prologo 2/2
Prologo (2/2)
La timida luce
dell'alba fu il primo segnale di un giorno nuovo che nasceva, un
giorno che le avrebbe sottratto qualcuno per lei insostituibile, un
qualcuno che l'aveva stretta per tutta la notte in un abbraccio
fedele e che ora sonnecchiava accanto a lei in attesa di un risveglio
imminente.
Il caldo tepore
emanato dalla coperta di lana e quello emanato dal corpo maschio di
Hayden, impediva a Margaret di alzarsi propriamente e iniziare la
giornata. Voleva rimanere lì, distesa su un fianco, le gambe al
petto in quella che poteva sembrare una reminiscenza della posa
fetale. Con la testa nascosta tra le braccia e il fine cuscino
sgualcito, Margaret udiva ogni rumore, come il più piccolo degli
scricchiolii, magari proveniente da un asse di legno erosa dalle
termiti oppure dallo scalpiccio degli animali nell’aia, ovattato e
inconsistente. Poteva udire quasi distintamente il russare del Signor
Durk dall’altra parte del corridoio, il soave respirare di Lilith
che, accoccolata nel proprio letto, supina e con i capelli sciolti e
scompigliati sul cuscino, sembrava godersi quell'ultimo barlume di
concesso riposo.
Il gallo avrebbe
cantato, presto, e la vita nella piccola e angusta dimora di campagna
sarebbe ricominciata con i suoi soliti ritmi. Lilith sarebbe scesa
dal letto, agile e scaltra come una formica laboriosa, avrebbe
attraversato svelta la stanza, calpestando appena il pavimento
freddo. Prima di uscire, le avrebbe dato un morbido bacio sulla
fronte, uno di quelli che profumano di chiodi di garofano e
vaniglia,uno di quelli materni; le avrebbe rimboccato le coperte e le
avrebbe sussurrato un dolce “è ora di alzarsi".
Silenziosamente, avrebbe fatto scattare la maniglia della porta,
ruotandola in senso antiorario, poi, richiudendosela alle spalle,
sarebbe corsa a svegliare il sign. Durk dai postumi della solita
sbornia che, con l’arrivo della vecchiaia, era diventata un
“must". Nel letto accanto a quello vuoto di Hayden, Mark stava
sicuramente russando,perso nella fase più profonda del sonno,una
gamba a penzoloni giù dal letto.
La sera prima tutti
i ragazzi si erano riuniti per passare le ultime ore prima del
ritorno del signor Durk insieme. Mark dopo aver udito la notizia era
rimasto senza parole e per cinque buoni minuti aveva fissato il viso
dell'amico senza esprimere emozioni. Elizabeth e Lilith erano
scoppiate a piangere ed erano corse ad abbracciare Hayden che con il
viso distrutto scrutava Margaret, seduta in un angolo accanto a
Caroline, ammutolita anche lei dall'annuncio, piangeva in silenzio.
Era stata una cena
silenziosa, malinconica e permeata da un'atmosfera lugubre. Durk era
rientrato tardi, come succedeva spesso quando si perdeva nelle
locande di Brighton in compagnia di donne troppo costose per le sue
misere tasche, e Caroline gli aveva lasciato una scodella di zuppa al
solito posto. Zuppa che quella sera, dopo essere rientrato Durk non
aveva nemmeno sfiorato, era salito al piano superiore per poi
sbattere furiosamente il pugno sulla porta della stanza dei ragazzi
da cui provenivano voci smorzate e basse. Questi si erano alzati dal
pavimento e dopo aver abbracciato e stretto forte il ragazzo, si
erano avviati ciascuno nelle proprie stanze.
Stretta nel caldo
abbraccio delle coperte, ammucchiate una sopra l'altra per fare
spessore, poichè trapunte e coltroni erano troppo costosi per il
Signor Durk, Margaretpensò che avrebbe ricordato quella notteper
tutti gli anni a venire. Perchè quella notte credeva di aver sognato
quando un paio di lunghe e pelose gambe le avevano sfiorato le
caviglie indolenzite per il troppo camminare: Margaret aveva avuto
come l’impressione che qualcuno la stesse osservando. Si sentiva
affogare dall’insistenza di quella sensazione.
D'un tratto la porta
della camera da letto si era spalancata, un paio di passi sulle assi
cedenti e Margaret aveva capito che qualcuno era appena entrato nella
stanza, ma non era in grado di percepirne la presenza, poichè in
balia del buio. Una sagoma oscura si era affrettata a raggiungere il
suo letto che si era piegato in un gesto innaturale sotto un peso
ingente che non era abituato a sopportare. Il contatto con gli
indumenti stranamente freddi e umidi aveva fatto sobbalzare Margaret,
che si era stretta ancora più in sé stessa, facendo attenzione a
non far scivolare la coperta giù dal volto. Tentando di
regolarizzare la respirazione, aveva finto di essere caduta vittima
di un tremendo incantesimo, ma il sudore freddo cominciava a farsi
sentire, appiccicato come un collante tra il tessuto sporco del
cuscino e la guancia striata di Margaret.
