L'Isola

di Alison92
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Quella giornata non tardò a finire, le ore scorrevano crudeli senza tenere conto del nostro crescente terrore. Lucy era più silenziosa che mai, neanche Derek era riuscita a farla sorridere.
-Dai Lu, anche se dovessimo morire lo faremo immersi nel lusso.
Lucy mi rivolse un flebile sorriso, forse comprendendo perché volevo allentare la tensione.
-Io non voglio morire con questi abiti, preferisco morire accanto ai miei orsetti. 
Protestò Mary addentando un pezzo di pane. Eravamo proprio nella sala da pranzo, mentre consumavamo quel pasto che avevamo preparato insieme, quando parlammo per la prima volta della morte.
-Beh, se dovessimo essere in TV so che il pubblico femminile piangerà molto la mia scomparsa.
Disse Tyler raddrizzando la schiena. Dary scoppiò a ridere, mettendo a disagio Tyler.
-Smettila Dary, almeno io non sono alto un metro e trenta.
-Almeno io ho un cervello!
Tutti scoppiammo a ridere per quel piccolo battibecco, forse tentando di dimenticare perché stavamo parlando di morte. 
-Io pretendo rose rosa sulla mia tomba.
Disse Amy nel suo meraviglioso abito rosa confetto.
-Mamma e papà ti costruiranno un intero mausoleo rosa con i glitter.
Intervenne Trevor.
-Se io dovessi morire…
Cominciò Dominic, indicando fiero la sua giacca lilla.
-Pretenderò violette viola e nient’altro.
-Beh, io vorrei solo margherite bianche.
-Niente celeste per te Lyvia?
Mi chiese Lily con tono quasi stupito.
-Meglio la semplicità quando si parla di morte.
-Perché ne stiamo parlando comunque? Non siamo intenzionati a sopravvivere a qualunque costo? Altrimenti, con le vostre pretese, si dovrebbero utilizzare tutti i fiori d’America.
Disse Eddy che fino a quel momento era rimasto in silenzio. Lui, Dary e Mary erano i più restii a parlare dell’argomento, forse perché, essendo i più giovani, nessuno gli aveva mai detto che la loro vita poteva finire prim’ancora che fosse mai iniziata.
-Quindi margherite, eh?
Mi voltai mentre stavo salendo le scale per tornare nella mia confortevole stanza.
-Ti facevo più sofisticata.
-E tu cosa vorresti sulla tua di tomba, Wissol?
Mi sorrise colto alla sprovvista dalla mia domanda.
-Niente fiori per me. È come aggiungere morte alla morte, veramente triste.
Non aiutava neanche scherzarci sopra alla morte.
-Lyvia, la professoressa non ti appare strana?
Disse assumendo un tono improvvisamente serio.
-L’ho sempre reputata strana, ma m’inquieta la sua lucidità.
Confessai continuando a salire le scale.
-Non importa, non può che volersene andare quanto noi.
Ero d’accordo con lui, chi non avrebbe voluto fuggire da quella gabbia dorata fuori dal tempo e dallo spazio?
-Questa casa non ti dà l’impressione sempre sentito e osservato?
-Io ho solo l’impressione che questo sia un inferno senza fiamme.
-E allora Lyvia, cosa abbiamo mai fatto per meritare questo?
Alzai le spalle, perché non mi ero mai posta quella domanda.
-Gente come noi potrebbe morire senza neanche un motivo, un perché.
Lo sguardo di Francis divenne quasi supplichevole. Mi avvicinai a lui, sentendo il muscolo nel mio petto accellerare il suo incessante lavoro. Avrei voluto urlare la mia disperazione, che non era giusto che noi fossimo lì. Eppure i nostri nomi dicevano il contrario, dicevano che noi sedici dovevamo essere lì.
-Buonanotte Francis.
-Buonanotte Lyvia.
Tornai nella mia stanza, senza neanche voltarmi. Mi misi in ginocchio sul mio lussuoso letto. Il mio nome dipinto con il sangue sembrava fissarmi. Alcune lacrime mi rigarono il viso e tentai di cancellare le lettere scarlatte. Strofinai il sangue, grattai con le mie unghie, ma le lettere non si scalfirono. Quando ritrassi le mani erano impregnate di sangue viscido. Inorridita tentai di pulire il sangue nel mio abito turchese, stringendo le labbra per non urlare. Lavai le mie mani misteriosamente imbrattate e il sangue cominciò a scemare, lasciando le mie mani pallide pulite. Rigettai ogni cosa che avevo mangiato quella sera, ma almeno ero riuscita a lavare via il sangue.
Mi specchiai nella toletta accanto al mio letto. Il mio riflesso era diverso, il mio respiro era affannato, ma ero grata che potessero ancora riempirsi d’aria. Poi lacrime vermiglie scesero dai miei occhi e tinsero il mio viso dello stesso sangue che aveva incrostato le mie mani pallide. Urlai, o forse immaginai solo di farlo, perché nessuno accorse in mio aiuto.   




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