Take a look at me, now

di ComeWhatKlaine__
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Spazio dell'autrice:
Ciao a tutti! :)
Questa è la prima long su Dragon Ball che scrivo, prima di oggi mi sono cimentata solo ed unicamente con le OS, quindi chiedo scusa in anticipo se la storia potrà sembrare a tratti poco scorrevole o, al contrario, troppo rapida, ma prometto di impegnarmi al massimo per cercare di fare il migliore dei lavori per quelle che sono le mie capacità.

Inutile specificare che amo questa coppia alla follia e che occupa un posto speciale nel mio cuore praticamente da sempre.
Spero vi piaccia questo piccolo prologo, prestissimo arriverà il primo capitolo effettivo.
Baci a tutti.
-Giuls



La prima cosa che mi viene in mente quando ripenso alla mia infanzia è il rumore della pioggia contro la finestra della mia camera.
Può sembrare estremamente triste e deprimente, ma in realtà non è affatto così: adoravo fissare le gocce che scivolavano quiete sul vetro, unendosi e scindendosi, in una danza sempre diversa.
Immaginavo che arrivassero tutte trafelate dal cielo proprio per ritrovarsi lì, ad un palmo di mano da me, 

e per partecipare a quell’esclusiva festa da ballo, prima che il Sole ricomparisse, segnando i loro personali rintocchi di mezzanotte.

Mi sentivo al sicuro, rannicchiata sotto la mia coperta e seduta sul davanzale.
Protetta e cullata da quel suono per me tanto dolce.
E’ strano: dall’esterno chiunque mi definirebbe come una persona solare, eppure io mi sono sempre ritenuta una figlia della pioggia.

Poi i venti si sono fatti più forti, fuori e dentro di me, e ogni volta un pezzetto della ragazzina tutta occhi e sogni andava via con la corrente.
Credo sia inevitabile quando si cresce, ma nonostante tutto sono rimasta in piedi, sempre, ad ogni colpo, conservando di quella ragazzina la parlantina ed il sorriso.
E poi venne un vento più forte di tutti gli altri e da figlia della pioggia sono diventata figlia della tempesta.


Non c’erano più delicate strisce sul vetro a solleticare la mia fantasia, ma solo uragani e un cielo più scuro della notte.
Mi sono fatta trascinare nel vortice, senza ritegno e riserva alcuna.
Sono stata trasportata fino ai picchi più alti del piacere assoluto e poi scaraventata giù, in basso, contro muri di indifferenza.
Ma il mio cuore era la tempesta più impetuosa ed amava, amava, amava quel gioco masochista.
D’altronde, quella partita a due mi ha regalato la mano migliore della mia vita.
E due occhi neri e profondi che guardano in quel modo me e solo me.
Non ero più sola ad inventare le mie storie: ero fuori, in balìa della corrente a viverli in due.
Ero viva.

Ma a volte una vita di tempeste brucia più di qualunque fiamma e quel sorriso, che anche dopo i colpi di ventura peggiori era rimasto intatto , sentivo che iniziava a svanire.
Il turbine si era fermato.
Il cielo rischiarato.
Ed io mi ero fermata.
Ero immobile, statica. Ed avevo toccato il fondo.
Dicono che quando accade, ciò che puoi fare è solo riemergere.

Ma, mi chiedo, come puoi risalire davvero se a quel fondo ci sei ancorata?






 





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