Retrouvailles
Perché
il posto più sicuro del mondo è tra le braccia di chi si
ama ci si fida
Calore.
Il suo intero corpo era pervaso da ondate di calore inarrestabili. Un
fiume di lava scorreva nelle sue vene, bruciava sottopelle, gli
infuocava il respiro, gli annebbiava la mente.
«Chris...»
Come quando un serpente striscia silente fuori dalla tana, così un
sussurro languido scivolò via dalle sue labbra – rosse, gonfie,
lucide di saliva non propria, succulenti come un frutto maturo. Quel
sussurro era così maledettamente invitante nel suo essere una mera
invocazione, una supplica che malcelava il bisogno di placare quel
fuoco che, ora più che mai, gli incendiava i lombi. E pulsava in una
dolce tortura languida.
Deglutì
a fatica, sentendosi la gola secca, e mosse appena le mani arrossate
e i polsi indolenziti, mugolando di frustrazione quando si rese conto
che, sì, le corde erano ancora là, strette ad immobilizzargli le
braccia dietro la schiena. Erano fastidiose, ma il fastidio provato
non era nulla in confronto al piacere regalatogli: dopotutto Viktor
era sempre stato quel tipo di amante intraprendente e affettuoso,
incapace di tenere le mani al loro posto e ritrovarsi carponi sul
materasso, nudo, con le mani legate, il viso immerso tra i cuscini e
una benda sugli occhi, anziché farlo sentire come un rapace in
gabbia, con le ali tarpate e un cappuccio calato sulla testa, lo
mandava ancora più su di giri.
Impotente.
Si sentiva impotente e vulnerabile e al contempo accaldato e
terribilmente eccitato. E questo contrasto di emozioni e sensazioni
lo stava facendo letteralmente sprofondare in un limbo dove la voglia
di appagare i propri istinti superava il disagio di trovarsi
costretto in quel modo.
Viktor
mosse appena il bacino verso il proprio amante, e gemette il suo nome
ancora, in quel modo che sapeva bene essere il punto debole di
Christophe – conosceva fin troppo bene quella vecchia volpe
svizzera e non si stupì quando, a quel sussurro tentatore, sentì il
suo fiato farsi pesante per un breve momento.
Già,
Christophe. Il caro, dolce Christophe.
Viktor
si fidava ciecamente di lui e sapeva che Chris provava nei suoi
confronti la stessa cieca fiducia. Forse era per questo che, alla
fine, non gli dispiaceva così tanto denudarsi davanti a lui.
Spogliarsi delle vesti e delle proprie maschere, lasciarsi andare
completamente tra le braccia di quello che, col tempo, era diventato
più che un semplice amante. Christophe era il suo amico. La sua
famiglia. La sua casa. Qualcuno di troppo importante per lui da
essere solo un amante, uno dei tanti. No, non se lo meritava.
Per
questo, col passare del tempo, Chris era diventato l’unico. Lo
svizzero era entrato così profondamente nel suo cuore e le radici
che aveva formato in esso erano così salde che, ormai, quando si
ritrovavano aggrovigliati sotto le lenzuola, non si trattava più di
un semplice scopare. L’affetto sincero e profondo che li legava era
tale che sarebbe stato riduttivo limitare il sesso a un mero atto
carnale. No. Il loro sesso era qualcosa di più. Era una prova di
fiducia, era un modo per dimostrare quanto forte fosse il loro
legame.
«
Chris, mon chou… » Riprovò, stavolta aggiungendo un tenero
nomignolo, uno dei tanti – stucchevoli – con cui avevano
l’abitudine di chiamarsi. Percepì Chris sospirare, affranto,
dietro di sé, e ciò fece fiorire sulle sue labbra un piccolo
sorrisetto di vittoria.
«
Sarai la mia morte, Viten’ka… » Lo sentì mormorare, e a quel
punto non riuscì proprio a trattenere una piccola risata:
sicuramente Christophe in quel momento aveva appena fatto una delle
sue “facce”: magari aveva alzato gli occhi al cielo, in quel modo
così esageratamente drammatico, forse addirittura incurvando appena
le spalle, a mo’ di Madonna del Sacro Cuore. Teatrale, Chris era
sempre stato molto teatrale nella gestualità e nella voce, talvolta
esagerando appositamente solo per il gusto di vedere Viktor
ridacchiare in quel suo modo adorabile.
