A flight history

di Laylath
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Capitolo 4. Insostenibile leggerezza.



840 – 43

L’anno 840 non era stata un’annata buona per la Legione Esplorativa: di un duecento reclute provenienti da tutte e tre le mura soltanto una decina avevano deciso di unirsi a loro. La maggior parte aveva scelto di far parte della Guarnigione delle Mura che poteva vantare un organico quasi in eccesso, tanto che si parlava di mandare in congedo buona parte del personale più anziano.
Il Comandante aveva deciso di non farsi abbattere da quella scarsa adesione ed aveva ordinato che i nuovi arrivati venissero integrati rapidamente nei reparti loro destinati, in modo che potessero unirsi alle operazioni nell’arco di pochi mesi.
E così era successo.
Nell’aprile di quell’840, a nemmeno vent’anni, Hanji Zoe si trovava davanti al grande cancello del Wall Maria, nel distretto di Shiganshima, aspettando che si aprisse per far uscire una nuova spedizione della Legione Esplorativa. Lo scopo era scoprire se il fragile avamposto che era stato costruito nella precedente missione esisteva ancora: si trattava di un’operazione quasi di routine, senza nessuna ambizione di andare oltre quello che era già stato esplorato.
Ma alla giovane non interessava tutto questo: era arrivato il suo momento, quello che aveva intimamente atteso per tutti quegli anni: le pareva che le ali cucite sulla sua giacca prendessero vita e fossero pronte a farle prendere il volo. La sua eccitazione era tale che il cavallo scartò e pestò gli zoccoli con impazienza, come se volesse iniziare pure lui a correre selvaggiamente.
“Calmati, ragazza – le consiglio Hank, accanto a lei, mettendo una mano sul collo dell’animale per calmarlo – sei davvero troppo agitata”.
“Non è stato così anche per te la prima volta?” chiese Hanji, sistemandosi meglio l’elastico dei suoi occhiali da missione: un gesto che contribuì a rendere ancora più scarmigliata la sua pettinatura.
“Sai che si dice tra i soldati? – le chiese il soldato che anni prima le aveva parlato in un campo poco distante e che, con sua somma sorpresa e soddisfazione, si era ritrovato quella ragazza ormai diventata un componente della Legione Esplorativa – Che quelle come te sono le prime che vengono fatte fuori nelle missioni fuori dalle mura”.
“Altri invece dicono che le persone come lei sono in qualche modo baciate della fortuna e riescono a sopravvivere anche nelle situazioni più disperate – intervenne Lysa, la compagna di Hank, con una strizzata d’occhio – Non farci caso, ragazza mia, Hank sta soltanto cercando di metterti in guardia. Del resto ci tiene alla sua pupilla”.
“Baciata dalla fortuna? – Hanji sorrise a quell’idea – Non mi pare male come cosa. Ehi, Daisy, tu che ne pensi?” si girò dall’altra parte per rivolgersi alla sua vecchia compagna, l’unica che assieme a lei fosse entrata nella Legione Esplorativa. Tuttavia il suo sorriso si spense come vide che la giovane era pallidissima e le sue mani tremavano vistosamente mentre stringevano le redini.
“Non hai paura?” chiese la bionda con un filo di voce, non riuscendo a staccare gli occhi dal cancello che ancora non si alzava.
“Paura? Ma no – la incoraggiò Hanji con una pacca sulle spalle – Pensa che cosa meravigliosa: tra un po’ cavalcheremo senza che davanti a noi ci sia nessun muro. Saremo libere come non lo siamo mai state, una cosa che solo pochi privilegiati possono dire di aver fatto. Là fuori c’è il mondo, Daisy, il vero mondo: ed è lì, a nostra portata”.
“Novellina, vedrai la calmata che ti darai quando incontreremo i giganti – la rimproverò un soldato davanti a lei, senza nemmeno girarsi – dovresti fare come la tua amica e avere un minimo di paura. Non è una gita di piacere… cerca di tenere a bada la tua pupilla, Hank”.
Davanti a quel rimprovero Hanji mise un lieve broncio e si rivolse di nuovo ad Hank. Questi si limitò a una lieve scrollata di spalle, come a dire che tutto sommato se l’era andata a cercare.
Tuttavia quel lieve malumore durò solo una decina di secondi, spazzato via dall’adrenalina che provava sin da quando avevano annunciato quella nuova missione. Era pronta a scalare le mura a mani nude se solo gliel’avessero chiesto e si sentiva smaniosa come mai le era successo
Quanto alla paura… sembrava che per ogni componente della Legione Esplorativa fosse una compagna più o meno assillante dalla quale non ci si può mai staccare del tutto. Soltanto lei sembrava esserne immune.
Tutto sommato potrebbe essere un’esperienza interessante pure quella – si disse, sistemando un ciuffo che le era scivolato davanti agli occhi.
Ma qualsiasi altro pensiero svanì non appena il rumore del cancello che si alzava iniziò ad invadere l’aria.
 
