“Le
conosco, le anime come quella di Rin:
si
fanno strada
nelle tenebre del tuo cuore e nulla sembra poterle fermare.
Illuminano
tutto,
senza chiedere il permesso.
Cerchi
di
scacciarle in tutti i modi e, quando finalmente ci riesci, ti ritrovi
a non saper più che fare senza la loro luce a guidarti.
Queste
mortali
hanno più potere in una sola delle loro mani di quanto mai
potremmo
averne noi.
Sono
qualcosa di
misterioso, di incomprensibile, qualcosa di cui non siamo degni; ma
hanno scelto noi e tenercele strette deve essere il nostro scopo
nella vita.
Tienitela
stretta, Sesshomaru.
Le
anime come Rin
sono tesori così preziosi da essere
ineguagliabili.”
-Daiki-
Non
è cambiato nulla.
Sesshomaru
sgranò appena
gli occhi, stupendosi di quel suo pensiero così distorto.
Nonostante
di secoli ne
fossero passati quasi due dall'ultima volta in cui ci aveva messo
piede, il demone ammise che le terre dell'Est non sembravano essere
cambiate, restando sempre belle come le ricordava.
Belle
come le aveva rese
Lei, Regina della natura.
Tanto
potente quanto mortale, che spreco.
Chiuse
gli occhi per un solo
istante, respirando appieno il dolce profumo delicato delle centinaia
di ciliegi in fiore che circondavano il palazzo presso cui si stavano
dirigendo.
Erano
sempre state di una bellezza impossibile quelle terre, floride di
paesaggi mozzafiato e di colture sempre molto più che
abbondanti; ma
lei
aveva reso tutto ancor più bello se possibile.
Eppure,
nonostante tutto
fosse esattamente come ne aveva memoria, Sesshomaru sapeva quanto in
realtà il regno del suo più caro amico fosse
cambiato.
Due
secoli non risparmiano una vita umana, per quanto potente.
Sesshomaru
non era stupido:
nonostante a prima vista tutto sembrasse essere rimasto immobile,
cristallizzato, probabilmente erano anni che la felicità non
abitava
più nel cuore del sovrano dei Demoni Cane dell'Est.
Se
è riuscita a sopravvivere per mezzo secolo, sono almeno
centocinquant'anni che è morta.
Il
tempo era ingiusto,
crudele.
E
non risparmiava nessuno.
C'è
chi muore e chi è costretto a sopravvivere. Ancora non so
cosa sia
meglio.
Ricordava
ancora come durante il suo
dominio gli alberi dinnanzi a lui fossero costantemente in fiore,
anche d'inverno; non che la bellezza dei ciliegi fosse diminuita nel
tempo, ma essendo primavera inoltrata Sesshomaru non si aspettava
nulla di diverso; probabilmente all'abbassarsi delle temperature non
sarebbe rimasto più nulla di quello spettacolo.
Così
come non sarà rimasto nulla di lei.
Ricordava,
come fosse ieri,
quanto Daiki avesse amato guardarla passeggiare per i giardini;
quanto lui stesso fosse rimasto amaliato dalla naturalezza con cui
quell'umana provveniente da terre lontanissime riusciva, con il tocco
di un dito, a far fiorire un albero intero.
Aveva
visto l'esistenza del
suo più caro amico riempirsi di colori e gioia, lo aveva
visto
innamorato e dolce come non credeva fosse possibile per quelli come
loro. Demoni.
Com'era
possibile che una
creatura eterna come un demone si inginocchiasse dinnanzi a una
misera mortale?
Non
aveva capito, non ci era
mai riuscito almeno fino a quando non si era ritrovato a sentir il
suo cuore riempirsi dei sorrisi di un'orfanella.
E
allora tutto era cambiato.
Tutto.
Se
voltare le spalle a Daiki
e la sua donna era stato salutare, almeno era riuscito a proteggersi
dal dolore che quell'umana avrebbe portato un giorno all'amico;
scappare da Rin era praticamente impossibile.
Non
ci sono riuscito quando non sapevo ancora il suo nome, figurarsi ora.
