Il primo amore di Ignis Scientia

di Red_Coat
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Dolci risvegli in giornate di sole


Era domenica, uno degli ultimi fine settimana prima delle agognate vacanze.
Le dieci e un quarto del mattino e già nel piccolo appartamento in centro,  a pochi passi dal palazzo reale si espandeva zuccherino e appetitoso il profumo della colazione.
Il principe Noctis, addormentato nel suo letto praticamente aggrovigliato nelle lenzuola del suo comodo letto e con Mr. Carrots (il peluche gigante di una carota che sorrideva regalatogli da Gladio circa un paio di mesi e mezzo prima in occasione del suo diciottesimo compleanno) sotto braccio riapri gli occhi ancora totalmente avvolto dal piacevole torpore del sonno, e immediatamente riconobbe quasi tutti i suoi piatti preferiti.
Frittelle,  bacon, pane tostato e caffè, assieme a uova, qualcosa che sapeva di cioccolato, e dovevano esserci anche della marmellata e del burro in mezzo.
Sospirò, richiudendo gli occhi e voltandosi dall'altra parte.  A quanto pare quattrocchi era già al lavoro.
Avrebbe voluto tanto alzarsi e raggiungere il luogo dal quale proveniva quel profumo delizioso, ma restò ancora un altro po' spaparanzato a pancia in giù sul materasso, prima di cedere hai morsi sempre più insistenti della fame e decidere di alzarsi, anche perché nel frattempo erano arrivati anche Prompto e Gladio per spartirsi il bottino.
Si trascinò in bagno, lavò la faccia e sistemò i capelli alla bell’e meglio, visto che di mattina specialmente non c’era modo di riportarli alla normalità e solo Ignis sembrava magicamente riuscirci.
Quindi ancora con indosso il pantalone a righe bianche e blu scuro del pigiama e la maglia blu notte si diresse in salotto dove, seduti attorno al tavolo, i suoi tre amici se ne stavano a scherzare sorseggiando caffè e assaggiando quelli che ad occhio e croce sembravano essere i famosi dolci di Tenebrae che Iggy stava disperatamente cercando di riprodurle per lui.
 
-Oh, buongiorno bel addormentato.- lo accolse sbruffone come al solito Gladio, con un ghigno.
 
Gli rispose con un grugnito e si sedette al suo posto a capotavola, di fronte a lui e a fianco di Prompto, che ridendosela osservò.
 
-Hey Noct, meno male che ti sei alzato. Ancora un altro paio di minuti e …- addentò un pezzo del dolce che aveva in mano, lo masticò con gusto, bevve un altro sorso di caffè e infine ultimò la frase, con più fiato e calma accogliendo il premuroso di Ignis a non strozzarsi nel tentativo di fare più in fretta –Non ci sarebbe rimasto più nulla. Iggy, spero che stavolta siano quelli giusti, perché sono davvero fenomenali.-
 
Quello si fece serio, finendo di versare il caffè al principe e poi sistemandosi meglio gli occhiali sul naso, in quel gesto che faceva per nascondere la tensione o l’imbarazzo.
Non disse nulla, troppo in ansia per farlo.
Si limitò ad attendere il verdetto che, pochi attimi dopo, arrivò come sempre implacabile.
 
-Mh, buoni.- disse infatti il principe, poi però scosse il capo –Ma non ci siamo ancora. Quelli che ho assaggiato erano più soffici e meno dolci.-
 
Il cuoco sospirò e annuì.

-Allora dovrò riconsiderare l’idea della fecola, la prossima volta. E magari provare con qualche spezia.-
 
Noctis annuì, stava per rispondere ma Gladio lo prevenne, finendo il suo caffè e poi agguantando un altro pezzo di quelle delizie ripiene.
 
-Ah, per ora mangiamo e basta. Sono buonissimi anche così.-
 
Prompto si emozionò.
 
-Oh, Gladio! Mi stai dando ragione?- chiese sognante, congiungendo le mani e sporgendosi verso di lui.
 
