Fragranze Mescolate - Capitolo 2
Fragranze
Mescolate ❄
«
Tesoro, sei strana ultimamente. » La voce di Diane, la zia di Iris, interruppe
le note del pianoforte a coda che la ragazza stava suonando. "Claire de Lune" di Debussy.
Era uno dei suoi pezzi preferiti, e si rilassava tanto quando lo suonava.
Inoltre suonare tendeva a cacciarle via i pensieri dalla mente, di qualsiasi
natura fossero.
« Tu
dici? » Domandò quasi senza interesse Iris, riprendendo a suonare da dove s'era
interrotta.
Effettivamente
dopo quella sera al "Black Snow" si riscopriva spesso distratta,
sovrappensiero.
Simon, Naomi e gli altri non avevano fatto domande quella sera, perché troppo
sorpresi dall'averla sentita cantare in pubblico per la prima volta. Aveva
dovuto spiegargli che Tom il proprietario e sua zia erano amici di lunga data,
e che era stato a pranzo da loro un paio di giorni prima, così l'aveva sentita
strimpellare al piano ed aveva voluto assolutamente che provasse ad
intrattenere i suoi clienti.
« Se la cosa piacesse, potresti
cantare qualche sera a settimana. Oh, ed avrai una paga, naturalmente! » Erano state queste le ultime
parole di Tom, e lei di fronte al suo entusiasmo fanciullesco, non aveva potuto
fare a meno di accettare.
Alla fine dopo "Hope I don't fall in
love with you" aveva cantato altre canzoni, e qualche volta veniva
affiancata da qualcuno con la voce, piuttosto che da qualche strumento
musicale; talvolta, dallo stesso Tom che scoprì essere un ottimo sassofonista.
Nel suo piccolo comunque, aveva riscosso un certo "successo", la sua
musica era piaciuta a tanti e così aveva accettato la proposta di Tom di andare
a lavorare lì.
« Sai,
dopo che hai suonato da Tommy pensavo
che mi avresti raccontato qualcosa su come fosse andata... Eri così nervosa e
impaziente di andare! » Spiegò Diane, sorseggiando con calma la sua tazza di
the.
Iris
sospirò, e smise definitivamente di suonare, alzandosi dallo sgabellino per
andare a sedersi compostamente sulla poltrona di fronte a quella di sua zia.
« Del
the, cara? » Le domandò, con le mani già pronte a sorreggere la teiera per
versare del the nelle costose tazze di ceramica Wedgwood, bianche e blu con
motivi floreali.
Iris annuì, sapendo cosa volesse dire: molto spesso, fin da quando era bambina,
quando sua zia la esortava a bere del the in sua compagnia nella "stanza
della musica", era perché aveva voglia di parlare o meglio ancora, di far
parlare lei, di farla sfogare.
D'altro canto nessuno poteva conoscerla meglio di zia Diane che se l'era
cresciuta dopo la morte di sua cognata, nonché madre di Iris. Suo fratello, il
padre, invece s'era inizialmente allontanato dalla vita domestica - e quindi
dalla figlia - perché troppo addolorato per la perdita.
Ma anche quando si era fidanzato con una donna dieci anni più giovane, non era
tornato a vivere con la figlia, perché ormai troppo preso dal suo lavoro e da
altre faccende.
Così Diane era diventata la sua unica figura genitoriale e lei d'altro canto,
era felice così.
« Sai,
fin da piccola i tuoi genitori hanno voluto che tu imparassi a suonare diversi
strumenti musicali. Era una cosa che almeno ti teneva impegnata e non ti faceva
annoiare, visto che eri cagionevole di salute... » prese a raccontarle, mentre
Iris faceva sciogliere una zolletta di zucchero nella sua tazza. « Quando poi
tua madre si ammalò hai preso a suonarle il violino o il piano tutti i giorni,
per cercare di alleviare il suo senso di tristezza. E quando morì, cominciasti
a suonare ogni volta che avevi tanti pensieri o che venivi sopraffatta da
emozioni troppo intense... Ed è un'abitudine che nel tempo non è cambiata. »
Diane le
sorrise, sorreggendo una tempia con la mano sinistra. Iris rispose con un
sorriso carico di mestizia, abbandonandosi contro lo schienale della soffice
poltrona ed abbandonandosi ai ricordi della sua infanzia.
