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Washington
Il permesso di atterrare gli fu accordato ma non prima di una specie di
interrogatorio.
"Da dove venite?" chiese la voce del controllore.
"Europa, signore!" rispose Stefano con la sua voce sicura e squillante.
All'altro capo, silenzio toccabile.
"Europa?" esclamò la voce della torre, sinceramente meravigliata.
"Sissignore" confermò Stefano, baldanzoso.
"C'è qualcuno al di là dell'oceano?" domandò, palesemente stupita, la voce dalla
torre di controllo.
"Sissignore. - confermò Stefano, con orgoglio - Non siete i soli rimasti
dopo..... - e qui si fermò anche lui dubbioso su come definire il passato
inesistente - Dopo... Beh, insomma, dopo quello che è successo prima. Ma non mi
chieda cosa è successo, per favore".
Stefano udì un muggito.
"D'accordo, d'accordo. - acconsentì la voce dalla torre - Qual è lo scopo della
sua presenza nel nostro cielo?".
"Turismo, signore! - rispose Stefano con una certa sfacciataggine - E cultura".
Heron gli scoccò un'occhiata obliqua, divertita.
Alla risposta di Stefano, seguì un secondo muggito.
"Va bene. - continuò la voce - Affermativo. Permesso accordato. Scendete pure".
Il cielo, ormai blu scuro, evidenziò meravigliosamente la pista illuminata
dell'aeroporto a poche migliaia di metri davanti all'aereo e stavolta Stefano si
permise un normale e tranquillissimo atterraggio in diagonale con dolce
scivolata conclusiva che si arrestò al termine della pista.
Ma una volta atterrati, fu loro intimato di non uscire subito dal velivolo e
Stefano vide quattro persone avvicinarsi camminando veloci verso l'aereo. Fu
solo quando i quattro raggiunsero il veicolo che Stefano e Heron poterono
lasciare l'abitacolo, scendere le scale e mettere piede sul suolo. E i quattro
squadrarono Stefano e Heron né più e né meno fossero ambedue extraterrestri.
Casa Bianca
Sui due grandi monitors, fissati alle due robuste staffe inchiodate alle due
strisce esigue di pareti libere da finestre e mobili della Sala Ovale, le
immagini che si susseguivano lente cambiarono d'improvviso sostituendo le solite
rassicuranti fotografie dell'esterno dell'edificio con altre riproducenti luoghi
lontani sulla Terra e nello spazio e Alice Kelly, attuale governatore dell'asse
Washington - New York, guardando quelle foto, saltò quasi dalla comoda e
avvolgente poltrona in pelle nera posizionata dietro la massiccia scrivania
intarsiata che occupava metà della stanza.
"Che accidenti...." esclamò. E pochi minuti dopo, il telefono, sull'orologio da
polso, trillò.
"Buona sera, Governatore. - la salutò educatamente una faccia stupita ma anche
radiosa, dai capelli e occhi chiari - Ci sarebbe una grossa novità per lei. -
Sul piccolo display dell'orologio apparve una foto che ritraeva due uomini: uno
con capelli, barba e baffi castani e occhi grigio-verde di forma lievemente
allungata, accanto ad un altro, capelli corti biondo scuro, due occhi
incredibilmente blu e incarnato chiaro, glabro, con bellissimi lineamenti - Due
uomini vorrebbero atterrare qui a Washington. Sono arrivati fin qui in
aereo....Dall'Europa, al di là dell'oceano".
"Cosa? - esclamò Kelly, allibita - Sono armati? Che intenzioni hanno secondo
lei?".
"Mi sembrano due persone pacifiche. - rispose l'interlocutore - Hanno dichiarato
che sono qui per turismo e cultura. Possiamo accettarli?".
Convinta da sempre che la polis Washington - New York fosse l'unico agglomerato
urbano al mondo, Alice Kelly si scoprì impreparata a ricevere la notizia che un
altro angolo del pianeta Terra ospitasse altri esseri umani, tuttavia volle
dimostrarsi civile e diede il suo consenso all'atterraggio.
"Li mandi da me. - ordinò poi - Prima che comincino a scorrazzare per le strade
di Washington" detto questo, chiuse la comunicazione e corse allo specchio ad
aggiustarsi la folta capigliatura rossa e la giacca del completo blu scuro.
Alcuni minuti dopo, i due furono introdotti da due segretarie, con aria
sognante, nella Sala Ovale della Casa Bianca e Alice Kelly li fissò
esterrefatta. Erano molto belli nelle loro tute da volo.
"Buona sera, signor Governatore. - salutò Stefano, con classe, in ottimo inglese
- Avremmo voluto presentarci meglio, ma non c'è stato il tempo".
Incantata, Kelly riuscì comunque a ridimensionare la situazione e l'atmosfera
freddamente cerimoniose, quindi, invitò i due ospiti ad accomodarsi sulle ampie
sedie davanti alla scrivania.
"Per carità. - si affrettò a minimizzare - Non ha alcuna importanza. Andate
benissimo così. In fondo, state viaggiando e dovete star comodi.... E così
venite dall'Europa?".
