuo-gozzoviglianti)
macchie di carni,
e quand'è che mi dai un figlio che mi esploda negli ovai?
Se nottetempo piove sarà il colmo -
matematico come le ragazze di lettere che si fidanzano con quelli di ingegneria -,
se s'offusca la caligine di 'sta stagione -
si schiudono i solstizi dietro le palpebre di noi che andiamo a letto.
Note.
E' successa una cosa, tra il (non)cumularsi di (bianchi) versacci
perlopiù inesistenti e troppo semplici, e cioè che dopo
gli esami mi sono imbattuta in uno dei pochi libri che in corso di
lettura hanno confermato l'aspettativa 'aruspica' della fase di scelta
e acquisto, e cioè i Diari di Sylvia Plath, che sto seguendo
come si seguirebbe una stagione di Dawson's Creek - la virtù sua
o di chi l'ha tradotta e un gioco sulle parole con mia sorella
che faceva molto Jane Austen e parentado mi ha fatto tornare la voglia
di scrivere bene, di
misurarle, le parole di questa bella lingua, per ottenere quella nuance
dello spettro irrazional-semantico a cui le nostre sinapsi sono
naturalmente approdate prima di noi, ed ecco quindi qui il lavoro di
circa due ore e mezza (con giusto un po' di stanchezza alla fine, un
labor lime come al solito povero e molta spontaneità
nell'accavallare e costruire frasi che significano una cosa e ne tirano
altre intrecciandosi insieme, in un reticolo che se fossi più
boriosa definirei dei colpi di genio)
, ispirato come al solito a una storia vera, verissima. Immaginate,
come al solito, Gilgamesh che si sieda davanti al suo fuoco per il puro
piacere di raccontarvi come sia andata, Gilgamesh, proprio lui, il
primordial-gormito, avvisandovi (anche se in chiusura, e quindi in tono
un pochetto apologetico) della punteggiatura che at midnight sembrava
sensata ma forse non lo sarà alla luce del giorno, del debito
con la Plath per la licenza di creare neologismi al trattino, e
di tante altre cose che forse non vi piacciono e non piacciono neanche
a me, ma perlomeno hanno reso questa poesia qualcosa di alquanto
soddisfacente e pubblicabile. Immagino che automaticamente classifichi
What the Winter Gave me come uno di quegli inflazionatissimi, lagnosi e
claustrofobici "momenti", mentre questo vorrebbe essere un Faro, che ci
riporti a casa. E ce la indichi sempre.
E voi chi siete, com'è che state, ci state bene, e state.
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