Of leather and gold

di neversaythree
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2. Million dollar bills



There's nothing I want but money and time
Million dollar bills and a tick tick tick tick
There's nothing more cruel
Than only nine lives
A limit in spite
Will do the trick trick trick trick

 

Louis apre gli occhi con un mugolio infastidito, quando la luce che invade la stanza comincia a diventare troppo forte, trovandolo in qualsiasi rifugio cerchi in ogni angolo del cuscino. Impiega diversi minuti per uscire dal groviglio di lenzuola di seta indiana in cui si è arrotolato durante la notte e ne passano altri prima che si decida a smettere di fissare il vuoto ed alzarsi. Cammina a piedi scalzi sul pavimento riscaldato, verso il bagno. Piscia con un certo sollievo che gli inumidisce leggermente gli occhi. Si lava le mani e si sciacqua il viso e la bocca impastata dal sonno e dall'alcol della sera precedente, prima di contemplarsi allo specchio. Soppesa le occhiaie, i capelli disastrati, il segno del cuscino sulla guancia incavata.

"Sembri un fantasma" gli dice sempre sua madre, nelle rare occasioni in cui lo vede faccia a faccia. Ogni volta con tono di sorpresa, come se avesse dimenticato la precedente. Stamattina Louis non potrebbe non essere leggermente d'accordo.

Il brontolare del suo stomaco lo convince a rimandare la doccia a dopo la colazione. Indossa i pantaloni del pigiama, finiti in qualche modo sul pavimento durante la notte, e una vestaglia di seta.

A Louis non piace la monotonia. Non si è mai rassegnato del tutto alla routine delle sue giornate autunnali, alle ore tediose trascorse all'università ad autoimporsi di prestare attenzione alle lezioni e prendere appunti, e forse c'entra la sua leggera iperattività o il fatto che quando ha deciso di studiare architettura se la immaginava più come qualcosa tipo "progetta una villa a tre piani" e non tipo "studia per il tuo estenuante esame di matematica". Oggi dovrebbe essere diverso, perché oggi non c'è lezione e c'è una festa a casa Tomlinson, come sempre alla vigilia di una corsa. È stata un'idea di Louis, anni fa, perché ha sempre amato le feste e le attenzioni, ed è stata altrettanto sua l'idea di smettere, quando Zayn se n'è andato. Liam non gliel'ha permesso, e ben presto anche quello è diventato parte di una routine fastidiosa.

Quando scende al piano di sotto, trova Liam già perfettamente presentabile e forsennatamente al lavoro. Sta dando istruzioni ad un paio di sconosciuti su come e dove spostare le casse dell'impianto stereo, mentre i camerieri tolgono l'argenteria dai mobili ed i quadri d'autore dalle pareti.

"Buongiorno" gli fa, appena lo vede. È nella sua tenuta casual, e Louis trova vagamente ingiusto che alle otto del mattino, in un paio di jeans larghi ed una felpa che gli arriva alle ginocchia, Liam Payne trovi il modo di apparire impeccabile, fresco di una lunga notte di riposo e apparentemente di buon umore. Quindi glielo fa notare.

Liam scuote la testa, ma l'ombra di un sorriso gli tende le labbra: "Divisione consapevole del tempo, Louis. Dovresti provare."

Louis sbuffa un "Sì, come ti pare", incamminandosi verso la sala da pranzo, conscio della presenza di Liam alle sue spalle. La colazione è già lì, al suo solito posto sul lungo tavolo in noce. Louis si fionda sul tè come su una sorgente d'acqua nel deserto.

"Ho appena chiamato il deejay, ha detto che non dovrebbero esserci problemi per stasera" dice Liam, mentre Louis spalma il burro su un toast. "Hai creato l'evento su Facebook?"

"Sì."

"Hai avvertito Perrie?"

Prende un morso del toast, soppesandolo. Aggiunge altro burro. "Sì."

