The
eyes of his muse
{
Il suo nome era poesia ed i suoi occhi erano tutto }
Prologo
Due
occhi verdi l'osservavano attraverso le tenebre. Sembravano umani e
collocati sul viso di una persona per di più, anche se non
ne poteva
essere certo, ma rilucevano di una luce propria tale che, nonostante
il buio, riusciva perfettamente a scorgere ogni singolo particolare
di quelle iridi del color dei prati, ogni singola sfumatura, dal
contorno color muschio, alla chiarezza del verde vicino alla pupilla,
fino alle sottili striature color nocciola che, da lontano, neanche
si riuscivano a notare.
Lysandre avrebbe tanto voluto restarsene
tranquillo a contemplare la bellezza di quegli occhi, così
surreali,
così magnetici, e magari scrivere qualche verso in loro
onore, ma le
domande che affollavano la sua mente erano troppe e lo distoglievano
da un qualsiasi tipo di pensiero poetico, infervorando il suo animo
di agitazione.
-Chi sei? O cosa sei?- provò a chiedere con il suo
solito tono pacato, il quale celava i reali sentimenti che provava
dentro di sé, che di calmo non avevano nulla.
Come risposta,
però, ricevette solo un battito di ciglia.
Passarono dei secondi,
che poi diventarono minuti ed il buio intorno a lui iniziò a
farsi
opprimente, quegli occhi un fardello troppo grande che continuava a
fissarlo insistentemente, mettendolo a disagio, togliendogli il
respiro, fino a diventare troppo pesante da reggere perché
sembrava
guardargli dentro l'anima, scavargli a fondo fino a carpire con la
forza ogni pensiero ed emozione, oltrepassando lo strato della sua
bolla d'aria personale che la sua infinita riservatezza gli imponeva
tanto di preservare. Avrebbe voluto scappare da tutto quello, ma
qualcosa lo teneva ancorato lì, prigioniero di quello
sguardo che,
ora che l'osservava meglio, gli era così familiare.
-Dimmi-
proruppe, d'un tratto, una voce di ragazza dal timbro non molto
definito. Era chiaro e fermo, quello sì, ma non
riconoscibile,
Lysandre non avrebbe saputo ricondurlo a nessuna delle ragazze che
conosceva. Non sapeva neanche da dove provenisse, in realtà,
ovunque
guardasse c'erano solo oscurità e vuoto. Gli
passò per la testa
l'idea che fossero stati gli occhi stessi a parlare e la situazione
era talmente assurda che anche un'idea come quella poteva essere
plausibile.
-Dimmi, che cosa significa, per te, essere dipendente
da una persona con cui hai scambiato, sì e no, solo una
dozzina di
sguardi-. Lysandre, completamente disorientato, non riusciva a
capire.
Perché quella domanda? Cosa significava? Di chi erano
quegli occhi? Perché quella situazione? Come c'era finito?
Troppe
domande senza risposta. Troppa confuzione che aleggiava nella sua
testa. E quei due occhi erano lì, ad opprimerlo, a farlo
sentire
ancora più vulnerabile ed incapace di rispondere.
La
sveglia suonò facendolo uscire da quello strano sogno e,
solo dopo
aver riafferrato la realtà con i suoi sensi,
riuscì a comprendere
il suo significato. Gli occhi erano di lei, della sua musa, di colei
che in breve tempo era diventata non solo la sua nuova compagna di
liceo, ma anche la ragazza che condivideva con lui il suo piccolo
rifugio nel giardino della scuola. Colei che, senza pronunciare
nemmeno una parola, l'aveva ammaliato con i suoi occhi verdi ed il
suo sorriso delicato, l'aveva reso dipendente dalla sua
presenza.
Lysandre non giudicava mai le persone prima di averle
conosciute, lo trovava stupido ed immorale, ma lei, mentre se ne
stava seduta sotto l'ombra di uno dei tanti alberi che popolavano
quel giardino, scribacchiando qualcosa su un quaderno ad anelli
verde, emanava un qualcosa che lui non sapeva cos'era, ma che lo
aveva portato a riempire pagine e pagine del suo taccuino di
pensieri, strofe e flussi di coscienza tutti riguardanti la sua
figura, mentre il suo inconscio continuava a pensare "lei deve
sicuramente essere una bella persona dall'animo profondo".