Scosse
il capo e sospirò di nuovo, Christophe, carezzando pigramente con lo
sguardo la schiena inarcata – in un invito più che esplicito –
di Viktor, dalla nuca fino alla base, soffermandosi poi sulla curva
delle natiche tornite, rese appena più soffici per la mancanza di
allenamento.
Dopotutto,
trovandosi fuori dalla stagione competitiva, ci si poteva permettere
di rilassarsi di più, no? In più, la cucina svizzera – o meglio,
la cucina di Chris in generale – era
fin troppo grassa e proteica e, nonostante le corsette mattutine e le
sessioni di sesso e coccole serali, il fisico di Viktor non riusciva
a smaltire. Quello di Chris, invece, era sempre così schifosamente
tonico e affusolato, coi muscoli cesellati che parevano essere stati
direttamente scolpiti nel marmo. Viktor odiava il metabolismo di
Chris: sembrava quasi che più mangiasse, più si tenesse in forma.
Lo detestava soprattutto quando, con quel sorrisetto irritante e gli
occhi appena socchiusi – le lunghe ciglia a ombreggiargli lo
sguardo –, gli tastava con gusto il sedere. A quel punto esordiva
puntualmente con qualche scemenza sulla morbidezza che acquistavano
le sue cosce nei mesi estivi, quando la Svizzera – e Chris –
diventava la sua temporanea residenza.
Ebbene
sì, alla larga dal caos cittadino e dallo stress di interviste e
giornalisti che, ora che si era tagliato i capelli, si facevano
sempre più pressanti, il piccolo e grazioso paesino di Le Rocheray
era un angolo di paradiso. Un luogo dove poteva essere se stesso in
pace, dove a nessuno importava di chi fosse e perché stesse lì, a
sdraiarsi lungo i dolci pendii della collina dove sorgeva la casetta
di Chris per bearsi dei primi raggi del pigro sole mattutino.
Era
semplicemente meraviglioso. Un locus amoenus fatto e finito, in cui
il bisogno febbrile di Viktor di trovare pace si concretizzava. Non
solo, però, grazie alla natura. Christophe era parte integrante
nonché principale componente di questo paradiso estatico.
Christophe,
il buon Christophe. Che lo capiva, lui, lo comprendeva in ogni sua
minima sfumatura. Che si faceva spazio tra le sue cosce, spesso,
offrendo il proprio corpo come distrazione a un Viktor troppo
impantanato nella negatività della sua mente.
Christophe,
il caro Christophe. Che sapeva come manipolarlo – nel corpo e
nell’anima – per farlo star bene e, al contempo, che era
consapevole di essere manipolato da Viktor stesso. E che, nonostante
tutto, lo faceva fare, troppo buono o, forse, semplicemente troppo
stanco per protestare.
«
Chris, mon amour… hmm, je t’aime » E ancora una volta Viktor
dava prova dei suoi sfacciati raggiri pur di ottenere in cambio ciò
che voleva. Viscido manipolatore, cercava di usare una delle sue
maschere contro l’unica persona che era riuscita a toglierle tutte
e a vedere veramente cosa ci fosse dietro di esse. Si morse la lingua
nell’esatto istante in cui pronunciò quella frase. Quelle parole.
Se ne pentì immediatamente, così come ogni altra volta in cui se le
era lasciate sfuggire.
Chris
rise, di una risata amara, e Viktor si sentì raggelare quando gli
afferrò i capelli argentei e gli premette forte il viso contro i
cuscini – Viktor sgranò gli occhi da dietro la benda, mordendosi
forte il labbro più per l’offesa emotiva che quella fisica.
I
capelli. Gli aveva toccato i capelli. Glieli aveva afferrati
bruscamente e glieli aveva strattonati.
Il
terrore assalì il pattinatore russo fin nel suo Io più intimo.
«
Dovresti smetterla di dirmelo, mon cœur, non ci credi neanche tu…
» Viktor se l’era cercata, questa volta. Gli dispiaceva colpirlo
lì dove sanguinava una ferita ancora aperta, ma se c’era una cosa
che Christophe Giacometti odiava era esser preso in giro. Soprattutto
riguardo i propri sentimenti. L’amore – cieco, passionale,
sconfinato e puro Amore – che provava per Viktor era qualcosa di
troppo serio per poterci scherzare su. Soprattutto se a scherzarci
sopra era Viktor stesso.
«
Cazzo— » Sibilò il russo, di rimando, digrignando i denti mentre
le gambe cedevano e il peso si spostava in avanti. Poi, silenzio.