Sentì
all'improvviso il
rumore dei piccoli passi della bambina che si portava appresso,
Sesshomaru non si voltò, conscio che presto lei l'avrebbe
sorpassato
entrando con la forza nel suo campo visivo.
Senza
chiedere il permesso, come sempre.
Fermò
il suo camminare
quando la vide saltellare un paio di volte con il desiderio di poter
afferare un ramo per annusarne i fiori, sfortunatamente però
era
ancora troppo piccola.
Nel
giro di qualche anno sarai donna. Non ti volterai più verso
di me,
non mi sorriderai più riconoscente per l'aiuto. Non avrai
più
bisogno né dell'aiuto né tantomeno di me.
Le
si avvicinò in un paio
di falcate e spezzò un piccolo rametto, posandolo sulle mani
di Rin
che si lasciò scappare un gridolino felice.
-Grazie
mille, Signor
Sesshomaru!-
Non
le rispose, non ce n'era
bisogno, eppure rimase a fissarla mentre lei, estasiata, immergeva
delicatamente il nasino tra i petali rosa dei fiori.
Gli
esseri umani, infondo, non sono diversi dai fiori di questi ciliegi.
Il
demone bianco sentì una
leggera stretta al cuore, pur non mostrando alcuna emozione, nel
guardare la bambina accostata a quei fiori.
Appassirai
anche tu in un lampo e io non potrò farci nulla. Nulla.
Aveva
già rischiato di
perderla fin troppe volte e ancora non si era perdonato per essere
stato lui l'ultimo, in ordine cronologico, ad aver posto fine alla
sua vita.
Aveva
bramato il potere fino
al punto di sacrificare tutto quello che di importante possedeva, si
era spinto fino al punto in cui aveva voltato le spalle all'unica
cosa che fosse sacra per lui.
Per
me non c'è nulla che abbia lo stesso valore della vita di
Rin.
Solo
allora aveva compreso
perchè Daiki avesse comunque deciso di stare accanto alla
donna che
amava, senza pensare al poco tempo che avrebbero avuto a
disposizione.
-Presto
morirà.-
Daiki,
gli occhi
blu segnati dal dolore, gli sorrise appena.
-Inevitabile,
Sesshomaru. Ma ne varrà la pena, vivere con lei anche se per
pochi
istanti.-
Tornò
a guardare la bambina
alle sue spalle, riprendendo poi il cammino.
Meglio
pochi istanti insieme che il rimpianto di quello che avremmo potuto
avere.
Capirlo
era un conto, ma
accettarlo era tutt'altro.
Chissà
come sarebbero
continuate le cose, chissà se lei gli sarebbe rimasta
accanto fino
alla fine.
Ruscirei
a rinunciare a lei se questo la rendesse felice?
Fortunatamente
a
interrompere quel suo dialogo interiore e a distoglierlo dal dolore
furono le parole del suo unico servitore che, oltre ad aver imparato
a tacere sulla strana natura del rapporto tra Sesshomaru e Rin,
sembrava aver imparato anche quando fosse il caso di parlare e quando
non lo fosse.
-Padrone,
possibile che il
potere di quella donna sia ancora in queste terre? Possibile che le
amasse a tal punto?-
Lui
non rispose subito,
incuriosito dalla domanda posta dal kappa.
Poteva
essere possibile?
No,
si disse, per quanto
potente la Regina era stata un'umana, una ningen. Nulla poteva
cambiare questo.
Com'è
strano il fato: donare un potere simile a una creatura destinata a
morire in poco più di mezzo secolo quando avrebbe potuto
donarlo ad
un demone che avrebbe saputo accrescerlo a dovere.
Sentì
i passi della sua
protetta farsi più veloci, più vicini e,
inconsciamente, rallentò
affinchè lei riuscisse a raggiungerlo.
Ormai
era una scena che si
ripeteva tutte le sere, ogni qualvolta fossero prossimi a trovare un
luogo dove accamparsi per la notte.
La
bimba, fin troppo
intelligente, gli sorrise riconoscente.
Incredibile
come ogni cosa stia mutando, come tutto sembra essersi messo in
movimento.