Fu come essere trasportata da un fiume in piena.
Come se una corrente improvvisa prendesse lei ed il suo cavallo e li facesse muovere verso quell’apertura dalla quale usciva una luce completamente nuova e strana. Fu un incredibile momento di estasi e leggerezza in cui le sembrava davvero di poter volare, mentre entrava in quell’apertura tra le mura, percependo appena lo sbalzo di temperatura tra zona al sole e quell’interno ombroso. E poi di nuovo sole, quello d’aprile che regala il primo dolce caldo, carico delle promesse primaverili. E ora, fuori dalle mura, quel calore sembrava ancora più vitale, capace di invitare i fiori e gli animali a risvegliarsi dal torpore dell’inverno prima del previsto.
Quel calore e quella luce, quella sensazione che era tutto quello che aveva sempre desiderato.
Un’insostenibile senso di leggerezza, quasi un volo che fino a quel momento le era stato impedito. Le sue ali adesso non erano più tarpate, la gabbia era stata aperta davanti a lei.
“Ragazza, sei tra noi?” la voce di Hank la richiamò alla realtà.
“Io? – rispose con voce ansante – Certo… oh, Hank, è una sensazione così… così…”
“Sei tra i più folli che abbia mai incontrato – sorrise seccamente lui – ma capisco appieno cosa stai provando, Hanji. Darei non so cosa per poter riprovare le sensazioni della prima volta che sono uscito fuori, quando mi sono sentito il signore del mondo”.
“Il mondo… il mondo! È questo il vero mondo, ed è meraviglioso!”
“Sì, non c’è niente di diverso rispetto a dentro le mura, eppure ti pare tutto nuovo, lo so bene”.
“Fa un po’ paura…” commentò Daisy, accostandosi a loro, dato che la formazione procedeva compatta.
“Non è di questo che ti devi spaventare, biondina – le disse il soldato – è la stessa natura di sempre, fidati. Fa solo strano sapere che le mura sono da una parte e non anche dall’altra. Ma se questo fosse l’unico ostacolo da superare saremmo davvero fortunati”.
“Questa zona dovrebbe essere tranquilla – commentò Lucy, adeguando la sua cavalcatura al passo più rapido imposto dalle prime file – fatevi animo, novellini”.
Hanji annuì e cercò di frenare il sorriso. Fosse dipeso da lei avrebbe spronato ancora di più il suo cavallo per correre libera in quel vasto e meraviglioso mondo.
 
