Ore
7:00 am - Eren Jaeger
Da
che aveva memoria non gli era mai successa una cosa simile in tutta
la sua giovane esistenza. Guardò stupefatto il telefono che
segnalava l'imminente sveglia e fiero di se stesso la
disattivò
scendendo dal letto, stirandosi.
Lui,
Eren Jaeger era in orario per la prima volta da... da sempre
probabilmente.
Non
era una giornata particolare, non aveva nessun esame vitale o
chissà
quale importantissimo appuntamento però la consapevolezza di
quel
particolare risveglio riuscì a rendergli migliore l'umore.
Non
c'era un motivo particolare ma sentiva che quella giornata sarebbe
stata la migliore di sempre!
Al
contrario il tempo non si preannunciava dei migliori, nuvoloni grigi
si stavano addensando all'orizzonte, il sorriso che ormai aveva preso
possesso del suo viso rimase immutato.
Le
imprecazione che provenivano dall'appartamento accanto gli fecero
capire quello che vedevano e sentivano i vicini ogni giorno; quella
volta era il suo turno di sghignazzare per la malaugurata sorte di un
ritardatario. «Ah
se si svegliava
prima» Si permise anche di dar voce ai suoi pensieri
più
superficiali.
Mentre
si preparava si beò della piacevole sensazione di pace e
tranquillità che stava accompagnando quella singolare
mattinata.
Di
solito si catapultava fuori con ancora la fetta biscottata fra i
denti per placare i morsi della fame che gli attanagliavano lo
stomaco; invece quella mattina non solo si era seduto al tavolo, ma
aveva anche preparato la borsa per l'università.
Dopo
la colazione sarebbe andato in bagno per darsi una rinfrescata prima
di andare in stazione e prendere il treno che regolarmente perdeva.
“Quasi
potrei abituarmi a questa routine” Pensò
sorridendo “Tanto sai che domani
saremo da capo”
La vocina malefica nella sua mente gli ricordò quanto fosse
più
realistica quell'eventualità.
Afferrò
le ultime cose uscendo di casa, vocine malefiche o meno avrebbe preso
quanto più di positivo da quella meravigliosa giornata.
Ore
7:10 am - Levi Ackerman
Aprì
gli occhi di soprassalto, qualcosa non andava, non si svegliava mai
in quel modo. Perché non c'era il solito fastidioso bip
ripetitivo
della sveglia!?
Allungò
la mano alla ricerca di qualunque cosa provvista di un orologio per
controllare l'orario e la realtà lo investì
violenta.
7:10
Il rumoroso scorrere del tempo scandito da quelle maledette lancette
gli martellava nelle orecchie.
«Come
le 7 e 10?» Più guardava quella maledetta sveglia
più la dolorosa
realtà si faceva strada nella sua mente. TicTac.
«Sono
in ritardo» TicTac
7:11.
«CAZZO SONO IN
RITARDO»
Mentre
scendeva dal
letto le lenzuola gli afferrarono le gambe come una dannata piovra e
si ritrovò ad impattare con il freddo pavimento.
Sospirò
fermandosi
un momento supino a guardare il soffitto.
Che
senso aveva
correre se tanto sarebbe arrivato comunque in ritardo a lavoro?
“Sarebbe
la prima volta”
Fu il primo pensiero che gli attraversò la mente.
“Eh
no cazzo, io Levi Ackerman entrerò in quel cazzo di ufficio
in
orario!” Con
tutta la risoluzione di cui disponeva si alzò dirigendosi al
bagno.
Non si sarebbe arreso per un imprevisto simile, ci voleva di peggio
per riuscire a metterlo in difficoltà.
Si vestì in fretta
afferrando al volo la ventiquattrore, mentre chiudeva le finestre
della cucina notò il cielo plumbeo. Prese anche l'ombrello
non
voleva altri scherzi per quella giornata iniziata decisamente in malo
modo.
