You Found Me

di Jenny of Oldstones
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Fragranze Mescolate - Capitolo 2

Fragranze Mescolate

 

« Tesoro, sei strana ultimamente. » La voce di Diane, la zia di Iris, interruppe le note del pianoforte a coda che la ragazza stava suonando. "Claire de Lune" di Debussy.
Era uno dei suoi pezzi preferiti, e si rilassava tanto quando lo suonava. Inoltre suonare tendeva a cacciarle via i pensieri dalla mente, di qualsiasi natura fossero.

« Tu dici? » Domandò quasi senza interesse Iris, riprendendo a suonare da dove s'era interrotta.

Effettivamente dopo quella sera al "Black Snow" si riscopriva spesso distratta, sovrappensiero.
Simon, Naomi e gli altri non avevano fatto domande quella sera, perché troppo sorpresi dall'averla sentita cantare in pubblico per la prima volta. Aveva dovuto spiegargli che Tom il proprietario e sua zia erano amici di lunga data, e che era stato a pranzo da loro un paio di giorni prima, così l'aveva sentita strimpellare al piano ed aveva voluto assolutamente che provasse ad intrattenere i suoi clienti.

« Se la cosa piacesse, potresti cantare qualche sera a settimana. Oh, ed avrai una paga, naturalmente! » Erano state queste le ultime parole di Tom, e lei di fronte al suo entusiasmo fanciullesco, non aveva potuto fare a meno di accettare.
Alla fine dopo "Hope I don't fall in love with you" aveva cantato altre canzoni, e qualche volta veniva affiancata da qualcuno con la voce, piuttosto che da qualche strumento musicale; talvolta, dallo stesso Tom che scoprì essere un ottimo sassofonista.
Nel suo piccolo comunque, aveva riscosso un certo "successo", la sua musica era piaciuta a tanti e così aveva accettato la proposta di Tom di andare a lavorare lì.

« Sai, dopo che hai suonato da Tommy pensavo che mi avresti raccontato qualcosa su come fosse andata... Eri così nervosa e impaziente di andare! » Spiegò Diane, sorseggiando con calma la sua tazza di the.

Iris sospirò, e smise definitivamente di suonare, alzandosi dallo sgabellino per andare a sedersi compostamente sulla poltrona di fronte a quella di sua zia.

« Del the, cara? » Le domandò, con le mani già pronte a sorreggere la teiera per versare del the nelle costose tazze di ceramica Wedgwood, bianche e blu con motivi floreali.
Iris annuì, sapendo cosa volesse dire: molto spesso, fin da quando era bambina, quando sua zia la esortava a bere del the in sua compagnia nella "stanza della musica", era perché aveva voglia di parlare o meglio ancora, di far parlare lei, di farla sfogare.
D'altro canto nessuno poteva conoscerla meglio di zia Diane che se l'era cresciuta dopo la morte di sua cognata, nonché madre di Iris. Suo fratello, il padre, invece s'era inizialmente allontanato dalla vita domestica - e quindi dalla figlia - perché troppo addolorato per la perdita.
Ma anche quando si era fidanzato con una donna dieci anni più giovane, non era tornato a vivere con la figlia, perché ormai troppo preso dal suo lavoro e da altre faccende.
Così Diane era diventata la sua unica figura genitoriale e lei d'altro canto, era felice così.

« Sai, fin da piccola i tuoi genitori hanno voluto che tu imparassi a suonare diversi strumenti musicali. Era una cosa che almeno ti teneva impegnata e non ti faceva annoiare, visto che eri cagionevole di salute... » prese a raccontarle, mentre Iris faceva sciogliere una zolletta di zucchero nella sua tazza. « Quando poi tua madre si ammalò hai preso a suonarle il violino o il piano tutti i giorni, per cercare di alleviare il suo senso di tristezza. E quando morì, cominciasti a suonare ogni volta che avevi tanti pensieri o che venivi sopraffatta da emozioni troppo intense... Ed è un'abitudine che nel tempo non è cambiata. »

Diane le sorrise, sorreggendo una tempia con la mano sinistra. Iris rispose con un sorriso carico di mestizia, abbandonandosi contro lo schienale della soffice poltrona ed abbandonandosi ai ricordi della sua infanzia.

