Eccoci
nuovamente! Scusate se la storia procede a rilento, ma non abbiamo
dimenticato Shino&Yamagi <3
Pian
piano cercheremo di portarla avanti e concluderla, grazie a voi che ci
seguite!!!
Capitolo VII
“È uno scherzo, vero?” Domandò Eugene, quando il suo Shiden si trovò di
fronte al Flauros. La gioia e il sollievo che aveva provato nel sentire
che dentro quel Gundam ci fosse davvero il suo amico più caro erano
però state fatte a pezzi nell’istante in cui si era dovuto difendere
dall’affondo di una delle sue lame. L’amico che avevano dovuto
abbandonare nello spazio, che si era sacrificato per loro era davvero
diventato un nemico? Benché l’evidenza fosse davanti ai suoi occhi, il
vice di Tekkadan non voleva crederci.
“Ti hanno costretto, vero?” Domandò, aprendo la comunicazione interna
fra i mobile suit, che nessun altro avrebbe potuto udire. “Devi
fingere, altrimenti…”
“Non devo proprio fingere niente, Eugene. E nessuno mi ha costretto. È
stata una mia decisione.” La risposta che arrivò fu secca e perentoria
e Eugene raggelò.
“Tu… sei diventato un traditore?”
Eugene non contò i secondi che passarono perché, nonostante ne fossero
trascorsi diversi, per lui contò solo la risposta ricevuta: “Sì.”
Allora capì che non c’era più tempo per chiarire le cose, poiché la
battaglia imperversava intorno a loro e il tempo scorreva divorandosi
via via i suoi compagni in campo. Alcuni erano già caduti, altri
stavano provando a sopravvivere, quelli rimasti alla base dovevano
fuggire e davanti a lui c’era soltanto un nemico.
“Va’ all’inferno!” Gridò, lasciandosi travolgere dalla rabbia che ormai
stava cancellando la delusione, puntando il fucile contro il Flauros
per sparargli a distanza ravvicinata. “Cos’è, sei tornato indietro
perché non ti volevano laggiù?” Sputò astioso.
Il Ryusei-go evitò i colpi balzando indietro e sparò a sua volta con
l’armamento montato sulle spalle. “Senti un po’, Eugene…” Riprese
Shino, dopo che l’altro si era abilmente difeso, proteggendosi dietro
lo scudo. La sua voce distaccata fece incazzare ancora di più il
vicecapo di Tekkadan. “Si può sapere perché stai pilotando tu lo Shiden
di Orga?” Una pausa, prima di aggiungere poche parole per dipanare quel
dubbio che l’aveva sfiorato non appena aveva udito la voce di Eugene su
quel mobile suit. “Lui Non ha intenzione di scendere in campo?”
E fu quell’improvviso tono sprezzante a mandare in frantumi le ultime
remore di Eugene Sevenstark. “Scendere in campo? Orga?” Stava ridendo,
ma lo stesso Shino comprese l’amarezza di quella risata. “Orga è
morto!” Gridò tutto a un tratto. “Qualcuno lo ha ammazzato come un
cane, quando lui è andato a cercare un modo per salvare Tekkadan, la
sua famiglia.” Non calcò volontariamente su quell’ultima parola, ma la
voce seguiva le forti emozioni che turbavano il suo cuore. “La stessa
famiglia che tu hai abbandonato!”
Silenzio, dall’altra parte. Né un commento, né un respiro, ma Norba
Shino sentì qualcosa avvolgersi nello stomaco e diventare pesante,
molto pesante. Se il Ryusei-go fosse stato vivo, avrebbe avvertito con
dolore la stretta sui comandi.
“Non dici nulla? Cos’è, i primi segni di rimorso?” Lo provocò Eugene.
“È perché ti hanno salvato che ti sei schierato dalla loro parte?”
Domandò senza aspettare le sue risposte. “È per riconoscenza che
abbandoni la tua famiglia? Cosa ti hanno promesso? Di salvarti la vita?
Soldi? Donne?” Le parole scorrevano veloci come le sue dita sui
comandi. “Se avessi saputo che saresti diventato un simile bastardo,
non avrei consolato Yamagi, alla tua presunta morte. Gli avrei detto
che era stato un bene che tu ti fossi disintegrato nello spazio. Non
hai rispetto neppure per lui, non hai idea di quello che ha passato!”
Shino inflisse un morso secco al proprio labbro inferiore, spingendo i
denti con forza sulla carne. Solo così poteva evitare di far uscire le
parole che aveva ferme in gola.
L’aveva notata la reazione di Yamagi poco prima e il solo vederlo
scendere in campo in quel modo gli aveva fatto capire tutto… ma quello
non avrebbe cambiato le cose. E anche se sentire pronunciare il nome di
Yamagi da parte di Eugene era stato un vero colpo basso, lui non si
sarebbe tirato indietro.
“Hai perfettamente ragione.” Disse poi al vicecapo di Tekkadan.