-Signor
Sesshomaru, è vero
che la regina di queste terre era umana?-
Lui
annuì. -Esatto Rin.-
-L'hai
mai incontrata,
Signor Sesshomaru?-
Il
demone bianco distolse lo
sguardo da quello castano e vispo della bambina, puntandolo verso
l'argentea luna piena quella sera più grande che mai.
La
prima volta in
cui lui, il grande Sesshomaru del casato nobilissimo e purissimo dei
Taisho, dalla notte dei tempi sovrani dei Demoni Cane delle Terre
dell'Ovest, aveva incrociato lo sguardo con una donna umana,
pensò
che Daiki, quanto di più simile ad un fratello, avesse
completamente
perso il lume della ragione.
Il
principe delle
terre dell'Est l'aiutava a camminare dato che la ningen sembrava
essere ancora debilitata dallo scontro avuto con i suoi stessi
genitori.
Aveva
una gamba
fasciata a cui era stato applicato un unguento che pareva ancora
darle fastidio nonostante fossero ormai passati diversi giorni dal
suo arrivo a palazzo, e dal finissimo kimono che la Regina le aveva
prestato si intravedevano altre fasciature.
L'amico
gli aveva
raccontato la sera precedente che la matrigna della ningen l'aveva
personalmente pugnalata nella speranza che non sopravvivesse alla
fuga dal castello di famiglia.
Sesshomaru
non se
ne era stupito così tanto, infondo anche nelle loro terre le
primogenite femmine venivano eliminate nell'attesa di ottenere un
erede maschio.
Quando
finalmente
passò ad osservare la creatura che sembrava aver rapito il
principe
di quelle terre, rimase a dir poco stupito.
Era
strana, per
essere una semplice ningen.
Sembrava
qualcosa
di ultraterreno, talmente eterea da porter sembrare una demone se non
addirittura una dea.
Era
oggettivamente bella, per quanto Sesshomaru non fosse tipo da notare
simili caratteri nelle creature mortali (o immortali) dovette
ammetterlo.
Era
gracile,
troppo magra e decisamente più alta di qualunque altra donna
orientale, aveva capelli di un biondo talmente chiaro da poter essere
scambiati per bianchi, labbra carnose, troppo carnose; ma quello che
colpiva maggiormente Sesshomaru erano gli occhi: verdi, di un verde
così acceso, intenso, da lasciare senza fiato.
Erano
brillanti,
inebrianti, magnetici.
Poteva
giocarsi
la sua immortalità: non ci sarebbe mai stata altra creatura,
anche
tra gli immortali, a possedere simili occhi.
Daiki
gliela
aveva presentata con entusiasmo, lei aveva fatto uno strano inchino,
aveva leggermente sorriso con eleganza e poi, forse ricordandosi di
non essere più nelle sue terre, aveva chinato il capo con il
rispetto che si pretendeva dalle donne giapponesi.
-Un
onore
conoscervi, Principe Sesshomaru.-
Lui
le aveva
semplicemente fatto un cenno col capo, senza dire una parola
sentendosi tradito.
Come
poteva
fargli questo, Daiki?
Come
poteva
sporcare centinaia d'anni di purezza di sangue per una misera
mortale?
Che
futuro
avrebbe dato a degli ipotetici figli se la madre nel giro di una
cinquantina d'anni fosse morta?
Non
capiva,
maledizione. Non ci riusciva proprio.
Aveva
dato le
spalle alla coppia e se n'era andato per un paio di giorni.
L'ultima
volta in
cui l'aveva guardata era rimasto stupito.
Erano
in
battaglia, i demoni gatto erano in netto vantaggio nonostante lui e
Daiki stessero combattendo al massimo della loro forza, ma il
principe di quelle terre era troppo addolorato dalla morte del padre
avvenuta misteriosamente qualche giorno prima per poter essere lucido
ed utile in battaglia.
Erano
moltissimi,
i bastardi, e lui per quanto forte, non poteva batterli tutti.
L'esercito
di
Daiki stava soccombendo, i demoni gatto sembravano non finire mai e
la Signora Madre, Yuzuki, l'unica demone che Sesshomaru avrebbe
potuto tranquillamente chiamare madre, era stata gravemente ferita.
