blessed
Fandom:
Vocaloid
Personaggi: Miku
Hatsune, Kaito Shion, Rin&Len Kagamine, MAYU, Ia, Gumi Megpoid,
Luka Megurine, Kamui Gakupo e Meiko Sakine.
Basata su: Blessed
Messiah&the Tower of Ai, sorta di prequel/spaccato sulla
canzone; nulla di pretenzioso alla fine, il raiting giallo è
dovuto principalmente all'ultimo paragrafo.
Sentivo il bisogno di ritornare su questo fandom, vi giuro che lo vedo
così abbandonato che, essendo il mio primissimo fandom, mi
piange il cuore. Fan dei Vocaloid dove siete?
In attesa di una ispirazione maggiore, spero possiate gradire questa
breve lettura.
IN SALUTE E IN MALATTIA... CONDIVIDIAMO GIOIA E DOLORE
Il cielo era di un blu
terso e vivido, ostacolato soltanto da qualche nube bianca qua e
là, riempiendolo di zucchero filato dalle molteplici forme,
mentre la terra era ricolma del verde dei prati e delle foglie,
puntinata dai colori variegati dei fiori.
La bambina risalì sul tronco del grande albero secolare fino
a raggiungere i rami più spessi, non curandosi di potersi
graffiare le dita o scheggiare le unghie: voleva vedere l'orizzonte
dall'alto, da quanto più in alto le era possibile.
In particolare, voleva rivolgere lo sguardo laddove si poteva scorgere
una grande sagoma scura, una colonna che dalla base del terreno si
ergeva fino alla vetta dell'etere. Era il suo rito quotidiano quello:
osservare la torre dell' AI,
così veniva chiamata, soprattutto quella luce
accecante che brillava sulla vetta della torre. Una luce vermiglia,
dello stesso colore del sangue.
Anche oggi è
più debole di ieri...
Non ricordava quando era iniziato, ma ogni giorno quella
luce le pareva prossima a spegnersi; come se fosse preda a un
lentissimo processo di degrado. Si trattava di cambiamenti minimi,
quasi impercettibili all'occhio umano, ma la bimba aveva iniziato ad
accorgersene grazie alle sue lunghe sedute di meditazione.
Tuttavia, quel pomeriggio assolato di un giorno qualunque, la sua
contemplazione della torre dell' AI venne interrotta dal rumore dei
passi che calpestavano l'erba.
"Miku! Sei di nuovo scappata dal villaggio?"
La bambina si voltò all'indietro, facendo così
scodinzolare le lunghe code di capelli strette ai lati delle sue
tempie.
"Kaito-nii!" Lo chiamò lei, capendo che per quel giorno il
suo momento di osservazione della torre era già giunto al
termine.
Kaito si spalmò il palmo della mano sulla fronte, sospirando
a fondo esasperato.
"Per l'amor del cielo! Scendi da lì prima di farti del male,
e no, non provarci nemmeno a saltare da quella altezza."
Ma Miku non lo ascoltò e con un balzo atterrò
davanti a lui, non si trattava poi di una altezza così
eclatante che le avrebbe rotto un piede o storto una caviglia.
"Si può sapere come mai ti piace così tanto
venire qui ad osservare la torre?"
Kaito era il bambino più grande del villaggio, assieme a
Gakupo; con i suoi dodici anni, e il fatto di essere di natura calmo e
saggio, ciò lo rendeva la guida di quel misero villaggio
dove abitavano. Già, misero; Miku stessa non sapeva se
considerarlo tale dato che oltre a lei e Kaito vi erano presenti
soltanto altre otto persone e sempre di bambini si trattava.
Le sorelle Ia e Mayu, di undici anni, erano dedite al loro lavoro di
panettiere; coltivando i campi di grano attorno al villaggio
assicuravano a tutti loro pane fresco ogni giorno e dolci salati come
merenda.
Luka, della stessa età di Miku, rallegrava la monotonia di
quel villaggio sperduto grazie ai suoi canti e ai suoi balli.
I gemelli Rin e Len, di otto anni, portavano ogni giorno le loro pecore
nei pascoli attorno, regalando latticini e formaggi deliziosi da essere
divorati.
Meiko, la più grande di tutte le bambine presenti, faceva
uso della sua abilità con la spada cacciando gli animali e
portando a casa ogni sera leprotti, conigli o fagiani per essere
arrostiti sulla brace.
Infine, i cugini Gumi e Gakupo, di dodici anni, si occupavano
dell'istruzione di tutti loro, insegnando a leggere e a scrivere.
Miku, la cui abilità era quella di cucire vestiti,
sollevò il viso verso Kaito guardandolo dritto negli occhi.
"Vengo qui perché ogni giorno la luce che illumina la cima
della torre si affievolisce sempre più."
Kaito sbuffò, intrecciando le braccia al petto.
"Ma è ovvio, quella luce non resterà accesa per
sempre."
"E perché mai?"
Kaito si portò una mano alla cute, grattandosi in cerca
delle parole giuste.
"Pensaci: non esiste una luce che possa brillare per sempre. Un giorno
anche quella sarà destinata a spegnersi, e come dici tu il
processo è già iniziato."
Miku strinse i lembi del vestito tra i pugni.
"E se quella luce si spegnerà che cosa accadrà?"
Kaito si inginocchiò davanti a lei, stringendole le esili
spalle tra le sue mani.