Liam si avvicina di più, ad un certo punto, guardandolo per un attimo con aria improvvisamente seria, senza dire nulla, ed è troppo presto per la suspense, e sta per dirglielo in modo piuttosto colorito, quando lui: "Hai telefonato a Niall per la Lamborghini?" gli chiede. E, be', no. Louis impreca tra sé, con la tazza a metà strada tra il tavolo e le sue labbra.

"Louis" fa Liam, ed ha su quell'espressione da mammina costernata che gli fa alzare gli occhi al cielo per riflesso incondizionato.

"Non farmi la paternale, lo farò più tardi."

"Sai che giorno è domani?"

"Lo so, Liam. E abbiamo ancora un giorno di tempo."

Liam sospira, rassegnato, un "Bene. Chiama Harry" e Louis lo guarda con un'espressione che vuole essere oltraggiata e minacciosa, ma che evidentemente non ha l'effetto desiderato, perché Liam non fa una piega.

"Chiamalo tu."

"Sono impegnato" fa, e Louis sta per ricordagli chi è che ha insistito per continuare questa farsa della festa e chi è causa del suo mal pianga se stesso eccetera, ma in quel preciso istante il maggiordomo annuncia l'arrivo del catering che hanno assunto e Liam se la squaglia, il maledetto.

Louis, quindi, è irritato. Sta borbottando tra sé sul fatto che dovrebbe licenziare tutti, mentre si infila sotto la doccia con una certa fretta per andare personalmente fino alla dependance, perché il suddetto Harry non risponde al telefono. Percorre il viale del giardino come se ogni filo d'erba lo avesse personalmente offeso e quando arriva alla meta, quello che vede lo gela sul posto. Sbatte le palpebre, più perché gli si stanno seccando gli occhi a forza di fissare, che per assicurarsi di star vedendo bene.

In primissimo piano nel campo visivo di Louis, infatti, c'è la figura di Harry in posizione perfettamente triangolare. E in boxer. Louis è piuttosto sicuro di non avere mai visto niente di così ridicolo. Ha il sedere puntato in aria come ad indicare il cielo, con le mani e i piedi nudi che gli fanno da sostegno sul suolo erboso, i ricci raccolti in una cipolla disordinata sulla testa rivolta verso il basso, gli occhi chiusi.

"Che cazzo stai facendo?" chiede Louis, facendolo sobbalzare leggermente. Harry si volta a guardarlo con aria scioccata, neanche fosse Louis quello seminudo e col culo al vento.

"Il cane con la testa in giù" spiega, come la cosa più ovvia del mondo.

"Scusa?"

"Yoga."

Si guardano per un attimo. Harry ha il viso leggermente arrossato, probabilmente per la posizione, ma rimane immobile, i muscoli delle braccia tesi.

"Sei bloccato?" gli chiede Louis, allora: "Faccio chiamare qualcuno?"

E qualcosa nella sua espressione deve essere piuttosto divertente, perché Harry scoppia a ridere, rimettendosi lentamente in posizione eretta e "No, sono a posto" fa, mentre Louis è leggermente impegnato a notare che è in forma. Tipo, parecchio.

"Grazie della preoccupazione, però."

"E' la prima e ultima volta che vengo fino a qua nei tuoi giorni di servizio."

Le sopracciglia di Harry si sollevano: "Ti aspetterò di domenica, allora" gli dice, spiazzando Louis per un paio di secondi, durante i quali si domanda seriamente se Harry sia un idiota.

"Sei un idiota?"

La domanda non sembra turbarlo minimamente: "Vuoi un caffè?"

"E' casa mia, Harry. Non puoi offrirmi un caffè in casa mia."

Harry gli sorride con aria furba, quasi provocante: "Lo sto facendo."

"Non voglio un caffè, voglio che tu sia reperibile. Ho telefonato alla dependance una dozzina di volte e tu eri qui a fare il cane seduto -"

"Il cane con la testa in giù."

Louis sta per colpirlo in testa con un sasso, ma opta invece per contare fino a cinque, prendere un respiro profondo e dire, con estrema calma: "Non mi interessa. Vieni pagato per questo. Devi farlo, se non vuoi essere licenziato."

