- Titolo
storia: Equivoci
in Autunno
- Fandom:
Prince
of tennis
- Personaggi:
Atobe
Keigo,
Tezuka
Kunimitsu,
Kabaji
Munehiro
- Stagione:
Autunno
- Prompt:
Noia
- Frase:
“Non
è affatto divertente”
- Oggetto:
Tazza
- Luogo:
Centro
della città
- Introduzione
storia: Atobe
chiede a Kabaji di recapitare un mazzo di fiori a Tezuka, ma le cose
non andranno per il verso giusto
- Note
dell'autore: nessuna
- Storia
partecipante al contest Operazione - Aiuta un amico indetta da
missredlights e Emanuela.Emy79 sul forum di EFP”.
- Equivoci
in autunno
- Venerdì
6 ottobre – Casa Atobe 17:00
- Cosa
c’era di meglio di restarsene all’aria aperta a
sorseggiare quei
deliziosi infusi aromatici? Atobe aveva sempre pensato che in autunno
non ci fosse nulla di meglio che assaporare quella deliziosa bevanda
accompagnato dalla leggera brezza autunnale che scompigliava
lievemente i capelli.
- Il
tè gli ricordava gli anni che aveva trascorso in
Inghilterra, in
quel periodo aveva imparato ad apprezzare quella tisana. Era da ben
tre anni che era ritornato in Giappone, ma era diventata una parte
della sua quotidianità, un rituale cui Keigo non avrebbe mai
potuto
rinunciare.
- «Kabaji,
puoi venire qui?». Era pienamente certo che
l’amico, sentendo il
proprio nome, si sarebbe avvicinato al tavolo da giardino dove aveva
appena appoggiato la tazza di ceramica.
- «Usu».
- Era
così ovvio, lo conosceva fin troppo bene da sapere che
avrebbe fatto
tutto quello che gli avrebbe ordinato, quindi perché non
approfittarne anche in quella situazione?
- «Ho
una cosa da dirti».
- In
genere non avrebbe mai chiesto aiuto in un contesto simile, non a
qualcuno di cui non si fidasse. Kabaji aveva la sua piena fiducia, ma
oltre a questo era anche la persona più riservata che
conoscesse e
sapeva che fosse l’unico cui potesse rivelare certi dettagli
della
sua sfera sentimentale e intima.
- Non
è che Keigo fosse tanto difficile accettare di essere Gay,
ma il
fatto che avesse perso completamente la testa per Tezuka Kunimitsu,
il ragazzo che aveva tenuto duro fino alla fine in una partita che
l’aveva segnato per sempre: era quello a essere bizzarro.
- Erano
rivali e credeva di averlo dimostrato a tutta la Hyotei: cosa ne
sarebbe stata della propria reputazione scolastica? Era pur sempre
l’idolo della maggior parte delle studentesse, se avessero
saputo
per chi batteva il suo cuore, cosa ne sarebbe stato di lui? Non osava
immaginare la reazione di quest’ultime nel sapere che lui, il
presidente del consiglio studentesco e capitano del club di tennis
della Hyotei Gakuen, era innamorato non di un ragazzo qualsiasi, ma
del capitano di un’altra scuola: sarebbe stata probabilmente
la sua
rovina!
- Erano
quelle le cose che non dovevano trapelare in giro, e non poteva
compromettere la sua posizione scolastica: dopotutto non era il re
della Hyotei Gakuen?
- «Per
te è un problema, il fatto che io possa essere innamorato di
Tezuka?».
- «No».
- Non
è che non si fosse aspettato una simile risposta, ma
comunque aveva
desiderato poter ricevere una sua conferma per essere più
sicuro di
non avere nessun problema.
- Apprezzava
che Munehiro fosse un tipo da poche parole e si fidava totalmente di
lui sapendo che non sarebbe mai andato a spettegolare con nessuno.