Odiava
quegli
imprevisti, non era un maniaco del controllo però non
sopportava che
delle cose tanto banali quanto una sveglia potessero mettere a
repentaglio la sua routine.
Lavorava
per quell'ufficio legale da diversi anni e gli piaceva il nome che si
era costruito. Il
capitano.
Un
nome forgiato con
la puntualità, la risolutezza e l'assoluta
impietosità verso
chiunque gli sbarrasse la strada.
E
ora una cazzo di
sveglia gli rovinava la media.
Parcheggiò la
macchina ed entrò in stazione alle 7 e 27, sarebbe riuscito
a
prendere il rapido delle 7 e 37. In qualche modo aveva recuperato un
po' del ritardo e sarebbe entrato in studio con solo alcuni minuti di
scarto. Meglio che niente.
Quel
giorno -per
fortuna- non c'era niente di particolarmente impegnativo da fare,
doveva sistemare della documentazione e altre scartoffie di poco
conto.
Era
già al binario
in attesa del treno, aveva il tempo per concedersi un tè al
volo;
per quanto odiasse il sapore finto e decisamente troppo zuccherato
non era riuscito a dedicarsi quel piacere a casa ed era disposto a
fare quel sacrificio.
Il
portafoglio gli
rivelò un'unica banconota da 10.
Guardò
la macchinetta dove brillava rassicurante la scritta “Dà
il resto”
e inserì i soldi senza indugiare oltre selezionando la
bevanda.
La
malasorte doveva
averlo adocchiato perché l'importo rimase uguale a 0.
Provò a
premere il pulsante per la resa dei soldi ma la situazione non
cambiò.
Assestò
qualche
colpo che però non sortì alcun effetto.
«No, ma
scherziamo?» Era incredulo.
“Eventuale
denaro rimasto incastrato verrà rilasciato nei prossimi 10
minuti”
Ingoiò
le numerose
imprecazioni che gli stavano germogliando sulla punta della lingua,
continuava a guardare quell'ammasso di ferraglia con astio; venne
distratto dalla voce elettronica che segnalava l'arrivo del suo treno
in stazione.
«Ma- Ma davvero?!»
Più la voce ripeteva l'arrivo del treno più
guardava irritato la
ladra di soldi.
Strinse
la mani
attorno alla ventiquattr'ore salendo sconfitto sul treno.
Gli
aveva appena rubato dieci fottuti
euro.
Decise
di non
lottare più e di accettare qualunque cosa quel maledetto 5
Febbraio
avesse in serbo per lui.
Ore
8:20 Eren Jaeger
Non
solo era uscito di casa quasi in anticipo, ma era riuscito ad
arrivare in stazione in perfetto orario per prendere il tanto
desiderato treno delle 7 e 47.
Era
entrato in
stazione alle 7 e 38. Molti dei visi che trovò gli erano
estranei,
era abituato ai pendolari delle 8 passate, innumerevoli studenti
ritardatari come lui.
Era
un mondo nuovo e
un po' ne era intimorito, a quell'ora c'era poca gente e per la
maggiore tranquilla. Che strano!
Il
freddo gli stava
entrando dentro e decise di riscaldarsi con un caffè e
andando dalla
sua fedele compagna di colazioni. Solo perché aveva
già fatto
colazione non poteva tradirla a quel modo e lei come a voler premiare
la sua puntualità gli buttò fuori una banconota
da 10 euro.
Si
guardò attorno
ma non c'era nessuno ad aspettare quel resto. Il sorriso sul suo viso
si allargò maggiormente, decisamente era il suo giorno
fortunato!
Ripose
i soldi
fortunati, erano già rimasti bloccati una volta, preferiva
evitare e
inserì un paio di monete.
Mentre
attendeva la
bevanda una goccia di pioggia gli bagnò una guancia.
