Oikawa
Tooru era sempre stato un bambino particolare.
Esuberante, certo, eppure il suo carattere sembrava quasi legittimato
dall’aura affascinante che, fin da piccolo, lo aveva
circondato.
Non si poteva invece dire lo stesso di Iwaizumi: aveva
un’attitudine ad essere piuttosto schivo, pur non essendo
cattivo; non aveva mai avuto grande simpatia per la maggior parte delle
persone – bambini e adulti – che aveva conosciuto
fino a quel momento, inoltre difficilmente lo si vedeva scambiare una
parola con qualcuno.
In effetti, lui e Oikawa erano un po’ come il sole e la luna:
diametralmente opposti l’uno rispetto all’altro,
eppure – almeno all’apparenza – incapaci
di vivere separati.
Oikawa amava essere al centro dell’attenzione, un
po’ come se si trovasse sotto la luce dei riflettori, e amato
da tutti; capitava molto spesso che, invece, Iwaizumi rifilare commenti
non troppo gentili al ragazzino per via di quel suo comportamento. Non
che Hajime non apprezzasse l’idea di essere ammirato, solo
che farlo in maniera tanto plateale era per lui, evidentemente, una
dimostrazione di spocchia.
In effetti, quando faceva qualcosa di buono, Iwaizumi cercava di
restare più nell’ombra possibile, prendendosi i
propri meriti solo se gli altri insistevano lungamente
affinché lo facesse. Tooru, al contrario, amava tutte quelle
voci che lo acclamavano – forse per paura che, un giorno,
potessero diventare silenti, chi lo sa – e ciò era
veramente indigesto per Hajime.
Paradossalmente, tuttavia, capitava spesso che i due si ritrovassero
per parlare, anche se solo in quella maniera sarcastica e piena di
provocazioni tutta loro; al di là di quella sorta di
rivalità, forse, era nato un rapporto più
profondo, così difficile da inquadrare – eppure
tanto paradossalmente simile a qualcosa che, seppur in maniera
piuttosto lontana, potesse essere definito amicizia.
«Iwa-chan!» uno scalpiccio concitato di passi
riempì l’aria, mentre qualcuno scendeva di corsa
le scale, probabilmente a balzi.
Hajime non fece una piega, restandosene comodamente seduto sul divano
della sala, con espressione noncurante, intento a cambiare i canali del
televisore senza troppo interesse.
Oikawa, invece, fece il suo trionfale ingresso nella stanza con un gran
fiatone, tenendo stretto in una mano il braccio di quello che
probabilmente doveva essere il peluche di un alieno.
«Iwa-chan!» riprese il bambino, tutto tronfio.
«Ho appena finito di leggere il mio libro!»
Hajime ricordava quel libro. Era stato regalato dai genitori di Oikawa
al proprio figlio giusto qualche giorno prima, e trattava di quello
che, dall’ultimo periodo a quella parte, era diventato
l’argomento di discussione preferito di Oikawa: gli alieni.
«Uh» commentò allora Iwaizumi, senza
troppo interesse. «E allora?»
Iwaizumi non riusciva a comprendere l’entusiasmo del suo
amico. Era solo un libro con le figure come un altro, niente di
più. Oikawa, tuttavia, si lasciò sfuggire un
sorriso soddisfatto, come quello di un gatto che è appena
riuscito ad acchiappare la preda che tanto desiderava.
Quell’espressione di trionfo si dipinse in maniera innegabile
sul suo volto, mentre non esitava a riprendere, poco dopo, grato che
l’amico gli avesse servito su un piatto d’argento
le basi che gli servivano per iniziare il discorso che voleva proporgli.
«E allora» continuò infatti, di
lì a poco «ho fatto una scoperta
fantastica!»
Iwaizumi sospirò lentamente, senza farsi notare
dall’altro ragazzino. Sapeva che avrebbe dovuto mettere un
freno a tutto quell’entusiasmo: d’altronde, si
meravigliava del fatto che un bambino tanto sveglio come Oikawa potesse
credere ad una sciocchezza come quella degli alieni. Rivolse gli occhi
al soffitto: sapeva che avrebbe dovuto stroncare sul nascere quella
fantasia, altrimenti, una volta che si fosse ritrovato faccia a faccia
con la realtà, non avrebbe potuto che soffrire ancor di
più.