“Avresti fatto meglio a dirgli che sono solo uno sporco traditore! Gli
avresti risparmiato inutili sofferenze…”
“Ad averlo saputo prima…” Ringhiò Eugene.
“Eugene, attento!” Il richiamo di Dante lo fece voltare giusto in tempo
per parare il colpo di un mobile suit nemico in avvicinamento, ma il
compagno fu più veloce a raggiungerlo col suo UGY, riuscendo ad
abbatterlo. “Non distrarti, può essere fatale. Lui… non è più uno di
noi.” Pronunciò Dante con amarezza. “Dobbiamo aiutare Mikazuki e
Akihiro, il grosso dei nemici è su di loro…”
“Non andrete da nessuna parte!” Facendo balzare il Flauros davanti a
loro, Shino ostruì la via.
Eugene serrò i denti e gli puntò il fucile addosso. “Non eri tu quello
che voleva proteggere tutti?” Il suo grido dimostrava che, nonostante
le parole espresse un istante prima, il vicecapo di Tekkadan non
riusciva a capacitarsi di quell’amaro risvolto.
“Proteggere tutti? Forse un tempo…” Rispose Shino. Poi il un sibilo
strano, come quello di una risata, raggiungse le orecchie dei suoi
compagni. “Ora, ascoltatemi bene, perché vi dirò cosa siete
veramente...”
Alla base, Yamagi non riusciva ancora a rimettersi in piedi. Sapeva che
non c’era tempo per riposare, dovevano al più presto fuggire per il
tunnel sotterraneo, ma Kassapa gli aveva detto che poteva prendersi
ancora qualche minuto. Così, accovacciato ai piedi del mobile suit dal
quale era appena sceso, la testa nascosta fra le gambe, tentava di
calmarsi. Aveva il corpo a pezzi, il dolore sulla schiena, all’altezza
dell’innesto dell’Alaya Vijnana, non era ancora svanito del tutto. La
testa gli scoppiava e avrebbe voluto vomitare. Il tremore del corpo si
era calmato, ma vedeva ancora le esplosioni sul campo, udiva nelle
orecchie i fragori della battaglia, nel cuore percepiva la paura di non
poter più tornare. L’odore animalesco, misto a quello di sangue e
sudore che più volte aveva sentito impregnare i mobile suit rientrati
dalla battaglia, ora lo avvertiva anche su di sé e lo spaventava.
Shino e gli altri avevano sempre affrontato tutto quello?
Ora cominciava a capirlo un po’ di più, a comprendere perché lui stesso
fosse stato scartato come pilota molti anni prima e il motivo per cui
molti dei suoi compagni erano stati invece scelti. Perché Shino era
stato capace di diventarlo. Ogniqualvolta era sceso in campo, lui aveva
affrontato con freddezza la paura della battaglia, mettendo in conto la
possibilità di non tornare. Adesso… lo capiva molto di più. Eppure,
nonostante avesse fatto finalmente un passo verso di lui, Shino si era
allontanato ancora.
Il tempo trascorso sul campo di battaglia era stato così veloce e
frenetico che non aveva avuto il tempo di realizzare, anche se ancora
non riusciva lo stesso a crederci: Shino era vivo. Gli scoppiava il
cuore solo a pensarci. Fino a una manciata di ore prima l’aveva
ritenuto morto nello spazio, dilaniato dalla flotta di Arianrhod, ora
invece se l’era appena trovato di fronte… come nemico? Quella era la
cosa più scioccante, che lo stava turbando da quando aveva messo piede
alla base. Non aveva nemmeno avuto il tempo di gioire del fatto che
fosse ancora vivo, che i cannoni del Ryusei-go lo avevano puntato
minacciosi.
Shino era passato dalla parte dei nemici? Si chiedeva quale fosse il
motivo, trovando più plausibile quello dell’essere stato salvato da
loro. Gli sembrava però strano che voltasse le spalle a Tekkadan in
quel modo. Dopotutto, contro di lui aveva esitato. Avrebbe potuto
sbriciolarlo con quei cannoni, invece… gli aveva chiesto di ritirarsi.
Lo aveva supplicato e il ricordo della sua voce lo faceva desistere dal
ritenerlo seriamente un nemico. Sembrava stesse soffrendo. Anche se
intorno a lui i compagni erano in fermento e udiva le loro parole
chiamarlo traditore. La situazione era confusa, non c’era tempo per
riflettere, diceva qualcuno. Eppure, Yamagi pensava che ci doveva
essere una ragione per il suo comportamento e non erano solo i
sentimenti a muovere i suoi pensieri, ma anche i ricordi. Lui conosceva
il modo di pensare di Shino.
Quando, poche settimane prima, casco contro casco, si erano guardati
negli occhi, in quello sguardo aveva visto la risolutezza di chi è
disposto a tutto per proteggere gli altri, la volontà incrollabile di
proteggere la propria famiglia. Non ne conosceva i motivi, ma di certo
per comportarsi così lui...