Quello ghignò, lo guardò a braccia conserte sul tavolo, e subito dopo gli sferrò un ceffone moderato tra capo e collo, sorprendendolo e scaturendo qualche sorriso divertito da parte degli altri due spettatori.
 
-Non ti montare la testa, mammoletta. È solo una coincidenza. –
 
Il principe sembrò rianimarsi, forse aiutato dal sapore effettivamente divino dei dolci o dall’aroma inconfondibile ed energetico del caffè.
 
-Ciò non toglie che sia vero.- disse, bevendone un altro sorso e scambiandosi una rapida occhiata con Ignis, che nascose il sorriso sotto i baffi nella tazza e subito dopo cambiò argomento, ritornando serio e proponendo qualche idea per quella giornata di riposo.
-Allora, potremmo andare da qualche parte più tardi, dopo pranzo. Magari al parco, o al centro commerciale. Devo fare qualche acquisto.-
-Altri broccoli?- lo canzonò Gladio.
 
Lui accennò un sorriso divertito.
 
-Erano cavoli.- lo corresse –Comunque no, non si tratta d’ingredienti stavolta. Sono acquisti personali.- specificò
 
Amicitia scosse le spalle annuendo.
 
-Per me va bene.- risolse.
-Oh, anche per me.- rispose entusiasta Prompto –Hanno aperto un nuovo negozio di videogame, potremmo andare a darci un’occhiata.
–Noct? Tu che dici?- chiese a quel punto Ignis al principe, che sembrava non aver seguito neanche una virgola di quella conversazione.
 
Quello scosse le spalle, si portò alla bocca l’ultimo boccone di dolce e dopo averlo mandato giù col caffè concluse, noncurante e assonnato.
 
-Okkey. Tanto domani è lunedì.- scherzò, cercando di mostrarsi il più coinvolto possibile e rivolgendo una eloquente e furbesca occhiata al “quattrocchi”, come soleva chiamarlo lui dai tempi in cui gli faceva da maestro e compagno di scuola insieme.
-Appunto.- replicò quello, stando al gioco –Potremmo anche fermarci al fast-food se prometti d’impegnarti negli esami finali.-
-Oh, si!- esultò Prompto
-Ignis, lo vizi troppo.- scosse il capo Amicitia.

Il Principe si finse offeso e corrucciò la fronte.
 
-Io lo faccio sempre.- replicò.
 
Scientia sbruffò, senza aggiungere altro.
E alla fine, dopo un ultimo lungo istante di silenzio, tutti e quattro esplosero in una divertita risata.
 
***
 
Quella mattina Alexandra si svegliò presto, rilassata, ispirata e con una forte voglia di preparare la colazione a sua sorella e alle due nipotine figlie della sorella mezzana, ch'erano venute a trovarla dalla periferia.
Cinque e dieci anni, voleva loro bene e la sera prima aveva preparato tutto l'occorrente, perciò quando si alzò non dovette fare altro che versare l’impasto per le frittelle dolci nella padella, soffriggere il bacon al punto giusto e preparare al momento la crema di cioccolato da spargervi sopra con qualche mora e fragoline di serra comprate dal fruttivendolo di fiducia sotto casa ad un prezzo vantaggioso. Per ultimo, quando sentì i passi di sua madre giungere dal fondo del corridoio sorrise e mise sul fornello la macchinetta del caffè.
La donna, cinquant’anni, un viso gentile incorniciato da morbide onde bianche dei suoi capelli tagliati corti sulle orecchie, si affacciò alla stanza e sorrise contenta.
 
-Buongiorno.- le disse avvicinandosi alla cucina per riempire la sua bottiglia d’acqua.
 
Ne beveva almeno due litri al giorno e anche di più, e quel sistema le serviva per regolarsi.
 
-‘Giorno mami.- rispose allegra lei, staccandosi un attimo dai fornelli con ancora la spatola in mano per stamparle un bacino affettuoso sulla guancia.
-Il caffè è quasi pronto. Vuoi una frittella?- le chiese.
-Oh, non posso …- fece la donna, intristita.
 