Chris aspettava delle scuse o non avrebbe tolto la mano dal suo
scalpo. Ora aveva allentato la presa sui suoi capelli e stava
gentilmente massaggiando la cute, ma non accennava a muoversi. Viktor
deglutì a fatica, mentre gli si formava un familiare nodo
all’altezza dello stomaco, di quelli che ti fanno sembrare i
polmoni rinchiusi in una gabbia. Ce la poteva fare.
«
S-scusami, Chris… » Fu un sussurro che gli costò più fatica del
previsto. La voce gli tremava, rotta da respiri che si facevano via
via più affannosi, e subito Chris fu pervaso dalla consapevolezza
che, a sua volta, aveva osato troppo. La mano scivolò fra le scapole
di Viktor e lo svizzero si chinò su di lui, posando piano il viso
contro la sua spalla, per poi sprofondarlo nell’incavo del collo,
dove depositò una serie di bacini a schiocco:
«
Okay, amore, ti scuso, va tutto bene ora… respira con me, Viktor…
» Gli slegò rapidamente le mani, massaggiandogli i polsi, per poi
chinarsi e strofinare piano il naso contro la base del suo collo
bianco, decorato con macchie rossastre simili a petali di rosa.
Le
mani arrossate ripresero un colore più normale e le dita gonfie
ritrovarono la sensibilità perduta. Viktor se le portò al petto, a
stringersele all’altezza del cuore, come se avesse il terrore che,
da quanto stava battendo forte, potesse scappargli via dalla cassa
toracica.
Chris
percepì distintamente la gola stringersi in un nodo nel vedere il
compagno rannicchiarsi in posizione fetale, gli occhi sbarrati nel
vuoto simili a quelli di un animale braccato. Prese un respiro
profondo, quindi, e si chinò piano sul corpo di Viktor che, in un
primo momento, si irrigidì – dopotutto, come biasimarlo?
Christophe lo sapeva che quei suoi capelli argentei erano una parte
delicata di Viktor, un qualcosa di fin troppo prezioso per lui. Le
ciocche setose e delicate erano la linfa stessa del russo. A quei
capelli, lunghissimi e sottili, aveva associato da sempre un passato
troppo scomodo e doloroso. Per questo se li era tagliati.
Un
paio di forbici dalle lame affilate, sorrette da mani tremanti e
dubbiose, avevano adempito al macabro compito. Tagli netti, in rapida
successione, e il vecchio Viktor non c’era più. Di lui non rimase
altro che un lago d’argento riversato nel lavabo e qualche lacrima
amara.
Alla
fine era riuscito a voltare pagina e a sorprendere il suo pubblico,
sì, ma a che scopo? Così come un angelo privato delle sue ali,
Viktor si sentiva vuoto senza quella cascata di ciocche a
volteggiargli attorno ad ogni salto. Era come se un morbo lo
divorasse dall’interno. E quel morbo prendeva il nome di coscienza.
Perché per quanto si sforzasse di convincersi che ormai il passato
era passato e andava dimenticato, quella fastidiosa vocina continuava
a sussurrargli malignamente che, no, non si sarebbe mai liberato del
vecchio sé.
Per
questo il panico lo aveva colpito nell’istante stesso in cui
Christophe lo aveva afferrato in quel modo. Perché tutto ciò faceva
riaffiorare ricordi che era riuscito a sotterrare dopo anni. Perché
faceva male, il passato, e voleva continuare a fuggire da esso,
voleva continuare a nutrirsi di sogni e a vivere di menzogne. Ma
Chris lo aveva riportato alla realtà. Troppo bruscamente, in un moto
d’ira eccessivo seppur giustificabile.
E
allora lo svizzero
lo cinse con le braccia e si lasciò scivolare al suo fianco, facendo
aderire il proprio petto con la sua schiena nella classica e tenera
posizione a cucchiaio. Gli baciò la nuca e iniziò a fare dei
respiri profondi, lenti, incoraggiando l’altro ad imitarlo. Doveva
calmarlo, doveva soffocare quella vampata prima che si tramutasse in
un incendio distruttivo.
«Va
tutto bene, Viten’ka… scusami, ho reagito male anche io… ora
stai tranquillo, andrà tutto bene… dopo ti farò tante coccole,
quelle che ti piacciono tanto, e i grattini sulla schiena...»
Continuava a sussurrare come un dolce mantra, mentre tracciava degli
arabeschi immaginari sul ventre del compagno.