Ricordava la dolce voce di sua madre quando le cantava le ninne nanne prima di andare a dormire, o le fiabe che suo padre le leggeva mentre lei sedeva sulle sue ginocchia.
Se si sforzava un po' poteva anche ricordare i profumi dei suoi genitori: lavanda la sua mamma, costoso dopobarba il suo papà.
Riaprì gli occhi, scacciando dalla sua memoria l'immagine di sua madre immobilizzata a letto dalla malattia, e rilasciando un altro, rumoroso sospiro.

« L'altra sera al "Black Snow" c'era anche un gruppo di ragazzi del paese, con cui di solito non parliamo nemmeno. » Fece Iris, voltandosi verso le grandi finestre per guardare la neve che scendeva lenta e inesorabile, mentre carezzava con l'indice la ceramica che stringeva tra le mani. « Ho avuto una piccola, insignificante conversazione con un ragazzo di questo gruppo, e da allora mi sento un po' strana. Ho addirittura pensato che mi sentissi così perché lui mi piace, ma è impossibile, no? Insomma... Prima d'ora avevo solo avuto dei brevi scontri con lui, quando Michael o Lukas se la prendevano con qualcuno del suo gruppo e viceversa, ma... » si fermò per riprendere fiato, accorgendosi di aver parlato di fretta. « Insomma, praticamente si è trattato di dieci parole messe in croce. È stupido! È come uno stupido romanzo rosa! » Concluse, aggrottando le sopracciglia e mettendo su una specie di broncio.

Diane in tutta risposta, si lasciò andare in una risatina. Pensava che al "Black Snow" fosse successo qualcosa di grave o preoccupante, le sembrava l'unica spiegazione logica per il mutismo della nipote. S'era preoccupata per niente, ma dopotutto era felice così.

« Sai, potrebbe che anche se avete parlato poco, tu sia rimasta affascinata dal suo modo di porsi nei tuoi confronti, o magari semplicemente dal suo aspetto fisico... Piuttosto di', è un bel ragazzo? » Le ammiccò la donna, prendendola bonariamente per i fondelli.

Iris arrossì, mentre improvvisamente il profilo di Zsadist le appariva nella mente. 

« Sì, è oggettivamente un bel ragazzo.. »
« Tesoro, non devi pensarci così tanto. È abbastanza normale che ti abbia fatto un certo effetto se è così di bell'aspetto. Di chi si tratta, comunque? Lo conosco? »

Iris finì il suo the, perdendosi poi nell'osservare i fondi che avevano assunto una curiosa forma di ali. Pensò che avrebbe dovuto chiedere a Naomi, che s'interessava di Tasseomanzia ( o tarocchi e vari rami della "magia" e predizioni del futuro ) se avesse qualche significato particolare.

« Hai presente quella famiglia che ha quella specie di baita in mezzo al bosco a ovest? » domandò la rossa, guardandola negli occhi per captare le emozioni che sarebbero scaturite quando avrebbe capito a chi si stesse riferendo.
« Sì » rispose semplicemente la zia, senza fare una piega.
« Ecco, si tratta del figlio minore, Zsadist. » disse sommessamente.
Diane sorrise placidamente. Poi, sorprendentemente, dopo qualche attimo rise.
« Immagina se vi conosceste e vi innamoraste. Sareste i nuovi Romeo e Giulietta! »

Iris mise su un broncio severo: non di rado le capitava di venir presa in giro dalla donna di fronte a lei, per questioni che aveva sempre ritenuto serie o quasi, ma Diane faceva sembrare tutto molto più semplice o addirittura inesistente e dopotutto era una sua qualità che apprezzava, nonostante il senso di stupidità che dopo prendeva il sopravvento.

