Un giorno

di Cottondew
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Un giorno
La neve scendeva lentamente e si aggiungeva al manto bianco che copriva tutto il giardinetto interno, compreso il tetto del gazebo in legno, il cui interno era proprio un’oasi tra il bianco. Giancarlo guardava la neve dalla finestra, cullato dalla temperatura della biblioteca. Erano iniziate da poco le vacanze di Natale, le lezioni erano sospese e sinceramente nemmeno lui sapeva perché si stava aggirando in un luogo di studio come quello.
Raramente la frequentava, non andava lì certo per studiare, gli piaceva l’atmosfera silenziosa e cupa, rischiarata da qualche candelabro tra uno scaffale e l’altro e dalle lampade sui tavolini. Niente più. 
Il professore di Letteratura era il responsabile di quel luogo, quindi stava al bancone e per lui le vacanze erano abbastanza relative visto che doveva occuparsi di rimettere a posto i libri, tener puliti gli scaffali, i tavoli e il pavimento. Ma lo faceva con immenso piacere, amava quell’accademia, amava il suo lavoro e amava anche gli incarichi che ne conseguivano. A Giancarlo stava simpatico, a volte intavolava discorsi con lui sull’Italia e le sue bellezze, visto che il professore non vi era mai stato ma sognava di visitarla. 
Il ragazzo smise di guardare dalla finestra e si avviò a grandi passi verso l’uscita, ricordatosi di aver promesso a Liszt di farsi trovare davanti alla sua stanza entro quell’ora ed era già in ritardo. Cercò di percorrere il più in fretta possibile il tragitto che lo separava dal luogo dell’appuntamento.
“Non è un appuntamento” si ripeté per ridimensionarsi e non fantasticare troppo.
Era riuscito a strappare una piccola concessione al ragazzo austriaco, con la scusa di un compito per le vacanze che consisteva nel fare un ritratto a un musicista, casualmente, proprio come lui! 
Bugia farfugliata all’ultimo ma che riuscì a far passare per verità davanti al glaciale disinteresse del ragazzo. Inizialmente non era molto d’accordo, lo scaricò subito sbraitandogli di chiedere a qualcun altro, per esempio Chris che sapeva suonare il pianoforte. Peccato che quello fosse un momento di debolezza, per il musicista, la cui fermezza venne offesa da un'indissimulabile fitta alla schiena, per il troppo star seduto a suonare; fu allora che il ragazzo ottenne il suo permesso per il ritratto, in cambio di un massaggio, per i quali era particolarmente portato, oltre l'arte. Il musicista non era molto d’accordo, ma in quel momento avrebbe fatto di tutto pur di non dover più sopportare quel supplizio. 
Coccolandosi in ricordi profumati di soddisfazione, ecco un Giancarlo che si affrettava a raggiungere per tempo la sua stanza, sperando di non farlo aspettare troppo. Finalmente Liszt avrebbe suonato solo per lui, almeno una volta.
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