replica
Disclaimer: i
personaggi citati non appartengono a me, ma ai legittimi proprietari, e
nel fruire di essi non vi è alcuno scopo di lucro da parte
mia.
Note: questa
fanfic ha partecipato al Dream Contest indetto da Erin_Ino,
classificandosi terza.
L’idea c’era da un po’ di tempo, e questo
contest mi ha dato l’opportunità di scriverla,
dato che di solito sono troppo pigra per prendere
l’iniziativa da sola…
Comunque, le parti allineate a sinistra sono nel presente e proseguono
in modo lineare nel tempo, giorno dopo giorno, le parti a destra invece
sono sempre flashback e vanno a ritroso nel tempo,
dall’ultimo giorno al primo.
Ringrazio tantissimo Lely per l’aiuto che mi ha fornito X3
(è solo un terzo posto, ma ti faccio spazio sul podio, ok?
^^). E Vale, per il supporto morale.
E felice ShikaTema Day
a tutte! <3
***
“Che ci fai
qui?”
“Secondo
te?”
Temari non si
mostrò nemmeno troppo sorpresa di vedere
Shikamaru attenderla appoggiato alle mura esterne del Villaggio. Si
limitò solo a sbuffare, e ad avvicinarsi.
“Tu
non eri quello che non doveva presentarsi,
stamattina?”
“Ho
detto solo che non ti avrei salutata, non che non sarei
venuto” le fece sapere, alzando le spalle.
“E
allora che vuoi? Non dirmi che è per il quinto
motivo…”
“No”
sorrise. “Voglio fare
pace.”
Lei lo
guardò scettica. “Tu?”
“Io.
Abbiamo già sprecato questa settimana, non
voglio perdere altro tempo.”
Temari lo
scrutò, cercando di capire la serietà
oltre quelle parole. “E quindi? Vuoi cancellare quello che mi
hai chiesto? Far finta di niente?”
“Voglio
solo far pace, poi hai tutto il tempo che vuoi per
decidere.”
“D’accordo”
accettò sconfitta.
Shikamaru
sogghignò. “Allora…
Temari” cominciò, mentre lei lo guardava scettica.
“Come stai?” chiese, e lei alzò gli
occhi al cielo.
“Propensa
a lasciare questo Villaggio, in ritardo per tornare
nel mio, e infastidita da questa conversazione.”
“Mh…
La mattina sei sempre nervosa”
scherzò, guadagnandosi un’occhiataccia da parte di
lei. “E hai mangiato bene in questi giorni? Non sei
più stata alla tua locanda preferita…”
“Curioso
di sapere dove ho mangiato o geloso di sapere con
chi?” lo provocò.
“Preoccupato
della tua salute alimentare, dovresti farci
più attenzione” precisò, mentre lei
sorrideva soddisfatta.
“Ci
vediamo, eh” lo salutò poi.
“Oggi
è una bella giornata”
dichiarò lui, fermandola di nuovo.
“Sei
finito a parlare del tempo… Non hai altri
argomenti?” lo prese in giro.
“Intanto
tu sei ancora qui” evidenziò.
“Comunque
sì, bella giornata. Ora posso
andare?”
“Di
già? Devo ancora parlarti delle nuove ricette
culinarie di mia madre, dei progressi di Kurenai con la bambina, mi
devi far sapere cosa hai fatto nel tuo tempo libero e come hai dormito
senza di me. Ah, e devo chiederti il resoconto di quello che ti ha
detto l’Hokage in questa lunga settimana”
enumerò.
“E va
bene, pace fatta” capitolò,
esasperata. “Ora devo proprio andare
però” disse, sorridendogli velocemente e muovendo
un paio di passi verso il bosco.
“Temari”
la richiamò subito,
afferrandole il polso. “Hai tutto il tempo che vuoi,
ma… Il mese prossimo verrò a Suna, ho
già controllato la lista delle missioni nel tuo
Villaggio” chiarì, guardandola seriamente negli
occhi.
“Non
avrai problemi con il tuo Kage se perdi tempo nel mio
Villaggio?” chiese.
“Ho
già pensato anche a questo” disse.
“Ho accettato una stupida missione burocratica nel confine a
Nord, mi terrà occupato almeno un paio di settimane,
così Tsunade sarà contenta e io sarò
libero di passare le mie ferie dove voglio.”
Lei sorrise,
sinceramente. “Hai pensato a
tutto…” notò. “Va
bene.” Shikamaru si avvicinò al suo viso, provando
a baciarla. “Ho detto che ti aspetto a Suna, non che puoi
baciarmi” precisò lei.
“E
perché no? Abbiamo fatto
pace…” domandò deluso e frustrato.
“Perché
ho bisogno di tempo per perdonarti del
tutto” ghignò, notando la sua espressione
infastidita. “E perché un bacio sembra tanto un
saluto… che tu non devi darmi, no?”
Shikamaru mise
le mani in tasca, mentre borbottava qualcosa come un
“donne…”
Lei
ridacchiò. “Ci vediamo” lo
salutò.
Il ragazzo
rimase a guardarla mentre si allontanava nel bosco, poi
Temari si girò all’improvviso, pensierosa.
“Dimenticavo una cosa…” disse.
“Cosa?”
chiese lui.
“Avrai
il tuo bacio tra un mese” chiarì.
“Insieme alla tua risposta.”
E lui stava
sorridendo quando lei si voltò.
R
eplica
I’m
waiting for you
Today
is gonna be the day
That
they're gonna throw it back to you
By
now you should've somehow
Realized
what you gotta do
Se c’era una cosa che restava impressa davvero negli occhi di
uno spettatore, era il fascino che esercitava il Villaggio di Suna. Era
lì, nascosto nel deserto, con le sue costruzioni brune e
tonde, le strade impolverate, la gente schiva ma che non rinunciava a
un sorriso sincero di fronte a chi riteneva alleato. E il sole caldo,
le urla dei bambini che giocavano all’aperto,
l’aria pulita. E il Kazekage e la sua famiglia. Belli, forti,
quasi splendenti, come uno specchio illuminato da uno spiraglio di
luce, quasi accecanti.
Kankuro aprì leggermente la porta di legno, infilandosi
all’interno della stanza.
“Temari…” chiamò, mentre la
sorella si voltava a guardarlo, allontanandosi dalla finestra a cui era
appoggiata mentre il sole arancione del tramonto rendeva visibili i
vortici dei piccoli granelli di sabbia, sospesi all’interno
della camera.
“Kankuro” lo salutò lei.
“Come stai?” domandò, avvicinandosi.