L'umana,
obbligata a restare dentro il palazzo.
Daiki
sarebbe
morto se si fosse dovuto preoccupare anche di lei, Sesshomaru ne era
conscio.
Erano
stremati,
era ormai scesa la seconda notte di guerra e presto avrebbero ceduto.
In
un qualche
modo la mocciosa riuscì a liberarsi delle proprie guardie e
arrivò
al campo di battaglia proprio quando il compagno fù
immobilizzato a
terra, una spada puntata alla gola.
-Principe,
oggi
il tuo regno diventerà finalmente mio. Il tuo trono mi
appartiene.-
Sesshomaru
non si
mosse, intento a capire cosa poter fare nonostante fosse molto
debilitato.
Un
urlo attirò
l'attenzione di tutti i presenti.
-E
questo
bocconcino da dove salta fuori? Ha il tuo odore, lurido cane. Non
dirmi che hai osato macchiare il nome del tuo nobilissimo clan per
una donna. Un'umana.-
Risero
tutti, di
lui, di lei.
Sesshomaru
la
odiò in quel preciso istante: il suo migliore amico, demone
degno
del massimo rispetto, deriso in punto di morte per una mocciosa
umana.
Un'onta
di cui
Daiki non avrebbe mai potuto liberarsi, tantomeno da morto.
Fu
allora che la
ragazzina lo sorprese.
-Non
osate ridere
di lui.-
Il
demone gatto
ghignò. -Potrei tenerti in vita un paio di mesi, ragazzina,
strapparti gli occhi sarà un pioacere immenso. Quel tuo
orrido
ghigno di vittoria lo distruggerò a furia di spezzarti ogni
singolo
osso.-
Un
paio di
movimenti aggraziati delle sue mani e tutti, tutti i demoni gatto, si
ritrovarono legati a terra da liane improvvisamente spuntate dal
terreno.
Ne
uccise
personalmente solo uno: il bastardo che aveva osato colpire a livello
del cuore Yuzuki.
Del
resto
dovettero occuparsene lui, ma soprattutto Daiki in modo da poter
essere rispettato e accettato come nuovo re.
-Qualche
volta.-
-Era
bella?-
Sesshomaru
alzò leggermente
un sopracciglio argenteo, distogliendo lo sguardo da quello della
bambina.
Che
domanda era?
-Che
razza di domande fai,
sciocca ragazzina? Credi davvero che il Sommo Sesshomaru perda tempo
a guardare le donne umane?-
Rin
s'imbronciò appena.
-Scusate.-
Avrebbe
voluto dirle
qualcosa, in quell'istante, far sparire quell'ombra di dolore dagli
occhi della bambina ma, all'improvviso fu altro ad attirare la sua
attenzione: l'odore del vento era cambiato, stava arrivando qualcuno.
E
non è Daiki.
La
luna sparì
all'improvviso, coperta con violenza da enormi nubi cariche di
tempesta.
Lampi
e fulmini si
susseguirono per un paio di minuti, Sesshomaru prese tra le braccia
Rin mettendola poi al riparo sotto il più possente dei
ciliegi.
Se
un fulmine la colpisse..
Jaken,
Kohaku e Ah-Un si
misero vicino alla ragazzina, il drago le si accoccolò
accanto
guardando poi il suo padrone, Sesshomaru sapeva che l'avrebbe
protetta a costo della sua stessa vita.
Rin
e Ah-Un avevano un
legame particolare, era qualcosa che andava oltre il semplice
rapporto di fedeltà della bestia.
Rin,
come faceva con tutti,
si prendeva cura di quel demone a due teste con affetto e
naturalezza, quasi quella creatura non fosse un possente drago ma la
più docile e meritevole bestiola.
Qualche
albero accanto al
loro prese fuoco, Sesshomaru per non correre rischi estrasse Tenseiga
piantandola a terra. Seppur la spada fosse ormai inutile, la sua
barriera risultava essere ancora invalicabile al nemico.
Una
risata acuta, oscena,
catturò immediatamente l'attenzione del demone bianco.
Poi
il nemico, finalmente,
comparve.