«Accidenti» Stava
andando troppo bene per i suoi standard, si era dimenticato
dell'appunto mentale di prendere su l'ombrello. Era giusto
così,
come giornata restava impeccabile, quell'imprevisto serviva solo a
tenerlo coi piedi per terra.
Quando
afferrò il
bicchiere di plastica lo sguardo gli cadde per terra dove un ombrello
scuro faceva bella figura di sé.
«Sul serio!?» Si
guardò attorno di nuovo, doveva essere uno scherzo.
Chiese
ad alcune
persone se fosse loro ricevendo solo risposte negative, non
indugiò
oltre e lo aprì parandosi dalla pioggia che iniziava a
cadere
insistente.
Quella
strana serie
di fortunati eventi iniziava a piacergli.
Per
una volta era
lui ad essere il fortunato in questione e decise di prendersi quanto
più poteva da quelle piacevoli coincidenze.
La sensazione della
fortuna che gli sorrideva raggiante era strana, di solito era lui lo
sfigato a cui i soldi rimanevano bloccati nei distributori
automatici, era lui che se arrivava in stazione in orario il treno
improvvisamente partiva in anticipo.
Invece
quella
giornata era assolutamente meravigliosa.
Il
treno arrivò
puntuale e salì trovando anche un posto a sedere comodo in
un vagone
semi-vuoto.
Davvero
bastava così
poco per fare un viaggio tranquillo e sereno!?
Si
accoccolò sul
sedile ricontrollando le lezioni di quel giorno, erano tutte leggere
e facili. Non poteva andare meglio.
8:25
- Levi Ackerman
Era
riuscito finalmente ad arrivare a lavoro, ricordandosi solo quando
trovò la porta chiusa che quella mattina lo studio avrebbe
aperto i
battenti alle 8 e mezza.
Non
sapeva se esserne contento o estremamente irritato, ecco
perché la
sveglia non aveva suonato, l'aveva spostata.
Sbatté
la testa al
muro.
A
Trost così come a
Shiganshina continuava a piovere con insistenza, si rese conto di
aver dimenticato chissà dove l'ombrello e
affrontò quell'avversità
nell'unico modo possibile, a testa alta e con fierezza.
Il
risultato era
scontato, il cappotto era zuppo, l'acqua era arrivata a bagnare anche
la giacca al di sotto; i capelli erano zuppi e i vestiti gli si erano
appiccicati addosso.
No,
non era la sua
giornata.
«Hey
Capitano,
puntuale come sempre» La voce del suo capo lo fece voltare,
quella
nota troppo gioviale a condire l'osservazione decisamente fuori luogo
lo fece irritare ancora di più.
Sapeva
che Erwin era
tutto tranne che gioviale, aveva notato i capelli fradici appiccicati
al capo e al viso, l'abito da ufficio bagnato dalle ginocchia in
giù
e sulle spalle.
E
ultimo, ma non meno importante, il suo sguardo.
Se uno sguardo
poteva uccidere di sicuro Erwin cazzone
Smith sarebbe finito lungo e disteso a terra.
Lo
incenerì con gli
occhi per poi voltarsi verso la porta e indicarla stancamente con il
dito.
«Certo certo,
adesso apro, sceso dal letto col piede sbagliato?» Quella
frase fu
accompagnata da un'altra risata soffocata.
«Fottiti
e apri questo cazzo di studio, grazie»
Quella
risposta che
voleva essere il più diretta possibile sortì
l'effetto sbagliato
suscitando una sincera risata nell'altro che gli aprì
lasciandolo
passare.
Si
chiuse nel suo
ufficio cavandosi la giacca appendendola a una gruccia e afferrando
quella di ricambio che teneva nel suo armadio privato.
Riuscì
a sedersi
rilasciando un sospiro esausto.
Erano
da poco
passate le 8 e mezza e gli sembrava di aver affrontato il peggiore
dei processi in tribunale. E non aveva ancora fatto niente.