“Benissimo” gli sorrise radiosa. “Oggi
non ci siamo visti…”
“No…”
“E credo nemmeno domani” e si perse in un sospiro,
lanciando un ultimo sguardo fuori dalla finestra.
Lui si sedette sul letto, facendole segno di seguirlo. “Hai
mangiato bene a pranzo?”
“Uhm? Sì, mi pare di sì”
rispose, sedendosi accanto a lui.
Il ragazzo la guardò appena, per poi farsi coraggio.
“Perché domani non vieni ad allenarti con me? Ce
ne andiamo nel deserto come ai vecchi tempi e-”
“Domani non posso” lo fermò.
“Né domani, né nei prossimi
giorni…” precisò, guardando il sole
scomparire oltre le mura del Villaggio.
Kankuro sbuffò seccato. “Temari, non-”
“Sei geloso?” domandò con un ghigno.
“Ma figurati” negò.
“Mi prometti allora che lo tratterai decentemente?”
provò, più seria. “Lui mi vuole bene
davvero” precisò.
L’altro sospirò, tentando di trovare una posizione
più confortevole. “Perché non te lo
dimentichi una volta per sempre? Sarà solo un bene per
tutti, credimi!”
Lei rise sinceramente, per poi tornare immediatamente seria.
“Non cambierà nulla, vedrai. Saremo una famiglia
come le altre, tornerò a Suna ogni mese, e anche tu potrai
venire a trovarmi quando vuoi. Andrà tutto bene,
fidati” lo rassicurò. E mai quegli occhi erano
stati tanto limpidi e felici.
“No, Temari, ascoltami, non è così che
deve andare, lo capisci?”
“Non ti credevo così geloso!” lo prese
in giro ridendo.
Lui sospirò, alzandosi.
“Lascia perdere.”
“Te ne vai di già?” gli
domandò stupita.
“Immagino vorrai provare a riposare un
po’…”
“Non riuscirò a dormire! Kankuro, non credevo di
potermi mai sentire così agitata per qualcosa, secondo te
è normale?”
“Va tutto bene” la rassicurò. Va tutto
bene. “Stanotte resterai sveglia fino a tardi e
poi crollerai
verso l’alba, sognando il tuo bel matrimonio.”
“Stai bene?” chiese perplessa.
Lui le sorrise. “E’ tutto a posto. A
domani” la salutò, avviandosi verso la porta.
“Buonanotte” rispose, sorridendogli ancora.
Kankuro si richiuse la porta alle spalle, mentre un’ombra
scura passava sul suo viso.
No, non era
possibile.
Andava tutto bene.
*
“Qual
è il quarto motivo?”
Temari sembrava
quasi minacciosa piantata in mezzo alla via con le
braccia incrociate e lo sguardo fiero. Shikamaru si stupì di
trovarla là, sulla strada di casa. E si stupì
anche di come i raggi del sole si rifrangessero gradevolmente sui suoi
capelli, che sembravano così morbidi ora…
“Allora?”
insistette lei, decisa.
Il ragazzo si
riscosse dal torpore in cui era caduto. Quel tono non
faceva decisamente parte di un sogno.
Sorrise,
sbuffando piano. “E da quando sei così
curiosa?”
“Da
quando non hai fatto altro che assillarmi con questa
storia nei giorni passati” rispose. “Questo
è l’ultimo, quindi sbrigati e lasciami tornare a
casa mia.”
Lui prese
tempo, soppesando le parole. “Ah, torni a Suna
domani, vero…”
“Già.”
“Non
ci siamo visti mai in questa
settimana…” si lamentò, quindi.
Lei
alzò gli occhi al cielo. “Nel caso non te ne
fossi accorto, noi due stiamo litigando.”
“Lo
so, lo so… Inutile sperare che ti sia passata,
giusto?”
“Sì.
E ora dimmi il quarto motivo.”
“Ma
poi perché abbiamo litigato?”
chiese, più a se stesso che alla ragazza.
“Me
lo vuoi dire o attendi il mio ritorno al tuo Villaggio?
Perché il tal caso non so quando-”
“Qualcuno
è impaziente?” Shikamaru
ridacchiò.
Temari
s’imbronciò, pestando con il piede la
terra. “Sì, tu. Di sposarmi. Quindi dimmi il
quarto motivo per cui dovrei accettare la tua proposta.”
Il ragazzo si
fece serio, avvicinandosi a lei. “Il tempo
stringe e tu vuoi una scusa che ti faccia mettere da parte
l’orgoglio, o no?”
Lei
sbuffò seccata, assottigliando gli occhi.
“Shikamaru!”
“Perché
mi ami” rispose secco.
Temari
restò a fissarlo per qualche secondo, incapace di
formulare una risposta a quel motivo così…
così stupido.
Poi si decise a chiudere la bocca e a sbattere
le palpebre. “Amo anche i miei fratelli, se è per
questo” gli fece notare, con una punta di divertimento.
“Non
nello stesso modo” dichiarò lui,
muovendo un altro passo verso la ragazza. “Spero”
aggiunse con un sorriso.
“Potrei
innamorarmi di qualcun altro, sai?”
“Nessuno
ti sopporterebbe come faccio io”
evidenziò.
Temari
sospirò, sollevata. “Quanta
sicurezza…” scherzò. “Non hai
alcuna certezza.”
Shikamaru
sorrise. “No” dichiarò,
scendendo su di lei. “Ma a volte basta
l’istinto” sussurrò. “Buon
rientro a Suna” la salutò poi, baciandole piano
una guancia.
Temari rimase per un
attimo immobile, per poi riprendersi.
“Se mi saluti ora, domani che scusa inventerai per farti
trovare fuori le mura del Villaggio all’alba?” lo
prese in giro.
“Domani
non passerò a salutarti, abbiamo litigato,
no?” le fece sapere, voltandole le spalle e incamminandosi
verso casa.
“Ci
sarai!” gli ordinò. Ci sei sempre.
Shikamaru si
limitò ad alzare una mano per salutarla,
lasciandola lì in mezzo alla strada con un piccolo sorriso
soddisfatto sulle labbra.
*
“Temari!” Kankuro tuonò, entrando nella
stanza con passo pesante.
La ragazza spostò la sua attenzione dalla finestra alla
porta. “Che succede?”
Il fratello si piantò in mezzo alla stanza, con le braccia
incrociate al petto e uno sguardo minaccioso. “Che vuol dire
che non hai fame?”
Temari lo guardò alzando gli occhi al cielo.
“Kankuro, sono abbastanza grande per badare a me stessa,
lasciami in pace.”
“Non puoi saltare il pranzo.”
“Sì che posso, non succede niente se per un giorno
mangio di meno.”
