Nuova pagina 2
VISITA A WASHINGTON, 2a parte
All'aeroporto
Sulla velocissima auto che riaccompagnò i due all'aeroporto, Stefano ed Heron
rimasero in silenzio ma Stefano si accorse che Heron gli lanciava frequenti
occhiate rapide ancorché intense e significative, segno evidente di una volontà
di dirgli qualcosa che non doveva uscire nell'abitacolo della vettura. Senza
parlare, Stefano gli accennò di aver capito, ma quando furono di nuovo
sull'aereo e ricominciarono le manovre per sistemarsi e ripartire, Stefano non
riaccese subito i motori, mettendo Heron sui carboni ardenti e inducendolo a
girarsi verso di lui
"Com' è la storia del satellite? " lo apostrofò senza tuttavia alcun cenno di
rimprovero, piegando il tono della voce verso un accento ironico.
"Quale satellite?" rispose Heron, fingendo indifferenza.
Stefano gli scoccò un' occhiata traversa, e stirò le labbra, sotto i baffi, in
un sorrisino sghembo di presa in giro.
"Quello che lei sembra aver usato per riattivare il telescopio. Il Blacknight. -
rispose poi, serafico, aspettandosi una risposta. Heron si girò verso la pista
e si morse il labbro inferiore, senza replicare subito - Ce l' avete messo voi?
- proseguì Stefano - Non ne abbiamo mai sentito parlare prima. - e continuò,
sempre calmo - Da quanto tempo siete qui?".
Heron sospirò, esibendo un abbozzo di capitolazione.
"Non lo so, di preciso. - si decise a rispondere - Io sono arrivato da poco"
concluse, enigmaticamente. Stefano annuì.
"E?" seguitò, mantenendo un timbro placido e ironico, aspettando un proseguo.
"E, cosa?" fece Heron, con aria rassegnata.
"So che vuole dirmi qualcos' altro" lo incitò Stefano, intuendo subito che il
suo amico alieno non voleva toccare l' argomento satellite, almeno non
nell' immediato.
"Ho parlato con il mio amico....." cominciò il comandante, guardando avanti,
oltre il grande vetro parabrezza di fronte a loro.
"L'uomo con i capelli bianchi e il viso da grande saggio?" domandò Stefano,
parzialmente divertito,
Infatti, Heron sorrise.
"Si. - rispose - Proprio lui. - Poi si rattristò - E' un amico della mia
famiglia ma....".
"Ma?" rafforzò Stefano.
"Dopo la morte di mio padre, mi è rimasto solo lui. - disse Heron, sinceramente
mesto - Ora lui E' la mia famiglia" terminò sottolineando il verbo essere con la
voce.
Stefano si sentì quasi in colpa per aver preso in giro, seppur in tono
affettuoso, l'extraterrestre.
"Mi dispiace, comandante. - si affrettò infatti a scusarsi - Davvero. E per un
verso, sono felice che almeno qualcuno le sia rimasto vicino, se non altro
moralmente, in tutto questo tempo ma.... - Stefano riconquistò il tono ironico
iniziale - adesso, sputi il rospo! - Heron tornò a sorridere e Stefano capì ben
presto che forse Heron non conosceva quell'espressione - Mi dica cosa vuole
dirmi" si sbrigò a spiegare, allargando il sorriso.
"Decolliamo, capitano Aloisi. - propose Heron - Altrimenti gli uomini
dell'aeroporto potrebbero allarmarsi e insospettirsi. - e nel finir la frase,
strizzò l'occhio. Stefano sospirò e accese i motori. Diavolo di un alieno! Aveva
imparato molti gesti terrestri. Più di quanti avesse immaginato. Che Annamaria
c'entrasse in qualche modo? Altro sospiro, ma stavolta Heron non attese e non si
fece pregare per parlare, mantenendo tuttavia lo sguardo fisso oltre il
parabrezza - Forse so dov'è morto mio padre. - rivelò di getto, cogliendo
Stefano di sorpresa, che si girò un attimo per lanciargli una rapida occhiata -
Ma non mi chieda di più. - continuò con un tono di voce simile al ghiaccio che
si scioglieva al Sole - Ho bisogno di conferme" terminò con la voce alterata da
una forte emozione. Stefano non gli chiese altro.
