Vacanze italiane, isole Pelagie. Il sogno di chiunque, soprattutto
quando sono spesate dagli sponsor, entusiasti per la vittoria al
cammino imperiale.
-Insomma… Tsurugi… quanto… quanto
manca ancora?
Tenma arrancava sotto il sole dietro all’amico. Erano almeno
due ore che camminavano sui sassi, sotto un sole cocente.
-Insomma Tenma! Basta lamentarsi, su! Altrimenti la prossima volta
invito Shinsuke a visitare l’isola dei conigli!
Tenma non poté trattenere una risata. Lampedusa era davvero
splendida, ma quando il Moro aveva parlato di “un posto
speciale” non pensava che avrebbe dovuto scarpinare per mezza
isola.
-Ma… io…
Tsurugi rideva sotto i baffi. Non resisteva alle richieste del castano,
ma doveva salvare almeno la faccia!
-E va bene! Fermiamoci qualche minuto, da riposato potrai goderti
meglio quello che ci aspetta.
Tenma aveva avuto modo di riprendere fiato. Ora sperava solo che non
mancasse molto… almeno le ore più calde erano
passate. Si avvicinava il tramonto oramai.
Tsurugi lo condusse ancora lungo il litorale roccioso, avvicinandosi
alla punta sud dell’isola. Un bunker della seconda
guerra mondiale, abbandonato su uno scoglio, era tutto ciò
che si vedeva all’orizzonte.
Giunti ormai così vicini alla spiaggia da poter sentire il
mare cantare il suo inno infinito alla vita, Tsurugi si
fermò dietro ad una piccola formazione rocciosa.
-Siamo arrivati, Tenma. Preparati a vedere qualcosa che ti
prenderà il cuore.
Il castano adorava quando l’amico gli parlava
così. Dietro a uno specchio di freddezza nascondeva tanto,
lo sapeva.
-Ma… di cosa si tratta? Non mi hai voluto anticipare
nulla… - Tenma era perplesso. L’amico era molto
serio, non si doveva trattare di qualcosa di poco importante, ne era
certo…
-Ci sono cose a cui le parole non possono prepararci. Sai cosa diceva
un filosofo francese? “Il cuore ha ragioni che la ragione non
conosce”… una cosa però posso dirtela.
Togliti le scarpe, entrare qui è come entrare in un tempio.
Il castano non capiva, però sentiva che doveva ascoltare
l’amico.
Si tolsero le scarpe e i calzini. Tenma sospirò di sollievo
al contatto con la sabbia. I suoi piedi non ne potevano più
di sassi.
-Vieni con me. -Tsurugi prese per mano l’amico e
iniziò a condurlo verso la spiaggia.
La sabbia bruciava, il Sole bruciava, ma qualcosa in quel posto,
qualcosa nell’aria impediva a Tenma di pensare al dolore. Lo
avvertiva, ma andava avanti come trainato da una forza misteriosa.
Al centro della spiaggia si innalzava una porta. Un manufatto di
ceramica, grande ma non immenso. Tsurugi portò
l’amico sotto la volta.
-Questo luogo è… potente. Non so
perché, ma avverto qualcosa… qualcosa in fondo al
cuore. -Tenma si portò una mano al petto senza rendersene
conto.
-Questo luogo è unico. Sei di fronte alla Porta
d’Europa.
-La… la Porta d’Europa? -Tenma non capiva.
-Vedi, Tenma… questa splendida porta è stata
innalzata per ricordare i morti che il grande mare ha chiamato a
sé. Qui sono ricordate le speranze, i sogni di migliaia di
persone che hanno provato a correre verso una vita migliore. Qui sono
madri, qui sono figli, qui sono soprattutto cammini.
Tenma era incantato dal luogo. La voce del moro correva sugli scogli,
risuonava con il grande mare.
-Qui è ricordato non chi ha fallito, ma chi ha tentato.
E’ questo l’importante. Questo è un
monumento al ricordo, ma è anche un inno alla speranza.
Tenma sentiva risuonare nel vento una vecchia poesia. “Il mare tra le onde ha
richiamato / i vostri spiriti in caverne di corallo…”
Cosa voleva dire Tsurugi? Perché lo aveva portato
lì?
-Tenma, ricorda. Qualunque cosa succeda la paura di fallire non
è un valido motivo per non provare. Chi muore cercando di
salvare un altro uomo, chi cede lottando per chi ama vivrà
in eterno, così come la luce che mai, mai
smetterà di brillare su questa umanità
disgraziata. -La voce del castano era incrinata.