L’incontro con i giganti avvenne il giorno successivo, nel tardo pomeriggio, quando ormai Hanji si era quasi convinta che non li avrebbero incontrati e che quella missione si sarebbe rivelata solo una grandiosa gita che le aveva mostrato le reali possibilità del mondo.
Fu questione di pochi secondi e fu come se la tensione che avevano provato tutti i suoi compagni di colpo si acuisse, un sottile filo d’acciaio che andava a creare una rete che univa tutti loro. Ci fu un grido d’allarme e tutti corsero alle proprie cavalcature.
“Verso il bosco!” esclamò il Comandante, riferendosi alla macchia d’alberi che stava a pochi chilometri da loro.
“Ma dove sono? – chiese Hanji, accostandosi ad Hank – non li vedo… io non li…”
Un rumore di qualcosa che veniva rotto e fu costretta a girarsi, mentre il suo cavallo, perfettamente addestrato, seguiva gli altri.
Durante l’addestramento insegnavano loro com’erano fatti i giganti: le classi, la loro vulnerabilità appena dietro il collo, il fatto che si disinteressassero completamente degli animali per aggredire solo gli uomini. Ma niente, nessuna spiegazione teorica, nessuno schema alla lavagna li poteva preparare all’impatto visivo con quelle creature.
Se la mente di Hanji fosse stata abbastanza lucida si sarebbe accorta che era una classe dieci metri e che dietro ne avanzavano altri più piccoli. Ma tutto quello che poté notare di loro fu la loro andatura completamente sgraziata, come se fossero in procinto di cadere da un momento all’altro. Quei corpi privi di qualsiasi armonia, deformati nei modi più impensabili tanto da sembrare quasi bambole fatte da un giocattolaio folle.
“Hanji! – la richiamò Hank – guarda davanti a te, stupida! E tieniti pronta con il dispositivo: dobbiamo salire sopra gli alberi, chiaro?”
“Certo!” la giovane annuì, recuperando la lucidità e rendendosi conto che erano in una situazione di pericolo. Provò un primo brivido di quella che era la paura, ma ancora l’idea che stavano rischiando sul serio la vita per quelle creature così goffe le sembrava irreale.
“Attenti! Escono anche dal bosco! Sono almeno cinque!”
Il nuovo avviso mise in allarme l’intera spedizione: il gruppo di quaranta soldati si trovò praticamente accerchiato dai giganti che, a dispetto delle loro deformità si stavano dimostrando davvero veloci.
“Cambio ordine! – esclamò il capitano, con un urlo che fece girare tutti – squadre di cinque all’attacco! Ciascuno con i suoi compagni!”
“Li attacchiamo? – chiese Daisy spaventata, galoppando affianco ad Hanji ed Hank, mentre anche Lysa ed un altro veterano si accostavano a loro – Dobbiamo davvero attaccarli?”
“Calma e lucidità, novelline – raccomandò Lysa, prendendo le sue lame con un movimento fluido – ricordate l’addestramento: calcolate bene le misure. Occhio ai movimenti delle braccia: spesso sono più rapidi del previsto”.
“Classe tre metri, alla nostra destra – mormorò Hank, sguainando a sua volta le sue armi – bastiamo io e Lysa. Roy, tu proteggi le ragazze: vediamo se ce la possiamo cavare in due con questo qui!”
Partirono all’attacco, spronando le loro cavalcature. Di colpo anni di esperienza e di sincrono si palesarono in quello che si poteva definire un magnifico e strano balletto, dove ciascuno conosceva a memoria i passi della coreografia. Persino il gigante sembrava esser consapevole di essere parte di quello spettacolo, sebbene nel ruolo di vittima. Sembrava che i suoi tentativi di attacco fossero a beneficio dei due ballerini umani: Hank attrasse la sua attenzione sulla destra, evitando di un soffio il lungo braccio che cercava di colpirlo, mentre Lysa metteva in moto il meccanismo di manovra tridimensionale dall’altro lato, agganciandosi alla schiena del nemico. Le sue lame brillarono alla luce del sole due secondi prima che un fiotto di sangue fumante sprizzasse dal collo del gigante. Proprio questi crollo a terra, senza che la sua espressione mutasse minimamente: niente dolore, paura o altro, come se non avesse possibilità di mostrare altro sentimento che il nulla.
“Alla nostra sinistra, classe sei metri! – Roy richiamò l’attenzione di Hanji e Daisy – troppo vicino per evitarlo. Dimostratemi cosa vi hanno insegnato in addestramento!”
“Sì! – scattò subito Hanji, seguendolo al galoppo, sentendo che il suo corpo veniva invaso da una nuova scarica d’adrenalina, forse più cattiva rispetto alla solita – Daisy, andiamo!”
Di colpo gli automatismi derivati da oltre tre anni d’addestramento tornarono a galla: fu come se il suo corpo si ricordasse alla perfezione di come funzionasse, di quali fossero le tempistiche giuste per lanciare i ganci e lasciarsi trascinare dal dispositivo. L’istruttore le aveva sempre detto che, nonostante il suo corpo ed il suo perenne agitarsi era una delle migliori, e non lo diceva a caso.
Lei era a sinistra, Roy e Daisy a destra rispetto al gigante: quest’ultimo scartò verso i secondi e questo le fece capire che toccava a lei attaccare. Le sue mani si mossero automaticamente alle lame e all’avvio del dispositivo. Di colpo fu in aria, un volo che aveva sperimentato già altre decine di volte, ma che questa volta puntava ad un nemico vero e non a delle sagome di cartone.
E si sentiva leggera, incredibilmente leggera, mentre vedeva quel testone dai capelli neri avvicinarsi sempre di più. Ne colse i lineamenti deformati, gli occhi troppo grandi, il naso piccolo, il sorriso ebete. E poi quel punto dietro la nuca ed ecco la scarica di energia che arrivava: le lame si abbassarono con violenza. Questa volta nessun rumore di sagoma spezzata, ma solo la sensazione di carne morbida che veniva tagliata con incredibile facilità.
Quanto durò? Un paio di secondi, eppure le parve lunghissimo. Ancora una volta fu l’addestramento che la fece ricadere con grazia sul terreno. Ma i suoi occhi non potevano che osservare quella massa caduta a terra che iniziava a fumare come se avesse preso fuoco.
“Hanji! – Hank le fu accanto – tutto bene?”
“Sì – annuì lei – quali altri ora?”
“Andiamo ad aiutare lì, verso quelli di sei metri!”
La giovane annuì e corse ad aiutare i suoi compagni.
Aveva appena ucciso il suo primo gigante, il cuore le batteva a mille, la piccola scossa di paura che aveva provato poco prima era del tutto passata.
 