"Comandante Heron... " lo stuzzicò poi, essendogli venuta un'idea.
"Si?" rispose l'alieno.
"Che ne dice di fare un giretto a Washington?.. - propose Stefano - O ha molta
fretta?".
In città
Alcuni minuti dopo erano a spasso per le vie della ex capitale degli U.S.A., ora
capitale della polis Washington-New York.
Pur in tuta da piloti, o forse proprio in virtù di quest'ultima, i due non
passarono di certo inosservati. Alti tutti e due ed avvenenti, si accorsero ben
presto di essere oggetto di osservazione ed interesse, neanche a dirlo,
soprattutto Heron, con quel suo incarnato chiaro, luminoso e i suoi occhi blu.
Una donna in abiti eleganti li fermò e rivolse loro la fatidica
domanda/constatazione: "Voi non siete di qui". E spalancò i suoi grandi occhi
scuri allorché Stefano le rivelò che venivano dall'Europa.
"Europa?" esclamò la donna, allibita.
"Si" confermò Stefano.
"Ma non siamo rimasti solo noi?" replicò la donna, ancora stupita.
Stefano ed Heron si scambiarono occhiate meravigliate ma anche d'intesa. Ormai
era chiaro che in ogni angolo del mondo popolato, gli abitanti erano convinti di
essere gli unici rimasti sul pianeta e non avevano mai cercato di sapere se ce
ne fossero altri.
"No, signora. - la contraddisse cortesemente Stefano - Sulla Terra siamo un po'
di più di quel che immaginavamo". La donna rimase ferma qualche istante a
riflettere, o almeno così parve, poi li salutò e si allontanò con passo meno
sicuro di quanto lo era quando li aveva fermati.
Anche Stefano si fermò e scrollò la testa. Heron, accanto a lui, lo scrutò,
perplesso e apprensivo.
"Tutto a posto?" chiese.
Stefano stirò la bocca in un sorriso amaro.
"E' più facile comunicare con un extraterrestre che fra abitanti dello stesso
pianeta. - sbottò alla fine. Poi si girò verso Heron - E' così anche su Ariel?".
Heron sorrise appena, ma anche il suo sorriso era triste.
"Gli Arieliani non sono dei gran chiacchieroni per natura. - tenne ad informarlo
- Ci limitiamo a comunicazioni di servizio".
"Lei no, comandante. - si permise di osservare Stefano - Nonostante il suo
mestiere, mi sembra che ami comunicare con il prossimo" .
"Lo trovo importante, capitano Aloisi. - rispose l'alieno - E necessario. Si
evitano molti equivoci".
Si guardarono, si sorrisero e si concessero una breve risata con sfondo acidulo,
quindi, ripresero la passeggiata, sempre con gli sguardi curiosi dei passanti
addosso. Da parte loro, i due non poterono fare a meno di notare, sui volti
delle persone che venivano loro incontro, espressioni, se non proprio di
felicità, di certo di contenuta ma convinta serenità, come se le vite di quella
gente fossero, per loro fortuna, povere di ansie e problemi. Questa distensione
di animi poteva dipendere proprio dall'isolamento e dall' assenza di contatti
fra le persone? Ai due cominciò a nascere qualche sospetto. Terminato il tour,
tornarono all'aeroporto.
La Siberia non era molto lontana da dove si trovavano.
Sorvolarono in parte l'Alaska e rimasero allibiti.
Lo Stato, praticamente disabitato, era un immondezzaio a cielo aperto.
Heron fu còlto da un pensiero folgorante, ispirato da ciò che aveva visto alla
base dell'Area 51.
E se avesse utilizzato tutta quella spazzatura per uno scopo?
Se l'avesse utilizzata per....produrre energia? Sarebbe stata una fonte
sostitutiva a quella prodotta dall'uranio?...No, forse non sarebbe stata
sufficiente per rimpiazzare il minerale, ma sarebbe stata compensativa. Il suo
cervello cominciò a produrre idee.
Con l'aereo, Stefano sorvolò la Siberia che, nonostante fosse anch'essa in gran
parte disabitata, si rivelò invece ai loro occhi libera e pulita da qualunque
tipo di detrito.
Strano. Veramente strano.
|