Ricordava
la dolce voce di sua madre quando le cantava le ninne nanne prima di andare a
dormire, o le fiabe che suo padre le leggeva mentre lei sedeva sulle sue
ginocchia.
Se si sforzava un po' poteva anche ricordare i profumi dei suoi genitori:
lavanda la sua mamma, costoso dopobarba il suo papà.
Riaprì gli occhi, scacciando dalla sua memoria l'immagine di sua madre
immobilizzata a letto dalla malattia, e rilasciando un altro, rumoroso sospiro.
«
L'altra sera al "Black Snow" c'era anche un gruppo di ragazzi del
paese, con cui di solito non parliamo nemmeno. » Fece Iris, voltandosi verso le
grandi finestre per guardare la neve che scendeva lenta e inesorabile, mentre
carezzava con l'indice la ceramica che stringeva tra le mani. « Ho avuto una
piccola, insignificante conversazione con un ragazzo di questo gruppo, e da
allora mi sento un po' strana. Ho addirittura pensato che mi sentissi così
perché lui mi piace, ma è impossibile, no? Insomma... Prima d'ora avevo solo
avuto dei brevi scontri con lui, quando Michael o Lukas se la prendevano con
qualcuno del suo gruppo e viceversa, ma... » si fermò per riprendere fiato,
accorgendosi di aver parlato di fretta. « Insomma, praticamente si è trattato
di dieci parole messe in croce. È stupido! È come uno stupido romanzo rosa! » Concluse,
aggrottando le sopracciglia e mettendo su una specie di broncio.
Diane in
tutta risposta, si lasciò andare in una risatina. Pensava che al "Black
Snow" fosse successo qualcosa di grave o preoccupante, le sembrava l'unica
spiegazione logica per il mutismo della nipote. S'era preoccupata per niente,
ma dopotutto era felice così.
« Sai,
potrebbe che anche se avete parlato poco, tu sia rimasta affascinata dal suo
modo di porsi nei tuoi confronti, o magari semplicemente dal suo aspetto
fisico... Piuttosto di', è un bel ragazzo? » Le ammiccò la donna, prendendola
bonariamente per i fondelli.
Iris
arrossì, mentre improvvisamente il profilo di Zsadist le appariva nella
mente.
« Sì, è
oggettivamente un bel ragazzo.. »
« Tesoro, non devi pensarci così tanto. È abbastanza normale che ti abbia fatto
un certo effetto se è così di bell'aspetto. Di chi si tratta, comunque? Lo
conosco? »
Iris
finì il suo the, perdendosi poi nell'osservare i fondi che avevano assunto una
curiosa forma di ali. Pensò che avrebbe dovuto chiedere a Naomi, che
s'interessava di Tasseomanzia ( o tarocchi e vari rami della "magia"
e predizioni del futuro ) se avesse qualche significato particolare.
« Hai
presente quella famiglia che ha quella specie di baita in mezzo al bosco a
ovest? » domandò la rossa, guardandola negli occhi per captare le emozioni che
sarebbero scaturite quando avrebbe capito a chi si stesse riferendo.
« Sì » rispose semplicemente la zia, senza fare una piega.
« Ecco, si tratta del figlio minore, Zsadist. » disse sommessamente.
Diane sorrise placidamente. Poi, sorprendentemente, dopo qualche attimo rise.
« Immagina se vi conosceste e vi innamoraste. Sareste i nuovi Romeo e Giulietta! »
Iris
mise su un broncio severo: non di rado le capitava di venir presa in giro dalla
donna di fronte a lei, per questioni che aveva sempre ritenuto serie o quasi,
ma Diane faceva sembrare tutto molto più semplice o addirittura inesistente e
dopotutto era una sua qualità che apprezzava, nonostante il senso di stupidità
che dopo prendeva il sopravvento.