Aveva
la pelle di un colore
malsano, gli occhi di un folle e un sorriso fin troppo impertinente a
sorpiargli le labbra.
Rimise
Tenseiga nel fodero
quando le scariche elettriche vennero meno e fece qualche passo
avanti.
-Levati,
tu sei debole.-
Se
Sesshomaru non rispose, i
suoi compagni di viaggio si indispettirono per lui. Forse fin troppo.
Jaken
al solito aveva
iniziato a dire cose senza senso, avesse potuto l'avrebbe ucciso lui
stesso in quel momento.
Il
nemico allungò uno dei
suoi arti fino a cercare di colpire Kohaku, la cui scheggia della
sfera sembrava essere diventata una calamita per tutte le disgrazie.
Lo
mancò, Sesshomaru
tranciò quel tentacolo con i suoi artigli.
-Te
lo ripeto, sei debole.-
L'unica
con un po' di sale
in zucca, Sesshomaru lo pensò con orgoglio, sembrava essere
Rin che
aveva preso le redini di Ah-Un e dopo aver fatto salire Jaken e
Kohaku si era alzata in volo allontanandosi lo stretto necessario per
poter essere al sicuro.
Il
nemico cominciò a
ridere. Sesshomaru capì immediatamente che stava ridendo di
lui.
-Oh
si, mi tocca ripeterlo:
sei debole. Le creature che ti seguono me lo confermano.-
Un
altro tentacolo partì
verso il cielo, il maledetto sembrava desiderare a tutti i costi la
vita dello sciocco ragazzino.
Il
suddetto genio, invece di
scansarsi, lanciò la sua arma di sterminatore colpendo il
nemico
alla tempia.
Stupido.
Bastò
uno strattone del
mostro per far cadere Kohaku da Ah-Un.
-Se
è un'emanazione di
Naraku, ora che il mio frammento è stato purificato, non
potrà
toccarmi.-
Sesshomaru
stesso rimase
sorpreso quando il ragazzino venne imprigionato dal nemico.
-Naraku?
Non osare
compararmi a quel mezzodemone.-
Quelle
parole fecero gelare
il sangue a molti dei presenti, Sesshomaru preferì non
pensare a chi
diavolo fosse quella creatura.
Il
demone bianco con un
balzo si avvicinò all'umano, quando però
allungò la mano verso di
lui si ritrovò trafitto in tre punti dell'avambraccio.
Il
veleno di quelle dannate
punte gli ustionarono il braccio, una si allungò a tal punto
da
colpire la sua mokomoko.
Ringhiò.
-Sei
debole, non smetterò
mai di ripetertelo.-
Lo
sentì ridere
sguaiatamente mentre Rin chiamava il suo nome, terrorizzata.
-Il
modo in cui quel
cucciolo d'uomo si preoccupa per te, debole, è
così tenero.-
Lo
sentì ridere
maggiormente. -E ora, il colpo di grazia.-
Sesshomaru
non si mosse, non
mostrò alcuna intenzione.
-Bastardo!-
Sesshomaru
posò lo sguardo
sul quel lurido mezzodemone che era appena giunto, solo lui avrebbe
potuto essere sempre così volgare.
Il
dannato con la sua
Tessaiga tranciò di netto il braccio del nemico, liberando
sia lui
che il moccioso umano.
Del
secondo si prese cura il
resto del gruppo di Inuyasha, appena lui toccò terra invece
si
ritrovò a fissare gli occhi scuri di Rin.
Sgranò
appena lo sguardo,
la ragazzina stava per piangere. Si fissarono pochi istanti, lei
schiuse le labbra un paio di volte ma non disse una parola.
Probabilmente
scoppierebbe a piangere, se dicesse qualcosa ora.
Non
disse nulla neppure il
demone maggiore, semplicemente annuì in silenzio vedendo la
bambina
sorridere appena.
Tutte
le emozioni che Rin
provava nei suoi confronti, il modo in cui si preoccupava sempre per
lui lo lasciavano sempre pù stupito.
Il
calore, il suo calore. Lo sento dentro.