Lui sbuffò spazientito, andando a sedersi sul suo letto.
“Va bene, ma promettimi che a cena mangerai
qualcosa…”
“D’accordo, mamma”
lo prese in giro.
Kankuro si limitò a guardarla di sbieco. “Almeno
dimmi come stai oggi…”
“Uhm, come al solito” scrollò le spalle.
“Agitata?”
“No.”
“Esuberante?”
“No.”
“Nervosa?”
“Kankuro, la smetti di farmi il terzo grado? Sto
bene.”
Lui si calmò, riflettendo. “Come vuoi…
però non hai risposto all’ultima-”
“Kankuro!” lo richiamò, fintamente
arrabbiata.
“D’accordo, ho capito”
dichiarò lui, alzando le braccia in segno di resa.
Temari si sedette accanto al fratello, sospirando pesantemente e
lasciando nascere un piccolo sorriso sulle labbra.
“L’allenamento come è andato
oggi?”
Il fratello la guardò stupito. “B-bene…
Come sempre” si vantò poi.
“Mi piacerebbe vedere i tuoi miglioramenti, sai?”
gli fece sapere. “Come ai vecchi tempi.”
“Beh, domani puoi venire insieme a me, andiamo al vecchio
campo di addestramento, saremo solo noi due” propose
entusiasta.
Lei rise. “Domani non posso.”
E lui si fece ad un tratto serio. “Che vuol dire che non
puoi?”
“E’ passato un mese, domani lui arriverà
qui” spiegò.
L’altro sbuffò, passandosi una mano tra i capelli.
“Temari, ascolta… Tutto questo non ha
senso.”
“Kankuro, io voglio dargli quella risposta, è
giusto così.”
“No che non lo è!” si alterò
lui, alzandosi in piedi. “Non è giusto, non ha
senso, lo capisci?” sbottò, ritrovando la calma
subito dopo, incrociando gli occhi tranquilli di lei.
“Temari, ascoltami…”
“No, ascoltami tu” lo fermò.
“Andrà tutto bene, te lo prometto. Non hai niente
di cui preoccuparti, sarò felice, me lo sento.”
“Perché non lo dimentichi?”
riprovò.
“Non posso. È tutto a posto” lo
rincuorò sorridendogli.
E quel sorriso non faceva altro che fargli salire ancora di
più la rabbia.
Quel sorriso che non doveva essere per lui.
Kankuro sbuffò, avviandosi verso la porta. “Non lo
è” affermò, prima di richiuderla alle
spalle con forza.
Temari sentì il suo “a domani” attutito
a malapena dal legno.
“Buonanotte” sussurrò, prima di tornare
a guardare fuori dalla finestra il giorno che si spegneva lento.
*
Il sole del
mezzogiorno picchiava forte sulla tettoia di legno della
locanda, ma l’ombra ricavata era davvero piacevole, il luogo
adatto per pranzare in pace.
O almeno
così pensava Temari.
“Buongiorno”
Shikamaru si sedette sulla panca di
fronte a lei, tenendo in mano il pranzo appena comprato.
Temari si
limitò a far scivolare il pezzetto di carne dalle
bacchette, stupita. “Oggi sei mattiniero” lo prese
in giro fintamente seria. “Come mai da queste
parti?”
“Mh,
avevo voglia di mangiare qualcosa di diverso”
commentò atono, alzando le spalle.
“Casualmente
proprio nella mia locanda
preferita…” ironizzò lei.
“Già…”
si limitò a
dire, aprendo la carta e scrutando l’interno della
confezione.
Lei lo
ignorò, riprendendo a mangiare, tanto in fondo lo
sapeva che sarebbe successo…
“Hai
sentito che buoni questi funghi?” chiese lui,
indicando il suo piatto.
“Sì,
chissà che qualità
sono…” conversò lei.
“Possiamo
chiederlo al proprietario” propose
Shikamaru, indicando l’uomo dietro al bancone.
“Forse al mercato li troviamo.”
“A
saperli cucinare…”
“Mia
madre lo sa fare” evidenziò lui.
“Ah…”
E il discorso
cadde, mentre i due riprendevano a mangiare.
“Oggi
fa caldo, eh?” disse Shikamaru.
“Sì”
confermò.
“La
giornata ideale per riposare sotto un
albero…”
“Mh.”
Mangiarono in
silenzio qualche altro boccone, fino a quando Temari non
proruppe in un: “dimmi questo terzo motivo e vattene a
casa.”
Shikamaru
sorrise vittorioso, posando le bacchette sul tavolo e
sistemandosi meglio sulla sedia. “Curiosa?”
“Seccata.”
“Ma
guarda il caso, lo sai che anche io di solito-”
“Shikamaru!
Non è il momento di giocare”
lo riprese.
Il ragazzo si
fece serio improvvisamente, inspirando. “Non
posso lasciare Konoha.”
“Se
è ancora per la storia del
clima…”
“Temari,
fosse per me ti seguirei a Suna anche ora,
così la facciamo finita con questa sceneggiata.”
“Ah,
certo…”
s’imbronciò, incrociando le braccia.
“Però non puoi.”
“No”
confermò, guardandola con un
sorriso. “Ho una promessa da mantenere, lo devo al mio
sensei.”
Temari lo
guardò per un attimo, poi chiuse gli occhi ed
espirò. “Lo so.”
“Mi
dispiace” disse a mo’ di scusa.
“Immagino
tu non possa chiedere a Kurenai e alla bambina di
trasferirsi a Suna con te, vero?” provò.
“Sarebbe
un po’ complicato” ci
pensò su. “Non posso portarle via dal ricordo di
Asuma.”
La ragazza
sorrise amaramente. “Giusto… E non puoi
lasciarle.”
“No. Ma non
voglio lasciare nemmeno te” le disse
seriamente. “La tua risposta, quindi?”
Temari
sospirò. “E’ ancora
no.” Lui ridacchiò, nascondendo la delusione, e si
alzò dalla panca, pronto per andarsene. “Per
ora” precisò poi lei, fermandolo.
Shikamaru
sorrise, lasciando i soldi del pranzo per entrambi sul
tavolo. “A domani, Tem” la salutò,
avviandosi verso l’uscita.
“A
domani” sussurrò lei, contenta.
*
“E così alla fine ho completato la
missione nella metà del tempo previsto!”
Temari sgranò gli occhi dopo il discorso del fratello.
“Non ci credo!”
“E’ vero!” Kankuro si batté
una mano sul petto, borioso. “E dovevi vedere la principessa
come era entusiasta dei miei servigi! Sono sicuro che
richiamerà me come scorta la prossima volta che
dovrà spostarsi dal suo Villaggio…”
ammiccò.