I due amici resero omaggio alle anime di chi ora riposava sotto le
acque di cristallo dell’infinito oceano. Tenma aveva capito
finalmente, era ora di andare.
Qualcosa in quel posto lo aveva stregato. Il castano ne ebbe la
certezza quando rimise piede sui sassi e si rese conto di essersi
ferito su una conchiglia. Li per li non se ne era nemmeno reso conto.
La magia della parola aveva coperto il dolore.
Mentre il moro lo rimbrottava per non avergli detto nulla, il castano
continuava a pensare a quello che aveva provato su quella spiaggia.
“La paura di
fallire non è un valido motivo per non provare”...
Quante volte lui aveva avuto paura di fallire? Troppe. Però
non si era mai lasciato abbattere… sperava di non dover mai
capire cosa significa fallire, ma ora era certo di quello che contava
davvero, l’aver tentato di cambiare le cose.
-Ten, riesci a camminare? Qui non posso medicarti, dobbiamo tornare in
albergo.
-Posso provarci… posso provarci. Non fa poi così
male, sai? -Il castano fu immediatamente contraddetto da una scossa di
dolore che lo fece sussultare.
-Vieni, appoggiati a me.
Tenma era rimasto silenzioso per tutto il tragitto, ma Tsurugi pensava
fosse senza dubbio colpa del dolore. Perché diamine non gli
aveva detto nulla? Lui se ne stava comodo sotto l’ombra della
volta mentre l’amico si faceva del male dai solo…
Doveva rendersene conto, dannazione!
Da parte sua, Tenma non si era ancora liberato della magia di quella
spiaggia, giù nel cuore del mare. Ne sentiva la voce, la
forza in fondo all’anima.
Dopo aver portato Tenma in stanza, il moro iniziò a cercare
del disinfettante nell’armadietto dei medicinali, ovviamente
fornito di tutto (-Pillole per la febbre gialla! E a cosa mi servono?)
tranne che di quello che serviva.
Finalmente il moro pescó dal secondo ripiano quanto stava
cercando.
-Ora tieni duro, farà un po’ male, ma dopo ti
darà sollievo, credimi.
Tenma riemerse dal suo silenzio.
-Tsurugi… ti ringrazio.. ti ringrazio per avermi portato in
quel bellissimo posto… Ahia!!
Tsurugi era trasalito e aveva per errore premuto troppo sulla ferita.
-Io… io volevo solo farti vedere qualcosa di speciale, ma
guarda come ti ho ridotto! -Il moro sembrava sarcastico, ma Tenma lo
conosceva bene e sapeva che si sentiva in colpa.
-Guarda Tsu che il cretino insensibile al dolore sono io… e
poi se non mi sono accorto di nulla è stato
perché parli in modo… magico.
Il castano sorrise all’amico.
-Spero… spero solo che il messaggio sia passato, ecco.
-Tsurugi si sforzava di sembrare freddo, con scarsi risultati.
-E’ stata un’esperienza unica.
- E ci credo! Quando mai potresti avere l’occasione di
perdere un paio di arti grazie al tuo migliore amico?
Involontariamente entrambi scoppiarono a ridere. Il clima si
alleggerì.
-Senti, Tsu… proprio a riguardo di quello che mi hai
detto… - Tenma si sentiva di colpo pieno di energie, anche
grazie al liquido che iniziava finalmente a dargli un minimo di
sollievo… o forse al tocco di Tsurugi che continuava a
massaggiarlo dolcemente? – Ricordi la parte
sull’importanza di provare, anche a costo di fallire?
-Sì… la ricordo.
-Bene… è ora di provare. Anche se fallendo penso
che qualcosa si spezzerebbe, non posso più nascondermi
dietro alle mie paure.
Tsurugi era estremamente agitato, il cuore in tumulto.
-Tsurugi Kyousuke, io ti amo.
Dio, da quanto lo aspettava.
Non era quella la scena che si era immaginato… non con il
suo amico dolorante, non con lui incantato a fissare la moquette, non
con Tenma che si dichiara, ma il contrario.
-Questa è la prova di quanto sia imprevedibile il destino.
-Pensò.
-Anche io. Anche io ti amo, Matsukaze Tenma.
In dieci giorni di vacanza
molte cose passano.
Passano innumerevoli rullini di fotografie, passano le cene
con la squadra, passano le ferite.
Ma c’è qualcosa che non passerà mai,
qualcosa di nuovo tra due ragazzi in piedi su uno scoglio, per
l’ultima sera in Italia.
-Sono state le vacanze più belle della mia vita, Tsu.
-Anche le mie, Ten, ma ora baciami e facciamo silenzio. Il mare deve
raccontarci un segreto.
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