A causa del suo diabete purtroppo all’età di quarantasei anni aveva dovuto modificare drasticamente la sua dieta e abituarsi a mangiare meno zuccheri possibile.
Poi però si avvicinò a sbirciare ciò che la figlia minore stava facendo e quel profumo invitante le fece venire l’acquolina in bocca, convincendola a uno strappo alla regola.
 
-Va bene. Solo una, dai.-
 
Alexandra sorrise di nuovo.
 
-Ti ci metto lo sciroppo vegetale, quello senza glucosio.- acconsentì volentieri la ragazza, ricevendo in risposta un altro sorriso e un bacino al volo.
 
Nel frattempo il caffè iniziò a brontolare nella macchinetta spandendo il suo aroma agrodolce nell’aria, la crema di cioccolato si era addensata e la prima frittella era pronta.
Stava giusto abbellendola nel piatto per consegnarla a sua madre con una tazzina del prezioso nero, quando un vociare giunse fino alle sue orecchie da oltre la porta chiusa del soggiorno, che s’intravedeva dall’ampio arco posto sopra il ripiano da lavoro in marmo alla sua destra.
 
-Buongiorno zia!- La salutarono le due pimpanti bimbe spalancando l’uscio e fiondandosi a curiosare in cucina.
 
Anna, la più piccola, stringeva ancora in mano il suo peluche Tigro, una tigre in stile cartone animato dal pelo marroncino chiaro, indossava un pigiamino giallo con un sole sorridente disegnato sopra ed era scalza. L’abbracciò forte e le diede un bacio sulla guancia, lei fece lo stesso dopo aver tolto la cioccolata dal fuoco.
La più grande invece, Abbie, che aveva indosso lo stesso pigiama ma di qualche taglia più grande e rosa, si limitò ad arrivarle dietro con un sorriso e avvolgerla in un abbraccio.
La ricambiò stringendola forte, quindi rialzandosi esclamò contenta.
 
-Beh, allora facciamo colazione?-
-Siii!- risposero loro entusiaste.
-Zia, c’è la colazione speciale?- chiese Anna curiosa.
-Si.- replicò lei scompigliandole i capelli.
-Ah, buongiorno.-
 
Sua sorella s’introdusse nella conversazione spuntando da dietro alla parete divisoria ancora mezza assonnata.
 
-Che profumino …- fece, poi quando vide la tavola ben apparecchiata e il latte già nelle tazze delle due piccole sul suo viso si dipinse l’ammirazione e la sorpresa –Ah però, oggi colazione da re. – osservò contenta.
 
La minore sorrise soddisfatta, finì di versare nella pentola la porzione d’impasto per la seconda frittella e quindi rispose, orgogliosa.
 
-Tsè, il Re se la sogna una colazione come questa. – commentò –Qui c’è amore, e poi noi abbiamo le principesse. - concluse scherzosa, scoccando un occhiolino a entrambe le piccole e attirandosi i loro più bei sorrisi felici e imbarazzati.
 
***
 
Appena entrati nel fatidico grande centro commerciale a tre piani con una moltitudine infinita di negozi di vario genere a disposizione, neanche il tempo di dirigersi alle scale mobili che subito Prompto si fiondò verso una macchina del gioco pesca con l'artiglio, tutta gialla e ricolma di pupazzi di varie grandezze ma con un unico tema.

-Waaaaah, guarda Noct! Chocobo!!- esclamò entusiasta e incantato come un bambino appiccicandosi al vetro.

Il principe si avvicinò svogliatamente, le mani perse nelle tasche dei pantaloni, e Gladio e Ignis fecero lo stesso.

