Il singolare, quanto improbabile, quartetto
che si era venuto a formare camminava lungo un freddo corridoio
fiocamente illuminato. Morrison e Geoffrey erano in testa al gruppo,
procedendo silenziosamente senza neanche provare a rivolgersi la
parola. Sonic ed Amy erano subito dietro di loro, a guardarsi
nervosamente intorno, ignari di ciò a cui stavano andando
incontro.
Il luogo era piuttosto malmesso ed era stato
rappezzato alla buona, con una serie di massicce travi di legno che
puntellavano il soffitto nei punti in cui in passato aveva
evidentemente ceduto. Alcuni fari che rischiaravano il percorso
funzionavano ad intermittenza, conferendo al corridoio un’aria
ancora più inquietante e misteriosa.
Arrivarono nella zona sospesa sulla sala
macchine. Dal baratro buio in cui Sheila Foster aveva trovato la sua
apparente morte anni prima proveniva il rumore lontano dei motori in
movimento. Una nuova passerella metallica era stata installata per
permettere il passaggio verso la sezione opposta. Morrison la
attraversò subito, ma Geoffrey esitò solo un attimo.
Prese un profondo respiro, cercando di respingere i ricordi che lo
stavano assalendo, e lo seguì a passo sostenuto.
Dopo altri minuti di tensione e assoluto
silenzio, Morrison si fermò di fronte ad una doppia porta
automatica e si voltò a fronteggiare il resto del gruppo.
- State pronti a tutto - avvertì, in
tono serio - Non ho idea di come potrebbe reagire nel vedervi qui.
Potrebbe sentirsi minacciata e passare all’attacco -
- E’ pericolosa? - chiese Amy, nervosa.
- Direttamente no. Non può camminare
ed è costretta a spostarsi tramite una postazione meccanica.
Però non ho idea di quante diavolerie abbia installato nella
sala nel corso degli anni ed è meglio essere prudenti -
- Grazie del tuo aiuto, Morrison - intervenne Geoffrey, inaspettatamente.
Non sorrideva, né lo guardava. Tuttavia la sua sincerità era palpabile.
- Cosa hai in mente di fare adesso? -
replicò lui - Cosa pensi di dirle per cercare di farla tornare
quella di prima? -
- Non lo so… però devo provarci lo stesso -
Entrarono.
La sala principale della base era proprio
come Geoffrey se la ricordava. Era stata totalmente rimessa a nuovo e
Geoffrey avrebbe giurato che contenesse ancora più macchinari,
schermi e dispositivi di vario tipo rispetto all’ultima volta.
Molti di questi erano in funzione. Potevano tutti e quattro
distintamente vedere che un’area della sala stava lavorando
febbrilmente come una catena di montaggio per produrre del materiale
che, da quella posizione, non riuscivano bene ad identificare.
A ridosso di una delle console c’era
un ampio sedile metallico, di cui vedevano solo lo schienale dalla
parte di dietro, collegato al soffitto da una serie di bracci meccanici
che potevano garantirgli massima mobilità.
- Sei tornato finalmente - esordì una voce fredda, ma inconfondibilmente femminile - Dove sei stato? -
Geoffrey ebbe un colpo al cuore quando la
postazione ruotò su sé stessa e la sua occupante fu ben
visibile alla luce dei neon. Rivederla dopo tanto tempo era
un’emozione fortissima, in qualche modo contaminata dal fatto che
era lì, ma allo stesso tempo non c’era. Era lei, ma non
era davvero lei, e non perché il suo aspetto era cambiato. Era
perché, nell’unica parte di tessuto vivente che le era
rimasta nel viso, aveva un’aria stanca, distante, spenta…
era l’ombra della Sheila Foster energica e piena di vita di cui
Geoffrey si era innamorato.
Quando li vide tutti e quattro insieme, la
sua faccia quasi completamente metallica si contorse in
un’espressione di rabbia feroce. Ci si sarebbe quasi aspettato
che avrebbe emesso fumo dalle narici e avrebbe cominciato a sputare
fuoco per quanto appariva furiosa. Il suo sguardo si posò su
Morrison e lo fulminò in maniera spaventosa.