Hajime posò nuovamente gli occhi sul suo amico, osservandolo
attentamente. Anche l’abbigliamento richiamava la sua
fissazione per quei marziani:
Oikawa indossava infatti una felpa di un
blu scuro profondo, la faccia verdastra di un alieno sul davanti, il
cappuccio penzolante giù dalle spalle. Gli occhi di Tooru
erano grandi come tazze da tè, carichi di entusiasta
aspettativa, e in parte Iwaizumi si sentiva un mostro al pensiero di
dover deludere le convinzioni del ragazzino; si ripeté
ancora una volta che, tuttavia, era la cosa giusta da fare. Prese un
bel respiro, dopodiché tornò a fissare
l’altro direttamente negli occhi.
«Oikawa» lo richiamò piano, cercando di
non essere troppo scortese. «Gli alieni non
esistono.»
Oikawa rimase fermo sul posto, divertito e sbigottito al tempo stesso.
Non riusciva a comprendere se quella fosse una sua ennesima
provocazione o se se Iwaizumi credesse davvero in ciò che
gli aveva appena detto. A giudicare dallo sguardo serio di Hajime
doveva immaginare di sì, eppure quel pensiero gli sembrava
così irrazionale…
«C-come sarebbe a dire… come sarebbe a dire che
non esistono…?» domandò Tooru, la voce
inclinata in più punti. «Certo… certo
che esistono!» strepitò allora, battendo i piedi
per terra come un principino.
Iwaizumi, d’altro canto, se ne restò fermo
immobile, seduto sul divano, intento a fissare i canali della
televisione che cambiavano, uno dietro l’altro, lasciando
dietro di sé per qualche secondo nient’altro che
una manciata di pixel e un rumore metallico simile ad una cascata di
stelle.
Il silenzio di Hajime non fece che confermare i sospetto di Tooru. I
suoi occhi si riempirono di lacrime, tuttavia Oikawa non diede loro
tempo di scendere a rigargli le guance – non in quel luogo,
perlomeno – schizzando di lì a poco in direzione
delle scale.
Oikawa si strinse le ginocchia al petto, avvolgendole con le braccia;
tirò su col naso, nonostante la coperta che si era avvolto
attorno alle spalle continuava a sentire un gran freddo. Sapeva che la
sua era una convinzione sciocca, eppure crederci lo faceva sentire
più sicuro, più felice; era consapevole del fatto
che Iwaizumi avesse ragione, che avrebbe fatto meglio a liberarsi di
quei pensieri il prima possibile. Questo, tuttavia, non significava che
facesse meno male.
Nella penombra dell’armadio dentro cui si era rifugiato,
Oikawa percepì uno spiraglio di luce colpirgli le spalle,
passando attraverso le ante che aveva lasciato socchiuse. Sapeva di
avere lo sguardo di Iwaizumi su di sé –
d’altronde il suo era un nascondiglio talmente banale che
chiunque l’avrebbe scoperto, lì – ma, in
fin dei conti, la cosa non lo preoccupava più di tanto.
Detestava il pensiero che potesse vederlo in un simile momento di
debolezza, tuttavia ormai aveva più importanza?
«Oikawa…» lo richiamò piano
Iwaizumi, cercando di fare attenzione a mantenere un tono quanto
più cauto possibile.
«Lasciami stare, Iwa-chan!» protestò
Tooru, cercando di arrogarsi il proprio diritto a restare da solo.
Iwaizumi sospirò profondamente. Aprì le ante
dell’armadio, per poi posare le mani sulle spalle
dell’amico, circondate da una coperta pesante, costringendolo
a voltarsi; quando si ritrovarono occhi negli occhi, Iwaizumi
notò subito le lacrime che erano cadute lungo le guance di
Oikawa, così come quelle che continuavano a rendere
annacquati gli occhi del ragazzino. Si morse un labbro, se da una parte
non era assolutamente abituato a vedere il suo amico – sempre
così allegro e coraggioso – in quello stato,
dall’altra sentiva il proprio cuore stretto in una morsa,
poiché detestava il pensiero di essere la causa di tutta
quella sofferenza ingiusta.
«Oikawa» ripeté ancora, stavolta con
tono più fermo. «Ehi, ascoltami. Quelle cose che
ho detto prima… non ci credevo sul serio. Scusami, non
volevo farti stare male…»
Gli occhi di Oikawa fecero una capriola. Paradossalmente, si riempirono
ancor più di lacrime, e dovette impegnarsi un bel
po’ per non slanciarsi in avanti ad abbracciare
l’amico.
«Iwa-chan…!» esclamò,
agitando convulsamente le mani per l’entusiasmo.
Iwaizumi, d’altro canto, cercò di dimostrarsi
quanto più neutrale e distaccato possibile, sebbene non
riuscisse a nascondere a sé stesso che la ritrovata
eccitazione di Tooru fosse un toccasana anche per il suo cuore.