-Fossi in te non ci proverei. - lo avvisò Amicitia -A meno che tu non voglia trovarti sul lastrico dopo un paio di partite. Quelle macchinette sono fatte a posta, non c'è verso di cavarci anche solo un misero peluche. -
-Ma no, dai. - rispose il biondo, continuando a guardare sognante quello di un chocobo grassoccio incastrato al centro e quasi sommerso da tutti gli altri -Non è vero, conosco persone che ci sono riuscite. -
-Pochi fortunati, credo. - intervenne Ignis aggiustandosi gli occhiali con aria saggia.
-Già. I vincitori alla lotteria, e credimi qualcosa mi dice che tu è meglio che non ci provi neanche. - sghignazzò Gladiolus strappando un sorriso sia al principe che a Scientia.
-Ooh, ma è così carino.- replicò sognante Argentum, per nulla deciso ad abbandonare il suo sogno nel cassetto.
-Credo che Gladio abbia ragione, Prompto. Lascia perdere, l'ultima volta che ci hai provato abbiamo speso tutti i soldi per il pranzo e anche quelli per il pullman. Hai dovuto fartela a piedi da scuola, per quattro isolati. -
-Mi sono mantenuto in allenamento.- si difese allegramente l'altro,  poi si girò, allargò il suo sorriso e gli rivolse uno sguardo tenero -E comunque hai ragione, io sono negato. Magari tu ci riesci, però. -
-Che? -

Il principe rimase spiazzato a guardarlo, colto di sorpresa e senza sapere cosa ribattere.
Gladio rise, passandosi una mano tra i capelli e scuotendo il capo.
Ignis sospirò portandosi una di fronte agli occhi.

-Non credo sia una buona idea. -
-No, non mi va di giocare adesso. - bofonchiò Noctis mostrandosi annoiato -Non avevi detto di essere venuto per il negozio di videogame?-
-Questo è un game, anche se non è video. - replicò sorridente ed eccitato Prompto, deciso a convincerlo.
-Lasciate perdere, datemi retta. Vuoi mandare in bancarotta Lucis per un pupazzo di un Chocobo? - ripeté Gladio guardando entrambi e poi rivolgendosi al biondo che, tuttavia, non si arrese neanche stavolta.
-E dai, Noct.  Ti prego, ti prego, ti prego! Solo per stavolta.- implorò, unendo le mani all'altezza del suo viso.

Quello ci pensò su ancora qualche attimo e poi sospirò, arreso, tirando fuori dalle tasche qualche centesimo.

-Spostati.- fece.

Prompto esultò.

-Non ditemi che non vi avevo avvisato.- concluse Gladio rassegnato, scacciando l'aria con una mano.
-Beh, buon divertimento. Io preferisco non assistere. - fece Ignis, prendendo a camminare verso le scale.
-Mi associo. Cercate solo di non mandare Insonnia sul lastrico.- scherzò lo scudo del re, raggiungendolo.

Noctis sbruffò.

-Si, certo. Due minuti e abbiamo finito. - replicò, in un chiaro e determinato segno di sfida verso il dannato peluche.
 