«
Comunque » fece poi, ancora scossa da qualche risatina. « Non vedo per quale
motivo dovresti pensarci su così tanto. L'hai detto tu, è una cosa stupida! E
poi se anche un giorno il destino unisse le vostre strade, che male ci sarebbe?
» Diane si alzò, riponendo tazze e teiera sul bel vassoio che richiamava la
stessa fantasia dei recipienti. Si avvicinò alla porta spalancata per uscire
dalla stanza, e scomparve dal suo campo visivo.
« Non si giudicano i libri dalla
copertina, ricorda! » Fu
l'ultima cosa che le urlò per il corridoio.
Iris
guardò l'orologio a pendolo appeso sulla parete di fronte al piano forte:
segnava le cinque e mezzo.
Non fece
in tempo a pensare che di lì a poco sarebbe arrivato Simon, che il campanello
suonò e si precipitò immediatamente ad aprire la porta.
Il viso sorridente del suo migliore amico le apparve subito; gli gettò le
braccia al collo e Simon subito la strinse tra le sue braccia, girando su
stessi come se non si vedessero da anni.
-
Buonasera signora Connery! - Salutò educatamente Simon.
- Caro! Posso offrirti qualcosa di caldo da bere? Caffè, the, cioccolata...?
- Lo accolse Diane, cominciando a
snocciolare il "menu" della casa.
- Un po' d'acqua è sufficiente, signora.. Muoio di sete! - Rispose, togliendosi
cappotto, sciarpa, guanti, cappello e scarponcini.
- Subito in arrivo! -
Si
diressero verso la cucina e Iris provvide a riempire un bel bicchiere d'acqua
fresca, che il ragazzo scolò in fretta.
- Ne
vuoi ancora? - Chiese Iris.
- No,
sono apposto, grazie. Andiamo su? -
In tutta
risposta Iris ripose l'acqua in frigorifero, sciacquò il bicchiere e fece
strada verso camera sua, al piano superiore.
Scambiarono qualche chiacchiera, finché non arrivarono in camera.
Simon si
buttò di pesò sul lettone a due piazze, infilandosi sotto le calde e pesanti
coperte. Iris lo raggiunse subito dopo aver messo il DVD de "Il Re
Leone", accoccolandosi a lui e prendendo da un cassetto le "scorte
d'emergenza": barrette di cioccolato, bibite super caloriche, pop corn e
patatine al formaggio.
-
Diamoci dentro! - Esclamarono all'unisono, e sempre insieme, pigiarono il tasto
"play" sul telecomando, dando inizio ad uno dei loro soliti pomeriggi
di dolce far nulla, a base di pane e Disney.
*
Era da
un po' che Zsadist stava sdraiato sulla neve, fumando spinelli e perdendosi nel
guardare i piccoli fiocchi bianchi che si posavano un po' ovunque.
Ogni parte di sé era rilassata e gli occhi ambrati ed arrossati erano fissi sul
cielo bianco ormai da diverso tempo.
Non pensava a niente di particolare, si limitava a farsi trascinare dalle
canzoni dei Pink Floyd che risuonavano nel nulla di quel luogo dalla sua cassa
portatile collegata al cellulare.
Era il suo "posto segreto", nonché preferito. Si trovava poco fuori
dal piccolo paese, ed era uno spiazzo in mezzo al bosco circondato dagli
alberi.
Non distava nemmeno troppo da casa sua.
L'aveva
scoperto da bambino, in una delle innumerevoli volte in cui scappava dalla
triste e violenta routine domestica.
Era stato fortunato perché, in quel suo posticino, aveva trovato anche un
piccolo capanno abbandonato e c'erano un lettino, una poltrona malandata di
fronte ad un piccolo camino, una vecchia TV non funzionante, mobilia rotta e
polverosa e un bagnetto.
Col passare degli anni l'aveva personalizzata, portando qualche cosa di suo,
facendo graffiti sui muri e pulendola di tanto in tanto.