-Chi
diavolo sei?-
Sesshomaru
puntò nuovamente
lo sguardo verso il nemico, il quale sembrava troppo intento ad
osservare la sacerdotessa cui si accompagnava Inuyasha. Gli
bastò
incrociare lo sguardo della ragazzina per un solo istante per farla
cadere a terra, priva di sensi.
-Che
le hai fatto? Allora?
Che hai fatto a Kagome?-
La
risata della creatura
fece accaponare la pelle a tutti. -Vuoi davvero sapere chi sono,
lurido mezzodemone cane? Ebbene, ti accontento, il mio nome
è
Magatsuhi.-
Poco
importava chi fosse,
quel Magatsuhi meritava solo una cosa: la morte.
E
sarebbe stato lui, il
grande Sesshomaru ad ucciderlo.
Lo
esige il mio orgoglio.
-Prendete
Kohaku e
allontanatevi da qui, siete di troppo.-
Non
guardò nessuno di loro,
poco gli interessava delle loro vite. Voltò lo sguardo un
solo
istante, verso Rin, balzando poi verso il maledetto che aveva osato
ferirlo e deriderlo.
Neancora
sai, contro chi ti sei messo.
-Sesshomaru,
i feriti gravi
non combattono. Fatti da parte.-
Come
osava quel lurido
mezzodemone? Come osava sminuirlo così, dinnanzi al nemico?
Giunti a
quel punto, la vita del solo Magatsuhi non avrebbe placato la sua
sete di sangue.
Jaken,
al solito, non riuscì
a tapparsi la bocca.-Come osi, Inuyasha? E di chi credi sia la colpa?
Se il Nobile Sesshomaru non ti avesse ceduto Meido Zangetsuha, a
quest'ora..-
-Taci,
maledetto! Non me ne
può fregar di meno.-
Sentì
il cuore battere
furiosamente, il sangue pompare con forza nelle sue vene e
Sesshomaru, a quel punto, chiuse gli occhi lasciando che, una volta
riaperti, fosse la creatura demoniaca ad avere il sopravvento.
Il
suo sguardo si tinse di
rosso, le iridi divennero azzurre mentre la bocca gli si riempiva di
veleno e i denti si affilavano.
-Un
ridicolo mezzodemone
avrebbe pietà di me? Temo mi stiate entrambi sottovalutando.-
Alzò
l'arto ferito e
ustionato, bastò una lieve tensione dei muscoli per far
sparire
completamente le ferite e a quel gesto Magaztuhi rise ancor
più
forte. -A quanto pare, ti serve un'altra lezione. La sostanza
però
non cambia: sei debole.-
I
suoi arti si allungarono
nuovamente, Sesshomaru si mosse all'ultimo e con una
velocità tale
da lasciare a bocca aperta anche l'emanazione della sfera stessa.
Ah,
adorava lasciare il
nemico senza parole.
Adorava
fossero riconosciute
le sue capacità.
Infondo,
Sesshomaru, era
vanesio quanto consapevole della sua grandissima forza.
Poteva
permettersi un simile
atteggiamento, al contrario di quel montato scarto di vita che era il
suo fratellastro.
Un
paio di movimenti
fulminei, poi una luce azzurra lo avvolse completamente e quando
tocco nuovamente terra aveva assunto la sua più magnifica
forma
demoniaca ma, soprattutto, teneva tra le fauci la testa
dell'avversario.
Fu
Inuyasha ad avvisare gli
umani di alzarsi in volo, quando dal corpo della parte malvagia della
sfera cominciò a fuoriuscire miasma micidiale.
Gli
alberi attorno a loro, i
pochi sopravvissuti, appassirono all'istante e morirono mentre quel
tremendo gas si faceva sempre più strada nelle terre del
Principe
Daiki.
-Continuate
pure,
distruggete il mio corpo. Ci rimetteranno solo quei miserabili umani
e poi, io non sento dolore. Questo è solo un corpo in
prestito.
Fatene ciò che preferite.-
Dalla
testa tra le fauci di
Sesshomaru cominciarono ad apparire altri tentacoli, così
come dal
corpo decapitato ma se i secondi furono tranciati di netto da
Inuyasha, i primi si avvolsero sempre più attorno alla
possente
figura del demone cane imprigionandolo in una morsa sempre
più
stretta.