Viktor
mugolò appena, concentrandosi sulla voce e sul calore di Chris. Uno,
due, tre respiri. Si stava calmando, e quando il fiato si fu
regolarizzato, Christophe smise di parlargli, limitandosi a posare
qualche casto bacio sulle spalle e sulla nuca pallida. Rimasero così
per qualche minuto, nel silenzio più totale. Lo svizzero aveva preso
a carezzare il fianco di Nikiforov con gesti languidi e ripetitivi.
Dolci. Familiari. Che, delicatamente, riportavano Viktor alla realtà.
«Chris?»
Un sussurro.
«Mh?»
«Fammi
male. Per… – deglutì a fatica – per favore»
Christophe
si alzò sul gomito, affacciandosi dalla spalla di Viktor: il russo
teneva gli occhi socchiusi e lo sguardo basso. Era turbato, e a Chris
si strinse il cuore. Si chinò a baciargli la tempia e le guance di
Viktor si colorarono di una punta di rosa. Non era imbarazzo, quello,
ma vergogna, e Chris lo sapeva bene. Viktor odiava mostrarsi in quel
modo, così fragile e… trasparente. Sì, trasparente come le acque
del mare caraibico, dove i sassolini colorati e i coralli e le rocce
appuntite erano ben visibili dalla superficie. Ecco, in quel momento
era come se Christophe si stesse affacciando su uno specchio d’acqua
limpido, con le emozioni e i turbamenti e il dolore – tanto, tanto
dolore – ben visibili dall’esterno.
Dolore.
C’era tanto dolore nello sguardo di Viktor, tanto quanto l’amore
negli occhi di Chris. Così tanto da riempirgli la gola e lo stomaco,
da farlo respirare a fatica – doveva trovare un anestetico, una
distrazione da tutto quello sconquasso, e il dolore fisico era una
valida escamotage. Non ne andava matto, ma ne aveva un bisogno
disperato. E Christophe, il caro, dolce, buon Christophe, era l’unico
che lo avrebbe assecondato fino alla fine. L’unico che non si
sarebbe approfittato di quella sua debolezza, l’unico con cui
essere trasparente senza preoccuparsi troppo.
«Viktor,
io…» esitò, mentre gli accarezzava il braccio e poi il fianco,
poi di nuovo risalì sul braccio fino alla spalla. Gli baciò una
guancia, respirando tra i suoi capelli; «io non voglio farti male…
So che pensi sia l’unica via d’uscita, ma… se provassimo a…
a» “a far l’amore, invece che scopare solamente”, Viktor sentì
quelle parole chiare e forti nella sua testa e il cuore gli mancò di
un battito. Si morse il labbro, irritato: perché Chris non lo aveva
ascoltato? Anche lui ora voleva ostacolarlo? Anche lui voleva
approfittarsene?
«Tu
non capisci…» Sibilò, ferito. Si ritrasse da Chris, stringendosi
a sé e irrigidendosi. In un attimo, quelle acque trasparenti erano
tornate torbide e lo svizzero accolse la sua sconfitta con un
sospiro. Si disse che non era il caso di forzarlo a fare altro:
«No,
non posso capire, e mi dispiace… Ma voglio aiutarti davvero, solo
che… che limitarsi a scopare così, senza… senza sentimenti»
«Sentimenti?»
Viktor si voltò bruscamente, forse troppo, e si alzò a sedere come
punto da una vespa – gli occhi ardevano di rabbia, ora, e Chris per
un attimo ebbe paura di perderlo; «Che ne sai tu dei miei
sentimenti? Pensi davvero che scopi con te solo perché sei carino?
Pensi davvero che ti manipolerei in questo modo?» La voce si ruppe,
un singhiozzo scosse il suo petto glabro e bianco e subito si voltò
di lato per nascondere una lacrima solitaria sfuggita al suo
controllo.
Christophe
si ritrovò di colpo ad affogare in quel tornado di emozioni,
impotente e scosso. Deglutì a fatica, fece per parlare ma Viktor fu
più rapido di lui a riprendere fiato e a darsi un contegno:
«...Ti
sottovaluti troppo, Chris. » Il cambio di tono fu repentino. Ora
Viktor sembrava spossato e l’onda di rabbia risucchiata dalla
marea. Tirò su col naso e aggrottò la fronte: «Non ti amo, è
vero. Non come mi ami tu, almeno…» Il silenzio che ne seguì era
spesso, compatto come un panetto di butto. Non si poteva quasi
respirare e Chris si mosse verso il compagno:
«Viktor–
«Non
mi interrompere!» Trillò quello, di colpo riacceso da un’ultima
vampata d’ira. Christophe tacque ma di un silenzio nervoso. Se
fosse stato un gatto in quel momento avrebbe tirato le orecchie
all’indietro e mosso veloce la coda – lo sguardo felino, però,
era il medesimo, e Viktor non riuscì a reggere il peso di quegli
smeraldi ambrati.