Harry sembra sorpreso. Lo guarda e sembra stia cercando qualcosa nell'espressione del suo viso: "Hai ragione. Scusa" dice poi.

Louis alza un sopracciglio a tale arrendevole dichiarazione. Harry si gratta distrattamente un punto di pelle sotto l'ombelico.

"Bene."

"Cosa sei venuto a chiedermi?" gli chiede Harry, curioso.

"Dovresti andare a prendere una persona" inizia, e si accinge a spiegare ad Harry i dettagli, ad aspettare pazientemente che recuperi carta e penna - come se fossero nel fottuto '800 - prima di dettargli l'indirizzo, rifiutando con tono asciutto l'invito di Harry ad entrare nella dependance.

"Dovrà essere qui entro le dieci di stasera" conclude, per poi voltargli le spalle e tornare alla villa con passo misurato, consapevole dello sguardo di Harry che lo segue. 

 

***

 

There's nothing as fun as coming untied
And running with the kids in the park park park park
There's nothing that hurts like letting you go
Tiger burn eyes in the dark dark dark dark
We can leave the house lead the party let the people know
Go drown the colors of our minds and watch the cards go

 

Perrie, come sempre in certe occasioni, arriva alla villa prima degli altri, ufficialmente per "aiutare Louis con i preparativi", ma in pratica per parlare del più del meno e farsi dare consigli sull'outfit per la festa. Non che Louis sia molto utile, a conti fatti, non trovando la benché minima differenza tra i due tubini neri che lei gli mostra, ed essendo per lui la moda femminile qualcosa di genericamente oscuro.


 

"Cadono addosso in modo completamente diverso" gli sta dicendo lei, esaminandoli uno di fianco all'altro, in piedi con fare pensoso, in biancheria intima.

"Perrie, francamente" comincia Louis, a un certo punto, saltellando leggermente sul posto per infilarsi i propri skinny jeans, ma lei lo anticipa, con uno sbuffo: "Non te ne frega un cazzo, lo so. Resto dell'idea che avresti più amici, se ti sforzassi un po' ad essere gentile."

"Stavo per dire che ti stanno bene entrambi" mente Louis, sorridendo, "e ho gli amici che mi servono."

Perrie alza gli occhi al cielo, avvicinandoglisi per abbottonargli la camicia, e Louis si ritrova, come spesso accade, a prendersi un momento per apprezzare la sua presenza nella propria vita.

"Domani vieni da me?" gli chiede lei, a voce bassa, esaminando la sua camicia per poi slacciare un paio di bottoni, annuendo tra sé.

"Sono a Brooklyn, domani" fa Louis, e il broncio che le si dipinge in faccia è quasi tenero, "Non guardarmi così."

"Tu non andarci."

"Perrie" sospira.

"Sono preoccupata!"

"Non c'è niente di cui preoccuparsi" le assicura Louis, come mille altre volte prima di oggi, e lei si allontana per infilarsi il proprio tubino, dandogli le spalle e, con tono piccato: "Certo, come ti pare" dice.

E Louis non può permettersi di litigare con Perrie, perciò le alza la zip del vestito senza che lei glielo chieda e: "Vieni con me" fa. E l'espressione di lei, quando si volta, è di puro scetticismo, "Fai sul serio?"

"Certo."

"E a che pro?"

"Così vedresti che non c'è da preoccuparsi" fa Louis, con tono sicuro. Lei non si volta, e Louis poggia il mento sulla sua spalla, cingendole i fianchi con le braccia, "E voglio che tu venga."

Quando Perrie sospira, lui sa già di aver vinto, "Non lo so, Lou..."

"C'è una festa subito dopo. Ci divertiamo."

"Ti odio."

Louis ridacchia al suo tono esasperato, le stampa un bacio su una guancia, "Ti faccio fare un giro sulla Lamborghini."

Perrie ride, scuotendo la testa, e torna a guardarsi allo specchio, "Facciamo anche di no."