Era anche per la sua riservatezza che sapeva di aver fatto bene a
sceglierlo come amico, anzi era uno dei suoi più cari
compagni ed
era sicuramente il ragazzo perfetto cui chiedere aiuto in quel
momento.
- «Domani
consegna questi fiori a Tezuka. Ti ho lasciato l’indirizzo
così
non avrai problemi e potresti fargli anche gi auguri da parte
mia?».
- Non
poteva di certo farsi vedere consegnare quei fiori a Tezuka, cosa ne
sarebbe stato del suo trono se qualche suo compagno l’avesse
visto
a casa del rivale? Alla fine desiderava sia avere il cuore di
Kunimitsu che regnare sovrano alla Hyotei Gakuen e non aveva nessuna
intenzione di perdere nessuna delle sue cose. Alla fine Atobe era
certo di essere nato per regnare e nulla gli avrebbe impedito di
farlo, nemmeno il ragazzo che amava.
- Kabaji
alla fine gli avrebbe permesso di avere tutto quello che voleva e
sapeva che mai avrebbe rifiutato un suo ordine.
- «Usu!».
- Sabato
7 ottobre – Casa Tezuka 16:00
- Quando
pochi istanti prima aveva sentito suonare il citofono, Tezuka aveva
pensato che potessero essere i suoi compagni di scuola venuti per
fargli gli auguri di compleanno. Era andato ad aprire la porta per
farli accomodare, magari offrire qualcosa ai suoi amici, ma di certo
ritrovarsi la figura di Kabaji, era stata una cosa completamente
inaspettata.
- Cosa
voleva da lui? Avrebbe voluto chiederglielo ma notando il corposo
mazzo di rose rosse, che a occhio sembrano essere almeno sulla
cinquantina: era di certo venuto a fargli gli auguri di compleanno.
- Perché
proprio dei fiori? Non era quello il genere di cose che si regalavano
a dei semplici conoscenti, era certo che ci fosse qualcosa dietro un
tale gesto e non fu difficile per Tezuka realizzarlo: Kabaji era
cotto di lui, altrimenti come si spiegava un simile dono?
- «Sono
per me?».
- «Usu,
bu…on com…plean…no».
- Nella
voce del ragazzo quasi si notava una forte insicurezza, come la
timidezza di chi non aveva il coraggio di dichiararsi e fu proprio
quella frase che alla fine confermò le sue precedenti
intuizioni:
Kabaji Munehiro era proprio innamorato di lui, forse più di
quanto
potesse credere.
- In
che modo poteva dirgli di non essere interessato alle sue attenzioni?
Non lo avrebbe mai potuto ricambiare perché era interessato
già a
qualcun altro, un ragazzo che lo studente della Hyotei Gakuen
conosceva fin troppo bene.
- Con
quale coraggio avrebbe potuto rivelargli
l’identità di Atobe? Non
voleva né spezzare il suo cuore né rovinare
quell’amicizia che
sembrava durare da una vita, alla fine Tezuka non era così
meschino
da fargli un torto simile.
- «Grazie
mille, sono bellissime».
- Gli
sembrava scortese rifiutare quei fiori, anche se probabilmente
avrebbe finito con dare false speranze al tredicenne, ma un mazzo del
genere doveva valere un bel po’ e di certo non voleva fargli
sprecare soldi inutilmente.
- Kunimitsu
quando avvicinò le proprie mani per afferrare le rose rosse,
ebbe
quasi la sensazione di vedere un accenno di sorriso da parte di
Kabaji. Con molta probabilità se l’era solo
immaginato, anche
perché il tredicenne non era il genere di ragazzo da
mostrare i suoi
stati d’animo. Sotto quell’aspetto si somigliavano
abbastanza e
immaginava che potesse essere quella loro similitudine ad aver fatto
nascere quell’interesse in Munehiro.
