ReggaeFamily
Chakatagir
Era
strano, però non riuscivo a non pensare a lei: sarebbe
avvenuto proprio quella sera il nostro primo incontro, mi aveva
avvertito con un messaggio su facebook.
L'idea
che avrebbe assistito per la prima volta a un concerto dei System mi
elettrizzava, significava che avrei potuto mostrarle tutte le mie
capacità in quanto tecnico della batteria e avrei fatto di
tutto affinché si godesse lo spettacolo nel migliore dei modi.
«Hai
la testa tra le nuvole, Karaian? Sveglia!»
Sobbalzai
non appena Daron mi raggiunse, sventolandomi una mano di fronte agli
occhi; sbattei le palpebre un paio di volte e scossi appena il capo,
mostrandogli il dito medio.
«Simpaticone!
A che pensi?» insistette il chitarrista.
«A
tutto e niente...»
«Che
risposta di merda! Ah, datti una mossa, a momenti comincia il
soundcheck della batteria!» Daron mi spintonò con una
spallata.
Insieme
ci dirigemmo verso la mia postazione, dovevo svolgere il mio lavoro e
non potevo più pensare a Mayda, dovevo essere professionale e
badare a John e alla perfezione a cui entrambi aspiravamo in ogni
live.
«Ciao
Mayda! Finalmente ci incontriamo!»
Mi
voltai di scatto e riconobbi subito una delle ragazze che avevo
conosciuto in un gruppo facebook creato appositamente per riunire
tutti coloro che sarebbero stati al concerto dei System Of A Down
quel weekend. Ero arrivata fino a Los Angeles con un autobus che mi
aveva trasportato attraverso la California per almeno sei ore, ero
stanchissima ma stavo già cercando di incontrare alcuni dei
ragazzi che avevo individuato nel gruppo.
Di
fronte a me, ora, c'era Helena, una ragazza piuttosto alta e
slanciata, sicuramente molto più appetibile rispetto a me:
pelle scura, capelli corvini e ricci, un sorriso mozzafiato e due
occhi neri e profondi che avrebbero incantato chiunque.
«Helena!»
esclamai, per poi stringerla in un abbraccio.
«Wow,
ma sei bellissima!» disse, dopo avermi squadrato.
Rivolsi
a me stessa un'occhiata dubbiosa. «Sono più bassa di te
di almeno quindici centimetri, sono tremendamente magra e pallida
come un fantasma... ora puoi ritirare ciò che hai detto? Sono
stata abbastanza convincente?»
«Neanche
un po'!» mi contraddisse subito lei, portandomi con sé
verso un gruppo di ragazzi e ragazze che già facevano la fila
all'ingresso dell'area concerti.
Nel
frattempo, mi domandò: «Hai sentito Sako?».
Sobbalzai,
sentirlo nominare mi faceva uno strano effetto. E poi, Helena ne
parlava come se lui fosse uno qualunque con cui chattavo sui social
per ammazzare il tempo.
«Uhm...
stamattina gli ho scritto per dirgli che ci sarei stata, lui era
tanto contento... non posso crederci, ma ci pensi?»
Helena
batté le mani con entusiasmo. «Oddio, ti rendi conto? Io
seguo i System in concerto da un po', sono stata a diversi live e non
sono mai riuscita ad avere uno straccio di contatto con loro... tu
sei al tuo primo concerto e già te la fai con il tecnico della
batteria!»
Mi
allungai verso di lei per tapparle la bocca. «Zitta! Non deve
saperlo mezzo mondo! Non l'ho detto a nessuno, lo sai solo tu...»
Lei
si strinse nelle spalle. «Okay, ricevuto! Come ti senti?»
mi chiese poi, tornando seria.
Alzai
gli occhi al cielo e il cuore fece una capriola nel mio petto. «Credo
di star per morire, però tutto okay!»
«Ci
siamo?» mi interrogò John.
«Ci
siamo, capo!» confermai in tono scherzoso.
«Oggi
sei particolarmente allegro» osservò il batterista,
rimettendosi in piedi dopo aver concluso il soundcheck.