Lascia gli ultimi dettagli dei preparativi nelle mani esperte di Liam, il quale sembra felice o quanto meno abituato a non avere Louis tra i piedi, limitandosi semplicemente a ricordargli che a breve sarà suo il compito di accogliere gli ospiti. Louis rimane in camera e accende il computer, mentre ascolta le chiacchiere di Perrie con scarso interesse. Lei non pare farci troppo caso e sembra semplicemente felice di avere qualcuno a cui parlare mentre si trucca alla scrivania davanti alla finestra. Louis risponde velocemente ad una mail del proprio tutor alla Columbia, che gli propone un progetto per qualche credito extra. Louis neanche finisce di legge prima di fargli sapere che no, non è assolutamente interessato. Acquista un iPhone dallo store online, in compenso, e finisce di vestirsi. Indossa una giacca scura di Givenchy che sa che perderà da qualche parte prima della fine della serata, come l'ultima volta, e quella prima ancora. Ai piedi, un paio di scarpe italiane, senza calzini. Perrie si complimenta e Louis nasconde in un sorriso il pensiero che, se Zayn non se ne fosse andato, lei non sarebbe qui a sostituirlo. Se Zayn non se ne fosse andato, con molta probabilità, neanche Louis sarebbe qui. Si chiede distrattamente chi o cosa potrebbe sostituire. Forse sostituisce il se stesso di un anno fa, forse è davvero il fantasma di cui parla sua madre.

"Vuoi un po' di coca?" chiede a Perrie, per scacciare il pensiero, e si allunga ad aprire il cassetto del comodino prima ancora che lei accetti, con il suo entusiasmo familiare. Louis tira fuori la bustina dal solito portagioie d'argento, una di quelle porcherie che ti ritrovi casualmente in giro per casa.

"Milady" le fa nel porgerle la droga, ostentando il suo accento inglese, di solito a malapena percettibile. Lei ridacchia e si inumidisce un indice fresco di manicure, prima di infilarlo nella bustina, catturando la polvere fine.

"A noi" dice, con tono sarcastico, e procede a strofinarsi la cocaina sulle gengive superiori con cautela, attenta a non sbavare il rossetto. Louis ripete l'azione con gesti più sbrigativi, meno cerimoniosi. Più urgenti, forse.

"A noi."




 

Un'ora più tardi la festa è iniziata, Louis è stato avvicinato da così tanti ospiti, invitati e non, che ha la gola secca per le urla sopra la musica alta. Le pareti ed il pavimento sembrano tremare sotto i suoi piedi, e quelle vibrazioni sembrano irradiarglisi dalle suole delle scarpe fino a dentro le ossa. La gente balla, beve e scopa sui divani e nei bagni, e Louis è deliziosamente euforico e si sta strusciando addosso a qualcuno, quando Liam lo raggiunge.

"Louis" lo chiama, facendolo voltare nell'abbraccio appiccicoso di uno tizio alto che non ricorda di conoscere. Quello ne approfitta per leccargli il lobo dell'orecchio e: "Quanto cazzo sei bello" sussurrargli.

"Ciao, Liam," delle mani gli si posano sul sedere, strizzandogli le natiche, "Sto accogliendo gli ospiti."

Liam lo guarda con aria accondiscendente, come si fa con un bambino da trattare con molta pazienza, e Louis vorrebbe afferrarlo per le spalle e scuoterlo forte.

"Sono arrivati Harry e Niall, sono alla porta" gli sorride divertito: "Fossi in te accoglierei anche loro. In modo meno tattile, magari, ma vedi tu."

Il tizio fa salire una mano sudaticcia su un lembo di pelle tra l'orlo dei pantaloni e la t-shirt di Louis, il quale si divincola dall'abbraccio, con una maestria attribuibile agli anni di assidua frequentazione dei club di New York, e si allontana con Liam senza guardarsi indietro. Si fanno largo insieme tra la gente sudata, e Liam lascia passivamente che Louis lo prenda a braccetto finché non raggiungono la porta del piano inferiore. Louis intercetta il sorriso brillante e gigantesco di Niall anche a distanza.

"Tommo! Bastardo!" gli fa, in qualche modo facendosi sentire sopra la musica senza sforzo.