La mattinata passò
lenta, con suo sommo disappunto il sole fece capolino per alcune ore,
il maltempo che l'aveva accompagnato fino a lavoro sembrava un
lontano ricordo.
Era
completamente
assorto dall'archiviazione di una pratica quando un leggero bussare
richiamò la sua attenzione.
«Signor Ackerman
il signor Smith la cerca» La voce di Petra arrivò
leggera, fortuna
che almeno gli stagisti e le segretarie rispettavano le sue richieste
alla lettera, al contrario di quel temerario; cosa doveva esserci di
tanto importante da richiedere la sua presenza in quella giornata
già
sufficientemente storta.
Rispose
affermativamente chiudendo i fascicoli e dirigendosi verso l'ufficio
del collega.
«Oh Levi, ti vedo
meglio» Quel giorno sembrava più gioioso del
solito.
«Mike ti ha dato
il benservito ieri notte?» Chiese sarcastico sperando che
smettesse
di ghignare.
«Oh non mi
lamento, ti ho chiamato perché oggi pomeriggio ho un impegno
importante e devi archiviarmi anche queste pratiche»
Guardò
con
disappunto la pila di fogli dall'aspetto decisamente inquietante.
«So che hai
assunto delle segretarie»
«Levi, sono le
pratiche a cui hai partecipato, servono alcune firme e so bene quanto
tu non voglia che le segretarie tocchino il tuo lavoro».
Era
vero anche quel
dettaglio, sconfitto afferrò il mucchio di fogli.
«Non fare quella
faccia sto lavorando per te, per trovare uno stagista degno della tua
attenzione»
Si
limitò a
dedicargli un'ultima occhiata sufficiente, come se fosse possibile.
Lui
non voleva uno
stagista, era una cosa inutile vista la sua indipendenza.
Era
stato obbligato a redigere quel profilo per lo stagista tipo ed era
stato decisamente sopra le righe; era stato volutamente pignolo,
molto
più pignolo del solito per riuscire a renderne impossibile
la
ricerca ma Erwin non voleva saperne e ora sosteneva di aver trovato
qualcuno.
Si
trascinò
nuovamente nel suo ufficio chiudendosi dentro, ne avrebbe avuto per
tutto il giorno con quei nuovi documenti da ordinare,
controllò
l'orario, 10 e 48.
Doveva
amministrare
bene tutto quel lavoro o non ne sarebbe mai venuto a capo in orario
per pranzo.
12:17
- Eren Jaeger
Quella
giornata procedeva di bene in meglio!
Non
solo aveva
seguito senza alcuno sforzo la lezione di diritto internazionale di
quella mattina, ma aveva anche un appuntamento nell'ufficio del
professore per parlare del suo rendimento. Non era molto preoccupato
per quella convocazione, solo un po' in ansia.
Visto come
procedeva quella giornata singolare aveva voluto sfidare la sorte e
provare a trovare un posto in quel bel locale che si trovava dalle
parti del tribunale, aveva sempre desiderato mangiare lì per
la
qualità del cibo e i prezzi abbordabili.
Il
sole aveva fatto
capolino diradando un po' le nuvole grigie che occupavano il cielo e
permettendogli di muoversi senza bisogno dell'ombrello.
La
sorte gli sorrise di nuovo, c'era giusto un tavolo vuoto in un angolo
appartato, dai discorsi che si erano scambiati i camerieri aveva
capito come il solito musone
non si fosse presentato e con i soliti complimenti che si sentiva
fare per i suoi occhi straordinari venne accompagnato al tavolo.
Rimase stupito per
la varietà del menu e decise di coccolarsi ordinando il suo
piatto
preferito, hamburger di pollo con uovo e bacon.
Quando
finì il
pranzo si recò alla cassa; il cameriere, un ragazzo poco
più basso
di lui, commentò sorridendo. «Diverso commensale
ma stessi gusti»
Sarebbe
stato
interessante chiedere che tipo fosse, ma non lo riguardava e
saldò
andandosene.
