-Oh, povero piccolo Pimpi bello! Che potrà mai essere
successo?
Tigro rimuginava nella sua stanza, camminando avanti e
indietro senza sosta. Appena scoperto quell’orrendo spettacolo, era corso via
in preda ai conati di vomito, che aveva riversato in un cespuglio poco distante
dalla casa della vittima. Non aveva ancora detto nulla a nessuno, ma sapeva che
tutti gli abitanti del Bosco dei Cento Acri avrebbero dovuto conoscere
l’accaduto.
-Devo assolutamente avvertire Uffa! Lui saprà certamente che
fare!
Corse fuori dalla spaziosa abitazione in legno, facendo
sbattere la porta con violenza, e si mise a saltellare rapidamente sotto la
pioggia battente. Doveva essere veloce come un fulmine, più veloce di qualsiasi
altro tigro nel mondo.
Perché era successo un simile orribile fatto? E soprattutto,
chi aveva potuto compierlo…?
Non era abituato a pensare tanto intensamente, ma non poteva
smettere di indirizzare la sua mente al corpo di Pimpi squarciato, e ai suoi
organi putrefascenti che colavano sul tavolo, imbrattandone la superficie…
Inciampò di colpo a terra, affondando la faccia nel fango
marrone. La sua coda si era impigliata in qualcosa. E quel qualcosa gli faceva
estremamente male.
-Per tutti i tigri tigrosi del mondo…!
Una trappola. Una di quelle per intrappolare gli orsi. I denti
affilati del metallo stringevano sulla sua coda a strisce, affondando sempre di
più e facendo colare il sangue vermiglio.
-Chi mai avrà messo questa sciocca trappola?! La mia bella
coda…!
-Io.
Non fece in tempo a voltarsi.
Qualcosa lo colpì con forza la testa, facendolo svenire.
Poté vedere solo una figura scolorita e offuscata, che
brandiva una mazza tra le zampe e rideva.
Rideva con una cattiveria inaudita.