"Verrà un giorno in cui uno di noi sarà eletto
dal Regno vicino per andare alla torre e il suo compito sarà
proprio quello di ridare vita a quella luce: questo ciclo si ripete
ogni quindici anni e a quella persona sarà destinata la
gloria e il titolo di Salvatore,
pertanto non c'è nulla di cui preoccuparsi."
Quelle parole rattristarono Miku, donandole una tristezza
così forte da incatenare il cuore in una morsa di tristezza.
"Perciò, un giorno, uno di noi sarà costretto ad
abbandonare questo villaggio e tutti quanti?"
Kaito allontanò le mani da lei, abbassando gli occhi fino al
terreno e rendendo ovvia l'evidenza. Poi, sulle sue labbra, comparve un
timido sorriso di incoraggiamento, mentre con una mano
accarezzò la testolina di Miku.
"Non lo lasceremo partire da solo."
In lontananza si udirono delle voci, probabilmente quelle di Gakupo e
Gumi che cercavano i due bambini mancanti.
"Non ricordi il nostro motto?" Kaito tese un mignolo davanti al viso di
Miku. "In salute e in malattia..."
"Condividiamo gioia e dolore." Completò la frase Miku
stringendo il mignolo di Kaito con il proprio, prima di ritornare
indietro, al Villaggio della Gioventù.
Cinque anni più tardi Miku sedeva nuovamente sul tronco di
quell'albero secolare, punto di osservazione della torre. Tutto attorno
a lei era cambiato drasticamente: il cielo non era più blu
terso, ma grigio e nero, tendente ad un giallo apocalittico. L'erba e i
prati della terra si erano seccati rendendola sterile e inadatta alla
coltivazione del grano, i fiori erano tutti morti e recisi e delle
foglie cadute non rimanevano che dei gambi secchi e bruciati; le pecore
non avevano più di che mangiare. L'albero secolare
resisteva, ma veniva privato di forza vitale ed energia ogni giorno che
passava. Della luce accesa sulla punta della torre non restava che un
puntino rosso fuoco, tremolante e incerto.
Miku udì nuovamente dei passi calpestare la terra dietro di
lei, tuttavia stavolta erano molteplici: quando si voltò non
trovò solo Kaito, ma tutti quanti.
"Una lettera dal Regno vicino è arrivata stamattina assieme
ad un messaggero."
Miku saltò giù dall'albero, riunendosi al suo
gruppo.
"Così è giunto il tempo." Mormorarono le
due fornaie mentre Miku si apprestò a leggere la lettera che
la designò come nuovo Messiah. Nessuno fiatò,
ognuno preso dal momento.
"Me lo aspettavo, sapete?" Scherzò Miku, tradendo la
tensione che era nata dentro di lei nel leggere la lettera. "Dopotutto
io sono solo una sarta, questo villaggio può anche fare a
meno di me." Ma quella che voleva essere una battuta non
aiutò ad alleggerire l'agitazione e l'inquietudine che
permeava nell'aria.
Solo Kaito riuscì a spezzare quel pathos grazie alla sua
voce autoritaria e solenne.
"Non andrai da sola, noi nove ti accompagneremo alla torre."
Un sorriso fiducioso distese il viso di Miku, rendendolo colmo di
coraggio e lealtà verso i suoi nove amici e compagni.
Sarebbe andato tutto bene, se loro dieci sarebbero rimasti insieme,
sostenendosi l'uno con l'altro; di questo ne era sicura.
"In salute e in malattia, condividiamo gioia e dolore."
Ripeté a se stessa, sorridendo a tutti loro, sperando di
infondere coraggio.
Ma se avesse osservato attentamente i volti dei suoi compagni avrebbe
potuto notare come la sorellina più piccola si era stretta
alla maggiore, come la gemella più grande aveva tenuto la
mano del gemello più piccolo, di come i due cugini si erano
guardati a vicenda tradendo delle lacrime che avrebbero voluto cadere
dagli angoli degli occhi, di come la mano della spadaccina si era
stretta attorno all'elsa della spada fino a sbiancare.
La Messiah lo avrebbe capito soltanto più tardi, quando la
menzogna del condividere gioia e dolore si sarebbe trasformata in un
giovane uomo che annegava nell'abisso dei mari fino a quando l'acqua,
entrata nei polmoni, non gli avrebbe ostruito ogni via respiratoria;
quando una giovane donna avrebbe dovuto entrare nelle fiamme,
più ardenti dell'Inferno, fino a farsi consumare ogni lembo
di pelle viva; mentre la sorella più grande si sarebbe
dovuta piegare alla siccità spietata di una terra
carbonizzata; spingendo la minore a rinchiudersi
nell'oscurità perenne, perdendo il senno di sé;
lasciando che i due cugini fossero inghiottiti dalle viscere della
terra o colpiti dai fulmini del giudizio; la danzatrice avrebbe
continuato a ballare in preda alle raffiche di un uragano che le
avrebbero mutilato il corpo; infine, la gemella più grande
sarebbe stata congelata sino al midollo intanto che il gemello
più piccolo avrebbe continuato a strisciare urlante sui
carboni ardenti.
In salute e in malattia avrebbero condiviso gioie e dolori e persino la
morte, tutto pur di riaccendere una flebile speranza che avrebbe
continuato a ripetersi nei secoli a venire.
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