« Comunque » fece poi, ancora scossa da qualche risatina. « Non vedo per quale motivo dovresti pensarci su così tanto. L'hai detto tu, è una cosa stupida! E poi se anche un giorno il destino unisse le vostre strade, che male ci sarebbe? » Diane si alzò, riponendo tazze e teiera sul bel vassoio che richiamava la stessa fantasia dei recipienti. Si avvicinò alla porta spalancata per uscire dalla stanza, e scomparve dal suo campo visivo.

« Non si giudicano i libri dalla copertina, ricorda! » Fu l'ultima cosa che le urlò per il corridoio.

Iris guardò l'orologio a pendolo appeso sulla parete di fronte al piano forte: segnava le cinque e mezzo.

Non fece in tempo a pensare che di lì a poco sarebbe arrivato Simon, che il campanello suonò e si precipitò immediatamente ad aprire la porta.
Il viso sorridente del suo migliore amico le apparve subito; gli gettò le braccia al collo e Simon subito la strinse tra le sue braccia, girando su stessi come se non si vedessero da anni.

- Buonasera signora Connery! - Salutò educatamente Simon.
- Caro! Posso offrirti qualcosa di caldo da bere? Caffè, the, cioccolata...? -  Lo accolse Diane, cominciando a snocciolare il "menu" della casa.
- Un po' d'acqua è sufficiente, signora.. Muoio di sete! - Rispose, togliendosi cappotto, sciarpa, guanti, cappello e scarponcini.
- Subito in arrivo! -

Si diressero verso la cucina e Iris provvide a riempire un bel bicchiere d'acqua fresca, che il ragazzo scolò in fretta.

- Ne vuoi ancora? - Chiese Iris.

- No, sono apposto, grazie. Andiamo su? -

In tutta risposta Iris ripose l'acqua in frigorifero, sciacquò il bicchiere e fece strada verso camera sua, al piano superiore.
Scambiarono qualche chiacchiera, finché non arrivarono in camera.

Simon si buttò di pesò sul lettone a due piazze, infilandosi sotto le calde e pesanti coperte. Iris lo raggiunse subito dopo aver messo il DVD de "Il Re Leone", accoccolandosi a lui e prendendo da un cassetto le "scorte d'emergenza": barrette di cioccolato, bibite super caloriche, pop corn e patatine al formaggio.

- Diamoci dentro! - Esclamarono all'unisono, e sempre insieme, pigiarono il tasto "play" sul telecomando, dando inizio ad uno dei loro soliti pomeriggi di dolce far nulla, a base di pane e Disney.

 

*

 

Era da un po' che Zsadist stava sdraiato sulla neve, fumando spinelli e perdendosi nel guardare i piccoli fiocchi bianchi che si posavano un po' ovunque.
Ogni parte di sé era rilassata e gli occhi ambrati ed arrossati erano fissi sul cielo bianco ormai da diverso tempo.
Non pensava a niente di particolare, si limitava a farsi trascinare dalle canzoni dei Pink Floyd che risuonavano nel nulla di quel luogo dalla sua cassa portatile collegata al cellulare.
Era il suo "posto segreto", nonché preferito. Si trovava poco fuori dal piccolo paese, ed era uno spiazzo in mezzo al bosco circondato dagli alberi.
Non distava nemmeno troppo da casa sua.

L'aveva scoperto da bambino, in una delle innumerevoli volte in cui scappava dalla triste e violenta routine domestica.
Era stato fortunato perché, in quel suo posticino, aveva trovato anche un piccolo capanno abbandonato e c'erano un lettino, una poltrona malandata di fronte ad un piccolo camino, una vecchia TV non funzionante, mobilia rotta e polverosa e un bagnetto.
Col passare degli anni l'aveva personalizzata, portando qualche cosa di suo, facendo graffiti sui muri e pulendola di tanto in tanto.
Tutto lì, niente di speciale, ma da piccolo gli era parsa come la villa più bella, e tutto sommato, anche adesso la pensava allo stesso modo.