- Tu! - proferì, velenosamente - Li hai portati tu qui dentro! Sporco traditore! -
Premette subito un pulsante sul suo braccio
e la sala si riempì di urla agonizzanti di dolore. Morrison
crollò a terra, scosso dalle convulsioni per la scarica
elettrica che attraversava tutto il suo corpo. Amy trasalì.
Sonic strinse i pugni e si tenne pronto a sferrare un attacco.
- Sheila! Fermati! - esclamò Geoffrey, quasi implorante.
Al sentire quelle parole, Necronomica
esibì un’aria disgustata. Tolse il dito dal pulsante che
stava lentamente friggendo Morrison e azionò, invece, un altro
comando sul bracciolo della sua postazione. Ci fu un tremendo rumore di
risucchio e dal soffitto piovvero dei grossi bracci meccanici, muniti
di tenaglia, che presero Sonic ed Amy di sprovvista. I due ricci furono
catturati e immobilizzati da quelle gigantesche tenaglie e sollevati di
peso dal pavimento. I riflessi pronti di Geoffrey gli consentirono di
sfuggire allo stesso destino. Rotolò a terra con un agile
capriola e sfuggì alla morsa del braccio meccanico diretto a lui.
Quindi corse subito verso Necronomica e le
si inginocchiò davanti. Lei lo guardò dall’alto in
basso, con disprezzo, come si farebbe con un fastidioso insetto.
- Ti prego, prima di fare qualunque altra cosa, stammi a sentire! -
- Non mi interessa niente di quello che hai
da dire! - sbottò lei, con le dita che tamburellavano
nervosamente sul bracciolo del sedile.
- Nessuno di noi vuole farti del male, te lo
posso garantire - continuò lui, con il cuore che batteva
all’impazzata.
Lei rise. Era una risata affilata e priva di allegria.
- Pensate forse di esserne capaci? - lo
schernì malignamente - Credete che mi si possa fare del male
più di quanto già mi sia stato fatto? -
- Quello che ti è successo è
ingiusto, Sheila, ma non dev’essere per forza la fine di quello
che sei sempre stata -
- Io sono Necronomica! - esclamò lei,
battendo un pugno sul bracciolo - Tutto quello che faceva parte della
mia vita precedente è morto insieme a me! -
- Tu sei Sheila Foster! - ribatté
Geoffrey, sempre più risoluto - La stessa Sheila che odiava il
cognome che le avevano dato, quella che non avrebbe mai voluto vivere
in questo modo, quella che trovava sempre un motivo buono per
scherzare… -
Si tolse dal collo la sciarpa rossa che tanto aveva importanza per lui e gliela porse.
- Quella che la considerava un portafortuna -
Necronomica guardò la sciarpa e istintivamente si ritrasse, come se ne fosse stata spaventata.
- L’hai… l’hai conservata - notò, con una nota affranta nella voce.
- La porto sempre con me in tua memoria… della persona che eri e che puoi ancora essere -
- Quella ragazza non esiste più -
insistette lei, adesso più spaventata che arrabbiata - Non
c’è più niente di lei ormai -
- Se così fosse, non sarei capace di
dirti quello che avrei voluto dirti da tanto tempo… che non ho
mai avuto occasione di dirti… io ti amo, Sheila -
- No! - esclamò, ora totalmente terrorizzata - Come puoi amare un mostro? Guardami! -
Sul volto di Geoffrey si allargò un
sorriso carico di dolcezza e commozione. Sollevò il suo braccio
meccanico, ormai fuori uso, e glielo mostrò.