“Ah… a questo non credo nemmeno se lo
vedo” scherzò lei, ferendo l’orgoglio
del ragazzo di fronte a lei.
“Come no?”
“No.”
Kankuro però sorrise. “E non vuoi sapere che
è successo dopo?” chiese, mentre lei annuiva.
“Allora prima finisci di mangiare il riso”
ordinò pacato, indicando la scodella che lei teneva tra le
mani.
“Non sono una bambina!” sbuffò lei.
“E non sono nemmeno malata!”
“Lo so. Ma se non lo mangi me lo dovrò finire io,
e se ingrasso nessuna principessa mi vorrà più
come guardia del corpo…” chiarì
fintamente triste.
Temari ridacchiò piano. “Ti salvo io”
propose, portando le bacchette alla bocca. “Tu va’
avanti.”
Kankuro si prese un momento per guardarla mangiare, sorridendo. Poi
ritrovò la sua euforia. “Beh, sappi soltanto che
Gaara si è congratulato con me di fronte a tutto il
consiglio riunito!”
“Cosa?!” e rischiò di strozzarsi,
stupita.
“Te lo giuro! Dovevi vedere le facce di quei
vecchiacci!” rise forte.
“Non so che avrei dato per esserci!” ammise
sincera, ridacchiando.
“Tu finisci quel piatto, e magari la prossima volta ci sarai
pure tu” si accordò, indicando il vassoio di carne
accanto a loro.
“E non rompere…”
“Ehi! È così che ti rivolgi al tuo
fratello venerato dal consiglio dei vecchi?”
scherzò.
Temari rise. “E amato dalle principessine, non lo
dimentichiamo.”
“E come potrei farlo?” evidenziò.
Temari sospirò, rimanendo con il sorriso sulle labbra.
“Gaara… Da quanto è che non lo vedo? Da
ieri?” chiese pensierosa.
Lui la guardò serio, soppesando le parole. “Da
ieri, sì. È molto occupato, lo sai.”
“Mi sembra così tanto…”
E Kankuro decise che era il momento di cambiare discorso. “E
non ti ho ancora detto dei miglioramenti dei miei allievi
all’Accademia!”
“Davvero?”
“Se continuano così saranno Chuunin entro
l’anno! Ma in fondo, con un maestro bravo come
me…” si vantò.
Lei sorrise appena. “Mi piacerebbe vedere i tuoi progressi
sul campo.”
“Stavolta ti batterei subito, Tem!”
“Questo lo dici tu! Non mi batterai mai,
scordatelo” precisò.
“Vogliamo scommettere?”
Temari lo guardò seriamente, con un sorriso amaro.
“Mi mancheranno i nostri scontri.”
“No!” sbottò lui. “Non ci
provare nemmeno, mi avevi promesso che non saresti entrata nel
discorso.”
“Ti ho promesso che avrei cenato davanti a te, mentre tu mi
raccontavi le ultime novità” precisò.
“Beh, continua a mangiare, non hai finito.”
“Ma sei così geloso?”
ridacchiò lei.
“Non è una questione di gelosia” si
difese. “Temari, se non ne parli, domani ti porto anche
Gaara, va bene?” propose.
“Domani non posso, lo sai. Sarò
impegnata” chiarì, guardando il cielo scuro di
Suna oltre la grande finestra.
Kankuro sbuffò. “D’accordo…
Allora perché non mi dici come stai oggi? Io in cambio ti
porto un bel gelato dopo, che ne dici?” propose.
“Al cioccolato?”
“Sì.”
“Io sto bene, contento? Vai a prendermi quel gelato,
ora” ordinò. “Ma come vuoi che stia?
Sono un po’ nervosa perché domani
accetterò di sposarlo, ma-”
“No. Avevamo detto niente argomento spinoso” la
bloccò lui.
Temari sbuffò, un po’ infastidita da tutta quella
gelosia fraterna. “D’accordo. Ora che ho finito la
cena mi lasci dormire? Se avrò le occhiaie dubito che mi
vorrà ancora” ridacchiò.
Kankuro si alzò dal letto, notando con piacere che la
ciotola di riso era vuota.
Stanotte resterai
sveglia fino a tardi e poi crollerai verso
l’alba, sognando il tuo bel matrimonio. Come ogni sera.
Recuperò il vassoio della cena, per poi salutare la sorella,
che si stava sedendo sul balcone a guardare il cielo.
“Ehi, Tem?” la chiamò, ormai sulla
porta. Lei lo guardò incuriosita, facendogli cenno di
continuare. “Se torno qui anche domani, mi prometti che
andrà tutto bene?”
Temari annuì. “Sì.”
Andrà tutto
bene.
“A domani, allora.”
E lei sorrise. “Buonanotte.”
*
Temari uscì
dal palazzo dell’Hokage dirigendosi a
passo svelto e deciso verso il suo albergo. Il lavoro era terminato, la
giornata svolgeva al suo termine, e quel leggero venticello fresco
sembrava darle maggior vigore. Konoha era un bel Villaggio al tramonto,
mai quanto le distese arancioni delle dune di Suna, ovvio!, ma anche la
Foglia aveva il suo fascino, con tutti quei colori vivaci e le
costruzioni imponenti.
Svoltò
a un angolo, e si trovò di fronte
Shikamaru con le braccia incrociate e la schiena poggiata al muro. Lei
si irrigidì e camminò oltre, ignorandolo.
“Ti
aspetto da almeno mezz’ora
…” la richiamò lui.
Temari si
fermò, senza voltarsi. “Nessuno te
l’ha chiesto.”
Il ragazzo
sbuffò, scostandosi dalla parete e muovendo
qualche passo verso di lei. “Hai avuto problemi con la
burocrazia?”
“Non
sono affari tuoi” troncò il
discorso, stringendo i pugni.
Ma Shikamaru
non desistette. “Temari, è da ieri
che mi eviti…”
“E
chissà perché, eh?”
ironizzò, voltandosi a guardarlo. “Nel caso stessi
dormendo in quel momento, noi due abbiamo litigato.”
Lui
alzò gli occhi al cielo mentre infilava le mani nelle
tasche. “Lo so.”
“E
allora che vuoi?” chiese brusca.
“Farti
sapere il secondo motivo.”
Temari si
calmò per un istante, stupita. Poi
incrociò le braccia sul petto e piantò lo sguardo
a terra, imbronciata. “D’accordo,
sentiamo…”
Shikamaru
sorrise, avvicinandosi a lei. “Stai bene,
vero?”