Non aveva mai portato nessuno in quel posto, se non Kate. Se da bambini ci stavano per giocare, crescendo ci andavano quando volevano bere, fumare, sfogarsi, sfociando alcune volte nel sesso.

Ecco, in quel momento avrebbe volentieri fatto sesso.

In realtà, era da giorni che si trovava addosso una voglia strana, che non riusciva a soddisfare, nemmeno quando, la sera del "Black Snow", si era ritrovato verso tarda notte Caroline sotto il portico di casa e avevano fatto di tutto per tutta la notte.

Per un attimo gli passarono per la mente una fluente chioma rossa e dolci occhi blu, ma scosse la testa si alzò da terra, scrollandosi di dosso la neve e avvertendo solo in quel momento un brivido di freddo.

Decise di entrare nel capanno. Prese qualche ciocco di legno che aveva spaccato del tempo prima e li mise nel caminetto; afferrò poi l'accendino e un legnetto piatto che prese fuoco quasi subito a contatto con la fiammella, e lo appoggiò sulla legna.

Si tolse il cappotto e si avvolse in una coperta di lana, prendendo una bottiglia di vodka liscia da una credenza e buttandosi di malagrazia sulla poltrona. Era indeciso se farsi raggiungere o meno da Kate, e giochicchiava col cellulare, prendendo di tanto in tanto una sorsata di liquore dal collo della bottiglia. Alla fine, complici la stanchezza, l'erba, l'alcool e il dolce tepore del fuocherello, non scrisse a Kate, ma scivolò rapidamente in un sonno senza sogni.

Quando si risvegliò erano almeno le quattro del mattino, e capì di aver dormito almeno una decina d'ore non appena controllò la schermata del telefono che si era perso tra le sue gambe.

- Merda - Mormorò con la voce ancora impastata dal sonno, guardando la valanga di messaggi e chiamate perse di Kate, Thomas e Shawn. Ce n'erano persino di Bob ( che fino a quel momento aveva dubitato sapesse usare un telefono ) e di sua madre.

- Merda! - Esclamò poi, con più vigore, quando s'accorse che la bottiglia di Vodka gli era cascata, rendendo il vecchio pavimento di legno tutto appiccicoso.

Sbuffò sonoramente, portandosi le mani sulla testa, stringendo i capelli tra le dita e nascondendo gli occhi con i palmi.
Aveva un gran mal di testa, non si era portato analgesici e le sue membra erano così pesanti e intorpidite dal freddo che non aveva la forza di alzarsi e salire sul pick up per tornarsene a casa.

Si sforzò per riaccendere il fuoco nel camino, compiendo le stesse mosse di quel pomeriggio. Prese uno straccio e pulì alla bell'e meglio il pavimento impiastricciato di vodka. Spostò poi la poltrona in un angolo, avvicinò il lettino verso l'unica fonte di calore presente in quel capanno e si distese sul letto.

Digitò il numero di Kate, e dopo appena due squilli sentì la voce alterata dell'amica.

« Mi spieghi dove cazzo sei?! »

Sentì le voci degli amici che chiedevano "ma è Zsad?" e sbiascicò che si trovava nel suo solito posto.

« Sei una testa di cazzo, una enorme testa di cazzo, sei il monumento vivente delle teste di cazzo! »

Zsadist in tutta risposta si limitò a sbadigliare sonoramente, prima di annunciarle che sarebbe rimasto lì ancora per qualche ora e che si sarebbe fatto sentire lui.
Poi, ignorando gli strepiti e le grida di Kate, chiuse la telefonata, mise il silenzioso abbandonando il cellulare sul pavimento e si rimise a dormire.