Tutto lì, niente di speciale, ma da piccolo gli era parsa come la villa più
bella, e tutto sommato, anche adesso la pensava allo stesso modo.
Non
aveva mai portato nessuno in quel posto, se non Kate. Se da bambini ci stavano
per giocare, crescendo ci andavano quando volevano bere, fumare, sfogarsi,
sfociando alcune volte nel sesso.
Ecco, in
quel momento avrebbe volentieri fatto sesso.
In
realtà, era da giorni che si trovava addosso una voglia strana, che non
riusciva a soddisfare, nemmeno quando, la sera del "Black Snow", si
era ritrovato verso tarda notte Caroline sotto il portico di casa e avevano
fatto di tutto per tutta la notte.
Per un
attimo gli passarono per la mente una fluente chioma rossa e dolci occhi blu,
ma scosse la testa si alzò da terra, scrollandosi di dosso la neve e avvertendo
solo in quel momento un brivido di freddo.
Decise
di entrare nel capanno. Prese qualche ciocco di legno che aveva spaccato del
tempo prima e li mise nel caminetto; afferrò poi l'accendino e un legnetto
piatto che prese fuoco quasi subito a contatto con la fiammella, e lo appoggiò
sulla legna.
Si tolse
il cappotto e si avvolse in una coperta di lana, prendendo una bottiglia di
vodka liscia da una credenza e buttandosi di malagrazia sulla poltrona. Era
indeciso se farsi raggiungere o meno da Kate, e giochicchiava col cellulare,
prendendo di tanto in tanto una sorsata di liquore dal collo della bottiglia.
Alla fine, complici la stanchezza, l'erba, l'alcool e il dolce tepore del
fuocherello, non scrisse a Kate, ma scivolò rapidamente in un sonno senza
sogni.
Quando
si risvegliò erano almeno le quattro del mattino, e capì di aver dormito almeno
una decina d'ore non appena controllò la schermata del telefono che si era
perso tra le sue gambe.
- Merda
- Mormorò con la voce ancora impastata dal sonno, guardando la valanga di
messaggi e chiamate perse di Kate, Thomas e Shawn. Ce n'erano persino di Bob (
che fino a quel momento aveva dubitato sapesse usare un telefono ) e di sua
madre.
- Merda!
- Esclamò poi, con più vigore, quando s'accorse che la bottiglia di Vodka gli
era cascata, rendendo il vecchio pavimento di legno tutto appiccicoso.
Sbuffò
sonoramente, portandosi le mani sulla testa, stringendo i capelli tra le dita e
nascondendo gli occhi con i palmi.
Aveva un gran mal di testa, non si era portato analgesici e le sue membra erano
così pesanti e intorpidite dal freddo che non aveva la forza di alzarsi e
salire sul pick up per tornarsene a casa.
Si
sforzò per riaccendere il fuoco nel camino, compiendo le stesse mosse di quel
pomeriggio. Prese uno straccio e pulì alla bell'e meglio il pavimento
impiastricciato di vodka. Spostò poi la poltrona in un angolo, avvicinò il
lettino verso l'unica fonte di calore presente in quel capanno e si distese sul
letto.
Digitò
il numero di Kate, e dopo appena due squilli sentì la voce alterata dell'amica.
« Mi spieghi dove cazzo sei?! »
Sentì le
voci degli amici che chiedevano "ma
è Zsad?" e sbiascicò che si trovava nel suo solito posto.
« Sei una testa di cazzo, una
enorme testa di cazzo, sei il monumento vivente delle teste di cazzo! »
Zsadist
in tutta risposta si limitò a sbadigliare sonoramente, prima di annunciarle che
sarebbe rimasto lì ancora per qualche ora e che si sarebbe fatto sentire lui.
Poi, ignorando gli strepiti e le grida di Kate, chiuse la telefonata, mise il
silenzioso abbandonando il cellulare sul pavimento e si rimise a dormire.
*
Intorno alle
sette del mattino, Iris si svegliò, di buonumore dopo giorni.