-Sesshomaru,
fai
attenzione.-
Sentì
in lontananza la voce
di Rin, quella benedetta creatura sembrava non essere capace di
trattenere la sua preoccupazione per lui, qualunque fosse il
contesto. Non avrebbe mai ringraziato abbastanza il destino per
quello.
Una
volta completamente
avvolto dalle protuberanze di quella dannata testa parlante,
tornò
alla sua forma umanoide uscendo dal groviglio sano e salvo.
-Per
fortuna.-
Com'era
possibile che la
voce di Rin, nonostante la bimba avesse appena sussurrato, gli
risultasse sempre così comprensibile e limpida?
Sentiva
la rabbia scorrergli
nelle vene con il sangue, la sentiva corrodergli ogni maledetto
briciolo di ragionevolezza ed esausto dalle risa di scherno
tornò
all'attacco, gli artigli avvelenati come unica arma.
Finì
imprigionato
nuovamente nel giro di pochi fendenti, l'umiliazione a bruciare come
sale su ferite fresche e profonde.
Fu
il fendende di una spada
sottile ma affilatissima, leggermente ricurva, a liberarlo dalla
presa di Magatsuhi.
Che
sorpresa.
Il
demone maggiore, padrone
della spada che aveva tranciato quei tentacoli, gli si fece
immediatamente accanto.
Sesshomaru
incrociò le sue
iridi blu notte, ovviamente non ricambiò il leggero sorriso
con cui
l'altro lo salutò, ma rimase ad osservarlo per un bel po' di
tempo.
Era
cresciuto anche lui,
notò velocemente: aveva le spalle più larghe,
un'aurea demoniaca
immensa, la mokomoko nera toccava terra per almeno un terzo della sua
lunghezza ed era, se possibile, ancor più folta di quella
del demone
bianco.
Aveva
lunghi capelli blu
notte legati in una coda alta grazie ad un nastro di seta nero,
indossava un kimono nero le cui maniche sfumavano fino al grigio, ma
non aveva alcuna armatura su di sé, l'unica protezione era
un
semplice blocco metallico posto sul petto, a protezione del cuore,
fissato grazie ad una catena anch'essa metallica che gli passata
sotto il braccio e dietro il collo.
-Sesshomaru,
a furia di
attendere una tua visita pensavo sarei morto.-
-Tsk.-
Sei
solo. E così è morta davvero.
Il
demone maggiore, signore
dei cani della luce, rise di cuore.
Magatzuhi
guardò il nuovo
arrivato con interesse. -E voi, chi maledizione siete?-
Se
il demone cane appena
giunto si era mostrato tanto premuroso nei confronti di Sesshomaru,
questo non valse per nessun altro.
-Andatevene.-
L'altro
rise. -Forse non
avete capito con chi avete a che fare.-
Inuyasha,
che ancora non
capiva cosa c'entrasse quel tale con Sesshomaru, si fece avanti nello
scontro e Tessaiga si colorò di nero. -Oh, non mi crederai
così
stupido, spero, mezzodemone.-
Si
spaccò in mille e più
frammenti, circondando tutta l'area con i pezzi del suo corpo e dei
suoi tentacoli.
-Forza,
colpiscimi se ci
riesci. Vedere queste anime umane morire a causa del tuo Meido
sarà
quanto mai appagante. Su, Inuyasha, colpiscimi.-
Il
mezzodemone ringhiò,
Daiki intanto si voltò verso Sesshomaru, che se ne stava
fermo
immobile. -Che facciamo?-
Sesshomaru
lo guardò per un
solo istante. -Riuniamo i pezzi.-
Si
librarono entrambi in
aria, il demone bianco subito affiancò Ah-Un cominciando poi
a
colpire con gli artigli i vari frammenti. L'amico di una vita fece lo
stesso.
Il
bonzo si sorprese
dell'azione dei due demoni maggiori, Sesshomaru rimase però
stupito
dalla naturalezza con cui Rin gli rispose.
-Il
Signor Sesshomaru è
sempre stato gentile e premuroso.-
Sembrava
una frase a metà,
quasi Rin si fosse fermata intenzionalmente per non rivelare altro.