 

*

Intorno alle sette del mattino, Iris si svegliò, di buonumore dopo giorni.
Doveva ringraziare la chiacchierata con sua zia del giorno prima se adesso si sentiva così allegra, ma specialmente Simon che dopo aver intonato con lei - o meglio, stonato - "Il cerchio della vita", "Hakuna Matata", o anche "Il mondo è mio" quando dopo "Il Re Leone" s'erano messi a guardare "Aladdin" , l'aveva sollevata con i suoi infiniti sorrisi e la sua perenne allegria.

Quando poi s'era congedato, dopo aver cenato assieme a lei e a zia Diane, l'aveva baciata sulla fronte, scompigliato i capelli e si era fatto promettere che si sarebbero incontrati anche il pomeriggio seguente. Lei aveva accettato di buon grado, e l'aveva guardato scomparire nel buio, diretto al suo appartamento.

Si sentiva talmente pimpante che quando scoprì che fuori brillava il sole, annunciando una giornata un po' più calda e piacevole, non aveva potuto fare a meno di volare in bagno a prepararsi per fare una passeggiata nel bosco. 

S'accorse che Diane ancora dormiva, e chiese gentilmente alla donna delle pulizie di lasciarle detto che sarebbe uscita a fare due passi e che sarebbe senz'altro tornata intorno a mezzogiorno.
S'avvolse la sciarpa di Zsadist attorno al collo, tirò sulla testa il cappuccio del giubbotto ed uscì di casa.

Una volta in marcia, buttò uno sguardo sul display del cellulare, che segnava le otto e un quarto. Sorridendo soddisfatta, continuò a camminare, inoltrandosi del boschetto a ovest, canticchiando di tanto in tanto.
Quando si rese conto di dove l'avevano portata i piedi, decise di tenersi ben lontana dalla zona in cui sapeva ci fosse la casa di Zsadist, ed andò più a nord di quanto avrebbe dovuto.

Arrivò in una radura circondata da alberi sempreverdi ricolmi di neve e sorridendo come una bambina, s'avvicinò ad un fiumiciattolo completamente ghiacciato.
Provò a posarci sopra un piede per vedere se reggesse e quando fu certa che il ghiaccio non avrebbe ceduto sotto al suo peso, cominciò a camminarci sopra, scivolando di tanto in tanto ma senza mai cadere. D'un tratto però, poggiò i piedi su un punto meno stabile e il ghiaccio si ruppe, facendola impantanare nell'acqua freddissima, che le provocò fitte di dolore intenso su tutte le gambe.

Dandosi ripetutamente della stupida, uscì rapidamente dall'acqua, ritrovandosi inzuppata fino alle ginocchia.

« Cosa... stai facendo? » domandò una voce familiare.

Iris si girò di scatto e si ritrovò davanti il viso di Zsadist, non troppo distante dal proprio, e sopraffatto da un'espressione di malcelato ma bonario scherno.

« Credo che sia un po' troppo freddo fuori per bagnarsi i piedi nel fiume... Ma se ti piace così... » La prese in giro, ridendo della faccia imbronciata di Iris.

Notò con un tuffo al cuore che portava la sua sciarpa, ma non disse nulla e non infierì oltre perché la ragazza tremava da capo a piedi.

« S - s - simpatico! » Ruggì la rossa, battendo i denti.

« Vieni con me, così ti asciughi e ti scaldi » La invitò Zsadist, scacciando il pensiero di come avrebbe voluto scaldarla.

Iris si limitò ad annuire ed a seguirlo a testa bassa, stupendosi un poco quando si accorse che la stava conducendo verso una piccola baracca.

Notando lo sguardo interrogativo della ragazza, Zsadist sogghignò.

« Se te lo stai chiedendo, no, non vivo qui. È solo una sorta di rifugio... Avanti. » Disse, aprendo la porta e facendole segno di precederlo.