«Macché,
tutto regolare. È solo che, sai... suonare a casa fa sempre
uno strano effetto.»
John
mi batté sulla spalla con la mano destra. «Non mi
freghi, Karaian.»
«Non
è mia intenzione, capo!»
«Piantala.»
John sorrise appena.
«Stai
ridendo? Cosa? Ora ti faccio una foto e ti sputtano in rete!»
scherzai, passandogli una bottiglietta d'acqua.
«Non
sei credibile...»
Mi
feci improvvisamente serio. «John, posso chiederti un favore?»
Lui
annuì senza replicare e attese che proseguissi.
«Oggi
verrà al vostro live una persona... speciale, ecco. Posso
regalarle una delle tue bacchette?» domandai con cautela, senza
guardarlo negli occhi.
«Una
fanciulla, eh?»
Annuii
e mi sentii avvampare. «Già, hai capito. Posso?»
«No.»
Sollevai
la testa di scatto e mi trovai di fronte all'espressione più
buffa che avessi mai visto: John sorrideva con gli occhi, mentre
cercava di trattenere un mezzo sorriso e teneva le labbra serrate.
«Devi
regalargliene almeno due! Di una non se ne fa niente, Karaian. Sei un
disastro.»
«Giusto!
Okay... grazie!»
«Come
si chiama?»
Sospirai.
«Mayda.»
«Helena,
svengo, ti giuro che svengo!»
«Non
svieni! Cammina, piuttosto, siamo quasi arrivate alle transenne...
oddio, corri, corri! Guarda quei tizi, stanno cercando di superarci!»
sbottò la mia amica all'improvviso, trascinandomi per un
braccio verso le barriere in ferro che separavano il pubblico
dall'area che circondava l'enorme palcoscenico.
Durante
l'attesa, un qualche dj sconosciuto mandava della musica rock in
sottofondo, il che non faceva che accrescere la mia ansia già
abbastanza palpabile.
«Eccoci!»
strillò Helena, appendendosi letteralmente alla transenna.
«Sei
matta? Così la scardini...» Mi guardai attorno e
cominciai a sentire mancanza di ossigeno. «Morirò qui e
subito, me lo sento! Cazzo, sto troppo male...» blaterai.
«Mayda,
smettila, andrà tutto bene!» Helena si immobilizzò,
lo sguardo fisso sul palco. «Oddio!» gridò.
«Che
c'è?» Cercai di mettermi sulle punte dei piedi per poter
vedere qualcosa anche io, ma ero nettamente in difficoltà e in
quel momento invidiai il metro e ottantadue della mia amica. «Helena,
parla, mi stai facendo impazzire!»
«L'ho
visto!»
Mi
portai le mani al petto in un gesto istintivo. «Chi?»
«Sako.»
Girovagai
per il palco, ormai era quasi ora che i ragazzi cominciassero a
suonare e io volevo provare a trovare Mayda prima che il casino più
grosso avesse inizio.
Quando
raggiunsi il bordo della piattaforma in legno, scandagliai le prime
file di fronte a me con lo sguardo, e poco dopo ebbi un colpo al
cuore: lei era lì, le mani sul petto e gli occhi chiusi;
sembrava agitata, ma non avevo idea del motivo. Forse temeva che
potesse succederle qualcosa in mezzo a quella folla? La osservai per
un po' e sperai che mi notasse: aveva i capelli neri e lisci legati
in una coda di cavallo, il viso era pallido e l'espressione tesa. A
causa della transenna che copriva gran parte del suo corpo, non
riuscii a capire come fosse vestita, ma mi resi conto che era davvero
esile ed ebbi l'impressione di avvertire tutta la sua fragilità.
Avrei
voluto portarla via di lì, e probabilmente stavo esagerando,
mi stavo facendo i film mentali peggio di una ragazzina alla sua
prima cotta, ma non volevo che qualcuno, durante la foga del
concerto, le facesse del male.