"Si, signor Governatore, - confermò questa volta Heron - Veniamo dall'Europa e
non sapevamo che sulla Terra ci fossero altri abitanti..."
"Ad essere sincera, - commentò la donna - neppure io lo sapevo. - e lanciando
una veloce occhiata agli schermi, proseguì - Ma.... - balbettò, incerta -
sbaglio o le linee di comunicazione sono state ripristinate da poco?".
"No, non sbaglia. - le confermò Stefano - In effetti, la comunicazione è
possibile da poche ore grazie al mio....amico, qui vicino a me" terminò
indicando Heron che sorrise quasi imbarazzato.
Bello, pensò Kelly, e anche intelligente. Ma pure chi le aveva parlato non era
da meno.
Dal canto suo Heron si emozionò. Stefano lo aveva appena chiamato "amico" ma si
affrettò ad accantonare quella bella emozione spiegando cosa aveva fatto e
Stefano, facendosi coraggio, colse l'opportunità per porre la domanda, regina
delle domande del momento.
"Signor Governatore, - attaccò schiarendosi la voce - sul nostro pianeta, molto
tempo fa dev'essere accaduto qualcosa che ha cambiato profondamente un pò tutto.
Ha idea di cosa sia successo?".
I due videro la donna sgranare i suoi grandi occhi grigio-verdi e fissarli,
allibita, poi tornare ad un'espressione normale e infossarsi sotto le
sopracciglia che si aggrottarono, dubbiose.
Ricordava vagamente di aver colto brani sfilacciati di un racconto uscito a
pezzi da sotto i folti baffi chiari di suo nonno che aveva menzionato una
rivoluzione, ma non aveva saputo altro anche perché in casa non era stato più
sfiorato l'argomento, quasi fosse stato una specie di tabù.
"Per la verità, no signori miei. - rispose infatti, dispiaciuta solo per non
poter soddisfare la richiesta dei suoi ospiti - L' ho sentito dire ma non ne so
molto più di voi. E' importante?".
"Lo sarebbe soltanto per capire perché ora siamo in questa strana situazione"
rispose Stefano.
"Si, certo. - concordò Kelly tuttavia non molto persuasa - Forse avete ragione.
In Europa c'è qualche centro urbano?" domandò poi.
"Per quanto ne sappiamo, - rispose Stefano - dovrebbe esserci quello di Roma. E
chissà.... ! -continuò, sperando così di accendere un minimo di curiosità nella
testa della donna - Potrebbe essercene qualcun altro sparso nel mondo".
"Si, - fece lei stirando le labbra in un bel sorriso tuttavia non completamente
convinto - potrebbe".
"Non è curiosa di saperlo?" chiese Stefano, alzando le sopracciglia, con gesto
ammiccante.
"Finora non ho mai avvertito la necessità e la curiosità di sapere se siamo gli
unici sopravvissuti sulla Terra. - rispose il Governatore mantenendo il suo bel
sorriso di circostanza - Considerando, oltretutto, che non c'è stata neppure la
possibilità eventuale di scoprirlo, visto che le comunicazioni non
funzionavano".
"Ha ragione. - convenne Stefano riconoscendo che il discorso non faceva una
grinza. Ma dopo i primi minuti di sconcerto riprese, più vivace - Si è mai
domandata perché?".
La donna sospirò e ridusse il sorriso.
"Ho sempre pensato che la mancanza di comunicazione dipendesse da un guasto
irreparabile agli impianti. - rispose, compunta - E ho altresì pensato che se
finora nessuno aveva mai provveduto neppure a provare di ripararlo, doveva
esserci un motivo valido per aver preso tale decisione".
"Giusto" ammise Stefano. Poi, lui e Heron si scambiarono rapide occhiate
comprensive.
Kelly si soffermò a guardare Heron, ammirata dalla sua bellezza, cercando però
di non rivelarsi troppo. Ma quei pochi secondi di osservazione discreta le
bastarono per capire che, malgrado anche Heron la stesse scrutando con quei suoi
favolosi occhi blu, il cuore, l'anima e la mente di quell'uomo erano in altro
luogo, impegnati in qualcos'altro, o focalizzati su qualcun altro.
"E' meglio andare" si limitò ad intervenire l'alieno.
Rendendosi conto del non eccessivo entusiasmo della donna all'argomento, Stefano
decise di non insistere sul tema e mostrò di voler andar via.
" Il mio collega ha ragione. Il viaggio che dobbiamo affrontare è lungo, - si
scusò - E' tardi ed è meglio proseguire. Senza contare che lo sarà anche per
lei, ormai, signor Governatore".
"Oh! - si schernì la donna - Per me far tardi è un'abitudine. C' è sempre tanto
da fare qui. Ma tornate pure, se volete. Saremo felici di ospitarvi qui a
Washington".
"Sicuramente. - mentì Stefano, senza molta fatica - Magari, alla fine del
viaggio".
Il Governatore di Washington esibì un altro sorriso, stavolta un filo più
radioso, e i tre si accomiatarono.
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