Mentre tornava
all'università passò davanti alla tavola calda
dove andava a
pranzare di solito, nel suo sgabello strategico vicino al bancone
intravide una schiena ricurva, più per saziare la sua
curiosità che
altro entrò con la scusa di prendere un caffè e
salutare la sua
amica.
«Hey Hanji un
caffè da portar via» Ordinò raggiante
non riuscendo a contenere il
suo entusiasmo.
«Oggi mi hai
tradita!» La cameriera, una castana dagli occhi vispi lo
guardò
finta offesa attraverso le lenti degli occhiali.
«Però sei venuto
lo stesso per il caffè correndo il rischio della mia
vendetta,
apprezzo»
«Ma cerca di
capire, sono riuscito a pranzare al Sina's!» A
quell'affermazione
suscitò una rumorosa risata nella castana e fece voltare
l'uomo che
stava mangiando un panino al bancone.
Il
viso era cupo e
contratto in un'espressione truce, l'incarnato era pallido e i
capelli corvini ricadevano non proprio in maniera ordinata attorno al
volto.
Quegli
stessi
capelli erano rasati sulla nuca donandogli un'aria molto severa.
«Quindi sei tu che
mi hai rubato il tavolo!»
Quell'accusa
lo
scalfì appena, e il commento dell'uomo gli fornì
la giusta
risposta.
«Quindi sei tu che
hai i miei stessi gusti!»
«Tsk» Sbuffò
l'altro scocciato finendo il suo pasto. Musone lo era di certo.
«Oh ma non sei
stato bene in mia compagnia!?» La barista si
guadagnò un'occhiata
truce. «Torno solo se ora mi fai un Earl Grey come dio
comanda»
«Arriva! ...Tieni
Eren, offre la casa per aver condotto da me il mio nuovo oggetto di
studio»
Prese
il caffè
sorridendo. «Ma così mi offendo, non ero
io?»
«Tornerai ad
esserlo quando deciderò di perdonarti per oggi»
Salutò la barista
e se ne andò, lasciandola alle prese con quello strano
cliente.
Nel pomeriggio andò
all'appuntamento col professor Pixis, non sapeva bene cosa
aspettarsi. Gli esami erano tutti regolari, il rendimento era
più
che buono ed aveva mancato solo un paio di giornate ma per ovvi
motivi di salute.
Bussò
alla porta e
subito il viso sorridente e pieno di rughe del suo professore
preferito arrivò ad aprirgli. «Eccoti qua, prego
entra»
Un
uomo biondo se ne
stava appoggiato alla scrivania e quando ne incrociò lo
sguardo
ceruleo si sentì leggermente a disagio.
«Allora è questo
il candidato che mi offri» Quella strana esclamazione lo fece
voltare verso il professore che continuava a sghignazzare. Ok la sua
fortuna era stata troppa, si sentiva come messo all'asta e la cosa
non gli piaceva per niente.
«Ehm piacere sono
Jaeger Eren» Azzardò allungando la mano cercando
alcune risposte
alle sue domande. «Smith, Erwin Smith, rappresento lo studio
legale
SmithLaw, Pixis mi ha comunicato che saresti il candidato perfetto
per uno stage»
Lo
stupore si
dipinse sul suo volto e ci mise alcuni momenti per metabolizzare la
notizia.
Quello
studio lo
conosceva di fama e mai avrebbe creduto che sarebbe stato scelto per
uno stage. Mai.
Non
replicò subito,
attese alcuni momenti per dare modo ai due interlocutori di avere
eventuali ripensamenti o comunque di dirgli che aveva frainteso.
Ottenne solo un'esortazione da parte del signor Smith.
«Sei disponibile o
devo ri-»
«Sì!
