Seventeen - Il potere dei ricordi

di annalisa93
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Josh stava attendendo pazientemente che il barista imbranato potesse servirlo, quando, ad un certo punto, sentì qualcuno toccargli la tasca della giacca. Si voltò si scatto. Con grande sollievo vide che era Amelia.

«Perché sei venuta qua? Ti avevo detto di aspettare seduta.»

«Lo so, papà. Ma ci stai mettendo tanto, così sono venuta a vedere che facevi.» Gli spiegò la piccola.

«Stavo in fila, ecco cosa facevo.» Affermò, seccato dall'attesa. «Comunque fra poco tocca a noi, quindi vai a sederti.» Le ordinò. La bambina annuì e tornò indietro.

Il ragazzo aspettò che la cioccolata calda e il caffè che aveva ordinato fossero pronti, mentre dietro di lui si era formata una fila piuttosto consistente. Finalmente, dopo aver ottenuto ciò che aveva ordinato, riuscì con fatica a farsi strada fra la calca. Una volta allontanatosi a sufficienza dal bancone, cominciò a guardarsi intorno, cercando Amelia. Ad una prima occhiata non riuscì a trovarla, così cominciò a scrutare l'ambiente con più attenzione. Ma niente, non la vide. Invaso da una sensazione spiacevole, cominciò a chiamarla a gran voce. Di Amelia non sembrava esserci traccia. Con le mani tremanti dalla preoccupazione, appoggiò il vassoio con il cibo sul primo tavolo vuoto che vide e iniziò a correre su e giù per l'autogrill chiedendo ai passanti se avevano visto la bambina. Nessuno ci aveva fatto caso. Poi, all'improvviso, passando accanto alle grandi vetrate che davano sul parcheggio, la vide. E non era sola. Stava camminando tenendo per mano una ragazza con il caschetto nero, che indossava una giacca di pelle color perla e un paio di pantaloni di pelle neri, molto aderenti. La riconobbe subito, non aveva dubbi. Quella era la ragazza del bagno. Vide che si erano appena allontanate dalla sua auto e si stavano dirigendo verso un'altra vettura, una Lancia Ypsilon parcheggiata a tre posti di distanza. «Oh no!» Esclamò, nel panico più totale. «Accidenti, Amelia!» Imprecò. «Quante volte ti ho detto di non parlare con gli sconosciuti!» Intuendo subito cosa sarebbe successo, iniziò a correre più velocemente che poteva, mettendo nei muscoli delle braccia e delle gambe una forza incredibile, forza derivata dalla disperazione che provava al solo pensiero di perdere la sua bambina. Purtroppo, però, all'entrata del locale si era formata una calca insormontabile: i viaggiatori si erano ammassati all'ingresso, in cerca di un riparo dalla pioggia, che si era fatta più insistente. Cercò di farsi spazio con spintoni e gomitate, in un modo poco gentile che normalmente non gli apparteneva. D'altronde non c'era tempo per l'educazione, si trattava di un'emergenza: doveva impedire a tutti i costi il rapimento della figlia. Riuscì ad uscire fuori giusto in tempo per vedere l'auto imboccare l'uscita dalla stazione di servizio. «Fermate quella macchina!» Gridò, rivolgendosi ai passanti. «Amelia!» Urlò, straziato dalla disperazione, mentre la pioggia continuava a scendere imperterrita. «Torna qui!» Aggiunse con il poco fiato che gli era rimasto, mentre correva verso l'uscita. Ormai l'abitacolo si era immesso nella carreggiata dell'autostrada. Si guardò intorno, indeciso su cosa fare, poi, senza perdere tempo raggiunse la propria vettura. Stava per aprire lo sportello del guidatore, quando vide un fazzoletto di carta, appallottolato in modo strano, spuntare da sotto la macchina. Si scostò un ricciolo che, appesantito dall'acqua, gli si era piazzato davanti agli occhi e si chinò per raccogliere il fagotto. Lo toccò con cautela, sembrava fosse avvolto attorno a qualcosa di solido. Lo prese in mano e lo srotolò. Impallidì. Riconobbe le chiavi dell'automobile. Incredulo, si tastò velocemente le tasche della giacca. Ma come facevano ad essere lì? Come era riuscita a prendergliele? Non si ricordava che quella ragazza gli si fosse avvicinata tanto da potergliele sottrarre. Poi, all'improvviso, ebbe l'illuminazione. La ragazza no, ma Amelia sì. Si ricordò di quando, mentre era in fila al bar, aveva sentito qualcuno toccargli il cappotto, qualcuno che, poi, si rivelò essere la bambina. «No, non è possibile...» Mormorò incredulo e avvilito. «Perché?» Si domandò. Non fu difficile per lui trovare la risposta: sollevando le chiavi dall'involucro notò un messaggio impresso sul fazzoletto. Sicuramente lo aveva scritto quella ragazza, non poteva essere altrimenti, Amelia era ancora troppo piccola per saperlo fare. Lo lesse. Scusami papà, ma il budino di riso era troppo buono! Accanto alla scritta riconobbe due fiori di pesco, come solo la piccola sapeva disegnarli. Ormai erano diventati la sua inconfondibile firma. Sentì una stretta al cuore. «Bastarda...Come ha potuto approfittarsi in questo modo di una bambina di cinque anni?!» Ringhiò di rabbia, accartocciando il fazzoletto e battendo il pugno contro la portiera della macchina. Subito nella sua mente si andò formulando una nuova domanda: a che scopo convincere Amelia a rubargli le chiavi? A cosa le servivano? Seguendo il suo istinto, aprì il bagagliaio per vedere se mancasse qualcosa. Il suo zaino era sparito. «Oh no!» Esclamò, fiondandosi alla sua spasmodica ricerca. No, non c'era più. E con lui anche il diario, le camelie, la confezione di tè e i medicinali erano scomparsi. «Cazzo!» In preda ad un'ira crescente, richiuse con forza il bagagliaio, si fiondò in macchina, accese il motore e partì, determinato a riprendersi Amelia e tutti gli oggetti che gli erano stati rubati, tra cui uno dei suoi ricordi più preziosi: il gioco dei Guardiani del Cosmo.

 

Angolo annalisa93
Eccoci qui alla fine del secondo capitolo, dalla prossima settimana comincia il terzo :) Come sempre speriamo che vi sia piaciuto :) 
Ciao, alla prossima!





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