Chissà
se era vero, se tutte le sue fantasie da ragazzo troppo introverso e
sognatore avevano dei fondamenti.
Tante volte aveva sentito il
bisogno di avvicinarsi a quella figura, per lui, eterea, tante volte
aveva desiderato iniziare un discorso con lei, conoscerla, scoprire
se amava la letteratura tanto quanto l'amava lui, sapere se veramente
era così profonda come pensava, se anche lei avesse fatto
questi
pensieri su di lui. Purtroppo non ne trovava il coraggio, troppo
timido e schivo per azzardarsi a fare anche solo un piccolo passo
nella sua direzione, così si limitava a sedersi nell'angolo
opposto
a dove si era seduta lei, a scrivere sul suo quaderno nero e ad
alzare ogni tanto lo sguardo per ammirarla da lontano.
ක
Quando,
un'ora più tardi, varcò i cancelli del Dolce
Amoris, si diresse
trepidante nel giardino accanto alla palestra. Arrivava sempre una
mezz'oretta prima del suono delle campanelle per potersi rilassare in
mezzo alle varie piante curate dagli studenti del club di
giardinaggio e, in mezzo a quei profumi floreali, alla freschezza
dell'aria e all'intimità che quel luogo infondeva, non
poteva fare a
meno di sentirsi in pace con sé stesso e, non era raro,
anche
tremendamente ispirato.
Prese
taccuino e matita e si apprestò, seduto all'ombra di uno dei
due
alberi, a comporre qualche verso, ma prima alzò lo sguardo
davanti a
sé, puntandolo verso l'altro albero dove soleva sedersi lei.
Non
c'era ancora, la mattina non c'era mai e, in quei momenti, allora,
Lysandre poteva sentir ritornare quel luogo solo suo, ma non poteva
dire di esserne contento. Senza la sua figura quel posto ormai
sembrava stonare, pareva quasi sbagliato, come una nota troppo acuta
all'interno di una meravigliosa sinfonia, una pennellata troppo scura
e decisa in un quadro dalle tenui sfumature pastello.
Riabbassò
gli occhi e buttò giù due righi di parole,
mettendole d'apprincipio
in constrasto fra di loro, facendole rincorrere e scontrare su quella
pagina bianca, per poi unirle creando un che di perfetto, di
armonioso, quasi magico.
Se c'era una cosa in cui Lysandre era un
vero portento era scrivere. Riusciva infatti a creare dei veri e
propri capolavori solo mettendo insieme un gruppo di parole in rima,
seguendo dei versi liberi perché seguire una metrica troppo
precisa
gli sembrava riduttivo, e forse il perché ci riuscisse stava
nel
fatto che dentro di esse ci riversava tutto sé stesso,
facendo
prendere a quelle parole il ritmo del suo respiro, del pulsare del
suo cuore, del battere delle sue ciglia, ed allora non erano
più
solo parole, erano vera e propria vita riversata inchiostro su
carta.
Parlare, invece, non gli riusciva un granché bene, non
perché non sapesse farlo, le poche volte che lasciava uscire
la sua
profonda voce dalle labbra sottili riusciva lo stesso ad ammaliare
chiunque lo ascoltasse con discorsi profondi e saggi, il problema era
che non sentiva il dovere di farlo tanto spesso, né di dover
rivelare parti di sé, pensieri, riflessioni e sogni, a
persone che
probabilmente non lo avrebbero capito fino in fondo. Allora era stato
etichettato come uno di "poche parole", ma lui di parole ne
aveva tante, solo preferiva scriverle piuttosto che dirle.
Tra
questi pensieri e altre riflessioni, scritti con elegante calligrafia
sul suo taccuino, Lysandre passò così quella
scarsa mezz'ora che si
era ritagliato per sé stesso nel giardino del Dolce Amoris.
Fu
Castiel a destarlo per primo dal suo mondo, i capelli rossi a
ricadergli sul viso e una sigaretta accesa fra le labbra.
-Ehy, la
campanella sta per suonare- lo avvertì aspirando una boccata
di
fumo.
-Va bene, vado- gli rispose alzandosi. -Tu non vieni?- gli
domandò subito dopo.
-E rischiare di essere interrogato a storia?