… se, però, per qualche motivo che non riusciva a comprendere, Shino
fosse realmente passato dalla parte di Arianrhod e avesse deciso di
distruggere quella che un tempo era stata la sua famiglia, lui stesso
cosa avrebbe fatto? Dopotutto, si era trovato quasi per caso dentro
Tekkadan. Sì, era vero, anche lui era uno degli oppressi alla CGS, uno
di quelli che aveva legato con il gruppo di Orga, soprattutto con
Takaki e Ride. Ma il suo sguardo era sempre stato rivolto a Shino. Se
aveva seguito i compagni in quel viaggio folle era stato perché Shino
si era unito a loro sin da subito, anzi, era stato proprio uno di
quelli ad aver caldeggiato la rivolta. Yamagi aveva intuito che le loro
azioni sarebbero state rischiose, aveva sempre avuto il terrore di non
poter tornare indietro e di essere distrutto da Gjallarhorn. Ma Shino
lo aveva più volte rincuorato, dicendogli che ce l’avrebbero fatta. Che
avrebbero avuto un futuro migliore… e lui ci aveva quasi creduto.
Invece, i suoi timori iniziali avevano avuto ragione.
Gjallarhorn non avrebbe dato alcuna via di scampo e se anche una parte
di loro stava per fuggire, molti altri sarebbero morti sul campo. Però,
Shino era dalla parte del nemico. Quel nemico contro il quale si era
gettato giorni prima, rischiando un’azione suicida. Ed ora, Yamagi,
cominciava a chiedersi chi fosse il nemico di chi e la risposta alla
domanda ‘che cosa avrebbe fatto lui’, cominciò a farsi strada nel suo
cuore.
Il giovane meccanico trasalì, nel comprendere la propria risposta.
L’improvviso rumore degli altoparlanti che si accendevano lo distrasse
da quei pensieri: qualcuno aveva aperto la comunicazione con la base e
quel “Ascoltatemi bene, ratti di Tekkadan” lo fece sobbalzare. Era la
voce di Shino.
“Siete solo dei topi di fogna, non dimenticatevelo. Soltanto quello.
Non potrete mai rialzarvi, potete solo cadere più in basso e strisciare
nelle fogne, mentre i gatti vi inseguiranno per annientarvi. Quindi
strisciate ancora più a fondo, fino all’inferno, così da non farci più
preoccupare della vostra misera esistenza.”
In un primo momento, nessuno osò fiatare, i ragazzi rimasti alla base
di Tekkadan erano senza parole. Poi, le prime che si sollevarono furono
epiteti come “bastardo”, “maledetto”, “schifoso traditore”. Negli
stessi occhi di Kassapa, Yamagi vide l’impulso di chi voleva dire
qualcosa, ma comprese che il vecchio non parlava per rispetto nei suoi
confronti. Così come comprese il suo stupore nel vederlo abbozzare un
sorriso.
“Voi…” Yamagi fece un profondo respiro, trovando finalmente la forza di
alzarsi. Ora gli era tutto molto più chiaro. Sapeva da che parte doveva
stare.
“…voi non avete mai capito nulla di Shino!” Gridò a pieni polmoni.
Gli insulti di Eugene gli riecheggiavano ancora nelle orecchie, così
come quelli di Dante e degli altri compagni. Shino li aveva incassati
senza ribattere. In fin dei conti, pensava davvero di meritarseli. Solo
Mikazuki e Akihiro non avevano fiatato. Proprio loro, che ormai erano
gli unici rimasti sul campo di battaglia, dopo aver chiesto agli altri
di ritirarsi.
Aveva udito benissimo Mika spronare Eugene, dicendogli di fare il suo
dovere di vicecapo. Lo stesso aveva fatto Akihiro con Dante,
chiedendogli di portare a termine gli ordini di Orga. Così i due
avevano obbedito e insieme al gruppo dei piccoli come Elgar e Hirume,
avevano lasciato la battaglia per aiutare i compagni rimasti alla base.
Conosceva troppo bene Eugene per non immaginare con che stato d’animo
si fosse ritirato, costretto a dare le spalle a parte della famiglia.
Di fronte, aveva ormai solo il Gusion e il Barbatos. C’era stato un
tempo in cui avevano avuto lo sguardo rivolto nella stessa direzione
ma, ormai, si ripeté a malincuore, quel periodo era finito da un pezzo.
“Fa’ quello che devi, Shino.” Quel richiamo greve lo fece sussultare.
“…ma fallo il più lentamente possibile.”
“Mikazuki!” Chiamò Shino, ma il compagno aveva già chiuso la
comunicazione fra i gundam.
Per la prima volta da quando pilotava mobile suit, Norba Shino avvertì
un brivido gelido percorrergli la schiena. Una sensazione sconosciuta,
che cominciava però a riconoscere come angoscia e rammarico.
Aveva fatto male i suoi calcoli… non c’era più alcuna soluzione.
Mikazuki e Akihiro… avevano seriamente intenzione di morire?
FINE 7 Capitolo
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