“In
che senso?” si mise sulla difensiva.
“Qui
a Konoha. Tu ci stai bene, è inutile che lo
neghi” precisò con un sorrisetto di sfida.
“A
Suna si sta molto meglio” commentò
lei sicura di sé, non volendo dargli ragione.
“Ma questo
clima ti piace di più”
evidenziò, mentre si alzò un’altra
folata di vento che li avvolse dolcemente.
Temari si
lasciò accarezzare per un attimo dalla brezza,
prima di rispondergli. “Questo clima è soltanto
diverso. E
almeno io so adattarmi ovunque, tu non sopravvivresti un
solo giorno a Suna.”
Shikamaru
ghignò soddisfatto. “Esatto. Non sono in
grado di abituarmi al clima del tuo Villaggio, quindi è
più logico che tu ti trasferisca qui, o no?”
La ragazza
perse per un attimo la concentrazione, sgranando gli occhi
per il tranello in cui era caduta, ma si ricompose subito, guardandolo
con aria di sfida. “No” ribatté
soltanto, prima di allontanarsi minacciosa da lui a grandi passi.
Shikamaru la
guardò andare via, sapendo di aver fatto
centro. Sorrise.
Domani avrebbe
continuato con il suo piano.
*
“Avanti” disse, sentendo bussare sul legno. Temari
spostò lo sguardo dal cielo rossastro di Suna alla porta
della sua camera, notandovi la figura del fratello. “Kankuro,
come mai qui?”
Il ragazzo richiuse l’uscio alle sue spalle, piano, e si
spostò accanto a lei sul balcone, fin troppo lentamente.
“Non posso venire a trovare mia sorella?”
“Oggi non ci siamo visti, è vero” ci
pensò su lei. “Come stai?”
E lui non disse nulla. “Tu piuttosto” si
limitò a chiedere. Ma il sorriso raggiante di Temari
stavolta si specchiò in quello amaro del fratello.
“Domanda stupida, eh?”
“Sì” ridacchiò lei.
Ed entrambi rimasero a fissare il tramonto, e quei colori sempre
più scuri scendere su Suna.
“Ti sei allenato oggi?” domandò curiosa.
Lui rimase a fissare il Villaggio davanti a sé.
“No.”
“No?!” Temari alzò la voce, stupita.
“Che vuol dire?”
“Che non ne avevo voglia.”
La ragazza lo guardò pensierosa, chiedendosi forse quanto a
lungo insistere per comprendere la stranezza del fratello.
“Tem, non c’è niente di strano, domani
sarà tutto come sempre.” Purtroppo.
“D’accordo…”
commentò. “Non ci sarà una ragazza in
mezzo, vero?” s’informò curiosa. E
Kankuro rise di cuore.
“Non nel senso che intendi tu.”
“Ah…” Temari si fece pensierosa,
tornando poi a guardare il cielo con un sorriso. “Io ho quasi
fame. Ceniamo insieme?” propose allegra.
“No… Non mi va molto, stasera” ammise
piano.
“Cosa?” si stupì lei. “Sicuro
che non sia un problema di cuore, eh? Perché in tal caso
verrai con me a Konoha, e lì troverai qualche ragazza degna
di te” dichiarò sicura.
Lui sorrise appena. “Temari, parlami un po’ di
lui.”
“Davvero?” chiese stupita. “Non credevo
ti piacesse più di tanto…”
“Non mi piace, ma voglio che me ne parli. Cosa ti attrae in
lui, perché funziona così bene tra voi, come ti
ha chiesto di sposarlo…” chiarì.
E lei sorrise apertamente. “Ah, per quello abbiamo litigato
una settimana! Lo sapevo che non era tipo da proposta con tanto di
anello e fiori, e lui sapeva che non sono tipo da accettare tanto
facilmente una cosa del genere.”
“Lo hai fatto patire?”
“Veramente non gli ho mai detto sì” ci
pensò. “E se domani non verrà
perché si è stancato di aspettarmi e si
è trovato un’altra?” chiese insicura.
“Dove pensi che possa esistere un’altra in grado di
sopportarlo? E poi è passato solo un mese!” Solo
un mese… “Vedrai che domani ci
sarà.”
“Lui c’è sempre” sorrise.
“Temari, non credo che stanotte riuscirai a dormire,
perché non mi racconti tutto?” propose,
sistemandole una ciocca dietro l’orecchio.
“Quanta gentilezza stasera… Secondo me
c’è qualcuna” continuò,
maliziosa.
Kankuro sbuffò, prima di prenderla per mano e rientrare
nella stanza. Temari si sdraiò sul suo letto, invitando il
fratello a fare altrettanto. “Che vuoi sapere? Le cose
più piccanti non te le dico” precisò
ghignando.
“Sono io a non volerle sapere!”
evidenziò lui arrossendo.
“D’accordo…”
E poi si persero in racconti e discussioni fino a notte fonda,
ripensando a come Temari e Shikamaru si fossero conosciuti, a come
facilmente si fossero innamorati e a come avessero rinchiuso quei
sentimenti dentro di loro per anni, prima di trovare il coraggio di
viverli. Parlarono di quanto fosse bella Konoha in primavera, con tutti
quei colori, e di come affascinasse anche in inverno, con i toni di
grigio. Risero di quanto quei quattro motivi fossero assurdi, ma a modo
loro romantici. E litigarono sul modello di abito che Temari avrebbe
indossato per il suo matrimonio, per finire a sognare quello di Kankuro
con qualche bella principessa lontana. E non ricordarono di aver mai
passato tanto tempo insieme in modo così spensierato.
Fino a che Temari non si addormentò, con un sorriso sulle
labbra, e Kankuro si limitò a coprirla con il lenzuolo e ad
osservarla ancora per un po’, in pace. Le passò
una mano sui capelli, in un’impacciata carezza, e le
sussurrò la buonanotte, prima di alzarsi e uscire dalla
camera.
Sarebbe andato tutto bene, si disse.
Peccato che il domani non volesse più arrivare.
*
La finestra aperta
lasciava entrare i raggi del sole del pomeriggio che
si andavano a riflettere ai piedi del letto, l’aria era calma
e non c’era il minimo rumore udibile dalla strada, un paio di
piani sotto.
Temari si
rigirò tra le lenzuola, lasciando che una gamba
fuoriuscisse da quell’involucro, per raffreddare un
po’ la pelle; si ritrovò quindi a fissare il
soffitto per poi dedicarsi alla figura accanto a lei. “Che
c’è?” chiese curiosa e incerta, notando
che Shikamaru la stava fissando.