- Il
tredicenne s’inchino e Tezuka avrebbe voluto ricambiare il
saluto,
ma il ragazzo non gli diede il tempo materiale, forse era
così
imbarazzato da essersi dileguato con estrema velocità.
- L’enorme
figura di Munehiro si perse fra le stradine che circondavano casa
propria, probabilmente aveva intenzione di tornare al più
presto
dalla sua famiglia.
- Doveva
rientrare ma qualcosa gli impedì di distogliere gli occhi da
quelle
meravigliose rose: il loro profumo era talmente inebriante che non
riuscì a resistere alla tentazione di annusarle.
- Era
incredibile che fra tutte le persone, proprio Kabaji gli avesse fatto
un simile regalo, probabilmente era il migliore amico di Atobe: come
poteva accettare di provare sentimenti così intensi per lui?
Non
voleva rovinare la loro amicizia, avrebbe rinunciato al suo amore pur
di non vedere i due compagni allontanarsi, anche se sarebbe stato
doloroso doveva farlo per il loro bene.
- “Se
queste rose fossero state di Atobe, sarebbe stato senz’altro
più
semplice” disse fra sé e sé il neo
quindicenne rientrando e
finendo di aiutare la madre a preparare la cena.
- “Addio
Atobe…”
- Venerdì
13 ottobre – Seishun Gakuen 17:00
- Tezuka
sarebbe voluto ritornare a casa come tutti i membri del club di
Tennis della Seigaku che avevano già lasciato
l’edificio, ma il
quindicenne aveva scorto la figura di un conoscente, qualcuno che era
interessato a lui al punto da essere venuto fino alla scuola che
frequentava.
- Kabaji
era consapevole che avrebbe dato nell’occhio? O era
così
innamorato di lui da ignorare il fatto che le loro scuole fossero
rivali?
- Fortunatamente
era l’unico del proprio circolo a non essersi ancora avviato
verso
la propria abitazione, ma c’erano ancora altri studenti in
giro per
la Seishun Gakuen e sperava che nessuno di loro assistesse alla
scena.
- «Kabaji,
cosa vuoi?».
- Era
certo che senza un motivo non sarebbe stato lì e gli
bastò solo
poggiare lo sguardo il biglietto che Munehiro gli perse per capire
cosa il ragazzo avesse in mente.
- Non
fu difficile per Kunimitsu capire cosa fosse quel Ticket in bella
mostra nella mano del tredicenne: erano i biglietti del concerto
sinfonico che si sarebbe tenuto il 17 novembre al Budokan,
l’arena
che si trovava al centro della città.
- Dove
se li era procurati? Erano introvabili, lui stesso li aveva cercati
per quasi tutta la città senza il benché minimo
successo. Alla fine
si era rassegnato all’idea di non poter assistere
all’esibizione
della nona sinfonia di Beethoven. Se Kabaji gliene stava porgendo uno
significava solo che qualcuno gli aveva dato una mano e con molta
probabilità quella persona si chiama Atobe Keigo.
- «Stai
cercando d’invitarmi?».
- «Usu».
- Certo
che l’idea di andare ad assistere al concerto era
terribilmente
allettante, ma come poteva accettare quell’invito? Farlo
significava prendersi gioco dei sentimenti di Munehiro e non era un
tipo così meschino da pensare a sé stesso
approfittando delle
situazioni che gli facevano comodo, non era mai stato egoista e mai
lo sarebbe stato.
- «Mi
dispiace Kabaji, ma non posso accettare il tuo invito».
Doveva
chiarire assolutamente quella situazione altrimenti il tredicenne
sarebbe finito con il diventare ancora più insistente di
quanto già
non fosse.
- Come
avrebbe potuto fargli capire di non essere interessato a lui? Se
doveva essere sincero, tutta quella situazione gli stava dando solo
una forte noia.