Daiki,
ovviamente, ridacchiò
affiancandolo. Lo fulminò con uno sguardo e l'amico
alzò le mani in
segno di resa, senza dire nulla a riguardo.
-D'ora
in avanti dovrete
proteggervi da soli.-
Daiki
sorrise. -Stai
implicitamente dicendo che tocca a me proteggerli, amico?-
Ringhiò
appena, poi con un
paio di movimenti fulminei riuscì ad evitare i vari attacchi
rivolti
a lui e alla fine si ritrovò davanti a Magatsuhi.
-Sesshomaru,
dannato, che
cosa vuoi fare?-
Lurido
mezzodemone, fossi degno di essere appellato come figlio di nostro
padre, avresti sentito questo lieve sentore. È un odore
particolare,
leggermente diverso dal tanfo pestilenziale delle carni di Naraku.
Questo, è il vero spirito di Magatsuhi.
Sfoderò
Tenseiga e tagliò
l'aria, colpendo esattamente il punto prestabilito.
Il
nemico non fece in tempo
a ridere nuovamente che davanti agli occhi di tutti apparve la vera
forma dell'emanazione malvagio della sfera: un volto orribile, cieco
ad un occhio e con delle zanne enormi.
-Maledetto,
come hai osato?-
A
protezione da Tenseiga
arrivarono i vari frammenti del corpo in prestito che crearono una
barriera sfortunatamente invalicabile per la spada del demone
bianco.
-Queste
carni non sono
tagliabili con la tua arma, mi dispiace, poiché il loro
padrone è
di questo mondo. Sei debole.-
Parte
dei tentacoli si
allungarono e in pochi istanti tutti finirono imprigionati, Daiki
incluso visto che aveva perso la spada nel tentativo di proteggere lo
stolto ragazzino umano e sua sorella.
-Signor
Sesshomaru!-
Si
voltò stupito,
quell'urlo strozzato gli congelò il sangue nelle vene. Erano
tutti
prigionieri, certo, ma a Rin il bastardo stava riservando un
trattamento differente.
La
stava stritolando,
maledetto, e presto la ragazzina sarebbe morta.
Diede
le spalle al nemico
cercando di avvicinarsi il più possibile a lei.
Daiki
e Inuyasha nel
frattempo stavano ringhiando dalla frustazione, più si
muovevano e
più venivano avvolti da quei maledetti pezzi di carne.
L'odore di
lacrime della bambina non stava aiutando nessuno.
-Sei
debole, adoro
ripeterlo.-
Mancava
poco perchè
Sesshomaru fosse vicino a Rin tanto da poterla liberare, mancava
davvero pochissimo e fu allora che Magatsuhi lo colpì.
Alle
spalle, come i vigliacchi.
Sesshomaru
fu trafitto al
torace in due punti da due enormi protuberanze le quali, ovviamente,
lo avvolsero bloccandogli pure l'uso del suo unico braccio.
Rin
dopo aver urlato il suo
nome era scoppiata a piangere a dirotto, terrorizzata di poterlo
perdere, ed era riuscita a liberare un braccio e l'aveva allungato
verso di lui.
La
guardò stringere i denti
mentre la presa sul suo fragile corpo aumentava tanto da renderle
difficile perfino respirare.
-Che
scena patetica, debole
demone.-
Si
alzò leggermente il
vento, poi successe l'impensabile.
Note.
Piccolo
esperimento che ho trovato nel computer e ho deciso di riprendere in
mano.
Non
ricordo l'ultima volta che ho pubblicato qualcosa, potrei essere un
po' arrugginita come scrittrice. Spero possiate perdonarmi.
Daiki
è il signore dei Cani dell'est, cani del giorno; Sesshomaru
è
quello dei cani dell'Ovest.
Non avrà molti capitoli questo
"esperimento", forse mi ci vorrà non poco tempo per
scrivere i prossimi ma voglio tornare a scrivere e questa storia
è
nella mia testa da moltissimo tempo.
Ovviamente
le critiche e commenti sono gradissimi!
_Lady
Cassiopeia_
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