- Non siamo poi tanto diversi. Più ti
guardo e più riesco a vedere che dentro a questo involucro si
nasconde ancora la ragazza di cui mi sono innamorato e con cui ho
condiviso tanti momenti preziosi -
Sonic ed Amy avevano smesso di divincolarsi
per cercare di liberarsi. Assistevano a quel dialogo a cuore aperto,
quasi ipnotizzati, sperando con tutto loro stessi che Geoffrey sarebbe
riuscito a riportare Necronomica alla ragione. Morrison era ancora a
terra, stordito ma apparentemente illeso.
Ci fu qualche istante di silenzio.
Necronomica tremava visibilmente, intrappolata in un vortice di paura e
collera. Una piccola lacrima cristallina scivolò dal suo unico
occhio ancora organico.
- E cosa pensi che dovrebbe accadere adesso?
- domandò, con voce più acuta del normale - Credi che
potremo uscire da qui e vivere il nostro lieto fine? Credi che adesso
tutto quanto magicamente si aggiusterà? Credi che potrei
convivere con me stessa in questo modo? -
- Non lo sapremo mai se non ci proverai -
rispose Geoffrey, prendendola piano per mano - Non lo sapremo se non
darai una possibilità a te stessa, prima che a noi -
Necronomica ritrasse bruscamente la mano, quasi come se si fosse scottata.
- E’ troppo tardi per quello, Geoffrey
- proferì, in tono cupo - E’ passato troppo tempo e sono
cambiate troppe cose. Ho preparato delle dosi sufficienti di virus per
infettare tutto il continente e tra poche ore le diffonderò
nell’aria. Se sopravvivrai vorrà dire che sei tagliato per
diventare come me, per essere quello che sono io… e allora,
forse, potremo stare insieme -
- Non deve andare per forza così,
Sheila - continuò Geoffrey, supplichevole - Sei migliore di
così -
- Sei sempre stata la migliore di tutti noi!
- intervenne Morrison, dopo essersi rimesso in piedi ed essersi
avvicinato alla postazione - Ed è vero che non deve andare per
forza così -
Necronomica lo guardò e
l’istrice non lesse in lei il disprezzo, ma una ricettiva
incertezza, un segnale che qualcosa dentro di lei si stava
effettivamente smuovendo, dopo tanto tempo.
- Ho sempre pensato che stando al tuo
fianco, assecondandoti e prendendo parte a tutta questa follia ti avrei
aiutato a ritrovare te stessa. Mi sbagliavo. Non ho fatto altro che
contribuire a farti precipitare sempre di più verso il baratro.
Ora so, però, cosa posso fare per dimostrarti che non è
troppo tardi per ritrovare te stessa. E’ darti il buon esempio,
fare io per primo qualcosa per cambiare e ritornare a vivere -
Morrison sollevò il pugno in cui
stringeva il comando a distanza che gli aveva dato Seth. Senza esitare
un attimo, premette il pulsante. Si sarebbe aspettato che tutte le
macchine cessassero di colpo ogni attività, che la sala
piombasse nel silenzio e dalla disattivazione di ogni tecnologia
lì presente avrebbe avuto vita il loro nuovo inizio. Ma non fu
così…
Si udì un rombo spaventoso dai piani
inferiori e l’intera struttura tremò violentemente. Le
sirene d’allarme si azionarono, esattamente com’era
successo diversi anni prima, e la tensione accumulata in quei minuti
alla fine si spezzò.
Necronomica saettò immediatamente
alla console per verificare lo stato dei danni. Sullo schermo apparvero
i reticolati dell’impianto generale di alimentazione della base.
Quando si voltò nuovamente, era livida di rabbia.
- Il generatore principale è andato
in sovraccarico! - esclamò - Gli impianti sono tutti in tilt!
Questo posto potrebbe saltare in aria da un momento all’altro!
Che cosa hai fatto, miserabile? -
Morrison lasciò cadere il comando a
distanza. Era assolutamente sconcertato. Crollò in ginocchio e
fu scosso da violenti tremori.
- Non… non doveva andare
così… io… non volevo… - balbettò
confusamente, mentre nella sua mente malediceva Seth in tutti i modi
possibili.