Il respiro caldo e
umido, le labbra schiuse e un alito di piacevole calore le rubò il
respiro, mentre si avvicina al suo orecchio scoperto. “Stai
dormendo?” Allora, riconoscendone la voce, Margaret si era
svegliata tutta, di soprassalto, e si era voltata incredula. Al suo
fianco, dietro un ammasso di capelli e vestiti, Hayden teneva gli
occhi socchiusi, su di una bocca ispida e carnosa. La folta chioma
sembrava incatenata al tessuto morbido del cuscino. La camicia da
notte, legata e infilata dentro la cintola dei calzoni, si alzava e
si abbassava al seguito del respiro del suo petto.
“Dove sei stato?”
Il profumo caldo e la fresca rigidezza della stanza s’infiltrarono
sotto le coperte.
“Per favore, non
dire nulla.” aveva detto, in un roco sussulto scuotendo una mano da
sotto la coperta. Hayden le aveva posato una mano a coppa sotto il
mento, sfiorandole uno zigomo con i polpastrelli. Poi l’avevabaciata
amichevolmente con la levità di una piuma, assaggiando la sua fronte
liscia. Margaret profumava di sole, d'estate, e aveva labbra dolci
come fragole. Lei l’aveva abbracciato stretto, godendo della
morbidezza del suo corpo. Ogni volta che lei si muoveva, o si
contorceva nell'abbraccio, provocava una deliziosa tortura che
portava Hayden al limite dell'autocontrollo. Abbracciati l'uno
all'altra si erano addormentati tardi, dopo essersi sussurrati
promesse e confessioni.
Quel mattino, i suoi
capelli color terra bruciata sparsi a raggiera sul cuscino, sapevano
di fiori selvatici, acqua salata e carbone; le palpebre socchiuse di
Hayden in quel momento le ricordavano il candido riposo innocente di
un neonato ignaro di ciò che la vita gli avrebbe riservato, il suo
viso rilassato così in contrasto con l'espressione cupa e
preoccupata che le aveva riservato il giorno prima. Per certi versi
comprendeva il suo comportamento, iniziava a dare un senso alle
parole del giovane, il suo volerle nascondere la partenza fino
all'ultimo giorno per non essere costretti ad avvertire il peso
schiacciante dei minuti che passavano. Le ore, i minuti e i secondi
trascorsi dal momento del funesto addio erano stati per entrambi
carichi di un peso insostenibile che aveva macchiato quegli ultimi
momenti di beata condivisione.
Ed ora, mentre lo
guardava risvegliarsi,Margaret desiderò ardentemente di poter
ripetere tutto, dalla sera prima fino a quel momento, di poter
sentire ancora Hayden sussurrarle parole dolci e rassicuranti invece
di essere costretta a forzare un sorriso vuoto, perchè non aveva la
forza di dire nulla.
°°°°°
Gli accarezzò i
capelli con lo sguardo coperto dalle lacrime, il vento freddo
soffiava inperterrito facendo svolazzare la veste di Marge che
stretta ad Hayden si lasciava cullare dalla sua presa e dalle
raffiche mattutine.
I ragazzi erano
sulla porta di casa e dopo aver salutato uno per uno il castano erano
rimasti lì accanto guardandoli con gli occhi solcati dalle lacrime.
“Devo andare
Marge.” Hayden aveva sussurrato queste parole in tono grave con la
voce rotta dall'amarezza, il viso piegato nell'incavo del suo collo
per annusare ancora per gli ultimi istanti il suo profumo inebriante
che sapeva di casa, una casa che non avrebbe rivisto tanto presto.
“No, ti prego.”
Lei premette le mani sul suo petto marcato in cerca di altro conforto
ma il tempo scorreva inesorabile e non c'era nulla che potesse
rimandare quel momento.
“Tornerò, te lo
prometto, aspettami.”
Hayden le afferrò
le mani e come il giorno prima se le portò alla bocca, le baciò e
sussurrò questa frase a ripetizione quasi come se fosse un circolo
disperato senza fine.
Indietreggiò di
qualche passo e lasciò la presa di Marge non prima di averle baciato
un ulima volta le mani poi si avvicinò al suo viso e le diede un
leggero quasi impercettibile bacio sulle labbra, per Marge quello fu
come soffio delicato di un istante troppo veloce per poterlo cogliere
fino in fondo.
Dopo di ciò il
ragazzo afferrò la valigia di cartone ammaccata appoggiata a terra,
salutò i ragazzi in lacrime sulla porta con un gesto caloroso e
disse:
“Tornerò
ragazzi.”
L'ultima immagine
che lui regalò a Marge fu quella della sua schiena ricoperta dal
tessuto blu del maglione usurato che curvata come dopo una giornata
di duro lavoro si allontanava sull'arido sentiero che conduceva a
Brighton.
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