"Anch'io sono contento di vederti, Niall" risponde in tono sarcastico, facendosi stritolare in un abbraccio con un entusiasmo non attribuibile esclusivamente alla cocaina di prima, il cui effetto è perlopiù già scemato. Incrocia per un attimo lo sguardo di Harry oltre la spalla di Niall. La sua espressione è illeggibile, le sopracciglia leggermente aggrottate.

"Potresti anche farti sentire, ogni tanto."

Louis sta per dare una casuale giustificazione, ma il broncio di Niall si ritrasforma in un sorriso, quando si volta verso Harry, tirandolo a sé e mettendogli un braccio intorno alle spalle: "Almeno hai mandato Hazza."

Hazza.

"Mi piace, dovremmo tenerlo. Liam, possiamo tenerlo?" le parole di Niall vengono accompagnate dallo sguardo di puro affetto che rivolge ad Harry, il quale sembra ricambiare e wow, si conosceranno da, cosa? Dure ore?

La domanda è per Liam, ma Harry sta guardando Louis, di sottecchi, nel tentativo di essere sottile. Probabilmente si aspetta una risposta scortese da parte sua. Louis ammette tra sé, in un pensiero distratto, di non essere stato esattamente un esempio di affabilità, dal suo arrivo. Quasi se ne dispiace, prima di ricordarsi che non ha importanza quello che pensano gli altri.

Raggiungono i divani vicino al tavolino da caffè, ed un gruppetto di ragazzi e ragazze si scansa prontamente per farli sedere, benché con una goffezza nei movimenti tipica di una sbronza. Louis siede sul divano più grande tra i due e Niall sul più piccolo, di fronte a lui, con Liam incollato al suo fianco. Harry ha un attimo di esitazione, prima di prendere posto a sua volta vicino Liam. Louis ghigna al gesto, pensando divertito che deve esserci un qualcosa di metaforico nella situazione: ha il divano più grande, ma è destinato a restarci seduto da solo. Forse la droga non ha ancora perso del tutto il suo effetto, pensandoci bene.

"Come va con Barbara, Nialler?" chiede. Niall fa spallucce, come per ostentare nonchalance, ma il suo sorriso entusiasta lo tradisce: "Quella donna mi ucciderà."

"Non ne sembri troppo addolorato" ridacchia Harry, nel tono di voce la leggerezza con cui si parla ad un vecchio amico.

"Devi conoscerla, Hazza."

"Non viene a trovarci, stavolta?" chiede Liam, scambiando una breve occhiata con Louis, evasivo al punto giusto. Sembra incerto se parlare o no delle corse davanti ad Harry. È un bene, perché neanche Louis è troppo sicuro. Non si è interessato molto ai dettagli in merito all'assunzione di Harry, ma gli sembra di aver capito che avesse bisogno di un lavoro per un breve periodo di tempo. Di norma, lo staff della villa lavora per loro per anni, se non decenni, ma a quanto pare Liam doveva un favore a Nick Grimshaw. La domanda particolarmente generica garantirà che Harry non faccia troppe domande e che Louis rimandi la decisione, insieme alle altre questioni a cui non ha voglia di pensare.

Niall scuote la testa mestamente, con un'espressione intristita che contribuisce a rinsaldare la convinzione di Louis sul fatto che quella ragazza lo sta rendendo forse felice, ma soprattutto tragicamente scemo.

"È tornata a Budapest per il compleanno di sua madre."

La conversazione va avanti sui più svariati argomenti, ed è perlopiù incentrata sulle ultime ridicole vicende della vita di Niall, che sembra averne da raccontare tante, considerando che non lo vedono da un mese al massimo. Vengono interrotti, qualche volta, da ospiti che vengono a salutare Louis, alcuni conosciuti, altri no, e altri ancora amici di amici che vogliono presentarsi. Louis è abituato alle attenzioni, e rifiuta le richieste di chiunque gli chiedi di ballare, o di uscire a fumare, ma ben presto Niall, Liam ed Harry cominciano a parlare tra loro, senza più fare caso se Louis stia ascoltando o meno. Niall sta blaterando dell'incombente laurea di Barbara in fotografia, ed Harry fa domande pressanti e interessate, perché a quanto pare "ama" la fotografia. Louis sta considerando di alzarsi e andare a cercare Eleanor o Calvin o una pasticca d'acido. L'arrivo di qualcuno, però, lo solleva dalla decisione. È Bressie, il fanboy di Niall. Ha con Niall in comune il nome di battesimo, il mestiere di meccanico e le origini irlandesi, e questo gli fa credere di essere legittimato a chiamare Niall fratello. Louis non ricorda di averlo invitato, né di averlo visto una sola volta nell'ultimo anno e mezzo.