- «Non
voglio di certo ferirti, ma mi scuso in anticipo: non sono innamorato
di te e mai lo sarò. C’è già
qualcun altro nel mio cuore.». Il
capitano della Seigaku aveva notato un forte senso di delusione negli
occhi di Munehiro, l’idea di averlo ferito in quel modo non
è che
gli piacesse molto ma ormai doveva rassegnarsi all’idea che
fosse
già innamorato e che doveva rinunciare a lui una volte per
tutte.
- Era
certo che Kabaji avesse borbottato qualcosa, ma Tezuka non fu in
grado di distinguere quelle parole, l’unico suono che
riuscì a
udire distintamente fu: «…Atobe?».
- Cosa
centrava Atobe? Possibile che Munehiro avesse capito che fosse di lui
il ragazzo che amava? Se era così allora la loro amicizia
era già
rovinata?
- «Esatto:
è Atobe quello che amo». Si avvicinò al
ragazzo dandogli una pacca
sperando che fosse sufficiente per confortarlo, ma sapeva che non
sarebbe stato mai abbastanza. «Troverai senz’altro
qualcuno che ti
amerà, spero che comunque la tua amicizia e quella di Atobe
rimanga
salda nonostante questo».
- Kabaji
incominciò ad allontanarsi con lo sguardo più
deluso che avesse mai
visto, tanto da far sentire Tezuka in colpa per averlo ferito in
quella maniera.
- “Mi
dispiace di averti distrutto il cuore, Kabaji”.
- Venerdì
13 ottobre – Casa Atobe 17:00
- Munehiro
non poteva minimamente immaginare la risvolta che avrebbe preso
quella situazione: come avrebbe potuto immaginare che Tezuka
fraintendesse tutto? Aveva solo cercato di aiutare Atobe, come aveva
sempre fatto, consegnando al suo posto quei regali da parte del suo
amico.
- Se
avesse saputo che sia le rose sia il biglietto fossero da parte
dell’amico, la situazione sarebbe stata diversa? Cosa
importava
ormai? Le cose erano andate completamente per il verso sbagliato e
ora doveva rimediare a tutti i problemi che aveva causato.
- «Kabaji,
hai consegnato i biglietti?».
- «Usu…».
- Kabaji
sperò con tutto sé stesso che Keigo non scorgesse
differenze nella
propria voce, ma conosceva troppo bene le sue abilità per
non
sentirsi tradito.
- “Sistemerò
tutto” disse fra sé e sé il tredicenne
incominciando a ideare il
piano perfetto per rimediare agli equivoci che si erano creati.
- Domenica
22 ottobre ore 17:00 Tokyo
- Atobe
non riusciva a smettere di cercare la figura di Kabaji
all’interno
di quel bar, eppure era stato lui a volerci entrare quasi
obbligandolo e non aveva avuto la benché minima scelta, cosa
abbastanza insolita da parte sua.
- Dove
si era cacciato? Possibile che si fosse dileguato senza dirgli
nemmeno una parola?
- Era
vero che nell’ultima settimana l’amico aveva avuto
un
comportamento alquanto insolito, al punto da averlo evitato per tutto
il tempo fino a quel pomeriggio e ora era completamente sparito senza
un apparente motivo.
- Gli
sembrava ovvio che Munehiro avesse combinato qualcosa,
perché non
era mai stato il tipo da avere comportamenti simili, cosa confermata
anche dal suo istinto che di certo era qualcosa su cui sapeva di
poter fare affidamento.
- “Hai
combinato qualcosa, vero Kabaji?” disse fra e sé e
sé il
quindicenne sedendosi a un tavolino all’aperto dove, in
attesa del
suo arrivo, aveva ordinato una tazza di tè. “Non
pensiamoci
adesso, voglio provare questo tè”
- Era
assolutamente certo che non avrebbe mai potuto essere
all’altezza
degli infusi che era solito bere quotidianamente, d'altronde se li
faceva arrivare dalle più importanti aziende artigianali del
mondo e
un insulso bar non avrebbe mai potuto avere qualcosa di eguagliabile.