“Niente”
sospirò lui, rivolto con il
viso nel cuscino. Fuori si stava alzando un venticello che faceva
frusciare le fronde di un albero.
“E
allora non mi guardare così.”
“Come
ti starei guardando?” domandò
assonnato.
Temari
arrossì un po’, tornando a fissare il
soffitto. “Non eri stanco?”
“Sì.”
“Beh,
dormi allora.”
L’aria
era così tiepida a Konoha, sarebbe stato
bello se davvero tutto si fosse fermato in quel momento, nel silenzio
statico del primo pomeriggio.
“Stavo
pensando…” cominciò
Shikamaru, allungando una mano fino a tirarle piano una ciocca di
capelli, spostando l’attenzione di lei su di sé.
“Forse se ci vedessimo tutti i giorni io mi stancherei di
meno, e tu smetteresti di lamentarti… almeno su
questo” aggiunse, mentre le sfiorava la guancia con le dita,
in una delicata carezza.
Temari sorrise.
“E questa cosa sarebbe? Una pigra proposta di
convivenza?” lo prese in giro.
“Di
matrimonio. E preferisco pensarla come
originale” spiegò calmo, mentre lei gli baciava
debolmente la mano.
Temari sorrise
ancora di più. “Dovrai ingegnarti
meglio, se vuoi sentire un sì dalle mie labbra.”
Shikamaru
espirò, ma in fondo la sua risposta non era niente
che non avesse già calcolato. Si avvicinò a lei,
stringendola con un braccio. “Non credo tu abbia molta
scelta.”
“No?!
Spiegami perché dovrei accettare”
sussurrò, contenta della sua vicinanza.
“Per
quattro motivi.”
“Quattro?”
ridacchiò lei.
“Sentiamo…"
“Primo,
perché i nostri figli saranno belli e
intelligenti” spiegò, baciandole una tempia.
“Non
stai correndo un po’ troppo? Non ho ancora
accettato la tua mano” lo prese in giro.
“Saranno
forti e coraggiosi…”
continuò, scendendo a sfiorarle la guancia.
“Se
prenderanno da me” appuntò lei,
spostando la testa da un lato e permettendogli la più totale
libertà mentre passava a baciarle la pelle sensibile del
collo.
“…
E saranno ottimi candidati per diventare
Hokage. O Kazekage” aggiunse, dopo il pizzico che ricevette
sul braccio.
“Già
li vedo con la veste azzurra da
Kage” ammise lei, perdendosi in quel piccolo sogno.
“Rossa
casomai, dato che cresceranno qui a Konoha”
le fece notare.
E Temari si
irrigidì di colpo, spostandolo per guardarlo
negli occhi. “E questo chi lo dice?”
Lui la
guardò spaesato, e aggiunse con tono sicuro:
“E’ la scelta più logica.”
“Ma
io potrei voler vivere nel mio Villaggio, non ci hai
pensato?”
“Temari,
Suna è un deserto, mi sembra
più normale costruirci una vita qui, dove l’aria
è almeno respirabile” cercò di farla
ragione.
“Che
stai dicendo? Sei tu che non ti sai abituare, io al mio
Villaggio mi trovo benissimo, è qui che sto male”
alzò la voce, portandosi a sedere e tenendo le lenzuola sul
suo corpo.
“Non mi
sembra che poi te ne lamenti più di
tanto” sussurrò, riavvicinandosi al suo viso.
Ma lei lo
fermò, seria. “Shikamaru, non sto
scherzando.” E lo gelò con i suoi occhi profondi.
Lui
espirò, sedendosi di fronte a lei. “Non posso
muovermi da Konoha, mentre tu sei libera. Che ti costa?”
spiegò. “Inoltre qui il clima è
vivibile, e i nostri figli sapranno che colore sia il verde”
scherzò, accarezzandole una mano. Che lei ritirò
subito.
“E’
così quindi?! Poi sono io quella
egoista!” s’infuriò, spingendolo lontano
con un braccio, mentre cercava di alzarsi dal letto.
“Bene!”
“Temari,
ma che-”
“Non
ho intenzione di crescere i miei figli senza che
conoscano il mio Villaggio” ammise, alzandosi in piedi e
tentando di vestirsi, ma i nervi saltati non aiutavano.
“Non
ho mai detto questo, solo che-”
“Lo
so benissimo cosa hai detto. Anzi, te la dico io una
cosa: trovati un’altra!”
s’infuriò.
“E
dai, smettila…” sbuffò
esasperato, poggiando le spalle sui cuscini.
“La
smetto subito, certo. Figurati, non avrai più
a che fare con me. Non ci sarà nessun matrimonio!”
gridò, infilandosi la camicia da notte. “E nessun
bambino. Niente di niente!” puntualizzò infine,
sbattendo poi la porta del bagno dietro di sé.
Shikamaru
sospirò infastidito, scalciando le lenzuola dal
suo corpo. Iniziò a rivestirsi in silenzio, passandosi
più volte le mani tra i capelli, in un gesto seccato.
C’era sempre
qualche piccola cosa che mandava tutto
all’aria, mai una volta che qualcosa andasse nel verso
giusto. Assurdo come fosse impossibile avere un po’ di pace
nella sua vita, da quando stava con lei. E sapeva che Temari avrebbe
accettato la sua proposta, un giorno, come sapeva che sarebbero vissuti
a Konoha. Ma lei doveva sempre dire di no, come prima risposta, e
complicare tutto.
A volte pensava
che prima o poi sarebbe successo qualcosa che le
avrebbe fatto capire quali fossero le cose importanti della vita.
Lui
l’avrebbe amata sempre, e lei lo sapeva, ora doveva solo
aspettare che Temari si calmasse e ponesse fine a quello stupido
litigio. Doveva solo attendere un po’ di tempo.
Tempo…
quello che i ninja proprio non avevano.
*
“A domani, Temari” la salutò, uscendo
dalla stanza. Si sentì un leggero
“buonanotte”, prima che Kankuro si chiudesse la
porta alle spalle e sospirasse appoggiando le spalle ad essa, come ogni
sera.
Anche per quel giorno era finita.
“Come sta?”
Kankuro si voltò di scatto, sorpreso da quella presenza
discreta nel corridoio alla sua sinistra. “Come
sempre” lo informò.
“Temari, la
smetti?”
“Di
fare cosa?”
“Di
sorridere in quel modo!” sbottò
Kankuro.
La sorella lo
guardò freddamente e in tono minaccioso
aggiunse. “Che c’è che non va nel mio
sorriso?”
“Mi
dà fastidio.”
Temari lo
aggredì. “Ah, è
così?! Gaara, hai sentito?”