Da
quando mi aveva detto che sarebbe stata presente, in me era scattato
qualcosa e avevo subito pensato che avrei dovuto proteggerla. Sì,
ero decisamente patetico, ma allo stesso tempo ero incapace di
frenare quei pensieri.
Poi,
Mayda aprì finalmente gli occhi e incrociò i miei.
Parve spaventata, come se non si aspettasse di trovarmi davvero di
fronte a sé, a pochi metri da lei.
L'unica
cosa che riuscii a fare fu sorriderle nel modo più spontaneo
possibile e sollevare la mano sinistra per farle un cenno di saluto.
Lei
esitò per un attimo, poi ricambiò il mio gesto e mi
regalò un sorriso enorme e genuino, uno di quelli capaci di
scaldare il cuore e di conquistare chiunque lo riceva.
Una
ragazza accanto a lei la abbracciò di slancio e i nostri
sguardi si persero.
Dovevo
raggiungerla.
«Sto
per svenire, Helena! Sostieni le mie povere membra...»
«Che
palle! Quanto la fai tragica! Anziché rompere con queste
cretinate, pensa a quanto Sako sia dannatamente carino! Oddio, ti ha
salutato, che bello! Io faccio il tifo per voi, secondo me i vostri
bambini sarebbero magnifici!» blaterò la mia amica, per
poi abbracciarmi per l'ennesima volta.
«Gesù,
non esagerare! Stai già correndo oltre i limiti! Prima devo
sopravvivere a tutto questo e... oh, merda, quello è Daron!
Muoio!»
«Io
voglio Serj, quand'è che esce?!»
Intorno
a noi si scatenò un casino, si espanse un boato pazzesco e mi
parve di essere allo stadio durante un qualche partita di football,
di quelle che mio fratello amava tanto guardare in tv.
«Dio,
se esisti, dammi la forza per non perdere la vita proprio ora!
Aspetta almeno che il concerto finisca!» implorai tra me e me,
sotto lo sguardo divertito di Helena.
Poi
i System cominciarono a suonare, partì Daron con l'intro di
Soldier Side, e io mi lasciai
risucchiare da tutto ciò che quelle note sapevano
trasmettermi.
Ero fermo sul lato destro
del palco, tutto andava bene ed ero contento di poter tenere Mayda
sotto controllo: avevo una visuale abbastanza buona della sua
posizione, fortunatamente era ancora tutta intera e nessuno le aveva
arrecato particolare disturbo.
Sapevo, però, che
sarebbero arrivati dei momenti cruciali durante il live, ero pronto a
intervenire. Lanciai un'occhiata alle scale laterali che stavano alle
mie spalle e contai gli scalini: dodici.
Forse avrei potuto scendere
subito e infischiarmene di tutto, tuttavia avevo un compito da
svolgere: se John avesse avuto dei problemi con la Tama, sarei dovuto
intervenire all'istante e risolvere tutto alla velocità della
luce.
Tornai
a rivolgere il mio sguardo verso Mayda e contemporaneamente mi resi
conto che i ragazzi stavano iniziando a suonare Bounce.
Mayda
era incollata alle transenne e cantava a squarciagola, sembrava
tranquilla, ma dietro di lei si stava pian piano formando una bolgia
incredibile e anche lei, quasi subito, se ne accorse e
si immobilizzò.
Sul viso aveva
un'espressione preoccupata, e in un attimo mi resi conto che era
sola: la ragazza che avevo intravisto accanto a lei non c'era più,
era scomparsa. Merda.
Controllai velocemente che
John avesse tutto a posto e mi precipitai giù da quei dodici
scalini.
Era stato un riflesso
incondizionato, non avevo più saputo resistere.
Ero in panico. Dov'era
finita Helena? Era stata trascinata in mezzo al pogo generale, e ora
non sapevo più come rintracciarla. Avevo un po' di paura,
soprattutto perché l'atmosfera si stava scaldando e io non ero
abbastanza forte per stare in mezzo a tutto quel casino.
A
un certo punto mi sentii trascinare in mezzo a un ammasso di persone
che presero a spingermi e strattonarmi senza riguardo, mentre le note
di Bounce erano quasi
un sottofondo per me.