Durante quella spedizione i giganti comparvero per ben tre volte e uccisero una decina di soldati, tra cui Daisy. Se Hanji non aveva provato paura, per la prima volta si trovò invece davanti alla morte di una persona che conosceva bene e le sensazioni che la pervasero non furono per niente gradevoli. A fine scontro, mentre si aiutavano i feriti e si recuperavano i cavalli, la trovò dilaniata in due, una parte che giaceva a terra e l’altra nella bocca di un gigante che era stato ucciso poco dopo e che ancora fumava mentre si disintegrava.
Fu terribile, agghiacciante, e si sentì estremamente in colpa per non aver nemmeno un graffio. Le mani che tenevano ancora strette le lame iniziarono a tremare e si sentì una completa stupida per aver provato persino esaltazione  nei momenti d’azione di poco prima.
“Mi dispiace – le disse Hank, accostandosi a lei e mettendole una mano sulla spalla – purtroppo è il prezzo che dobbiamo pagare ad ogni dannata spedizione”.
Hanji scosse il capo, incapace di dire qualcosa: erano tremendi i momenti in cui non riusciva ad esprimere quello che provava. Tutto andava a finire in uno strano groppo in gola che non trovava sfogo nemmeno nel pianto.
“Bastardi – sussurrò dopo qualche minuto, mentre veniva indotta con gentilezza ad allontanarsi – ma perché lo fanno?”
“Perché è la loro natura – spiegò il soldato – e posso capire che il primo impatto non sia mai facile, specie se viene ucciso qualche commilitone di cui si è particolarmente amici. Daisy era una brava ragazza… e prima che ti faccia strani pensieri, non cercare una giustizia o una razionalità in quello che accade in uno scontro coi giganti. Puoi calcolare le tue mosse al millesimo, essere pronto a tutto, avere in testa lo schema imparato in addestramento, ma è un qualcosa di totalmente imprevedibile, ogni dannata volta. Anche se sei il soldato migliore del mondo hai sempre quella percentuale di fallimento che ti può costare la vita, va bene? Questa volta è toccato a Daisy, la prossima può toccare a me, a Lysa, a Roy o a te… o a tutti noi, chissà”.
“Perché mi dici tutto questo?” sussurrò Hanji col cuore straziato.
“Perché è la realtà della Legione Esplorativa, ragazza mia… e dato che sei la mia pupilla preferisco che la impari subito piuttosto che crogiolarti in fantasie dove i buoni non possono morire”.
“E allora noi…”
“Tieniti stretto il pensiero della libertà che hai bramato e che hai assaporato – la interruppe il soldato – quella è la risposta a molte domande che ti farai nei prossimi giorni. Come è giusto che sia”.
“Come è giusto che sia…” ripeté passivamente lei, mentre abbandonavano quel campo di battaglia e quei corpi che non si potevano permettere di riportare indietro.
 