Doveva ringraziare la chiacchierata con sua zia del giorno prima se adesso si
sentiva così allegra, ma specialmente Simon che dopo aver intonato con lei - o
meglio, stonato - "Il cerchio della
vita", "Hakuna Matata",
o anche "Il mondo è mio"
quando dopo "Il Re Leone" s'erano messi a guardare "Aladdin" , l'aveva sollevata con i
suoi infiniti sorrisi e la sua perenne allegria.
Quando
poi s'era congedato, dopo aver cenato assieme a lei e a zia Diane, l'aveva
baciata sulla fronte, scompigliato i capelli e si era fatto promettere che si
sarebbero incontrati anche il pomeriggio seguente. Lei aveva accettato di buon
grado, e l'aveva guardato scomparire nel buio, diretto al suo appartamento.
Si sentiva
talmente pimpante che quando scoprì che fuori brillava il sole, annunciando una
giornata un po' più calda e piacevole, non aveva potuto fare a meno di volare
in bagno a prepararsi per fare una passeggiata nel bosco.
S'accorse
che Diane ancora dormiva, e chiese gentilmente alla donna delle pulizie di
lasciarle detto che sarebbe uscita a fare due passi e che sarebbe senz'altro
tornata intorno a mezzogiorno.
S'avvolse la sciarpa di Zsadist attorno al collo, tirò sulla testa il cappuccio
del giubbotto ed uscì di casa.
Una
volta in marcia, buttò uno sguardo sul display del cellulare, che segnava le
otto e un quarto. Sorridendo soddisfatta, continuò a camminare, inoltrandosi
del boschetto a ovest, canticchiando di tanto in tanto.
Quando si rese conto di dove l'avevano portata i piedi, decise di tenersi ben
lontana dalla zona in cui sapeva ci fosse la casa di Zsadist, ed andò più a
nord di quanto avrebbe dovuto.
Arrivò
in una radura circondata da alberi sempreverdi ricolmi di neve e sorridendo
come una bambina, s'avvicinò ad un fiumiciattolo completamente ghiacciato.
Provò a posarci sopra un piede per vedere se reggesse e quando fu certa che il
ghiaccio non avrebbe ceduto sotto al suo peso, cominciò a camminarci sopra,
scivolando di tanto in tanto ma senza mai cadere. D'un tratto però, poggiò i
piedi su un punto meno stabile e il ghiaccio si ruppe, facendola impantanare
nell'acqua freddissima, che le provocò fitte di dolore intenso su tutte le gambe.
Dandosi
ripetutamente della stupida, uscì rapidamente dall'acqua, ritrovandosi
inzuppata fino alle ginocchia.
«
Cosa... stai facendo? » domandò una voce familiare.
Iris si
girò di scatto e si ritrovò davanti il viso di Zsadist, non troppo distante dal
proprio, e sopraffatto da un'espressione di malcelato ma bonario scherno.
« Credo
che sia un po' troppo freddo fuori per bagnarsi i piedi nel fiume... Ma se ti
piace così... » La prese in giro, ridendo della faccia imbronciata di Iris.
Notò con
un tuffo al cuore che portava la sua sciarpa, ma non disse nulla e non infierì
oltre perché la ragazza tremava da capo a piedi.
« S - s
- simpatico! » Ruggì la rossa, battendo i denti.
« Vieni
con me, così ti asciughi e ti scaldi » La invitò Zsadist, scacciando il pensiero
di come avrebbe voluto scaldarla.
Iris si
limitò ad annuire ed a seguirlo a testa bassa, stupendosi un poco quando si
accorse che la stava conducendo verso una piccola baracca.
Notando
lo sguardo interrogativo della ragazza, Zsadist sogghignò.
« Se te
lo stai chiedendo, no, non vivo qui. È solo una sorta di rifugio... Avanti. »
Disse, aprendo la porta e facendole segno di precederlo.
Iris si
guardò un po' intorno, sfregandosi le braccia con le mani, mentre Zsadist
tirava fuori un paio di pantaloni di tuta e un asciugamano.