“Sto
lavorando” chiarì il fratello, non
perdendo tempo nemmeno ad alzare gli occhi dai fogli che stava
leggendo, comodamente seduto alla sua scrivania.
La ragazza
accavallò le gambe, affondando meglio la schiena
nel divano. “E comunque non stavo sorridendo.”
“No
infatti, è solo da stamattina che hai
quell’espressione stupida stampata in faccia”
Kankuro la prese in giro.
“Non
è vero!”
“Sì!
E solo perché domani arriva
quell’idiota…” precisò
borbottando.
“Quell’idiota
sarà presto un tuo
parente.”
“Non
lo farai!”
“Sì
che lo farò!”
“Scordatelo!”
“Kankuro,
non rompere!”
“Cosa?!
Gaara!” si lamentò, guardando
speranzoso il fratello, in cerca di appoggio.
“Sto
lavorando…”
Gaara rimase immobile con le spalle contro la parete, osservando
silenziosamente il fratello. “Ha mangiato oggi?”
“Perché non glielo chiedi di persona? Potresti
anche vederla ogni tanto!” lo aggredì.
“Tu vai a trovarla ogni giorno.”
“Adesso è colpa mia?!”
“Il medico ha detto di non affaticarla troppo”
spiegò.
Kankuro sbottò: “e io continuo a dire che uno
shock forte potrebbe solo farla stare meglio!”
“Kankuro, non possiamo rischiare.”
“Tu
non vuoi rischiare. Tu
te ne stai tutto il giorno chiuso
nel tuo ufficio a pensare al Villaggio, dimenticando di avere una
sorella che ha bisogno anche di te!”
“Se vuole
sposarlo non possiamo impedirglielo.”
“Cosa?”
Kankuro si ribellò, mentre
Temari sorrideva vittoriosa.
“Sei
solo geloso” lo rimbeccò la
sorella.
“Non
è vero!”
“Non
cambierà niente, te lo assicuro”
provò poi, in tono più dolce e sincero.
Kankuro
sbuffò. “Intanto non sarai più
qui…” borbottò.
“Puoi
venirmi a trovare quando vuoi.”
“Non
sarà la stessa cosa. Tem, non sarà
mai più
la stessa cosa! Perché non vi trasferite
a Suna? Si sta bene” provò.
Temari
alzò gli occhi al cielo. “Lascia
perdere… Ho ben quattro stupidi motivi per vivere a
Konoha.”
“Kankuro,
lasciala in pace” lo
rimproverò mite Gaara.
“Certo,
tanto a te non importa!” lo
aggredì.
“Smettila!”
lo sgridò lei, notando
l’occhiata furiosa del minore.
“Siamo
una famiglia, non puoi andartene ora! E non
per uno stupido matrimonio inutile! ” si ostinò.
“Ti
stai comportando come un bambino,
Kankuro” si alterò, passandosi le mani tra i
capelli, esausta.
“Non
mi importa come, ma farò di tutto per tenerti
qui!”
Gaara si scostò leggermente dal muro, assottigliando gli
occhi. “Se il consiglio sapesse le sue condizioni non si
farebbe scrupoli a prendere provvedimenti, e allora non potresti
più vederla nemmeno tu. La difendo ogni giorno, da un
mese” sibilò. “Non osare dirmi che non
penso a lei.”
“Le sue
condizioni? Non riesci nemmeno a dirlo,
Gaara?”
La porta
risuonò per due volte sotto un battito deciso e
forte. La guardia s’intromise veloce nello studio del
Kazekage, trafelata. I tre fratelli la guardarono tra un misto di
curiosità e preoccupazione…
Non aveva
atteso il permesso di Gaara per entrare.
Gaara indurì lo sguardo, stringendo impercettibilmente i
pugni. “Ha solo bisogno di tempo.”
“Kazekage-sama,
ho bisogno di parlarle in privato.”
Gaara lo
guardò serio, indurendo i lineamenti.
Pessimo
presentimento.
“Non
c’è niente che i miei fratelli non
possano sapere.”
“Ma…”
“Parla.”
“Tempo?!” ironizzò Kankuro, sorridendo
amaramente. “Ne ha fin troppo.” I giorni non
passavano, Temari aveva cristallizzato i suoi sentimenti di attesa
nell’attimo in cui li aveva persi del tutto. Il domani non
sarebbe sorto mai più.
“Sono appena
arrivate notizie da Konoha.”
“Non c’è niente che non vada in
lei” chiarì freddo Gaara, voltando le spalle al
fratello ed incamminandosi lungo il corridoio.
“Il fronte a
nord della Terra del Fuoco è stato
attaccato. Era del tutto inaspettato.”
Kankuro lo guardò tristemente andare via e percorrere
lentamente quei passi che lo separavano dalla realtà, e
notò come la sua schiena fosse appena incurvata,
appesantita. Come forse anche la sua…
“Non puoi negarlo, Gaara. Lo so bene, è tutto
inutile” gli fece sapere. “Come è
inutile arrabbiarsi, patteggiare o deprimersi. Puoi solo
accettarlo.”
“Ci sono
state delle perdite, abbiamo la lista dei
nominativi.”
Ma l’altro continuò a camminare, ad allontanarsi,
mentre Temari rimaneva chiusa nella sua stanza,
nell’immobilità del suo tempo.
Kankuro sentì qualcosa incrinarsi dentro di lui,
ritrovandosi a metà tra i due fratelli e non sapendo chi
seguire. Appoggiò le spalle contro la porta della camera
della sorella, urtando il legno con la testa.
“Nara
Shikamaru è morto da eroe, salvando la sua
squadra.”
E quel qualcosa si ruppe quando capì che era la sua famiglia
che stava andando in pezzi.
E Temari si
accasciò a terra. Perse la forza di parlare, di
muoversi, o anche solo di respirare. Sentì a malapena le
urla di Kankuro che le ordinavano di alzarsi, e percepì il
tocco di Gaara che la sollevava.
Rivolse
un’ultima occhiata alla finestra, il sole stava
tramontando lento.
Domani gli avrebbe
detto il suo orgoglioso sì.
E poi non vide
più nulla.
“Peggio di così non può andare,
Gaara” sussurrò appena.
***
Temari amava davvero il suo Villaggio. Suna era sempre stata
considerata da tutti un luogo inospitale, nascosto nel bel mezzo del
deserto, dove la gente era schiva e prevenuta, non abituata agli
stranieri, e le urla dei bambini che giocavano nelle piazze, i colori
troppo accesi del mercato, l’aria afosa, il sole troppo
caldo, erano fattori che giocavano a suo svantaggio.
