Merda! La chiave non gira!
Merda! Sei già a casa.
Merda!
Non sono assolutamente pronta ad
avere la conversazione che dobbiamo avere.
Vado dai miei! Si, si. Vado dai miei.
Così, giusto per mangiare un piatto cucinato per davvero e per zittirsi
a vicenda davanti alla signora in giallo.
No. No. Sono adulta e affronto gli
errori.
Vado da Martina! Si, vado da lei e penso a cosa dirti. Si, è perfetto.
Giusto il tempo di raccogliere le idee.
Vado da Martina e... Merda!
Non posso andarci in bici.. ho lasciato le chiavi del lucchetto in
casa.
Merda! Perché le ho staccate dal
portachiavi.
Merda! Non posso entrare. Non posso
vederti.
Vabbé, vado a piedi da Martina.
Si, ci vado a piedi così, nel
frattempo, penso.
Abita dall'altra parte della città
però, così, penso.
Però, è proprio dall'altra parte della città.
Io odio camminare.
Lo odio davvero.
Vabbé, potrei farmi aprire e prendere
giusto le chiavi. Veloce e rapida. Magari se sono brava, posso anche
evitare di guardarti. E corro da Martina.
Si, faccio così.
Suono..Mi butto dentro...prendo le
chiavi..corro da Martina
Suono. Chiavi. Martina
Vado.
Driiinnnn (campanello della porta)
- Arrivo! Un attimo. - Merda! Sarei
dovuta andare a piedi da Martina. Magari posso ancora. Si, magari vado
tanto sei sempre così dannatamente lento.. lento ad alzarti dal
divano... lento a fare i primi passi... lento nel ripercorrerli perché,
come sempre, ti sei dimenticato gli occhiali sul tavolino. Lento in
ogni tua manifestazione e nonostante il mio dito sia ormai ben
saldamente premuto sul campanello.
Merda! A piedi dovevo andare, così almeno mi sarei risparmiata il tuo
fissarmi dallo spioncino come se una persona dotata di occhi e di un
minimo senso di quello che le accada attorno non fosse in grado di
accorgersi di essere fissata da uno spioncino. Ma, io non mollo il
campanello, tanto ormai, i
vicini - per lo meno i tanto cari signori Marino - stanno già litigando
per il diritto alla visuale del pianerottolo ed, io, devo entrare,
prendere le chiavi e andare da Martina.
CLACK – apri la porta ed io cerco di
buttarmi dentro casa, ma la tua mole e la porta doppia mi respingono
sul pianerottolo. Ti odio, ma, appena incrocio i tuoi occhi,
l'incazzato fastidio misto si trasforma nel senso di colpa più profondo
e mi colpisce alla bocca dello stomaco. E ora, non so cosa dire.
....
- Ehi!
Meno male che hai parlato tu per
primo, non mi ricordo più neppure il mio nome. - Ehi! - Sembri relativamente tranquillo, ma
tu sei un emozionalmente represso e la tua mimica facciale conosce solo
due espressioni e nessuna delle due avrebbe senso ora. - Mi fai entrare? - lo bisbiglio,
perché i vicini, se si impegnano, una soap su qualche canale la trovano
senza dover stare a fissarmi, scomodamente dallo spioncino della porta.
- Cosa vuoi?
- Entrare.
- Perché?
- Perché ci vivo.
- Uhm.
- Uhm, che? Fammi entrare e togli quelle dannate chiavi dalla toppa.
- Non mi devi dire nulla?
- Io devo solo prendere le chiavi del lucchetto della bici.
- Ah, quindi, non mi devi dire proprio nulla?
- Massì che ti devo dire cose. Però, per dirti qualcosa devo pur
entrare, no?!
- Pensavo volessi solo prendere le chiavi della bici?
- Le chiavi del lucchetto della bici. Fammi entrare!!
- Penso che, tutto sommato, ti lascierò dove sei.
- Bene... Allora, suono alla signora Marino che si sta sicuramente
godendo la sceneggiata dallo spioncino e le racconto di quando hai
messo lo xanax nel..
- Shhh. - Siamo due scemi... Ci hanno
insegnato così bene a non dire mai le cose che pensiamo e a mostrarci
sempre gentili ed educati anche quando il gatto della vicina ci vomita
sullo zerbino che io, sono immediatamente pentita di
aver svelato una certa insofferenza malignia nei confronti della
vicina, e tu, vigliacco, mi fai subito entrare piuttosto che lasciarmi
svelare i tuoi occulti atti maligni.
Bene, ora sono in casa, dovrei
prendere le chiavi del lucchetto. E, invece, resto nell'ingresso a
fissarti e a lasciarmi fissare.
Eccoci qua, due repressi con tratti latenti di anaffettività che si
fissano nell'ingresso di casa, senza il coraggio di parlare o di
chiedere nulla.
- Promettimi solo che non partirai con
la solita filippica del “nessuno mi stima!”... - Sono io a dire parole ad minchiam, con la
sola forza del desiderio di far fare a te, di nuovo, il primo vero
passo.
- Fottiti!
- Fottiti tu!