Valutò che, in effetti, non ci voleva poi molto per far
cambiare umore ad un bambino, e non poté che dirsi
soddisfatto del proprio operato.
«Su, forza» lo richiamò
all’ordine, cercando di mantenere un tono vagamente
autoritario anche mentre un leggero sorriso si formava sul suo volto.
«Scendiamo di sotto, la merenda è
pronta.»
Le parole di Iwaizumi non ebbero altro effetto che quello di aumentare
ancor di più la foga di Oikawa, che per questo
schizzò subito in avanti, abbandonando la vecchia coperta
nell’armadio e precipitandosi a correre giù per le
scale. Ad Iwaizumi non rimase perciò altra scelta se non
quella di seguirlo a sua volta, seppur con passo più
moderato, in direzione della cucina, mentre un lieve sorriso fioriva
sulle sue labbra.
Stavolta, davanti al pane con le gocce di cioccolato e ai loro
bicchieri colmi di spremuta d’arancia, Iwaizumi rimase ad
ascoltare Oikawa mentre gli raccontava tutto ciò che sapeva
sugli alieni. In fin dei conti, finché quei pensieri
avrebbero continuato ad illuminare gli occhi di Tooru in un modo tanto
meraviglioso, Hajime non vedeva perché avrebbe dovuto
mettere a tacere tanta felicità.
Angolo autrice
Ho praticamente iniziato a scrivere questa storia dopo aver pubblicato
quella dell’altro giorno – ehi, non è
colpa mia se le mie amiche compiono gli anni in un lasso di tempo tanto
ravvicinato – ma come avrei mai potuto non pubblicare
qualcosa per il birthday
di niente poco di meno che la mia
preziosissima waifu? chi
mi segue su twitter sa
Per cui, anzitutto, buon
compleanno, _Lady di inchiostro_! ♥
sei una persona meravigliosa, ti meriti solo il meglio e il bene che ti
voglio non è neanche lontanamente quantificabile. Sei
veramente… fantastica, sul serio, non ho altre parole per
descriverti. Riesci sempre a farmi sorridere, sono così
onorata di poterti avere al mio fianco.
Devo ammetterlo, questa storia mi convince un po’ di
più di quella che ho postato l’altro giorno,
eppure alcune cose continuano a non piacermi del tutto ho
paura che
Oikawa cambi umore troppo facilmente, sob— in
compenso
è più lunga rispetto alle storie che sto
scrivendo ultimamente, per cui da una parte mi va anche
bene… aiut--
Btw, nella storia Oikawa e Iwaizumi avranno all’incirca tra i
sei e gli otto anni, non saprei dirvi esattamente quanti ma la fascia
d’età è quella – ed
è per questo che i cambi repentini d’umore sono in
parte giustificati – e poi ho sempre desiderato scrivere una
kid!fic in cui Tooru parla per ora di alieni. Ah, a tal proposito: a
discapito del titolo GLI
ALIENI ESISTONO ECCOME, e se non credete a me
leggete la serie della mia meravigliosa waifu ♥
… ora che ci penso, forse oggi avrebbe avuto più
senso scrivere qualcosa su Bokuto, visto che è anche il suo
compleanno (auguri gufo del mio cuor ♥) but ultimamente la
mia ispirazione fa un po’ come vuole, e quindi no, niente,
per quanto la waifu sia una sua fan si becca il fluff della kid!fic,
sob sob-- giuro che la prossima volta vedrò di rimediare e
ti scriverò una storia molto più bella di questa
e soprattutto sul tuo pg preferito, promesso!
E niente, ancora tanti auguri a questi due raggi di sole che ogni
giorno mi migliorano un bel po’ la giornata ~ grazie a tutti
coloro che leggeranno questa storia, a chi si soffermerà
anche su queste stupidissime note, agli intrepidi che decideranno di
recensire se
mai ce ne saranno, sigh sob e alle eventuali persone che
inseriranno la storia tra le preferite o le ricordate ma
anche qui temo
che ci sarà un vuoto cosmico, anche se alla fine va bene
così, d’altronde sono stata io stessa la prima a
dire che questa storia non mi convinceva del tutto, no?
Bene, adesso penso che me ne potrò stare tranquilla per un
po’, visto che il prossimo compleanno è tra
qualche mese ~ magari nel frattempo scrivo quella KageHina di cui vi
parlavo nelle note dell’altra storia, chi lo sa.
A presto
Aria
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