Ma Suna aveva fascino. E una volta entrati oltre le mura si rimaneva
abbagliati da quanto quel piccolo Villaggio fosse attaccato alla vita.
Temari ogni sera si sedeva sul balcone della sua camera, poggiava le
braccia sopra la balaustra, e fissava il sole tramontare oltre le dune.
Le dava pace e serenità vedere la normalità con
cui il giorno terminava, per poi rinascere poche ore dopo. Era in
qualche modo rilassante sapere che quel ciclo non l’avrebbe
abbandonata mai, e sarebbe continuato incurante di qualsiasi cosa fosse
accaduta nel mondo.
I bambini nascevano, i vecchi morivano, le ragazze amavano
incondizionatamente e gli uomini costruivano una società
sempre migliore. Ogni giorno.
Uno dei suoi fratelli non si arrendeva nemmeno davanti
l’evidenza, mentre l’altro, quello considerato un
mostro di spaventevole forza, non aveva il coraggio nemmeno di
guardarla.
E lei semplicemente non aveva voglia di continuare.
Ogni giorno.
Pensò che fosse stupido lasciarsi morire per amore, e fu
certa che fosse ancora più stupido morire per salvare
qualcun altro. Però lui
lo aveva fatto.
E allora forse questo cambiava tutto quanto.
Adesso voleva che uno dei suoi fratelli accettasse la
realtà, e voleva che l’altro dimenticasse di aver
avuto una sorella. Per non farli soffrire più.
Guardò il sole sparire dietro le mura rocciose del
Villaggio, l’orizzonte era una sottile lama arancione.
Sentì il vento fresco della sera accarezzarle i capelli, e
si sporse per lasciarsi sfiorare ancora.
Notò le strade impolverate sotto di lei, e qualche timida
ombra che vibrava appena per l’afa.
Il mondo sarebbe andato avanti lo stesso, a qualunque costo.
E sorrise.
Today
was gonna be the day
But
they'll never throw it back to you
By
now you should've somehow
Realized
what you're not to do
[Wonderwall
- Oasis]
FINE
Note finali:
l’idea è che Temari viva in un suo
personale sogno in cui Shikamaru non è morto e lei aspetta
il suo arrivo a Suna, quando potrà finalmente dirgli il suo
sì. Per questo però rivive lo stesso giorno da
ormai un mese, perché non lo accetta. Il sogno quindi
è inteso in senso lato, come realtà che lei
prende per vera.
Le parti del
presente, a Suna, riprendono i cinque momenti del dolore:
negazione, rabbia, patteggiamento, depressione e accettazione, ma non
li vive Temari, ma Kankuro, proprio perché lei sta sognando
e non accetta ancora nulla.
Il finale
è volutamente aperto, l’interpretazione
è libera.
Uhm, che altro
dire, i colori del titolo sono verde speranza e nero
tragedia XD E la canzone scelta è Wonderwall degli Oasis,
una delle mie preferite in assoluto.
Riporto il giudizio della giudice:
Originalità:
10 /10
Attinenza al tema: 9
/10
Grammatica e lessico: 9
/10
Trattazione del
personaggio: 8.5 /10
Gradimento personale: 5
/5
41.5 /45
Commento: Cosa posso
dire se non che questa fic è veramente
bella? È particolare, soprattutto per come tratti la scena.
Senza dubbio mi sono disperata quando ho letto della morte di
Shikamaru, ma quello che mi ha fatto soffrire di più
è la reazione di Temari e quella di Kankuro.
La trama del sogno
appunto si tramuta in una cieca speranza che non
vuole vedere il futuro ma che rimane nel presente. I flashback che
vengono raccontati con una cronologia dall’ultimo al primo
motivo beh sono spiazzanti, come la voglia di tornare indietro che
purtroppo non si potrà realizzare.
Temari mi è
sembrata un po’ troppo diciamo docile,
è una ninja normalmente aggressiva e responsabile che non si
fa scrupoli a risultare irascibile; mi è sembrato anche
troppo “non seccato” Shikamaru, mi sembra strano
che non si lamenti neanche un po’ durante tutta la tirata dei
motivi. Per il resto Kankuro è lui e anche Gaara, Kankuro il
bambinone che si dispera per la sorella e che fa
l’impossibile per lei, che litiga con Gaara per la sua
freddezza al problema.
Per la grammatica e il
lessico non c’è molto da
dire, non hai fatto errori di sorta, pochi errori di distrazione che
sicuramente sono ininfluenti al fine della lettura.
Complimenti!
Dopo aver letto questo giudizio, mi sono sorti dei dubbi. Probabilmente
la mia fanfic è poco chiara, lo so che è un
po’ difficile.
Temari “docile”. La vera Temari è quella
dei flashback, una che sceglie di far patire il povero fidanzato per
giorni solo per non dirgli subito di sì, anche se sanno
entrambi benissimo che lei alla fine vuole accettare. Docile
lì non mi sembra XD è diversa nei momenti del
presente, ma c’è da considerare che è
come se vivesse perennemente in uno stato di euforia/agitazione/attesa,
ed è mezza impazzita, e non ho dubbi che anche lei sia
umana, soprattutto relazionata al
fratello, l’unico con cui si mostra per quel che è
veramente e con cui ha un rapporto “normale” (anche
più normale rispetto a quello con Gaara, no? È
con Kankuro
che ha vissuto a stretto contatto).
Per Shikamaru… poco seccato, mi è stato detto. Ma
non mi piace stereotipizzarli. Ok, lui è pigro, siamo
d’accordo, ma per le cose a cui tiene (e a Temari ci tiene se
le ha chiesto di sposarlo, no?) si dà una svegliata.
Insomma, insiste un po’ con lei, ma sta aspettando anche lui
la sua risposta, mi sembrava un comportamento normale. O
chissà, magari lui dormirebbe lo stesso, chi se ne frega di
Temari, del matrimonio e della sua stessa vita.
E poi c’è Kankuro, preoccupato per la sorella
sicuramente, ma un vago senso di colpa per l’ultima frase che
le rivolge quando lei è ancora
“normale”, io ce lo sento. Come non sento tutta
questa freddezza da parte di Gaara, ma anche tanta paura e
incapacità di risolvere la situazione.
Detto ciò, ho dato una rilettura alla fic e ho cambiato
qualche parola, solo qualche sinonimo, nient’altro. Forse ci
sono errori vari nella fanfic, me ne scuso, odio postare qualcosa che
sia poco corretto grammaticalmente, ma non li riesco a trovare. Sto
attendendo ancora le correzioni della giudice…
Grazie a chi ha letto, commentino? ^^
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