- ....
- Ok, mi fotto! - sono seria perché
sono consapevole di dovermi fottere. Sono in torto. In torto marcio.
- Aahahhahaahhahhhaah. - Se non
fossi ancora in modalità "pentimento", dalla profondità della tua
risata potrei sospettare che la tua mente perversa sia già pronta, se
non a perdonarmi, a passarci per un paio di ore sopra. I discorsi seri
sono per i pivelli e tu hai rovinato tutto. - Ci hai messo un
vita ad aprire la porta, cosa stavi facendo? Stavi rimettendo in ordine
la tua collezione di cd?
- Non sono compact disc, sono vinili.
Non vorrei ridere, ma, boia, come me
lo rendi difficile. - Hai davvero detto c o m p a c t d i s c
?!!??
- Hai rotto le palle per entrare solo per dirmi che sono noioso? Perché
se, invece, questo è il tuo modo di chiedere scusa, è molto sottile e
penoso.
- Lo so. Però, al "compact disc" non ho riso ed è stata dura.
- Lodevole.
- E tutto sommato - ti incalzo -
speravo potessimo appianare le nostre divergenze alla maniera di
Giuditta e Oloferne...
- ...
- Mi riferisco ovviamente alla prima parte, non a quella in cui lei
taglia la testa a lui. O-Ovvio!....Ok, forse non è stata la migliore
analogia della mia vita. S-So di poter fare di meglio, ho solo bisogno
di un attimo per pensare.
- Vuoi tagliarmi la testa?
- Ce l'ho! Come Antonio e Cleopatra!
- Vuoi tagliarmi la testa?
- Guarda che io sono ad Antonio e Cleopatra e mi piacerebbe che tu mi
seguissi in quella direzione.
- ... Mi hai lasciato in mezzo all’autostrada a 200 km da casa, senza
portafoglio, e ora mi dici che vuoi tagliarmi la testa. Scusa, se non
ti seguo.
Merda! Ce la stavo per fare. Lapsus
freudiano del cacchio!! No, no, non è un lapsus freudiano. Io non
voglio tagliargli la testa e non voglio solo avere quelLA
conversazione. Ora. - Mi hai preso alla sprovvista e volevo
pensare da sola.
- Pensare da sola?!
- Mi hai agitato...non era una domanda da fare un sabato mattima, in un
autogrill, davanti a un croissant. E non erano 200, i chilometri.
- Ok. Questa conversazione è troppo per i miei gusti..ad un certo
punto, lo sento, si dovrà parlare di sentimenti, di cose e preferirei
non farlo.
- Hai iniziato tu, scemo! - Sei
bravo ad evitare la sberla, ma se mi dici un'altra volta che sei tu a
non voler parlare di sentimenti e di cose, te ne arrivano due. -
Non provarci nemmeno a farmi sentire in colpa perché sono un pelo più
emotiva di te. Sono io che non viglio parlare di sentimenti e quelle
cose lì.
- Io non ho iniziato proprio niente. Io mi sono limitato a fare una
domanda. Una domanda che richiedeva una risposta netta: o sì o no.
Niente discorsi su cose o su roba.
- Sei scemo se pensi che la gente davanti a quelLA domanda si limiti a
dire sì o no.
- Nei film fanno così.
- E quindi, tu non caghi mai? Proprio come nei film?
- Cosa c'entra?
- Ok. Non mi dilungo sul tuo rapporto saldamente monogamo col cesso
perché voglio darti degli ottimi motivi per non lasciarmi e ho come
l'impressione che scendere nei meandri di questo argomento non sarebbe
producente. Ma -
- Io non ti voglio lasciare!
- No?!
- No.
- E tutta quella storia che questa conversazione è andata ben oltre i
limiti del tollerabile.
- Quello è un dato oggettivo e voleva essere la premessa per un'offerta
di pace. Ma, tu, invece, ci tenevi a parlare delle gente e delle cose
della gente.
- Idiota! - Siamo due idioti..Ma, lui è sicuramente più idiota di me
perché mi vuole ancora. - Di che offerta di pace stiamo parlando?
- Più che un'offerta di pace, si tratterebbe di sano pragmatismo. Dato
che nonostante il tuo pensare da sola in macchina e il mio pensare da
solo in autostrada siamo ancora a parlare di cose e di roba della gente
e dato che la legge del taglione è ancora praticata nel mondo, pensavo
che potrei abbandonarti in mezzo alla campagna, perché sono
oggettivamente più buono di te, e a non più di una decina di chilometri
da casa, perché, tutto sommato, mi piacerebbe che tu riuscissi a
tornare da me.
- E perché dovremmo fare questa cosa?
- Perché devi pensare. Pensare da sola, ovviamente. E la natura è un
gran bel posto per pensare.
- Se pensi che non accetti la sfida solo perché odio la natura, sbagli.
- Non è una sfida.
- Perfetto, sfida sia. Andiamo!
Spero sinceramente che tu stia
bluffando.
Io odio camminare e, poi, tutto sommato, il matrimonio non può essere
così brutto se c'è ancora gente che lo fa.
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