Ero terrorizzata.
Andai a sbattere contro la
transenna e mi ancorai nuovamente a essa, avvertendo un dolore atroce
percorrermi il fianco destro. Non ce l'avrei mai fatta, ero
terrorizzata e ormai non capivo più niente.
Altre spinte, altri
strattoni, avrei voluto scavalcare le barriere e rifugiarmi in un
angolino.
Perché
la gente si divertiva a rovinare la festa a chi voleva soltanto
godersi il concerto in santa pace?
Poi, tutto accadde in
fretta: con il petto schiacciato contro la transenna e gli occhi
appannati dalle lacrime, mi accorsi appena della figura che correva
nella mia direzione.
Qualcuno mi afferrò
per i polsi e gridò: «Dai, scavalca queste dannate
transenne, coraggio! Ti porto via di qui! Mayda, ehi, mi senti?
Mayda!».
Non riuscivo a reagire,
ormai stavo piangendo e respiravo a fatica.
Mi sentii strattonare
un'ultima volta e poi avvertii per un attimo il vuoto sotto di me,
finché non atterrai con i piedi per terra e un corpo caldo
cozzò contro il mio e mi avvolse in un abbraccio rassicurante.
Tenerla tra le braccia era
qualcosa di indescrivibile, non riuscivo neanche a crederci.
Tuttavia, dovetti darmi una
mossa e spostarmi da lì prima che qualcuno del pubblico si
accorgesse di me o che i tizi della security mi rompessero i
coglioni. Sapevo di non poter stare in quella zona, così
camminai nuovamente verso la scaletta, stringendo Mayda a me.
Lei camminò al mio
fianco, ma pareva quasi una bambola inanimata, come se non riuscisse
a reagire o a compiere dei gesti di sua spontanea volontà.
«Per
il momento andrà bene» mormorai, prendendo posto su uno
dei gradini e trascinandola
con me. «Ehi, Mayda? Piccola, stai bene? Ti prego, rispondimi,
sono in pensiero per te...»
Lei parve riscuotersi
all'improvviso e sbatté le palpebre almeno cinque volte, poi
altre lacrime abbandonarono i suoi occhi.
«Cristo! Sako?!»
«Già, sono
proprio io.» Mi resi conto che ancora la stavo abbracciando e
la cosa mi fece arrossire immediatamente. «Ti dà
fastidio?»
«Cosa? No! Non
lasciarmi! Non mi sento affatto bene... ma che cazzo è
successo? E tu che hai fatto? E io che ci faccio qui? Merda, Sako!
Devo cercare Helena, che casino, oddio... devo tornare di là...»
«Ehi, ehi! Mayda, ehi!
Calmati, ti prego! Va tutto bene, è solo che... ho creduto
davvero che... ho visto che ti stavano trascinando in mezzo al
casino, ecco perché ti ho portato via di lì!» le
spiegai, senza allentare la stretta su di lei.
Sentivo il suo corpo magro e
fragile tra le mie braccia, non riuscivo a credere che fosse proprio
lì con me, sentivo emozioni incredibili inondarmi il petto,
avrei potuto spiccare il volo per la gioia che stavo provando.
«Mayda? Davvero sei
qui?» le chiesi, facendo probabilmente la figura del perfetto
idiota.
Lei inclinò la testa
di lato e mi rivolse un'occhiata stralunata. «Io... credo di
sì.»
Oddio, era bellissimo, più
bello di quanto avessi immaginato o sperato nel vedere le sue foto.
Era proprio attraente,
sentirmi stringere da lui in quel modo mi stava mandando nel pallone.
I suoi occhi erano attenti e
fissi su di me, sembrava preoccupato per qualsiasi mia reazione.
«Santo cielo!»
esclamai, rendendomi conto che eravamo abbracciati e vicinissimi: lui
mi avvolgeva i fianchi con entrambe le braccia e io ero aggrappata
alle sue spalle e tenevo tra le dita la stoffa della sua t-shirt
nera.
