Bouquet

di mouthless
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piccole avvertenze pre-lettura!  (quanto è qt questo colore damn)
prima di tutto, questa è una storia che sto pubblicando su 
wattpad, e che ho deciso di pubblicare anche qui per... nostalgia, se vogliamo chiamarla così. e poi, nonostante wattpad abbia la cosa più bella del mondo, ossia le copertine, a mio parere e gusti personali, la costumization che offre efp è nettamente migliore. sarà perché sono un tipo fissato con l'aesthetic, chissà.questo per dirvi che cercherò di aggiornare la storia regolarmente su wattpad, tenendo conto comunque di impegni ed imprevisti che tutti i comuni mortali hanno e, guarda un po', sono un comune mortale anch'io! la pubblicazione qui su efp credo che proseguirà alquanto a rilento, invece, in quanto aggiungerò nuove parti solo quando avrò a disposizione il pc. detto questo, il link al primo capitolo, se vi interessa, è il gentilmente nascosto dal fiorellino come questo 
❀ rosso che troverete poco più in basso. passiamo alle avvertenze importanti, adesso.
 

  • sull'ambientazione:: eccetto variazioni dovute a stupide esigenze narrative, la storia segue la trama e l'ambientazione del videogioco Pokémon Diamante/Perla;
  • sui nomi:: per una semplice questione di mia comodità, ho deciso di utilizzare solo ed esclusivamente i nomi inglesi per i personaggi, i luoghi e qualsiasi altra cosa abbia un nome. Sto rigiocando il mio amato Perla in contemporanea alla scrittura di quest'opera e purtroppo - o, per me, fortunatamente - ho il gioco in inglese, cercate di capirmi;
  • sulla caratterizzazione:: è presente ooc sparso un po' per tutti i personaggi. Le esigenze di trama fanno la loro comparsa anche questa volta, e i miei headcanons hanno voluto dare una mano;
  • sulle tematiche:: da brava persona triste quale sono, tendo a scrivere cose tristi. Buttando via questo velo di ironia, questa è un'opera progettata per essere abbastanza malinconica, c'è solo da vedere se riuscirò nel mio intento. Sarà presente qualche potenziale accenno a coppie slash, probabilmente anche yuri o yaoi, e soprattutto qualche accenno ad un triangolo. Non una threesome, un triangolo, ripeto. Non credo nemmeno ci sia bisogno di specificare quale;
  • sui personaggi:: ho deciso di prendere Lucas nei panni del player, per cui sarà lui figlio di Johanna e sarà Dawn assistente del professor Rowan.
 


 



Hibiscus è un genere di piante della famiglia delle Malvaceae che comprende circa 240 specie.
Il nome deriva dal greco e probabilmente fu assegnato da Dioscoride, noto medico dell'antichità, vissuto nel I secolo d.C.
Il genere comprende piccoli alberi, arbusti e piante erbacee annuali o perenni.
In Polinesia, da sempre, l'ibisco è portato tra i capelli dalle ragazze; i ragazzi invece sono soliti appoggiarne un fiore sull'orecchio destro, se sono fidanzati, sull'orecchio sinistro, se sono "liberi".
Famoso è il consumo di insalate di malvacee presso gli antichi romani, non foss'altro che per le indigestioni che ne faceva Cicerone.

I suoi fiori sono delicati e leggerissimi e hanno una durata molto breve, di solito un giorno; per questo regalando l'ibisco si vuole esaltare la bellezza fulminea e fugace, l'incanto fuggevole di un istante. Il linguaggio amoroso ottocentesco si è sbizzarrito su questo fiore: donarne uno all'amata significa "tu sei bella", il siriaco a fiore bianco ne loda la lealtà e rosso la pazienza del corteggiatore, mentre i colori cangianti attestano un rifiuto. Il rosso sangue, inutile dirlo, è "ferita al cuore".

 



 

Se avesse dovuto scegliere una parola per descrivere il loro primo incontro, avrebbe scelto inaspettato. Ma anche inopportunotempestivoestemporaneo
Se avesse dovuto scegliere un'unica parola e il silenzio che ne seguiva, semplicemente non avrebbe scelto nessuna parola, alla fine. 
Non era brava con le parole, Dawn. Non era brava in molte cose e, così come chiunque altro, eccelleva in altre. A dirla tutta, non aveva neanche molta importanza. Si limitava a fare quel che gli altri si aspettavano che facesse, chiamalo senso di dovere o come più ti aggrada, o magari aveva semplicemente un'indole responsabile di suo. E cercava di tenere tutto il resto fuori, come inutili decori di cui, alla fine, puoi benissimo fare a meno.
Una cosa era certa: il loro primo incontro era stavo devastante. Devastante come un crampo improvviso allo stomaco di cui, tuttavia, devi celare l'esistenza, perché di certo non puoi rannicchiarti di punto in bianco sotto gli sguardi delle persone e pretendere che non credano che tu abbia problemi. Fisici o mentali, poi, è tutto da verificare.