Li posò sul letto, poi si avvicinò al camino e ravvivò le fiamme.
Iris lo
guardò mentre faceva tutti questi movimenti, e un po' arrossì dandosi di nuovo
della stupida per aver accettato senza esitazioni di seguirlo, neanche avessero
avuto chissà quale confidenza.
Si
riscosse dai suoi pensieri quando Zsadist le si avvicinò, porgendole
l'indumento e l'asciugamano.
« Se non
hai fretta di tornartene a casa, possiamo mettere la tua roba vicino al fuoco e
aspettare che s'asciugano. Nel frattempo puoi mettere questi. Non ho trovato
niente di più piccolo. » Disse, mentre si dirigeva verso la porta. « Io aspetto
qua fuori che ti cambi. » E senza aggiungere altro né aspettare che Iris
accettasse o altro, si chiuse la porta dietro le spalle.
Iris si
limitò a sospirare, cominciando ad abituarsi ai modi di fare imperiosi e
bruschi del ragazzo.
Era già
la seconda volta che la lasciava impalata a fissare una porta dietro la quale
s'era andato a nascondere, pensò togliendosi giubbotto, stivaletti, collant e
jeans.
Con un brivido di freddo, si infilò velocemente i pantaloni che purtroppo, le
andavano decisamente enormi. Fortunatamente erano elasticizzati e fece uno
stretto nodo con i fili scuri che fuoriuscivano dal due buchetti posti sulla
vita della tuta.
Aprì la
porta e Zsadist la guardò da capo a piedi.
Si sarebbe aspettata di tutto, tranne che il ragazzo le ridesse in faccia.
Avrebbe
voluto mantenere un cipiglio severo, ma la risata di Zsadist era meravigliosa e
contagiosa, gli occhi ambra socchiusi parevano più chiari ed il suo viso era
ancora più bello e luminoso.
Si morse il labbro inferiore, ammirandolo ancora un po', ma poi si unì alla
risata, sebbene in modo più posato del ragazzo, che era caduto in ginocchio
sulle scalette di legno che portavano alla casupola.
Quando
smise di ridere, massaggiandosi la mascella, si giustificò dicendole che era da
quando l'aveva vista fare l'equilibrista sul fiumiciattolo che si tratteneva.
«
L'espressione che avevi quando sei caduta nell'acqua era impagabile » Ridacchiò
ancora, chiudendo la porticina e facendola accomodare sul lettino. « Sembravi
un cartone animato. »
Lei gli
rivolse una linguaccia, accettando di buon grado la coperta di lana che le
porgeva e posandosela sulle gambe.
«
Comunque, ti ringrazio di nuovo. Sta diventando un vizio ormai. » Borbottò
Iris, giocherellando con i capelli intrecciati lateralmente. « Comunque... è da
tanto che sei qui? » Domandò, per fare conversazione.
« Da
ieri pomeriggio. Ma non è da ieri che conosco questo posto, ormai sono anni che
ogni tanto vengo qui. » rispose,
stendendo alla meglio i vestiti e gli stivali di lei davanti al fuocherello.
Le
raccontò di come aveva scovato il posto e di come, avanti negli anni, avesse
apportato delle migliorie. Lei gli disse che si trovava lì perché aveva voglia
di fare una passeggiata e che aveva voluto camminare sul fiume ghiacciato
perché era una cosa che faceva spesso da piccola e lui le rispose scherzando
che crescendo evidentemente l'acqua ghiacciata non riusciva più a reggerla come
una volta, e dopo quell'affermazione avevano intrapreso una battaglia a
cuscinate, da cui Iris era uscita vittoriosa.
Così,
ridendo, scherzando e chiacchierando, le ore erano passate e gettando uno
sguardo all'orologio appeso a un chiodo poco più sopra del camino, videro che
si erano fatte le undici e mezzo.
Iris si
alzò dal letto e tastò i suoi indumenti, notando che ormai erano abbastanza
asciutti perché potesse indossarli.