"Louis!" fa, porgendogli un pugno, che Louis colpisce col proprio con scarso sentimento, "Quanto tempo."

"Ciao, Bressie."

"C'è anche Niall, ehi, Niall!"

Niall lo abbraccia e lo sguardo di Louis cade quasi per caso su Harry, che sta assistendo alla scena con un bicchiere di champagne tra le dita lunghe, piene di anelli, con le quali tiene la base del flûte in bilico sulla propria coscia sinistra, fasciata da un paio di jeans strettissimi. Harry si accorge che lo sta guardando, ad un certo punto, e Louis lo vede sorridere consapevole, come per dire "ti ho beccato", ma lui non è niente se non ostentatamente sicuro di sé e non distoglie lo sguardo, e per un attimo è come un gioco, una sfida a chi ride per primo, ma l'aria è carica di impalpabile tensione e nessuno dei due sembra aver voglia di ridere, finché le parole di Bressie non distraggono Louis.

"E Zayn dov'è? È un po' che non lo vedo in giro."

È quasi comico il modo in cui Liam, Niall e Louis stesso si voltano contemporaneamente a guardarlo. Passa qualche secondo di assoluto silenzio in cui Louis vede distintamente la sorpresa negli occhi di Liam lasciare posto ad un'espressione di totale gelo. Niall sembra nel panico, Harry confuso, e Louis ha un nodo doloroso alla bocca dello stomaco, perché è passato un anno e l'assenza di Zayn è ancora qualcosa di cui non si può parlare, il suo nome ancora un tabù.

Liam afferra Niall per un braccio, mormora un "Noi andiamo a prenderci uno scotch" e se lo tira dietro verso dall'altra parte della stanza.

"Ho detto qualcosa di strano?" chiede Bressie, con le sopracciglia aggrottate, inconsapevole.

Louis si alza con un sospiro, mettendo su un sorriso, e gli dà una pacca sulla spalla: "Scusa, Bressie. Ci vediamo più tardi."

La musica è troppo alta per sentire i passi di Harry dietro di sé, ma Louis percepisce la sua presenza alle sue spalle e sa che lo sta seguendo, ma non si volta e continua a camminare, fino ad attraversare il corridoio che dà al giardino interno e il porticato che ne circonda il perimetro. Ci sono due ragazze che si baciano vicino la piscina riscaldata, convenientemente chiusa, ma sono lontane e Louis siede su una delle panchine di marmo, il freddo della pietra che gli attraversa i jeans, e tira fuori il proprio portasigarette dalla tasca della giacca di Givenchy che, toh, non ha ancora perso.

"Posso?" chiede Harry, indicando la panchina. Louis lo guarda per un momento, senza rispondere, e vorrebbe dirgli di lasciarlo solo, ma questo equivarrebbe all'ammettere che c'è qualcosa che non va, qualcosa che lo turba, perciò distende la propria espressione in una maschera di indifferente tranquillità e: "Ma certo, Harold" risponde.

Harry sembra compiaciuto: "Non mi chiamo Harold."

"Meglio così, non si può sentire" fa, facendolo ridacchiare. Gli porge una sigaretta, che Harry accetta, e gliela accende col proprio zippo d'argento. Il viso di Harry è vicino, e si illumina tenuamente al divampare della fiamma. Sembra fatto di porcellana.

"Grazie."

"Figurati."