Assolutamente sì! Stavo- Niente- Ci sono!» Non era
riuscito a
tenere a freno l'entusiasmo e di sicuro aveva fatto una figura
pessima con il legale, il terrore di essere stato frainteso gli aveva
mosso la lingua senza che potesse fermarla.
«Mi piaci ragazzo!
Sei proprio quello che cerchiamo! Anche meglio del
previsto...»
«Ma non dovremmo
fare un colloquio- ?»
«Dimostrerai le
tue capacità sul posto di lavoro e poi se Dot ti ritiene
all'altezza
non ho dubbi che sarai perfetto»
Quegli
occhi azzurri
lo stavano squadrando, le iridi azzurre erano animate da
curiosità e
interesse.
«Non vedo l'ora di
vedere la sua reazione»
La
reazione di chi?
La stessa domanda doveva essersela posta anche il professore che
guardò con tanto d'occhi il biondo. «Pensavo fosse
per te lo
stagista, non mi dirai che-»
«Ho detto che è
per lo studio legale» Il povero ragazzo ci stava capendo
sempre meno
e nessuno sembrava disposto a dargli delle risposte esaustive.
Ottenne
solo un «Caro mio, sarà l'occasione di una
vita»
E
una calorosa pacca sulla spalla da Pixis.
Non
sapeva di
preciso cosa significasse, di una cosa era certo, non era
assolutamente negativa come esperienza!
Tornò
a lezione per
concludere la giornata e rientrare a casa dopo aver accumulato tante
di quelle soddisfazioni che gli sarebbero bastare per tutto l'anno.
12:26
- Levi Ackerman
Per
colpa di quel fantomatico incontro di Erwin che gli aveva addossato
quella mole di lavoro extra, era uscito tardi per la pausa pranzo e
come da manuale il suo tavolo al Sina's era occupato.
Aveva
intravisto il
despota che lo occupava, o meglio, aveva intravisto una massa informe
di capelli castani dato che era di spalle.
Era
andato comunque
a chiedere se per caso ci fosse un tavolo libero ma la risposta era
stata ovviamente negativa, e come poteva essere diversamente in
quella giornata di merda!?
Ripiegò
in quella
tavola calda frequentata da studenti poco distante.
Appena
entrato notò
come il locale fosse pulito e in ordine proprio come piaceva a lui,
andò direttamente al bancone prendendo posto su uno sgabello.
«Prego,
desidera?» La barista gli si avvicinò, era
sorridente, troppo
sorridente.
«Hai un menu da
sfogliare?» La donna gli passò una carta
plastificata, al contrario
di quello che ci si poteva immaginare dall'aspetto semplice del
locale, il menu era piuttosto vario.
Non
aveva voglia di
leggere e ordinò il primo panino che gli ispirò
fiducia.
Mentre attendeva la
pietanza ripensò a quella merda di giornata, il risveglio
brusco, i
soldi rubati, l'ombrello perso e ora aveva pure perso il proprio
posto al ristorante.
“E
devo ancora tornare a casa”
A quel pensiero iniziò a sudare freddo, il destino sembrava
intenzionato a fargliela pagare per chissà quale conto in
sospeso
che avevano e conscio del suo brutto carattere e dei suoi modi
pessimi era quasi certo che non sarebbe finita lì.
Sospirò
quando il
profumo del panino caldo gli invase le narici.
Almeno
al pranzo ci
era arrivato vivo.
«Hey Hanji un
caffè da portar via» Il tono squillante del nuovo
avventore gli
entrò nel cervello: quel locale doveva essere frequentato
dalle
persone più raggianti di tutta la città.
Non
seguì lo
scambio di battute con la proprietaria, sembrava si conoscessero
bene.
«Oh ma cerca di
capire, sono riuscito a pranzare al Sina's!» A quella replica
si
voltò furente, era lui che aveva usurpato il suo posto!
Ora
che ci guardava
bene riconobbe la massa di capelli castani, era anche di
bell'aspetto, la pelle ambrata gli dava quel che di esotico che non
guastava. Ma non doveva farsi ammaliare, era un ladro di pasti.