«E’
che devo concentrarmi per parlare… per… farti capire…»
Borbottò a mo’ di giustificazione. Nikiforov mosse appena le mani,
come a raccogliere l’aria, fece un lungo respiro e proseguì: «Non
ti amo col tuo stesso amore, è vero, ma… ma non mi sei
indifferente. Tu mi fai star bene. Sei… sei davvero l’unico…
una… una specie di famiglia, sì, sei come una famiglia, come una
casa… e- » recuperò il fiato tremante. Ancora non aveva rialzato
lo sguardo su di lui; «e… provo per te qualcosa di… grande… e
intenso… non so come spiegare, ma… ma è come se… se ci fosse
qualcosa che mi lega a te indissolubilmente… un qualcosa di forte,
intenso…» quando Viktor guardò Christophe, trovò il verde dei
suoi occhi ad accoglierlo, e notò un certo stupore e imbarazzo in
essi che spronò il russo a terminare il suo discorso; puntò però
le proprie iridi azzurre sulla coperta, non riuscendo di nuovo a
sostenerlo. «E non voglio tu pensi che non vuoi dire nulla… tu
vuoi dire tanto, per me, sei – non so – come un nido caldo e
amorevole e io… io sono grato di averti conosciuto…»
Il
silenzio avvolse di nuovo tutto con le sue spire, rendendo Viktor un
po’ nervoso. Temeva per la reazione di Chris e non ebbe il coraggio
di guardarlo di nuovo. Ancora una volta si sentì piccolo e
vulnerabile e gli tremarono un po’ le mani per l’ansia.
Poi
si udì il frusciare delle lenzuola e lo scricchiolio delle molle del
materasso, seguito da una folata di profumo di campagna e muschio.
Viktor aprì gli occhi – quand’è che li aveva chiusi? – e in
un attimo si ritrovò le braccia di Christophe strette attorno alla
vita e il suo viso premuto contro la propria spalla. Lo sentì tirare
su col naso e i tremori delle sue spalle forti dissiparono ogni suo
dubbio.
«Christophe
se stai piangendo io– Un mugolio interruppe le sue parole e Viktor
sospirò, per poi sorridere e ricambiare l’abbraccio.
«Sei
uno scemo, Chris, e io un coglione…» Mormorò mentre iniziava a
carezzargli piano la schiena. E se da una parte l’emozione di Chris
lo inteneriva, dall’altra lo preoccupava: era stato uno stronzo a
sottovalutare il bisogno di affetto di Christophe. Aveva sempre dato
per scontato che lui fosse a conoscenza dell’amore – di questo si
trattava, alla fine – provato nei suoi confronti, ma a quanto
pareva aveva sopravvalutato l’empatia di Chris e lo aveva fatto
star male. Però per lui era così complicato esprimere affetto a
parole e il sesso era una valida alternativa, anche se sapeva quando
lo svizzero fosse portato per le sdolcinatezze e le romanticherie di
vario genere. Si sarebbe quindi dovuto scusare…?
Viktor
aggrottò appena le sopracciglia, il viso immerso contro il collo
bollente dell’altro:
«Chris?»
Un sussurro.
«Hm?»
«Scusami.
Ti ho fatto dubitare di–
«Nikiforov»
Lo riprese, scostandosi dalla pelle nivea e fresca di Viktor. Chris
lo guardò negli occhi, incurante di avere le ciglia imperlate di
lacrime e gli occhi arrossati. Gli sorrise: «Sei un cretino
colossale. Ma ti amo tantissimo e… e scusami anche tu per… per
prima. Ho esagerato» C’era una nota di serietà solenne nella voce
di Chris.
«Hmm...»
Viktor abbassò lo sguardo e si accigliò appena mentre si
mordicchiava nervosamente le labbra, come se faticasse a ricordare
cosa fosse accaduto esattamente. Alzò le spalle, poi, e si strinse
al petto di Chris; «Sei troppo buono con me e tanto paziente. Prima…
prima abbiamo esagerato entrambi. Ma non voglio ripensarci, voglio…
voglio solo star con te, ora… ne ho bisogno» Percepì il respiro
dell’altro farsi più tranquillo e regolare e ciò, assieme
all’odore caldo e familiare che sentiva ad ogni respiro, aiutò
Viktor a calmarsi.
