…˚*In Die Nacht*˚…
I Tokio Hotel
non mi appartengono (per mia sfortuna) gli
eventi descritti in questa fanfiction sono inventati da me, anche se si
basano
su fatti realmente accaduti (vedi foto di quinta elementare di bill e
tom).
Detto questo vi lascia alla lettura di questo testo sperando che sia di
vostro
gradimento. Ci ho messo tutta me stessa per descrivere il modo brutale
in cui è
picchiata Bill…eh sì perché mi veniva
da piangere…spero che voi siate meno
frignoni di me, e che capiate la sofferenza di Bill e Tomi al divorzio
dei loro
genitori…buona lettura!
La
nascita…
La
flebile luce che proveniva
dall’alto, dalla vecchia lampada, ferì i suoi
deboli occhi. Gli occhi di un
piccolo neonato. Un neonato che vedeva per la prima volta, la
luce… Aveva così
freddo e un terribile dolore alla pancia…cosa gli avevano
fatto? Lo
strattonarono e lo posero su qualcosa di morbido e caldo. No, contro
qualcosa
di caldo e morbido. Il ventre della sua mamma. E se prima le sue grida
avevano
riempito la stanza ora qualcosa lo bloccò. Sentiva che sopra
di lui qualcosa,
qualcuno…ma era troppo piccolo per percepire se si trattava
di parole o
semplicemente non percepiva niente…Voleva piangere ma non ci
riusciva.
Qualcuno…Era qualcuno? Si rivolgeva a lui. Si rivolgeva a
lui? Era difficile da
capire, ma sentiva che non doveva piangere. I suoi deboli occhi
intravidero
qualcosa di sfuocato davanti a sé. Non sapeva
perché, ma quel qualcosa lo aveva
reso felice. E solo allora chiese gli occhi crollando nel suo
primordiale
sogno.
“Non
sono un amore?” chiese
Simone dolcemente, mentre era stretta al petto dal marito davanti al
vetro da
cui osservava i suoi piccoli gemellini. Tom e Bill. Sì
così si chiamavano. I
suoi due gemellini omozigoti.
“Si,
Simone” disse stringendo a
se la moglie con affetto. “I nostri
angioletti…”
Simone
sorrise e facendo un passo
avanti appoggiò una mano al vetro sperando che non esistesse
per poterli
raggiungere…per poterli riabbracciare di nuovo.
Jorg
pensò che era ancora debole
dopo il parto. I medici avevano avuto un bel daffare con loro. Il
primo, Tom,
non voleva darla vinta all’ostetrica mandandola letteralmente
in tilt. Tutto il
contrario del suo fratellino, Bill, lui si che non si era fatto
attendere. Ma
Jorg sapeva che erano speciali…erano i suoi bambini. I suoi
piccoli bambini. I
suoi piccoli bambini gemellini.
“Simone
andiamo. Sei debole, devi
riposare. Rimarrò io qui a vegliare su di loro.”
Simone
si volse. “Ok. Ti amo”
disse stringendo la sua manona.
“Anch’io,
Simone” sussurrò
avvicinandola a se e abbracciandola.
A casa…
Simone
gettò la borsa per terra.
La borsa colma dei suoi vestiti, quelli che Jorg aveva preso alla
rinfusa, quando
aveva saputo che Simone era stata portata in ospedale perché
doveva partorire.
Jorg
entrò in quel momento. Con
Tom e Bill in braccio. Erano vestiti di tutto punto con le tutine che
la loro
nonna aveva preparato con i loro nomi cuciti sopra in bianco. Li
passò a Simone
e lui chiuse la porta di casa. Ora cominciava la nuova vita.
3 anni dopo...
“Tomiiiii!”
“Billlll!”
I
due stavano giocando in
giardino scavando con le loro palette e raccogliendo la terra in grandi
vasi.
Simone girava loro intorno coordinando i lavori. “Oh bravo
Tom…si si lì Bill…”
“Così
mamma? Guarda!” disse Tom
affondando la paletta nella terra che poi gettava nel vaso alla sua
destra.
Simone
batté le mani allegra. “E
tu Bill?”
Bill
provò a imitare il fratello,
ma alzò la paletta e gli finì dritta sulla
fronte. Allora scoppiò a piangere.
Tom, gli si avvicinò e gli stampò un bacio sulla
sua piccola fronte. Bill smise
di piangere, ancora seduto, quindi più basso di Tom,
alzò la testa e incrociò
gli occhi marroni di Tom. “Non pangere…”
disse lui sorridendo.
Bill
rimase immobile. Il suo
fratellone…il suo adorato fratellone lo proteggeva sempre.
“Grazie, Tomi” spiaccicò,
mentre gli occhi gli diventavano lucidi.
Simone
fissò la scena allibita.
Non era la prima volta che Tom, il suo Tom, era più veloce
di lei e era lui che
tranquillizzava Bill, il suo Bill. Tom era forte, forte abbastanza
anche per
proteggere il suo fratellino oltre che sé.
2 anni dopo…
“Tomi
guarda
questo! È venuto bene, no?” domandò
Bill mostrando a Tom un biscotto a forma di
stella.
Tom
alzò lo
sguardo dal suo di biscotto e diede un’occhiata alla stellina
di Bill.
“Beeeella! Ma l’hai fatta con lo
stampino?” chiese.
“No
no Tomi
tutto da solo!”
Tom
gli
sorrise e gli mostrò il suo. Era un biscotto dalla forma
indefinita.
Bill
corrugò
la fronte. “Che cos’è?”
Tom
incrociò
le braccia, arrabbiato. “Doveva essere un albero di natale,
ma si è mosso e mi
ha fatto sbagliare. Quel biscotto non si dovrebbe muovere!”
Bill
rise.
“Guarda come faccio io e poi prova tu…”
disse cominciando a modellare il
biscotto di Tom, che osservava corrucciato. “Ah, ok. Ora ci
riprovo.”
Ora
erano entrambi
indaffarati.
“Sorriso!”
Simone scattò una foto che ripose poi nell’album
di famiglia. Lo chiuse delicatamente
e lo rinfilò nel cassettone del settimanale.
“Vediamo cosa avete fatto di
bello…” urlò dalla camera Simone
dirigendosi verso la cucina.
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