Aveva diligentemente aspettato il ritorno del suo tanto stimato mentore, il famosissimo Professor Rowan della regione di Sinnoh, specializzato sull'evoluzione dei Pokémon e sui motivi che la causano. Per quattro anni era stato nella regione di Kanto per proseguire una parte dei suoi studi in collaborazione con l'altrettanto famoso Professor Oak. Lontano migliaia di respiri, di sguardi, di sospiri dalla sua piccola assistente, lasciata così abbandonata a sé stessa. Non era mai stata molto Dawn senza il suo professore, e anche quando non poteva vederlo pensava alle sue stanche mani rovinate dal lavoro di anni, ai suoi occhi appannati da una vita vissuta e che ancora veniva vissuta nel pieno, che prima o poi sarebbe passata come passa per tutti, ma era facile dimenticarsi di questo dettaglio ogni volta che si sentiva una leggera punta di fragola nel suo respiro, profondo e rilassato. Il Professore aveva un debole per le caramelle che, invece, a Dawn non andavano giù chissà quanto. Le trovava troppo dolci per i suoi gusti. E trovava anche che, nei rapporti con le persone, fossero le divergenze e le disuguaglianze a dimezzare le distanze, in ogni caso. Molte delle sue convinzioni le aveva sviluppate così, sperimentando la sua vita a Sandgem Town, al fianco del suo punto di riferimento ed amico più fidato.

Gli occhi di Dawn erano intrinsechi di salsedine, e la sabbia le era quasi penetrata sotto pelle. In quattro anni avrebbe potuto fare cose, grandi cose, ma aveva scelto di rimanere con i piedi per terra ed attendere la ripresa del suo lavoro più pronta di quanto lo fosse mai stata in vita sua. Se non altro, si era presa del tempo per prendersi cura della spiaggia a sud della sua città. La sua amata città sabbiosa, con il suo odore pungente, profumo, aria, anima del mare che riesce a penetrarti nei polmoni con dolcezza nonostante non chiedi nemmeno il permesso per farlo.

Dopo quattro anni di blu negli occhi e respiro di sale nei capelli, tutto si sarebbe aspettata fuorché un incontro di petto con la casualità. Lei e la casualità non andavano proprio a braccetto comunque, a quanto pare.
L'appropriamento da parte di Lucas e Barry dei Pokémon del Professore l'avevano colta totalmente alla sprovvista. 
Barry e Lucas erano i nomi dei due ragazzi che aveva avuto la piacevole sorpresa di incontrare mentre si allontanava dal Lake Verity ad una perlustrazione veloce terminata. Non che avesse importanza, per lei erano stati etichettati direttamente come i due che avrebbero potuto metterla nei pasticci. E il loro non era nemmeno stato un appropriamento, ma una semplice presa in prestito, per così dire, prima ancora di poter chiedere l'effettivo consenso del proprietario dei Pokémon in questione. Cosa mai avrebbe potuto fare lei, nelle veci di una semplice assistente. Anche se, qualcosa le sarebbe decisamente piaciuto fare.

Il suo primo incontro con Barry e Lucas di certo non era stato dei migliori. Se avesse dovuto descriverlo in qualche modo, avrebbe scelto semplicemente di rimanere in silenzio, lo stesso silenzio che la aveva accompagnata mentre scrutava le figure dei due ragazzi con un'incertezza e un timore tale da usare quando si rivolge lo sguardo ad una pianta in fiore, per paura di poter rovinare i boccioli anche solo guardandoli, mentre il Professor Rowan si allontanava alle sue spalle verso Sandgem Town.
Silenzio.
Presto si sarebbe risolto tutto, era il pensiero che aveva preso posto nella sua mente, soffocando tutto il resto. E forse, è per questo che i ricordi di quei momenti le suonano tutt'ora come note di una melodia familiare ma a cui non si riesce inevitabilmente a dare un nome.





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