***
 
Un pinocchietto nero classico, camicia bianca, bretelle e scarpe di pelle lucida nera con una bella suola rialzata di sotto, per tenere con stile sotto controllo la schiena e la sua altezza, che non era mai stata statuaria.
Un metro e 75 centimetri di puro e sano spirito intraprendente, curioso sul mondo e i suoi misteri come quando aveva pochissimi anni, appena quattro o cinque.
Dopo aver fatto colazione Alexandra Jane aveva messo in ordine la cucina, rifatto il suo letto e mentre sua sorella si preparava e vestiva le bambine lei si era concessa tutto il tempo per curarsi un po'.
Non aveva mai avuto un buon rapporto con la sua immagine, soprattutto da adolescente.
Non era una di quelle ragazze che saltavano subito all'occhio,  la sua bellezza era del tipo acqua e sapone e richiedeva un po' d'impegno in più per farsi notare, ma non molto.
Così nel tempo aveva imparato a truccarsi, non perché le piacesse farlo ma più per necessità, e aveva riscoperto dentro sé una passione per gli stili di moda alternativi come l'urban e il country style.
Spesso trovava le idee su internet, girovagando un po' alla ricerca di modelli a cui ispirarsi,  e poi nelle boutique a basso costo trovava comunque il modo di vestirsi bene risparmiando.
Era una di quelle ragazze che avevano conosciuto la sofferenza è i lati peggiori di sé stesse e del mondo,  e avevano imparato ad accettarle,  anche se con un po' di riluttanza.
E quando la pazienza si esauriva ecco che le veniva in aiuto il suo diario, le sue nipotine o, in alternativa, la passione per la cucina, un vero e proprio sfogo in cui gettava tutto l'amore che altrimenti non avrebbe potuto o saputo esprimere, e i piatti che ne uscivano fuori erano come un pezzo di quel mondo ideale che mai sarebbe esistito.
Dopo essersi cambiata e truccata legò di nuovo i capelli in una coda con un elastico nero, inforcò gli occhiali tirati a lucido e poi passò a sistemare amorevolmente anche i capelli della nipotina più piccola, pettinandoli per bene e acconciandoli con due simpatiche codine sopra le orecchie.
Uscirono dirette al parco vicino casa, stettero un po' a giocare insieme a palla, poi in macchina raggiunsero il centro commerciale più grande della città, a circa un quarto d'ora di cammino, e lì si fermarono a mangiare qualcosa al fast food al piano di sopra.
Alle due del pomeriggio le bambine erano già stanche ma i loro genitori passarono a prenderle per riportarle a casa,  e così rimaste sole le due sorelle decisero di farsi un ultimo giro nei negozi di scarpe e abbigliamento per fare qualche acquisto necessario,  prima di andarsene.
Monica aveva bisogno di un paio di scarpe eleganti, Jane invece di qualche accessorio, dei vestitini e qualche camicia.
Magari non avrebbe preso tutto quel giorno, ma era una buona occasione per trovare qualche capo buono a metà prezzo, visto ch'era iniziata la stagione dei saldi.
Si trovano al terzo piano e stavano passeggiando fianco a fianco lungo il corridoio principale guardando qualche vetrina quando, davanti a quella di un negozio di abbigliamento di lusso maschile, di colpo la giovane Alexandra Jane si fermò, trattenendo il fiato.
Monica fece lo stesso,  guardando dapprima i manichini e poi la sorella, stranita.

-Che c'è? - chiese.

Ma non ricevette risposta. Anzi. La giovane stette ancora per qualche istante a fissare un punto preciso di fronte a lei, dall'altro lato del vetro,  poi improvvisamente sembro rianimarsi spaventata e nascondendosi dietro di lei la trascinò via per un braccio con una scusa.

-Niente. Ho sete, andiamo a bere qualcosa di fresco? -
-Ma che ti prende, Alex?! - ripeté innervosita e stranita la maggiore a voce alta, ricevendo in risposta uno sguardo di fuoco e spaventato.
-SHHH! - la zittì, tirandole un lieve ma deciso schiaffone sul braccio -Non dire il mio nome e non parlare.  Non farti notare. - mormorò agitata continuando a trascinarla.

Ormai erano quasi arrivati a metà strada per le scale mobili, una trentina di passi dal negozio ma ancora troppo vicini.
"Maledizione, ma perché lo incontro ovunque!? Speriamo solo non ci abbia sentite, dato che ormai mi ha vista."

-E dai, Jane. Smettila! - protestò infastidita la maggiore, liberandosi dalla sua stretta e guardandola fissa negli occhi -Ma che c'è? -

Lei rimase gelida sul posto.
"Ma è sorda?? L'ha detto di nuovo, il mio nome. Le avevo detto di star zitta! "
Sbruffò spazientita, e incrociò le braccia sul petto.

-Sete, latte di mandorla. Tu no? Bene. – disse telegrafica, per poi voltarle le spalle e accelerare il passo verso le scale mobili col cuore che le batteva a mille e le guance così rosse da sembrare infuocate.
Due minuti dopo era seduta ad un tavolino del bar al piano di sotto, le gambe incrociate l’una sull’altra e un braccio appoggiato su di esse, sorseggiando un latte di mandorla con la cannuccia e guardando un punto lontano in fondo al corridoio, mentre sua sorella le sedeva di fronte.
 