Christophe,
dal canto suo, trovava quella situazione estremamente tenera ed
emozionante. Viktor sapeva essere molto affettuoso, sì, gli abbracci
e l’affetto fisico con lui erano all’ordine del giorno, ma… ma
era diverso, quella volta. Era uno di quegli abbracci dove ti sentivi
al sicuro, protetto da tutte le negatività dell’esterno. Un
abbraccio Di quelli dati per far pace, di quelli morbidi e profumati.
Che ti fanno star bene. Era un po’ un balsamo per l’anima.
Poi
Chris si sbilanciò col peso e in un attimo i due erano sdraiati,
ancora stretti l’un l’altro. Viktor allacciò una gamba al suo
fianco e la mano grande dell’altro subito andò a posarsi sulla
coscia e a carezzarla in un percorso ben noto.
Il
silenzio cadde di nuovo, ma stavolta fu come un lenzuolo adagiato
morbidamente su di loro. Era un bel silenzio, rassicurante. Durò per
un po’ e Chris e Viktor ancora non si erano sciolti da quel tenero
abbraccio. Forse ne avevano bisogno più del previsto. Quante cose si
possono dire con un abbraccio? Tante. Troppe, forse. Sono deboli
sussurri che si scambiano le due anime, ora così vicine, ora, di
nuovo, irrimediabilmente lontane. Eppure, in quel momento, sembravano
quasi unite in un unico. Era buffo. Era intenso. Non si erano ancora
detti nulla, quasi temendo di spezzare quella magia – le parole
erano inutili, quindi entrambi preferivano tacere, un po’
guardandosi negli occhi, un po’ intrecciando le mani, un po’
sorridendo timidamente.
«Christophe?»
Viktor dissolse la magia con un mormorio delicato. E quando chiamava
Chris per intero allora doveva dire qualcosa di importante. Prima
però deglutì e allentò la presa dell’abbraccio: voleva guardarlo
negli occhi. «Tu non… non mi lascerai mai, vero?» una domanda
ingenua, un po’ da bimbi, ma per Viktor era legittima. Troppe
persone già lo avevano usato e abbandonato come un giochino,
sfruttandolo solo per la fama, il sesso, i soldi. Sapeva che Chris
non si sarebbe mai e poi mai approfittato in quel modo di lui, ma…
ma necessitava comunque di una conferma. Era un po’ un bambino,
Viktor, e la sua parte più tenera e infantile veniva fuori in questi
momenti. Chris invece era una mamma chioccia, sempre pronta a
proteggere i suoi piccoli, indifesi o meno che fossero. Quindi
sorrise al suo Viten’ka, gli sorrise in un modo dolce e buono e
sincero:
«Non
ti lascerò mai, tesoro mio…» poi gli strizzò l’occhio
«Insomma, come faresti senza la mia meravigliosa presenza?» E rise
piano contro il collo di Viktor, il quale alzò gli occhi al cielo
prima di stringersi nuovamente a lui:
«Neanche
quando… mi innamorerò anche di qualcun altro?» Quell’anche
fece andare la saliva di traverso a Christophe, che guardò Viktor
come fosse un alieno. Il russo non aveva realizzato, invece, e quindi
Chris decise di far finta di niente. Si fece più serio, però:
«Mai.
Io ti starò accanto, sempre. Sei parte della mia famiglia, Viktor,
sei indispensabile per me… così come io per te… e non importa se
amerai e sarei felice con qualcun altro, perché io sarò felice con
te, perché sei il mio migliore amico e il mio primo vero
amore» terminò il discorso schioccando un tenero bacetto sulla
fronte del compagno, che arrossì un poco a quelle parole e borbottò
un “Christophe, sei sempre così stucchevole...” a cui
Chris rise un poco. Poi tutto tacque. Ormai si erano dimenticati del
sesso e l’affare dei capelli era ormai acqua passata. Era come se
il loro rapporto si stesse evolvendo e rinsaldando, ancora e ancora.
Entrambi
però non erano preparati a ciò che sarebbe accaduto in seguito.
Dopotutto,
l’uragano Katsuki avrebbe sconvolto le loro vite in modi tanto
diversi quanto irreversibili.
Note:
Io
non credo di aver nulla da aggiungere, l’OTP ha chiamato ed io, da
brava succube, ho risposto perché sono una donna deboleh-
Bon,
spero non vi faccia tanto schifo uvu e alla prossima, hohoho- |