Fumano per qualche secondo in silenzio, con lo sguardo all'altro lato del giardino. Louis guarda le ragazze in lontananza e riconosce, senza grande sorpresa, che una delle due è Kendall Jenner, la figlia del notaio di suo padre.  

"Mi sento leggermente inopportuno a stare a guardare" dice Harry, attirando l'attenzione di Louis, che si gira verso di lui. Ha un'espressione pensierosa, come se stesse soppesando la situazione, ma non sembra molto impressionato dalla scena. 

"Non farlo, allora."

"È che sono sulla traiettoria dei miei occhi."

A quelle parole, Louis allunga senza pensare la mano con la quale non tiene la sigaretta. La porta a toccare la guancia di Harry, muovendogli il viso delicatamente per farlo voltare verso di sé, finché i loro sguardi non si incrociano. 

"Ora non più" gli dice, ed è un gesto privo di implicazioni, senza particolari secondi fini. È un gesto che avrebbe compiuto verso chiunque senza pensare troppo alle conseguenze, ma la reazione di Harry è comunque curiosa. Lo guarda per un attimo con gli occhi sgranati, senza traccia della spavalderia di prima. Di norma Louis ne approfitterebbe per farglielo notare o per prenderlo in giro, ma non è dell'umore adatto e si limita ad allontanare la mano, tornando a fumare in silenzio.

"Che è successo a Liam, prima?" fa la voce di Harry, a un certo punto, vanificando fastidiosamente la speranza di Louis di cavarsela senza domande. Si pente di aver permesso che Harry si sedesse con lui. Poi maledice mentalmente Liam per aver reagito in quel modo. E poi Zayn per essersene andato. E poi se stesso per averlo lasciato fare.

Con Harry opta per ostentare nonchalance e rispondere con leggerezza: "Prima quando?"

"Dentro. Parlavano con quel tizio e Liam se l'è filata. Sembrava arrabbiato."

"Non lo so, Harry."

"Sì che lo sai, eri strano anche tu." Gli dà leggermente di gomito, quando Louis non risponde, e: "Guarda che se fai così sono ancora più curioso" dice. Il sorriso nelle sue parole è piuttosto irritante e Louis non ha idea di cosa dirgli e sta cominciando ad agitarsi. Cerca di non darlo a vedere, mentre si alza in piedi e pesta quello che rimane della sigaretta sotto la suola della scarpa. Sta per andarsene e lasciarlo lì, senza un'altra parola, in una straordinaria prova di autocontrollo, ma poi Harry lo nomina.

È una domanda semplice, fatta con lo stesso tono canzonatorio di prima.

"Chi è Zayn?"

Una domanda non dissimile a quella di Bressie, altrettanto inconsapevole.

Più tardi, durante la serata, Louis incolperà la stanchezza, per la sua reazione. Incolperà il tono leggero di Harry, la sua insistenza. Incolperà la consapevolezza che Liam non vorrà parlargli, l'indomani, perché Liam non gli vuole mai parlare quando si ricorda di quello che è successo.

"Fatti i cazzi tuoi, Harry" le parole lasciano la sua bocca quasi spontaneamente, velenose, e Louis si volta a guardare Harry in tempo per vedere il sorriso spegnerglisi sulle labbra.

"Scusa" si affretta a rispondere lui, con tono sorpreso ed incerto: "Non volevo essere invadente, ti stavo solo stuzzicando un po'."

Per qualche motivo la sua ultima affermazione contribuisce solo ad infastidire ulteriormente Louis.

"Pensi che perché Niall ti ha rivolto parola adesso siamo amici?" non alza la voce, non stringe i pugni. Semplicemente lo guarda, dall'alto verso il basso, e gli parla con voce tagliente: "Non siamo amici. Rimani al tuo posto e non ficcare il naso in cose che non ti riguardano."

Lo strano, malato sollievo che invade Louis se ne va un secondo dopo essere arrivato. Non attende una reazione di Harry e si volta senza un'altra parola, rientrando in casa per cercare quella pasticca di acido che aveva in programma.

Harry non lo segue. Louis non saprebbe dire se sia meglio così oppure no.

 





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