-Allora, vuoi dirmi che ti è successo prima? – chiese
-No.- ribatté decisa lei, senza neanche guardarla.
 
Monica sospirò e finì il suo caffè per poi alzarsi e decretare.
 
-Okkey, vado a pagare va’, che è meglio. -
 
Sparendo poi dalla sua visuale.
Tornarono a casa subito dopo, e anche quella sera, chiusa in camera sua, stringendo il cuscino mentre guardava senza troppa attenzione il suo programma di cucina preferito, Alexandra non poté impedire al suo pensiero di tornare con insistenza all’immagine di quello sconosciuto.
Di bello era bello, su questo non ci pioveva. E a giudicare dal negozio che stava fissando con particolare interesse anche abbastanza ricco.
Giuro che la prossima volta che mi capita davanti gli chiedo almeno come si chiama. Così, giusto per sapere il nome dell’idiota per cui mi sto rincitrullendo.
Pensò, ben sapendo che la sua proverbiale timidezza quando si trattava di uomini gli avrebbe sicuramente impedito di farlo.
 
***
 
Le 21.45 della sera.
Dopo aver consumato l'ultimo caffè assieme al Principe e averlo lasciato con la solita raccomandazione di gettare la spazzatura, tenere pulito,  fare una buona colazione, leggere i rapporti sulla condizione del regno e svolgere gli ultimi compiti prima dell'inizio dell'ultima settimana di scuola, Ignis Stupeo Scientia ora camminava tranquillo  per le strade semideserte del quartiere, diretto al palazzo reale.
Le mani nelle tasche del cappotto beige e gli occhi che scrutavano il cielo limpido alla ricerca di qualche stella che riuscisse a splendere oltre il bianco abbagliante dei lampioni, mentre camminava si concesse qualche istante per stare solo con i suoi pensieri, riorganizzando le idee e passando in rassegna i momenti significativi di quella giornata senza pretese.
Erano sempre le migliori, alla fine.
In particolare nell'album dei ritagli di questa, non potè non includere il nuovo incontro con "la ragazza del supermercato".
Era stato sorpreso di rivederla, doveva ammetterlo.
E che fosse strana non c'era ombra di dubbio,  anche se più che altro le era sembrata nervosa e insicura.
Dopo il negozio di vestiti l'aveva incrociata di nuovo un paio di volte, prima da lontano mentre scendevano insieme al primo piano,  diretti al negozio di elettronica. Era seduta al bar e sorseggiava il suo latte di mandorla (o almeno doveva essere quello,  visto il bicchiere in cui era stato servito e il colore di un bianco macchiato), senza neanche ascoltare la donna che le stava seduta di fronte e fissando un punto lontano imprecisato.
La seconda invece era stata molto prima, di fronte alla vetrina del negozio di animali.
Lei era con due bambine, forse le sue sorelline o magari anche nipotine, visto il modo in cui vi si rapportata.
Era carina, dolce e sorridente.
E loro sembravano volerle davvero bene.
A ben pensarci... Era felice di averla rivista,  pure se ancora non riusciva a capire il perché.
Gli aveva fatto piacere, tutto qui.
Anche il constatare che in fondo non fosse così "disonesta" come il loro primo incontro avrebbe potuto fargli pensare.
Certo,  magari la mamma non era morta e neanche si trovava in fin di vita,  ma vedendola abbracciare e sbaciucchiare così teneramente quelle due bimbe e giocare con loro quasi al limite del divertimento era stato contento di aver ceduto qualche "ingrediente segreto" ad una ragazza così.
Sospirò, riprendendo a camminare.
Era un pensiero un po' ingenuo e infantile, forse.
Ma non potè impedirsi di farlo.
"Devo ricordarmi di chiederle il suo nome, se dovessi incontrarla di nuovo." si propose, sorridendo appena "Così, solo per semplice curiosità."
E una volta tornato a casa, prima di andare a dormire,  si sentì improvvisamente ispirato a metter giù qualche idea per una nuova ricetta dolce che non vedeva l'ora di provare l'indomani, magari anche già di mattina a colazione.
 