- Tutto il mio lavoro andato in fumo per
causa tua! - urlò Necronomica, fuori di sé - Condannati a
saltare in aria per colpa tua! -
Azionò nuovamente il pulsante sul suo
braccio e Morrison fu di nuovo attraversato dalla corrente elettrica.
Urlò e si contorse, in un turbinio straziante di dolore, con le
lacrime agli occhi e la bava alla bocca. Sonic ed Amy assistevano
orripilati, scalciando e spingendo invano nel tentativo di liberarsi.
Necronomica non accennava a fermarsi, sfogando tutta la collera
accumulata nel fare quanto più male possibile a Morrison.
- Sheila, basta! - gridò Geoffrey, strappandole con forza il dito dal pulsante.
Morrison si bloccò di colpo. Non urlava più. Non si muoveva più.
Gli allarmi continuavano a suonare in maniera assordante.
- Che cosa possiamo fare adesso? - domandò la lince, in preda all’agitazione.
- Niente - replicò lei, in tono
sepolcrale - Il generatore principale è il cuore
dell’intera base. Se esplode quello, anche tutto il resto
andrà in fumo. E’ questione di una manciata di minuti -
Senza alcun preavviso, Necronomica
disattivò i bracci meccanici e Sonic ed Amy ripiombarono con i
piedi per terra, illesi.
- Andate via di qui - disse, in tono piatto - Mettetevi in salvo -
- Non se ne parla, non ti abbandonerò un’altra volta - ribatté Geoffrey, risoluto.
- Geoffrey! - intervenne Amy, col cuore in gola - Dobbiamo andare! -
- Io rimango qui, Amy - rispose lui,
guardandola dritto negli occhi - E non perdere tempo a cercare di
convincermi. Ormai ho deciso -
Sorrideva. Amy riconobbe lo stesso identico
sorriso cordiale e sincero di quando si erano conosciuti, lo stesso che
riusciva ad infondere tranquillità in tutti quelli che vi
posavano gli occhi.
- Posso portarvi tutti fuori di qui in un batter d’occhio! - esclamò Sonic - Sai che posso! -
- Dovresti caricarci in spalla uno alla
volta e non c’è abbastanza tempo - disse ragionevolmente
la lince - Mi dispiace, Sonic, ma neanche tu sei così veloce -
- Ti prego, Geoffrey - lo implorò Amy, con le lacrime che le rigavano il volto, prendendolo per mano.
Geoffrey le prese con dolcezza il viso e glielo asciugò con il pollice.
- E’ stato davvero un onore conoscervi
- disse, in tono orribilmente definitivo - Porta i miei saluti a Cream,
Tails e tutti gli altri. E siate sempre coraggiosi -
Amy non rispose, troppo scossa dai
singhiozzi, con il cuore affranto per la consapevolezza di ciò
che stava per succedere.
- Sonic! - disse ancora Geoffrey - Sei la
persona più forte che abbia mai conosciuto. Riuscirete insieme a
sconfiggere il Cenacolo, so che ce la farete. Il mondo conta su di voi.
Non deludetelo -
Sonic annuì piano con la testa.
Avrebbe voluto dire qualcosa, qualunque cosa, ma non era mai stato
bravo con gli addii e non credeva di essere ancora pronto ad accettare
la cosa.
Ci fu un nuovo potente scossone e dai piani
inferiori arrivarono i rombi delle esplosioni delle macchine. Il tempo
era agli sgoccioli. Sonic prese Amy in braccio, senza troppe cerimonie,
cercando di ignorare il doloroso nodo allo stomaco che i suoi
singhiozzi gli provocavano, e si preparò a correre.
- Corri, Sonic - disse, infine, Geoffrey strizzandogli l’occhio.
Sonic obbedì. Si assicurò che
Amy fosse saldamente attaccata al suo collo, sfrecciò a
velocità supersonica e non si guardò più indietro.
Mentre il soffitto crollava, Geoffrey e
Sheila si scambiarono uno sguardo e istintivamente si presero per mano.