No, passo. Entro alla seconda- dichiarò socchiudendo gli
occhi
grigi. Lysandre annuì e lo salutò con un "a
dopo",
avviandosi all'entrata del liceo. Probabilmente il professor Faraize
si sarebbe arrabbiato, era la terza volta consecutiva che Castiel
saltava una sua lezione, ma lui era fatto così, gli piaceva
stuzzicare le persone, specialmente delle autorità come i
professori, ed un anno questo suo atteggiamento gli era costato anche
una bocciatura, ma lui sapeva che se l'amico si fosse impegnato
avrebbe stupito tutti con le sue capacità intellettive.
Serviva solo
un po' di pazienza in più rispetto al normale.
Lysandre stava
ormai per varcare la grande entrata del suo liceo quando si
bloccò
alla vista di lei, i capelli castani a ricaderle
lisci sulla
schiena, la pelle pallida leggermente arrossata sul viso e gli occhi
verdi sorridenti. Si fermò ad osservarla, perché
solo questo lo
faceva sentire più vicino alla sua persona e si
sentì un po'
patetico e un po' stalker nel farlo, ma lui era un poeta ed osservare
un suo diletto. Lei teneva stretti al petto dei libri, probabilmente
perché non era riuscita ad infilarli nello zaino grigio che
aveva in
spalla, ed era avvolta da una felpa larga color prugna, lasciata
aperta a scoprire la cannottiera nera che le fasciava le curve
accentuate del seno e della lieve pancia, nascosta in parte dai jeans
a vita alta, ed era intenta a ridacchiare con una ragazza che, a
differenza sua, era bassina e minuta, dai corti e sbarazzini capelli
biondo cenere e gli occhi marroni, vestita con una salopette in jeans
ed una maglia rosa confetto. In quel momento non poté che
invidiare
quella ragazza che arrivava si e no alle spalle della sua musa,
perché sarebbe stato bello se al suo posto, a farla ridere,
ci fosse
stato lui.
Il suono della campanella arrivò a ridestarlo come
aveva fatto quella mattina il rumore della sua sveglia e, sbattendo
le palpebre e vedendo scomparire le due dietro la porta della prima
B, ricominciò a camminare diretto verso la seconda A,
sospirando
sconsolato per non avere nemmeno il coraggio di andare a parlarle.
Quanto
avrebbe voluto, almeno, che gli occhi della sua musa lo
guardassero come i suoi guardavano lei.
Angolo
autrice:
Eccomi
tornata qui su fandom di Dolce flirt per pubblicare questa long.
Questa è un po' un esperimento, diciamo. Abbiamo a che fare
con un
Lysandre in fissa (perché parlare di innamoramento adesso
è
prematuro) di una ragazza che neanche conosce e che lui ha iniziato a
considerare come sua musa ispiratrice. Credo che lascerò
svolgere
tutta la storia dal punto di vista di Lysandre, perché di
storie
dove la dolcetta la fa da protagonista ce ne sono già molte
e perché
io amo Lysandre e cercare di scrivere i suoi possibili pensieri e le
sue possibili emozioni di fronte alla ragazza che ama mi stuzzica
molto. In questo prologo lei sembra quasi non avere
personalità e
forse in quel poco che è descritta sembra fin troppo
perfetta, ma è
solo perché Lysande non l'ha ancora conosciuta e parla con
il suo
animo da poeta estremamente introverso (spero tra l'altro di averlo
reso abbastanza IC, altrimenti avvertitemi che aggiungerò
l'avvertimento OOC in caso), ma andando avanti con i capitoli, quando
il loro rapporto inizierà ad approfondirsi,
lascerò molto spazio ai
difetti che lei in realtà ha (non vorrei mai dar vita ad una
Mary
Sue). Detto questo spero che questo prologo vi sia piaciuto ed abbia
scaturito in voi anche un po' di curiosità e se avete
consigli,
critiche od apprezzamenti mi farebbe davvero piacere ricevere una
vostra recensione. Aggiungo che non so quando ci sarà il
prossimo
aggiornamento dato che non ho i capitoli successivi pronti ed ho in
mente un'altra long sul fandom di Boku no hero academia di cui devo
ancora risitemare e pubblicare il primo capitolo, spero solo di non
mandarla tanto per le lunghe. Detto questo grazie a chiunque abbia
anche solo deciso di leggere il prologo di questa storia.
A
presto! ^.^
EngelDreamer
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