Iris si guardò un po' intorno, sfregandosi le braccia con le mani, mentre Zsadist tirava fuori un paio di pantaloni di tuta e un asciugamano.
Li posò sul letto, poi si avvicinò al camino e ravvivò le fiamme.

Iris lo guardò mentre faceva tutti questi movimenti, e un po' arrossì dandosi di nuovo della stupida per aver accettato senza esitazioni di seguirlo, neanche avessero avuto chissà quale confidenza.

Si riscosse dai suoi pensieri quando Zsadist le si avvicinò, porgendole l'indumento e l'asciugamano.

« Se non hai fretta di tornartene a casa, possiamo mettere la tua roba vicino al fuoco e aspettare che s'asciugano. Nel frattempo puoi mettere questi. Non ho trovato niente di più piccolo. » Disse, mentre si dirigeva verso la porta. « Io aspetto qua fuori che ti cambi. » E senza aggiungere altro né aspettare che Iris accettasse o altro, si chiuse la porta dietro le spalle.

Iris si limitò a sospirare, cominciando ad abituarsi ai modi di fare imperiosi e bruschi del ragazzo.

Era già la seconda volta che la lasciava impalata a fissare una porta dietro la quale s'era andato a nascondere, pensò togliendosi giubbotto, stivaletti, collant e jeans.
Con un brivido di freddo, si infilò velocemente i pantaloni che purtroppo, le andavano decisamente enormi. Fortunatamente erano elasticizzati e fece uno stretto nodo con i fili scuri che fuoriuscivano dal due buchetti posti sulla vita della tuta.

Aprì la porta e Zsadist la guardò da capo a piedi.
Si sarebbe aspettata di tutto, tranne che il ragazzo le ridesse in faccia.

Avrebbe voluto mantenere un cipiglio severo, ma la risata di Zsadist era meravigliosa e contagiosa, gli occhi ambra socchiusi parevano più chiari ed il suo viso era ancora più bello e luminoso.
Si morse il labbro inferiore, ammirandolo ancora un po', ma poi si unì alla risata, sebbene in modo più posato del ragazzo, che era caduto in ginocchio sulle scalette di legno che portavano alla casupola.

Quando smise di ridere, massaggiandosi la mascella, si giustificò dicendole che era da quando l'aveva vista fare l'equilibrista sul fiumiciattolo che si tratteneva.

« L'espressione che avevi quando sei caduta nell'acqua era impagabile » Ridacchiò ancora, chiudendo la porticina e facendola accomodare sul lettino. « Sembravi un cartone animato. »

Lei gli rivolse una linguaccia, accettando di buon grado la coperta di lana che le porgeva e posandosela sulle gambe.

« Comunque, ti ringrazio di nuovo. Sta diventando un vizio ormai. » Borbottò Iris, giocherellando con i capelli intrecciati lateralmente. « Comunque... è da tanto che sei qui? » Domandò, per fare conversazione.

« Da ieri pomeriggio. Ma non è da ieri che conosco questo posto, ormai sono anni che ogni tanto vengo qui. »  rispose, stendendo alla meglio i vestiti e gli stivali di lei davanti al fuocherello.

Le raccontò di come aveva scovato il posto e di come, avanti negli anni, avesse apportato delle migliorie. Lei gli disse che si trovava lì perché aveva voglia di fare una passeggiata e che aveva voluto camminare sul fiume ghiacciato perché era una cosa che faceva spesso da piccola e lui le rispose scherzando che crescendo evidentemente l'acqua ghiacciata non riusciva più a reggerla come una volta, e dopo quell'affermazione avevano intrapreso una battaglia a cuscinate, da cui Iris era uscita vittoriosa.

Così, ridendo, scherzando e chiacchierando, le ore erano passate e gettando uno sguardo all'orologio appeso a un chiodo poco più sopra del camino, videro che si erano fatte le undici e mezzo.

Iris si alzò dal letto e tastò i suoi indumenti, notando che ormai erano abbastanza asciutti perché potesse indossarli.