«Cosa c'è? Stai
bene?» Sollevò una mano e mi sistemò alcune
ciocche di capelli che erano sfuggite alla mia coda, portandole
dietro le mie orecchie.
«Credo...» Mi
schiarii la gola. «Credo di sì.»
Sako sorrise dolcemente.
«Riesci ad alzarti ora?»
«Sì,
suppongo...»
«Allora vieni con me,
godiamoci il resto del concerto. Ti va?» Si alzò e mi
tese la mano.
MI guardai attorno,
avvertendo già il vuoto lasciato dal suo corpo che si era
staccato dal mio.
«E dove?»
«Quassù.»
Sgranai gli occhi e seguii
il suo sguardo, il quale puntava proprio sopra il palcoscenico.
«Sako! Non posso salire!»
«Ma sì che
puoi... andiamo!»
Seppur
riluttante, mi misi in piedi e decisi di seguirlo. Tutto questo era
fottutamente assurdo, ma ormai ci ero dentro e tanto valeva vivere
quel momento senza pensarci
troppo: avrei avuto tutta la vita per rimuginare.
Finalmente Mayda si stava
divertendo: dopo qualche minuto, grazie all'energia positiva e alla
carica dei ragazzi, parve dimenticarsi dell'accaduto e si lasciò
andare, ballando accanto a me e fermandosi ogni tanto a osservare i
ragazzi della band come se avesse visto dei fantasmi.
Ma, soprattutto, non fece
che piangere a dirotto. Era emozionatissima, quello era il suo primo
concerto dei System e sicuramente si sentiva al settimo cielo.
Dal canto mio, mi resi conto
che i miei amici avevano notato la sua presenza, ma nessuno mi lanciò
strane occhiate e tutti rimasero concentrati sul proprio lavoro.
«Daron, oddio!»
esclamò Mayda, portandosi le mani sul viso. «Non ci
credo.»
«Ti piace il
chitarrista, eh?»
Lei sobbalzò e annuì
con fare titubante. «Lo adoro da quando ho conosciuto la band.
Non posso farci niente...» si giustificò, lasciando
ricadere le braccia lungo i fianchi.
«Non avevo dubbi! Ehi,
ti stai giustificando con me?»
Lei sostenne il mio sguardo.
«Sei geloso, Karaian?»
Ridacchiai. «Non
essere sciocca.»
Ormai
il concerto era quasi giunto al termine, ma a confermarlo
arrivò l'esecuzione dell'immancabile Sugar
in conclusione.
Mayda si rabbuiò.
«Oh, no! Sta già finendo.»
Osservai John che si
avvicinava al bordo del palco e lanciava delle bacchette e delle
pelli della sua batteria tra il pubblico. Le bacchette che aveva
usato per suonare, però, erano ancora appoggiate sul timpano e
io non capivo come mai.
Il batterista, dopo aver
scatenato un boato infernale tra la folla, tornò verso il suo
strumento e recuperò le bacchette che ancora non aveva
regalato ai fan.
Inaspettatamente si diresse
nella mia direzione e io mi sentii morire. Sako parve rendersene
conto e mi appoggiò con delicatezza una mano sulla spalla.
«Ciao, tu sei l'amica
di Sako, vero?» esordì John.
«S-sì,
c-credo... ehm, scusa ma... non credo di sentirmi... bene...»
Il batterista parve
intenerito dal mio atteggiamento e allungò le sue bacchette
verso di me. «Prendile. Sono tue.»
«Cosa?! No, non posso
accettarle! Ehi, scherzi? No, non esiste! Ti ringrazio, davvero,
grazie di cuore, ma questo è troppo, non se ne parla... tu sei
matto, siete tutti matti, non potete pensare davvero di...»
«Mayda,
sta' zitta!» mi interruppe bruscamente Sako, ficcandomi in mano
le bacchette. «Io e John lo
avevamo già deciso, quindi non serve che tu continui a
blaterare.»
Spostai lo sguardo dall'uno
all'altro, ero basita e non riuscivo a credere alle mie orecchie.