Passarono due anni e il destino volle che Hanji non soccombesse per mano dei giganti, nonostante avesse preso parte alle spedizioni che si erano succedute nel corso del tempo. Ogni tanto veniva ritirata fuori la storia che le persone con il suo carattere erano in qualche modo baciate dalla fortuna, ma col passare del tempo era entrata a pieno titolo nella Legione Esplorativa e questi discorsi finivano nel dimenticatoio con sempre più frequenza. Rimaneva certo una personalità di spicco per la sua rumorosità, esuberanza, entusiasmo… un fatto che poteva stridere in un corpo militare con una così alta mortalità. Tuttavia se ci si abituava a vedere i propri compagni morti per mano dei giganti ci si poteva anche abituare all’idea di non avere dei soldati propriamente normali. Del resto per continuare a stare nella Legione Esplorativa bisognava avere un minimo di follia, era questa l’opinione comune.
In quel periodo di tempo Hank aveva perso parzialmente l’uso di una gamba: non era stato per colpa di un gigante ma per un brutto calcio ricevuto da un cavallo imbizzarrito durante una missione. Era stato congedato con onore, dati i suoi quindici anni di servizio, ma continuava a rendersi utile nelle stalle della Legione Esplorativa.
Quanto ad Hanji era ormai una che si era fatta le ossa, come si soleva dire a chi superava i primi due anni senza soccombere. Ormai veniva considerata un elemento affidabile: aveva una buona tecnica, sebbene non eccezionale, e poteva vantare un buon numero di giganti ucciso alle spalle. In ogni caso aveva imparato a metterci la giusta cattiveria, quel sano odio che era in grado di superare la paura e dunque di permettere un attacco valido.
Del resto come poteva essere altrimenti? Dopo che aveva visto morire delle persone che considerava sue amiche, Hanji aveva ormai identificato i giganti come i suoi grandi nemici. Adesso ad ogni missione quasi sperava di incontrarne qualcuno per potergliela fare pagare, per presentare il conto a nome di Daisy e di tutti i suoi commilitoni morti.
Il mondo fuori era meraviglioso e lei desiderava ancora ardentemente poterlo esplorare. Ma al contempo desiderava con tutta se stessa liberarlo dalla presenza di quelle creature così odiose e detestabili, che non avevano un reale scopo nel piano del mondo. Perché non mangiavano gli uomini per fame, ma solo per un istinto che non aveva alcun senso.
“Sparisci, creatura senza senso!” esclamò proprio un giorno dell’agosto dell’843, mentre colpiva la nuca di un gigante classe tre metri, l’ultimo rimasto di un trio che aveva attaccato la sua squadra in ricognizione durante una missione.
Mentre i suoi tre compagni si avviavano già per avvisare che tutto si era concluso per il meglio, Hanji guardò con aria disgustata il suo avversario. In genere non infieriva su quei corpi una volta che cadevano a terra, ma in quel momento si trovava da sola, una cosa che accadeva assai di raro durante le missioni. Poteva concedersi un minimo di cattiveria gratuita.
Senza dare tempo a ripensamenti alzò la lama e tranciò di netto la testa di quel gigante.
Senza nemmeno pensarci sferrò un calcio contro quella testa che ancora teneva la sua espressione ebete. Un gesto senza nessun particolare motivo, uno sfogo senza senso.
Ma…
Leggera?
Fu come un fulmine che la colpì in pieno, lasciandola completamente stordita in mezzo a quel campo che fumava per i corpi dei giganti che si stavano decomponendo. Rimase a guardare quella testa così grande che rotolava per qualche metro, leggera come una palla di stoffa con la quale giocavano i bambini. Considerata la stazza di quel gigante, la testa doveva essere tutt’altro che leggera.
L’odio scomparve, sostituito da una nuova e strana curiosità. Fu come se la bambina che era stata, quella che era sempre piena di domande anche fuori dall’ordinario, tornasse a presentarsi.
Si sistemò meglio gli occhiali e raggiunse la testa che aveva terminato la sua corsa contro un sasso.
Esitò leggermente e poi la afferrò per i capelli, sollevandola con estrema facilità.
Davvero… com’è possibile che sia così leggera?
Questione di cinque secondi e quel gigante non era più il suo nemico.
Era il suo personale oggetto di studio.








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Salve,
eccomi tornata dopo le vacanze dove non avevo materialmente occasione per scrivere. Mi scuso per l'attesa, specie dopo che avevo postato i primi capitoli con un intervallo di tempo decisamente minore. Ma come si dice "meglio tardi che mai".
Dunque, per questo capitolo ho preso spunto dalla chiacchierata che Hanji fa con Eren quanto questi è stato appena affidato alla squadra di Levi. Proprio la nostra studiosa racconta che il suo interesse per i giganti era nato solo dopo questo particolare episodio e che prima li considerava solo come nemici. Lo trovo davvero interessante e coerente con il suo personaggio: a lei serve lo spunto, l'intuizione giusta per poter andare oltre il modo di pensare comune.
Possiamo dire che questo momento è la "nascita" dell'Hanji che abbiamo imparato a conoscere nel manga e nell'anime.

Per la cronaca, siamo nel 843, l'anno successivo (ossia nel prossimo capitolo) farà la sua gradita comparsa il nostro campione dell'Umanità preferito.

Nel frattempo vi auguro un buon proseguimento di vacanze :)

Laylath


 




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