- Non lasciarla andare - mormorò lei, spaventata.
- Mai più. Te lo prometto -
Era tutta la vita che Sonic correva, ma non
credeva di aver corso mai così veloce prima di allora. Forse
stava scappando dai rombi delle esplosioni e dal soffitto che crollava
o forse stava scappando dalla dolorosa inevitabilità di quanto
era appena accaduto. Forse fuggiva allo sguardo di uno degli animi
più nobili e coraggiosi che avesse mai conosciuto, o forse
tentava di superare in velocità l’urlo straziante di
disperazione di Amy, cercando in tutti i modi di lasciarselo alle
spalle, come un vago ricordo.
Impiegò poco meno di un minuto ad
uscire da quella base sperduta nella giungla, ormai quasi completamente
avvolta dalle fiamme, e anche quando furono ormai in salvo,
continuò a correre. Una scia di lacrime saettava alle sue spalle
e non era del tutto sicuro che appartenessero ad Amy.
Quando il suo cuore smise di battere come un
tamburo impazzito, si decise a fermarsi. Non avrebbe voluto. Fermarsi
significava accettare la cosa, tornare alla triste realtà dei
fatti, senza poter più sfuggire alla consapevolezza
nell’ebbrezza di una corsa supersonica. Trovò uno spiazzo
erboso e lì frenò bruscamente, adagiando Amy al suolo con
delicatezza.
Le tinte infuocate del tramonto dipingevano
tutto il cielo sopra di loro. Avevano una sfumatura più
rossiccia del solito. Quasi quanto la pelliccia di una lince. In
lontananza si potevano scorgere le spire di fumo nero provocate
dall’esplosione nel fitto della giungla.
Amy singhiozzava piano, inginocchiata
sull’erba con il capo chino. Sonic avrebbe voluto dirle qualunque
cosa per consolarla, ma un fastidioso nodo alla gola gli impediva di
produrre qualunque suono.
E che cosa mai avrebbe potuto dire? Quale frase mai avrebbe potuto dare un senso a tutto quello?
Però qualcosa da dire gli
balenò in mente. Non lo aveva programmato, non ci aveva neanche
riflettuto. Le parole gli erano saltate fuori di bocca con la forza di
un petardo, tanto che non fu difficile capire da dove provenivano, se
non dal cervello.
- Amy, quando tutto questo sarà
finito intendo dare un’occasione a noi due - disse, in un tono
serio che mai si era sentito addosso - E intendo sul serio questa volta
-
La riccia emise un verso strozzato e smise
di piangere. Alzò la testa per guardare Sonic negli
occhi… e fu in quel momento che lei capì molto più
di quanto non avesse ancora capito lui.
- Una degna conclusione ad una vicenda completamente assurda -
Lord Ix contemplava dalla distanza il rogo
in fiamme che era divampato nel fitto della giungla. Seth era accanto a
lui, più taciturno del solito, ma con una sottile vena di
soddisfazione nelle pieghe del viso.
- Devo farti i miei complimenti per la
modalità che hai scelto - continuò l’anziana
echidna, ghignando malignamente - Un sistema subdolo, ma efficace.
L’inganno è l’arma più micidiale di tutte -
- Era un problema che avrei dovuto risolvere
già da tempo - rivelò lo sciacallo, in tono asciutto,
continuando a contemplare la sua opera - Ora non dovrò
più preoccuparmene -
- E’ tua abitudine far saltare in aria tutti i tuoi ex dipendenti? - domandò beffardo Ix.
- Non l’ho fatto per qualcosa di
futile come la vendetta, Ix - replicò lo sciacallo, in tono di
rimprovero - Ho semplicemente preso le mie precauzioni. Ne abbiamo
già parlato -
- Giusto. I due misteriosi responsabili del
fallimento dell’Evento Argus. Quelli di cui il te stesso del
futuro ti ha messo in guardia tramite il Chronos Emerald -
Nella voce di Ix era palpabile una vena di
scetticismo, ma Seth non diede segno di risentimento. Forse non vi fece
caso o forse la cosa non lo disturbava.