- Quando
arrivò il cameriere e gli portò la sua
ordinazione, Atobe era
terribilmente scettico, ma appena avvicinò le labbra alla
tazzina di
ceramica rimase piacevolmente colpito da quel sapore. Non era
raffinato come i soliti, ma non era una brodaglia insapore come aveva
immaginato da un locale infimo come quello.
- “L’ho
sottovalutato!” Non sapeva perché
quell’infuso gli ricordava il
suo Tezuka: sarà stato che prima di quella partita aveva
creduto
qualcuno potesse essere capace di compiere le cose di cui era stato
capace il rivale?
- Sapeva
anche lui che fosse strano paragonare i due: poteva essere il fatto
che avesse sottovalutato sia il tè sia la tenacia del rivale
da
accumunare quella situazione?
- Era
talmente catturato dai sapori inaspettatamente intensi che non si era
accorto dell’arrivo di quel ragazzo che aveva avuto piacere
di
battere, nonostante le difficoltà avute, durante il torneo
del
Kantou. Scorse la presenza di quest’ultimo solo quando
udì la
serietà della voce di Tezuka.
- «Atobe,
cosa ci fai qui?».
- Perché
il suo tono sembrava così stupito? Gli sembrava strano che,
il re
della Hyotei, frequentasse un comune bar? Il suo istinto
però gli
diceva che il motivo del suo stupore fosse ben altro, anche i suoi
occhi sorpresi gli davano questa sensazione.
- Quanto
avrebbe voluto chiedergli perché di un simile sbigottimento,
ma fu
preceduto dal capitano della Seigaku che proferì per primo.
- «Hai
accompagnato Kabaji?».
- Atobe
rischiò quasi di mandare di traverso il tè
rimasto: perché
Kunimitsu chiedeva dell’amico? Cosa diamine stava succedendo?
- Keigo
stava cercando di rimettere assieme quella situazione, ma
l’unica
cosa che gli sembrava plausibile era così assurda che
faticava anche
solo a immaginarla: Kabaji e Tezuka si erano messi assieme! Era
l’unica cosa possibile, perché solo
così poteva giustificare il
recente comportamento dell’amico.
- “È
impossibile!” si disse il capitano della Hyotei fra
sé e sé
“Kabaji non mi avrebbe mai fatto un torto del
genere!”
- Non
era così, non poteva essere finita in quel modo, glielo
diceva anche
l’istinto e mai l’aveva tradito, così
cercò di osservare il
rivale impalato di fronte al tavolo dov’era seduto.
- Il
suo sguardo non sembrava trasmettere nulla, ma lui, che era solito
scrutare attentamente gli avversari per individuare i punti deboli,
era in grado di percepire una qualche ansia come se Tezuka si
sentisse agitato per qualcosa nonostante la sua mimica non lo facesse
sembrare così ovvio.
- «Potrei
sedermi? Siccome sei qui, vorrei parlarti di una cosa».
- Cosa
voleva dirgli? Un senso di ansia lo inondò temendo le cose
che
Kunimitsu stesse per dirgli, ma era deciso con tutto sé
stesso a non
mostrargli lo stato in cui fosse.
- «Certo,
per me non c’è nessun problema».
- Il
quindicenne si accomodò su una delle sedie frontali
così da
incrociare il suo sguardo. Alla sola visione di quegli occhi
agitanti, l’ansia lo devastò al punto
d’avvertire la stessa
sensazione che fu capace di mandare lo stomaco in subbuglio talmente
forte fosse la sua ansia.
- La
tensione fra i due tennisti era così potente che nessuno di
loro fu
in grado di proferire per primo parola, era chiaro a entrambi che
fossero reciprocamente in imbarazzo e non sapevano in che modo
rompere il ghiaccio che si era appena creato, ma Atobe fu il primo a
prendere l’iniziativa andando dritto al sodo.