***
 
A notte fonda, circa le tre del mattino in realtà, Monica senti il bisogno di bere un bicchiere d'acqua e alzatasi scese al piano di sotto,  diretta alla cucina.
Già dal salotto però, capi che qualcosa non andava.
C'era la luce accesa, abbandonato sul divano il telefonino della sorella minore con ancora le cuffie attaccate e la musica accesa ad alto volume, e una scatola di cioccolatini mezza vuota.
Corrucciò la fronte, preoccupata guardandosi intorno.
Jane non c'era, ma la porta della cucina davanti a lei era aperta e anche lì la luce era accesa.
Senza esitare si diresse di là,  e fu li che finalmente la trovò, seduta su uno sgabellino dietro il piano di lavoro in granito, ancora mezza assonnata, una mano affondata nei capelli scompigliati e l'altra che stringeva la tazza fumante di camomilla. Sembrava alquanto disperata.
Quando la vide sospirò e bevve un altro sorso mormorando un flebile

-Ciao.-
-Ch'è successo? - le chiese avvicinandosi.

La minore scosse la testa.

-Niente.- menti -Non ho più sonno. - ben sapendo che in realtà i suoi occhi gonfi e il suo sguardo assente dimostravano il contrario.
-Un incubo?- le chiese infatti l'altra, prendendo il suo bicchiere d'acqua dal rubinetto andando a sedersi vicino a lei.

Alexandra sorrise, scosse il capo abbandonando gli occhi nel liquido giallino semitrasparente dentro alla ceramica.
Incubo...
"Non credo che sognare uno strafigo ricco, geek e gentleman che ti bacia mettendo fine alla tua schifosa vita da eterna single possa considerarsi tale." pensò, ritrovandosi subito dopo a scuotere con decisione il capo come a scacciare quei pensieri che sembrarono quasi farla rabbrividire.

-Magari avessi avuto un incubo! - si lasciò andare disperata, affondando le mani nei capelli e abbandonando la testa sul marmo, piagnucolando esausta -Mi sarei sentita molto meno peggio di come mi sento ora. -

Monica ridacchiò.

-Addirittura!  Ma che cosa è stato, me lo vuoi dire? -

Lei tornò a scuotere il capo, trangugiò tutto d'un fiato la restante camomilla ormai fredda come se fosse un drink superalcolico e infine si alzò e puntando i piedi decise.

-Torno a letto, buona notte e a domani. -

Voltandole infine le spalle e pensando nel frattempo dentro di sé, mentre saliva di nuovo le scale:" Solo io posso essere così schifosamente stupida da invaghirmi di un tizio sconosciuto incontrato per caso una paio di volte nell'arco di un paio di mesi.
Non tutto il bello è anche buono, dovrei averlo imparato adesso, no?
Perché sto ancora a sognare ad occhi aperti come una dodicenne? Ci manca solo che ci scriva su una poesia. Ah!  Si, ma certo. Sicuro! Io non le faccio più quelle cose,  me lo sono promesso. Mai più, niente amore, niente lacrime."
Giunse in camera, spense la luce e si ficcò sotto alle coperte, tirandole fin sopra alla testa e affondando la faccia nel cuscino. Sospirò pesantemente.
"Ma poi dico io, anche lui! Perché continua ad apparirmi di fronte? Cosa fa, mi pedina? I ricchi non dovrebbero avere i propri negozi privati? Sarti privati, calzolai, oculisti e fruttivendoli? Ha proprio bisogno di mescolarsi a noi mortali in un banale centro commerciale?
"
Ritrovandosi al contempo a sperare che, nel frattempo, lui non perdesse quella folle ma buona abitudine, perché doveva ancora conoscere il suo nome per poterlo denunciare per benino all'ordine degli incasinatori di vite, con tanto di ordine di restrizione cautelare al contrario.
Mai più meno di trecento metri lontano da lei.




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