- Chi avrebbe mai detto che si sarebbe
trattato di Morrison e Necronomica? - continuò, questa volta con
maggior convinzione nella veridicità di quelle informazioni.
Seth lo guardò di sbieco e un
impercettibile sorriso enigmatico serpeggiò nel suo volto, come
un sottile rivolo d’acqua che bagna il terreno arido. Ix non se
ne curò, anche perché sarebbe stato difficile anche solo
individuare un solo piccolo mutamento sul viso marmoreo dello sciacallo.
- Gran parte del futuro da cui è
venuto Silver the Hedgehog, insieme al mio messaggio, è stato
plasmato dall’intervento di Necronomica. Incredibile, ma vero -
spiegò lui, in tono pacato - Il suo secondo folle tentativo di
scatenare un’epidemia globale sarebbe andato a buon fine. Le
perdite sarebbero state moltissime, prima che qualcuno la fermasse, e
questo non avrebbe fatto altro che creare un esercito di martiri per
rinsaldare il legame di unità e solidarietà tra mobiani
ed esseri umani… cosa che noi non vogliamo -
- Non c’è nulla che unisca i
popoli più di una tragedia di massa - sentenziò,
saggiamente, l’echidna.
- Motivo per cui andava fermata - concluse
Seth, stringendo un pugno - L’equilibrio voluto da Argus non
può essere messo a repentaglio da sciocche crociate personali.
Gli esseri umani saranno spazzati via e i mobiani superiori, quelli
selezionati da Argus, quelli dotati di poteri eccezionali, prenderanno
il controllo su tutti gli altri -
- Suppongo, dunque, di doverti fare i
complimenti - ribatté Ix, forzatamente gioviale - Hai appena
cambiato il corso della storia. Del resto non potevo aspettarmi di
meglio dal mio studente più capace -
Seth, in tutta risposta, esibì un sorrisetto beffardo.
- Ho semplicemente seguito i tuoi insegnamenti. Gli stessi che dovresti tenere bene a mente… maestro -
C’era qualcosa nel tono dello
sciacallo che fece correre un brivido lungo la schiena di Ix, anche se
lui non l’avrebbe mai ammesso. Per la prima volta, in quelli che,
al di fuori del tempo e dello spazio, erano ormai secoli, Lord Ix ebbe
l’impressione che l’allievo aveva di gran lunga superato il
maestro. E aveva l’impressione che non fosse una buona notizia.
Miles “Tails” Prower era tormentato
dall’ansia per il destino di Sonic ed Amy, non ancora tornati
dalla loro spedizione in incognito alle calcagna di Geoffrey.
Gironzolava su e giù nel salotto di casa sua, con le braccia
dietro la schiena, incapace di calmarsi.
D’un tratto si sentì bussare
alla porta e si precipitò, più veloce di un lampo, ad
aprire. Contrariamente a quanto aveva pensato, non erano Sonic ed Amy.
Era sua sorella Megan.
- Megan, sei tornata! - esclamò subito lui, innegabilmente felice - Dove sei stata? -
- Forge si è svegliato -
replicò lei, in tono secco e diretto - Ed è disposto a
dirci tutta la verità su di noi. Vuoi venire? -
Legacy of Argus: La verità su di noi (Prima parte)
Data di pubblicazione: 20 Dicembre 2017
La lapide
solitaria eretta in memoria di Sheila Foster non veniva mai visitata da
anima viva. Quella sera, più buia del solito, fu con estrema
sorpresa che il guardiano del cimitero si accorse dell’oggetto
che qualcuno aveva lasciato sulla fredda pietra. Avrebbe dovuto
accorgersi di chiunque fosse passato da quelle parti, eppure non aveva
visto nessuno.
Si era avvicinato a guardare. Era una lunga sciarpa rossa, impregnata di umidità…