- «Perché
stai cercando Kabaji?».
- Il
capitano delle Seigaku tirò un grosso sospiro, come se
cercasse di
trovare la forza per affrontare quel discorso e Keigo sentì
l’oppressione allo stomaco incominciare a tormentarlo ancora
di
più.
- “Non
dirmi che state assieme, ti prego!” imprecò il
tennista fra sé e
sé.
- «Potresti
dire a Kabaji di non cercami più?». Avvertiva
chiaramente quanto la
voce di Kunimitsu fosse tesa oltre a fatto che si sentisse abbastanza
in disagio.
- Perché
Kabaji doveva cercarlo? Cosa gli aveva fatto da rendere Tezuka
così
agitato?
- «L’ho
già respinto, ma sembra che continui a corteggiarmi, oggi mi
ha pure
invitato in questo bar». Fece una breve pausa per continuare
quel
discorso che ad Atobe sembrava terribilmente assurdo. «A te
darà
sicuramente retta, ti prego Atobe».
- Respinto?
Non è che non avesse intenzione di credere alle parole del
rivale,
ma quelle accuse sembrano stonare con il carattere del compagno,
anche se la paura di un suo tradimento lo stava tormentando.
- Di
certo Munehiro era troppo legato a lui e mai si sarebbe permesso di
rubargli Tezuka, ma allora cosa stava succedendo? Era davvero
possibile questo? Aveva compiuto un gesto così infame nei
suoi
confronti? Ci pensò per qualche istante e arrivò
alla conclusione
che il suo migliore amico non avrebbe mai fatto un gesto meschino
come quello.
- Tezuka
osservava l’espressione incredula di Atobe e aveva immaginato
fin
dall’inizio che non avrebbe creduto alle sue parole, ma era
pronto
a tutto per dimostrargli cosa il suo amico avesse fatto.
- «Sapevo
che non mi avresti creduto, ma Kabaji è venuto a casa mia il
giorno
del mio compleanno». Non voleva interrompersi ma non sapeva
come
altro continuare quel discorso e cercava un modo per riordinare i
propri pensieri. «Se non fosse innamorato di me, non mi
avrebbe mai
regalato quelle rose, oltre al fatto che mi ha anche invitato un
concerto di Beethoven: gli hai fatto avere tu quei biglietti
perché
volevi aiutarlo? Li ho cercato ovunque ma erano esauriti».
- Ad
Atobe gli ci volle poco per capire di cosa Tezuka stesse parlando e
ormai era chiaro che l’amico non aveva nessuna colpa, ma era
tutto
un enorme fraintendimento da parte del capitano della Seigaku.
- Quella
situazione era così divertente tanto che Keigo non riusciva
a
trattenere le proprie risa, anche se sapeva di star dando
nell’occhio
e sentiva gli sguardi dei passanti su di sé, ma sinceramente
non gli
importava per nulla in quel momento.
- «Sia
le rose sia il biglietto erano da parte mia; sono io che ti ho
corteggiato, Kabaji mi ha solo aiutato».
- «Non
è affatto divertente». Anche se Tezuka cercava di
mantenersi
composto, era chiaro che anche lui trovava quella situazione
abbastanza terribilmente spassosa, ma conoscendolo non si sarebbe mai
lasciato scappare una risata mostrando la solita espressione
inespressiva. «Smettila di ridere, darai
nell’occhio!».
- «Come
hai potuto pensare che Kabaji fosse innamorato di te?». Non
avrebbe
mai immaginato di versare lacrime, ma Kunimitsu l’aveva
così
divertito che non era in grado di trattenerle!
- «Si
è presentato a casa mia con un mazzo delle rose rosse,
cos’altro
avrei potuto pensare?».