«Ah» feci soltanto. Poi tornai alla carica: «Come
sarebbe a dire che eravate d'accordo? Tu avevi già deciso
tutto? Karaian, io ti ammazzo, non ce n'era affatto bisogno, ti
giuro, ora mi sento in colpa e mi viene pure il nervoso perché
sei un cretino e ti sei messo in testa che io volessi...»
«Cosa sta dicendo?»
chiese John a Sako.
«Non lo so.»
Era tremendamente agitata e
non faceva che gesticolare come una matta; nella foga del momento,
finì per sciogliersi i capelli e prese a ricostruire più
volte la sua coda di cavallo. Ogni tentativo fu vano, dal momento che
le mani le tremavano e le sue parole erano un fiume in piena che non
riusciva a controllare né ad articolare in maniera sensata.
«La fai stare zitta?
Altrimenti le riprendo le bacchette!» minacciò
scherzosamente John.
Scossi il capo e mi chinai
su Mayda, afferrandola per i polsi. «Ehi, ti calmi?»
«Io... io... mi sento
in colpa, non è giusto!»
Sospirai. Era adorabile,
avevo una voglia matta di baciarla e non sapevo se sarei stato in
grado di resistere a lungo. «La smetti?»
«No! Non posso credere
che...»
Non riuscii più a
controllarmi. Lanciai una rapida occhiata a John e lui parve capire
le mie intenzioni, così annuì e si voltò per
lasciare il palco e raggiungere il backstage.
Mi voltai nuovamente verso
Mayda che ancora parlava a vanvera e cercava di farmi capire che
avevo esagerato con quel regalo e che mai lo avrebbe accettato, per
nessuna ragione al mondo e un sacco di altre cose.
D'un tratto la attirai a me
e premetti le mie labbra sulle sue, approfittando di un momento in
cui si era miracolosamente zittita per riprendere fiato.
Lei si sciolse
immediatamente tra le mie braccia e ricambiò il mio gesto,
aggrappandosi con forza alla mia schiena e schiudendo le labbra per
permettermi di approfondire quel contatto.
Baciarla era come rinascere,
era come se io e lei fossimo stati da sempre destinati a
quell'incontro. Tutto fu spontaneo, non ci furono ripensamenti,
sentivamo soltanto l'attrazione fisica e mentale che si faceva largo
tra noi.
Quando ci staccammo, lei
cercò quasi subito un nuovo contatto con me e mi baciò
con foga, tenendomi ancora più stretto. Era incredibile che un
corpo così fragile potesse contenere al suo interno tanta
forza.
«Ehi, Mayda...»
mormorai, dopo qualche altro bacio. Questi si erano fatti sempre più
roventi, ma allo stesso tempo dolci e morbidi come carezze.
«Mi sa che abbiamo
combinato un casino...» borbottò.
«Mi sa che hai
ragione.»
«Ci conosciamo
appena...»
«Abbiamo parlato un
sacco in chat, ti sei dimenticata?» le feci notare,
accarezzandole i capelli ormai sciolti sulle spalle.
«Sì, ma questo
è diverso... non credo sia il caso di...»
La zittii con un bacio. «Ora
ho imparato come farti smettere di dire cazzate.»
«Stronzo.»
«Lo so.»
Erano trascorse alcune
settimane da quando io e Sako ci eravamo incontrati.
Intanto, i lividi che mi ero
procurata al concerto stavano pian piano sbiadendo e la mia vita
aveva ripreso il suo solito corso.
Il mio paesino sembrava
desolato, specialmente dopo l'esperienza che avevo vissuto.
Fissai lo sguardo sulle
bacchette che John mi aveva regalato e sorrisi al ricordo della mia
reazione da pazza: chissà se il batterista se lo ricordava
ancora...
Sako, ovviamente, non
l'aveva dimenticato, visto che non perdeva occasione per prendermi in
giro e scimmiottarmi continuamente quando parlavamo al telefono.
Mi arrivò un
messaggio su WhatsApp e subito lo aprii.
Sto
arrivando, scendi?