«Quindi sei tu che
mi hai rubato il tavolo!» Lo accusò aspramente, su
qualcuno doveva
pur riversare la sua frustrazione repressa. Non sortì
l'effetto
desiderato e ottenne una replica divertita. «Quindi sei tu
che hai
i miei stessi gusti!»
«Tsk»
Quell'idiota di Springer doveva essere sempre così loquace.
«Oh ma non sei
stato bene in mia compagnia!?» La cameriera portò
avanti quello
scambio di battute coinvolgendolo in quella conversazione di cui
avrebbe fatto volentieri a meno «Torno solo se ora mi fai un
Earl
Grey come Dio comanda» Sperò che gli dicesse che
non aveva tale
scelta di tè, lo sperò con tutto se stesso, ma la
donna lo stupì
di nuovo annunciandolo contenta.
«Arriva! Tieni
Eren, offre la casa per aver condotto da me il mio nuovo oggetto di
studio»
Il
ladro di nome
Eren lasciò il locale e a lui venne servita la tanto
preziosa
bevanda calda.
Il
profumo era
decisamente buono!
Volle
dargli una
possibilità, era il primo momento di tregua in quell'inferno
che
l'aveva accolto dalla mattina. La bevanda gli avvolse i sensi, doveva
essere di ottima qualità, sentì l'amarognolo
delle foglie del tè
accompagnato dal profumo caratteristico dell'agrume. Non c'era
traccia di zucchero o altro.
«Abbiamo un
intenditore a quanto pare, è d'importazione» Non
gli sfuggì la
nota orgogliosa che ne animava la voce.
Ora
sapeva dove
andare a prendere il suo tè pomeridiano, forse in mezzo a
tutte
quelle sfighe qualcosa di buono c'era.
Rientrò in studio
finendo di sbrigare tutte le incombenze lavorative, sperava che
dall'alto avessero deposto le armi permettendogli di tornare a casa
con quel poco di dignità che gli era rimasta.
Ed
eccolo alla
stazione di Shiganshina; doveva solo arrivare alla macchina, mettere
in moto e casa sua l'avrebbe accolto in maniera definitiva.
Tirò
fuori le
chiavi pronto per inserirle nella toppa della macchina: aveva ripreso
a piovere e voleva ridurre al minimo la sua permanenza sotto l'acqua
anche se ormai non importava più, uscì dalla
stazione e come da
manuale una pozzanghera si era formata proprio lì davanti e
una
stramaledettissima macchina ci passò sopra sporcando del
tutto il
suo completo da lavoro.
Un ghigno gli si
formò sul viso mentre camminava verso la vettura, una strana
idea
stava prendendo possesso della sua mente.
Aveva
preso a
camminare con calma, la pioggia continuava a scendere battente, gli
cadeva sulla testa iniziando a scivolare tra i capelli per poi
inzuppare i vestiti già zuppi. Il cappotto non serviva
più a
niente.
Sapeva
che quella
pozzanghera era solo un assaggio di quello che il destino aveva
ancora in serbo per lui.
La
macchina ne fu la
conferma, non aveva solo una, bensì due cazzo di ruote a
terra. La
anteriore e la posteriore destra.
Esplose
in una
risata isterica.
Più
osservava le
ruote e più gli veniva da ridere.
Stava
per prendere a calci la macchina quando iniziò a bagnarsi
meno e
sentì il familiare e piacevole
suono
delle gocce di pioggia che si infrangevano su una superficie tesa.
«Il signor
Ackerman?» Con chi altri doveva fare i conti in quella cazzo
di
giornata interminabile!
Ore
18:30 - Eren Jaeger
Dopo
essere sceso dal treno si era fermato a fare il biglietto per la
settimana successiva, era meglio approfittare di quei momenti morti
che aveva per evitare di dover fare tutto di corsa, gli era piaciuto
avere più o meno tutto sotto controllo e voleva provare a
replicare
quella fantastica giornata.