« Ehm... Dovrei rimetterli. » Fece Iris, grattandosi il mento con l'indice sinistro.

« Fai pure! » Le disse lui ghignando, senza distogliere lo sguardo dalla ragazza.

Iris si fece bordeaux, e balbettò delle scuse, chiedendogli gentilmente di uscire. Zsadist rise e uscì, aspettandola sotto il  piccolo portico.

Certo, si era detto che dopo quella piacevole mattinata avrebbe mantenuto fede alle promesse fatte a se stesso di tenersela lontana quella famosa sera al "Black Snow", ma non era un santo. Difatti, diede una sbirciata alla finestrella sporca, e poté constatare che la rossa oltre ad avere delle belle gambe possedeva anche un bel didietro.

Deglutendo, riportò lo sguardo all'ambiente circostante e rientrò quando Iris gli aprì la porta.
Così spense il fuoco, mise al loro posto i pantaloni che le aveva prestato e si mise il cappotto, imitato da Iris.

« Ti porto a casa. Ho la macchina qua dietro. »

E chiudendo la porta con le chiavi che aveva trovato in uno dei cassetti quando era piccolo, si avviò verso l'auto, accendendosi una sigaretta.

Iris lo seguì, salendo e allacciandosi la cintura.

Raggiunsero la villetta della ragazza in pochi minuti, chiacchierando di tanto in tanto.

Quando lui si fermò, vide che Iris si sfilava la sciarpa e gliela porgeva. Lui indugiò qualche istante prima di afferrarla, e poi la poggiò sul cruscotto.

« Allora ciao, Zsadist... E grazie ancora. » Mormorò Iris, sorridendo timidamente.

Lui annuì semplicemente e stettero lì a fissarsi per qualche secondo. Poi Zsadist distolse lo sguardo e lo volse sulla strada dinanzi a se.

D'un tratto avvertì un contatto morbido e caldo sulla guancia destra: un bacio. Ma quando si girò verso Iris con un'espressione sorpresa, lei aveva già aperto la portiera ed era scesa, richiudendola velocemente e correndo verso il vialetto di casa.

Si sfiorò la guancia leggermente ispida di barba e prese la sciarpa. La annusò: il suo odore era mischiato a quello di lei.

Sospirando rumorosamente e portandosi una mano sulla fronte, ricambiò un "ciao, Rossa" che sentì solo lui.

Tenersela lontana sarebbe stato più difficile del previsto, pensò mentre ripartiva verso casa propria.

 

 

 

 

Spazio Autrice:

 

Buongiorno a tutti! Spero di non aver deluso quei pochi che mi seguono e mi scuso se questo capitolo si è fatto attendere più di quanto in realtà meriterebbe xD
Sono stata molto impegnata in questi giorni, e questo capitolo l'ho scritto stanotte, finendo intorno alle tre. Lo posto ora perché ieri non avevo proprio più voglia di rivisitarlo e di aggiungere il mio commento.

Comunque.

In questo capitolo scopriamo che Simon e Iris hanno un rapporto molto stretto, più che con Naomi, nonostante siano un trio.
Scopriamo che anche Zsadist e Kate hanno un tipo di rapporto molto - diciamo - "confidenziale", anche se in modo piuttosto diverso rispetto a quello di Iris e Simon.
Vediamo che Zsadist e Iris passano delle ore insieme, giocando e parlando, e nonostante non abbia scritto nel dettaglio le conversazioni che hanno avuto e le cose che hanno fatto, state certi che mi rifarò nei prossimi capitoli!

Come ultima cosa, voglio ringraziare tanto Fanny93 e nomiraii che hanno messo la mia storia tra le seguite. Sono commossa, non avevo notato che qualcuno avesse salvato "You Found Me"! ç-ç

Bacioni anche a tutti quelli che si limitano a leggere, comunque. Mi fa piacere scovare sempre una persona in più!

A presto!





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