Il cuore perse un battito,
l'avrei rivisto dopo quasi un mese da quel giorno pazzesco.
Lanciai un'ultima occhiata
allo specchio: viso pallido, occhi scuri contornati da un filo di
matita nera, occhiali da vista, capelli sciolti sulle spalle. T-shirt
larga e shorts azzurri.
Gli sarei piaciuta? O forse
era stato tutto un errore? Forse mi ero illusa?
Scacciai quei pensieri e mi
precipitai giù dalle scale.
Il mio corpo fremette come
non mai quando potei finalmente riprendere Mayda tra le braccia e
stringerla al petto. Mi era mancata terribilmente, così presi
a riempirle il volto di baci e di carezze, come se non riuscissi a
capacitarmi che fosse davvero con me.
«Mi sei mancata da
impazzire.»
«Ecco, ora fai lo
sdolcinato e io arrossisco come una stupida...»
«Almeno questa tua
bella faccina prenderà un po' di colore. Dovresti andare un
po' al mare, prendere un po' di sole...»
Mi mollò un pugno sul
petto. «Sei proprio stronzo, Sako Karaian!»
«Ora non offenderti!»
Risi, facendole il solletico.
«Non lo soffro, è
inutile che ci provi!» mi rimbeccò.
«Non è
giusto... sei una strega.»
«Addirittura?! Ti
rimando a Los Angeles se non la pianti!»
Le presi il viso tra le mani
e la guardai negli occhi per un po', facendomi serio. «Non me
ne vado, sono qui perché non ne potevo più di starti
lontano.»
Lei sorrise e mi carezzò
piano il petto attraverso la t-shirt. «Sei dolce.»
Rabbrividii a quel contatto.
«Oh, andiamo! Non fai che prendermi in giro...»
borbottai.
«Non sto scherzando,
Sako. Sei proprio adorabile.»
Ci guardammo negli occhi e
ci scambiammo un altro bacio.
«Ora andiamo in
spiaggia?» insistetti.
«Oh, e va bene!»
cedette, intrecciando le dita alle mie.
La spiaggia era silenziosa,
deserta. Quel giorno tirava un forte vento, nessuno si era
avventurato in quel luogo.
Io e Sako avevamo dovuto
percorrere un tragitto di circa dieci chilometri prima di ritrovarci
sulla sabbia umida. Fortunatamente lui aveva la macchina e aveva
insistito per usarla per una giusta causa, a suo dire.
Accoccolati
l'uno accanto all'altra, ascoltavamo lo sciabordio delle onde e
lasciavamo che il vento spazzasse i nostri corpi avvinghiati e
liberasse la nostra mente.
«Hai freddo?»
sussurrò Sako al mio orecchio, lambendone il lobo con le
labbra.
«No, affatto. Sto
bene.» Un brivido colmo di aspettativa mi corse lungo la
schiena.
«Sono qui»
disse. «Se vuoi dirmi qualcosa, ti ascolto.»
Aveva la capacità di
leggermi nel pensiero, o forse stava semplicemente imparando a
cogliere i segnali che anche i miei silenzi sapevano inviare.
«Domani te ne vai»
osservai.
«Sì. Ma la
settimana prossima tu vieni da me, quindi non devi sentirti triste»
mi rassicurò, baciandomi sulla fronte.
«Lo so, però...
Sako?»
«Dimmi Mayda.»
«Ti va di rendermi
felice?» gli chiesi.
«Che domande mi fai?
Certo che mi va!» affermò con sicurezza.
«Okay.» Sospirai
profondamente, inspirai ed espirai un paio di volte, mi schiarii la
gola e infine gli chiesi: «Hai voglia di fare l'amore con me?».
Subito mi coprii il viso con
le mani e mi sentii avvampare all'inverosimile; mi resi subito conto
di quanto avevo detto, nonostante la mia voce non avesse fatto che
tremare e il mio cuore martellasse furiosamente nel petto.