- «Che
io gli avessi chiesto di darmi una mano? Credi davvero Kabaji potesse
permettersi un mazzo del genere?». Gli ci volle molto per
riprendere
controllo di sé, ma una volta calmano vide che Tezuka si
allungò
verso di lui e lui fece altrettanto ritrovandosi talmente vicino da
rispecchiarsi nei suoi occhi.
- «La
prossima volta che vuoi corteggiare qualcuno, fallo da solo
Atobe!».
- Forse
se ci aveva pensato da solo tutto quello non sarebbe mai accaduto, ma
era andata così com’era andata e in
quell’istante Atobe poteva
solo ringraziare l’amico, perché era certo che
avesse organizzato
quell’incontro per farli chiarire.
- «Non
volevo dare nell’occhio». Era un sussurro flebile
che solamente
Tezuka fu in grado di udire.
- «Non
ti sembra di averlo dato abbastanza poco fa».
- «Lo
so, ma non m’importa più».
- In
quell’istante Keigo non potette resistere alla tentazione di
prendere il volto di Kunimitsu fra le mani, aveva così tanta
voglia
di baciarlo che non gli importava più se avrebbe dato
nell’occhio
e tantomeno d’infrangere il cuore delle sue fan, voleva quel
ragazzo e basta e ormai aveva capito che nulla fosse più
importante
di lui.
- Quando
poggiò le labbra su quelle del rivale, sentì dei
brividi corrergli
lungo tutto il corpo e il fatto che Kunimitsu lo ricambiasse non
faceva altro che accentuare quell’incredibile sensazione.
- «Ti
amo». Dissero all’unisono i due capitani.
- Tutto
si era risolto e Atobe giurò a sé stesso che non
avrebbe più
chiesto l’aiuto di Kabaji, così da non causare
più simili
equivoci.
- «Verrai
con me al concerto, vero Tezuka?».
- «Certamente».
- Domenica
22 ottobre – Casa Kabaji 22:00
- Faceva
tutto parte del tuo piano, vero Kabaji?
- Quell’e-mail
di Atobe significava che lui e Tezuka avessero chiarito la
situazione? Altrimenti perché l’amico gli avrebbe
scritto una
frase del genere?
- Si
era sentito in colpa in quel periodo per aver causato ai due ragazzi
simili problemi.
- Era
stato solo un suo errore se non si fossero già messi
assieme, ma
ormai poteva liberarsi di quel peso che l’aveva oppresso per
troppi
giorni.
- “Atobe
e Tezuka meritano di essere felice” disse fra sé e
sé Munehiro
prima di riporre il cellulare sul comodino vicino al letto
“Ora
potrò dormire senza avere la coscienza sporca!”
- 17
novembre – Budokan 19:50
- Che
Tezuka fosse in ritardo ad Atobe sembrava alquanto insolito, anche se
non poteva dire di conoscerlo ancora a fondo, visto che si
frequentavano da meno di un mese, ma di certo non sembrava il tipo da
tardare in quella maniera.
- Era
un ragazzo fin troppo serio ed era certo che ci fossero dei problemi
e senza dubbio gli era successo qualcosa; poteva anche esserci stato
un incidente durante il tragitto, ma era assolutamente certo che
Kunimitsu l’avrebbe avvertito e quindi era sicuro al cento
per
cento che gli si fosse scaricato il telefono.
- Il
suo istinto non aveva mai fallito nel corso dei suoi quindici anni e
sicuramente non sarebbe stato quello il momento in cui avrebbe fatto
cilecca.
- Doveva
solo aspettare, con molta probabilità stava arrivando ed
ebbe subito
conferma quando scorse la figura poco distante.
- «Atobe
scusa il ritardo, un incidente bloccava il traffico e purtroppo e il
telefono mi ha abbandonato».
- «Lo
immaginavo, sta tranquillo». Poggiò delicatamente
una mano sopra la
spalla del coetaneo per rassicurarlo. «Dobbiamo sbrigarci, il
concerto sta per cominciare».
- «Ok
e scusa ancora».
- Fine.
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