« Ehm...
Dovrei rimetterli. » Fece Iris, grattandosi il mento con l'indice sinistro.
« Fai
pure! » Le disse lui ghignando, senza distogliere lo sguardo dalla ragazza.
Iris si
fece bordeaux, e balbettò delle scuse, chiedendogli gentilmente di uscire.
Zsadist rise e uscì, aspettandola sotto il
piccolo portico.
Certo,
si era detto che dopo quella piacevole mattinata avrebbe mantenuto fede alle
promesse fatte a se stesso di tenersela lontana quella famosa sera al
"Black Snow", ma non era un santo. Difatti, diede una sbirciata alla
finestrella sporca, e poté constatare che la rossa oltre ad avere delle belle
gambe possedeva anche un bel didietro.
Deglutendo,
riportò lo sguardo all'ambiente circostante e rientrò quando Iris gli aprì la
porta.
Così spense il fuoco, mise al loro posto i pantaloni che le aveva prestato e si
mise il cappotto, imitato da Iris.
« Ti
porto a casa. Ho la macchina qua dietro. »
E
chiudendo la porta con le chiavi che aveva trovato in uno dei cassetti quando
era piccolo, si avviò verso l'auto, accendendosi una sigaretta.
Iris lo
seguì, salendo e allacciandosi la cintura.
Raggiunsero
la villetta della ragazza in pochi minuti, chiacchierando di tanto in tanto.
Quando
lui si fermò, vide che Iris si sfilava la sciarpa e gliela porgeva. Lui indugiò
qualche istante prima di afferrarla, e poi la poggiò sul cruscotto.
« Allora
ciao, Zsadist... E grazie ancora. » Mormorò Iris, sorridendo timidamente.
Lui
annuì semplicemente e stettero lì a fissarsi per qualche secondo. Poi Zsadist
distolse lo sguardo e lo volse sulla strada dinanzi a se.
D'un
tratto avvertì un contatto morbido e caldo sulla guancia destra: un bacio. Ma
quando si girò verso Iris con un'espressione sorpresa, lei aveva già aperto la
portiera ed era scesa, richiudendola velocemente e correndo verso il vialetto
di casa.
Si
sfiorò la guancia leggermente ispida di barba e prese la sciarpa. La annusò: il
suo odore era mischiato a quello di lei.
Sospirando
rumorosamente e portandosi una mano sulla fronte, ricambiò un "ciao,
Rossa" che sentì solo lui.
Tenersela
lontana sarebbe stato più difficile del previsto, pensò mentre ripartiva verso
casa propria.
Spazio Autrice:
Buongiorno
a tutti! Spero di non aver deluso quei pochi che mi seguono e mi scuso se
questo capitolo si è fatto attendere più di quanto in realtà meriterebbe xD
Sono stata molto impegnata in questi giorni, e questo capitolo l'ho scritto
stanotte, finendo intorno alle tre. Lo posto ora perché ieri non avevo proprio
più voglia di rivisitarlo e di aggiungere il mio commento.
Comunque.
In
questo capitolo scopriamo che Simon e Iris hanno un rapporto molto stretto, più
che con Naomi, nonostante siano un trio.
Scopriamo che anche Zsadist e Kate hanno un tipo di rapporto molto - diciamo - "confidenziale",
anche se in modo piuttosto diverso rispetto a quello di Iris e Simon.
Vediamo che Zsadist e Iris passano delle ore insieme, giocando e parlando, e
nonostante non abbia scritto nel dettaglio le conversazioni che hanno avuto e
le cose che hanno fatto, state certi che mi rifarò nei prossimi capitoli!
Come
ultima cosa, voglio ringraziare tanto Fanny93
e nomiraii che hanno messo la
mia storia tra le seguite. Sono commossa, non avevo notato che qualcuno avesse
salvato "You Found Me"! ç-ç
Bacioni
anche a tutti quelli che si limitano a leggere, comunque. Mi fa piacere scovare
sempre una persona in più!
A
presto!
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