Sako afferrò con
delicatezza le mie mani e le spostò dal mio viso al suo petto,
in modo da potermi guardare negli occhi. Era serio, non c'era ombra
d'ilarità nel suo sguardo.
«Piccola, sei sicura?
Io... Mayda, tu non sai quanto ti desidero, ma non ho nessuna
intenzione di metterti fretta... non sono venuto fin qui per questo.»
Scossi il capo. «Lo
so, non dicevo questo! Oh, insomma, perché devi sempre pensare
male? Io volevo solo dirti che... cazzo, perché è così
difficile?»
«Non agitarti, non ce
n'è bisogno. Davvero, Mayda... è solo che... non me
l'aspettavo.»
Aggrottai le sopracciglia.
«Come no?»
«No, giuro!»
Infilai le dita sotto il
bordo della sua t-shirt. «La tua risposta è sì?»
Si avventò sulle mie
labbra. «Secondo te?»
E mentre il sole tramontava
sulla spiaggia frustata dal vento, noi ci spogliammo lentamente e
scivolammo l'uno nell'altra con naturalezza, passione, dolcezza,
intensità.
Forse era sempre stato
quello il nostro destino, anche se io ancora stentavo a crederci,
anche mentre lo sentivo così vicino e legato a me.
Anche quando, accarezzandomi
il viso, mi sussurrò: «Ti amo. E non scherzo, e non
ammetto repliche. E non è troppo presto per dirtelo, perché
forse è quello che ho sempre saputo fin dal primo momento, fin
da quando hai cominciato a seguirmi su quello stupido social e io ho
visto la tua prima foto. E sì, è riduttivo e so che
stai pensando che sono sdolcinato, ma Mayda, ti amo da impazzire».
La mia risposta lo investì
sotto forma di gocce più salate dell'acqua dell'Oceano che,
burrascoso, vegliava su di noi.
♥
♥ ♥ ♥ ♥ ♥
Ragazzi
ç____ç
Sì,
mi sono commossa, lo ammetto: era da tanto che non scrivevo qualcosa
di così dolce, ci credete?
È
solo che Sako e Mayda sono TROPPO dolci insieme, io non posso farci
niente, la ship è partita da sé! *___*
La
prima cosa che voglio dire riguarda il titolo della storia,
Chakatagir; come detto nella presentazione, significa destino ed è
l'unica parola che mi è venuta in mente per dare un titolo
alla storia di Sako e Mayda! Ho scelto di scriverlo in armeno perché
mi piaceva davvero molto, e inoltre entrambi i protagonisti hanno
nomi e origini armene ^^
Poi,
spero vi sia piaciuta anche la mia scelta di alternare i pov dei due
cuccioli (?) e di lasciare la narrazione in prima persona :)
Ci
tengo a precisare, inoltre, che questa OS è nata da un'idea
ben precisa, ma non sto qui a dilungarmi, vi assicuro solo che
l'ispirazione mi ha travolto e ha fatto sì che creassi un
personaggio femminile che potesse prendersi cura di quel cucciolo di
Sako Karaian, nonché tecnico della batteria del nostro John
adorato *-*
(Sono
tutti adorati e cucciolosi a questo giro, avete notato? È che
ultimamente stavo scrivendo troppe baggianate trash nonsense e dovevo
rimediare :D)
Poi?
Il
nome Mayda è armeno, come già detto; l'ho trovato in
una lista di nomi femminili e mi ha colpito moltissimo, anche perché
trovo che stia bene accanto a Sako :3
Come
ultima cosa, ci tengo a dedicare questo scritto alla mia amata
StormyPhoenix perché
sì e basta, perché lei ha inserito Sako nella sua long,
perché ha accettato di aggiungerlo nella lista dei personaggi
qui su EFP e per un mucchio di altre ragioni che solo io e lei
sappiamo ♥
Stormy,
tutta per te *-*
Bene,
ringrazio chiunque sia arrivato fin qui e spero vivamente di avervi
emozionato almeno un po'. Per me è stato bellissimo scrivere
questa piccola storia e mi auguro di ricevere i vostri pareri in
merito!
Alla
prossima ♥
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