Mentre
usciva dalla stazione gli saltò all'occhio un portafoglio
abbandonato nell'atrio della stazione, lo raccolse per vedere il nome
del proprietario. Si stupì di riconoscere il volto di
quell'avventore del locare di Hanji. “E
così si chiama Ackerman Levi”.
Mentre controllava il documento d'identità scoprì
una cosa che lo
lasciò ancora più sorpreso, poteva darglielo di
persona!
Riaprì
l'ombrello
di cui si era impossessato quella mattina in quella stazione, di
sicuro sarebbe rimasto senza proprietario
Mentre
usciva nel
piazzale dirigendosi al parcheggio vide uno strano movimento vicino
alla sua macchina.
Un
uomo stava
ridendo istericamente mentre si appoggiava alla vettura, più
si
avvicinava e più riconosceva la figura dell'uomo del bar.
Levi.
Quando
gli fu vicino
notò che era più basso di lui, zuppo e continuava
a ridere. Che
fosse impazzito tutto di colpo?
Allungò
l'ombrello
sulla testa del corvino per ripararlo dall'ulteriore pioggia che
stava cadendo.
«Il signor
Ackerman?»
Si
immobilizzò e si
voltò verso di lui con tanto d'occhi.
«Eren?»
«Come- come sai il
mio nome?»
«Potrei farti la
stessa domanda»
«Oh già» Prese
dalla borsa a tracolla il portafoglio ridandolo al proprietario.
«L'ho trovato poco fa»
«E volevi
intascartelo?» Chiese accigliato afferrandolo bruscamente.
«Era più al
sicuro che per terra, comunque prego! Non c'è di
che!» Dio se era
scorbutico quell'uomo! «Comunque, direi che è
bloccata qui...»
Constatò indicando la macchina «Hai bisogno di un
passaggio?»
Non
sapeva di
preciso cosa l'avesse spinto a proporgli il proprio aiuto,
però era
in difficoltà e non sembrava una cattiva persona.
A
dirla tutta aveva
attirato la sua attenzione e l'ultimo dettaglio che aveva scoperto
l'aveva reso ancora più interessante.
E
poi c'era
l'aggravante della meravigliosa giornata che aveva passato, doveva
sdebitarsi in qualche modo con il Fato.
«Direi proprio di
sì»
«Dai sali e fammi
strada»
Non
voleva prenderlo
in giro, però non voleva nemmeno che pensasse che aveva
spiato
troppo i suoi dati sensibili, così quando arrivarono a
destinazione
parcheggiò e scese insieme a lui dalla macchina.
«Direi che posso
entrare da solo in casa» Fu il commento acido dell'altro.
«Oh non lo metto
in dubbio, sto solo andando a casa» Ricevette un'occhiata
mista tra
lo stupito e il curioso che lo accompagnò fino alla porta.
«Allora
ci si vede vicino, se hai bisogno batti un colpo» Lo
superò
entrando nell'appartamento subito accanto a quello di Levi. “Ecco
di chi erano le imprecazioni stamattina”.
Entrò
dentro sempre col sorriso stampato in faccia, era un tipo
interessante il
vicino.
Non
fece in tempo a
cambiarsi che dei colpi decisi alla porta richiamarono la sua
attenzione.
«Oh Ackerman» Il
viso di Levi era livido di rabbia.
«Posso
approfittare della tua ospitalità?» La spiegazione
per quella
richiesta così improvvisa arrivò mentre il
corvino sventolava la
chiave rotta
di fronte al viso.
«Oh- prego»
Voleva ridere, voleva davvero ridere ma riuscì
miracolosamente a
trattenersi.
Quella
giornata si
era rivelata la più fruttuosa della sua vita.
«Ah quello è il
mio ombrello»
Fine
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