CAPITOLO
24.
L'AMORE
VINCE
TUTTO
EPILOGO.
1.1
Le
avevo
tentate tutte.
Avevo rovesciato il contenuto della mia borsa
per terra, frugato in ogni tasca del giaccone, avevo guardato
ovunque, ma delle mie maledettissime chiavi di casa neanche l'ombra.
Cosa potevo fare? Rimanere fuori e congelarmi era un'opzione,
avrebbero trovato il mio corpo il giorno dopo, totalmente ricoperto
di neve e, visto che ero abbastanza in salute, sarei anche riuscita a
donare i miei organi. Quella mi sembrava una scelta allettante
rispetto alla seconda opzione: suonare il campanello alle 4.30 del
mattino, quando avrei dovuto essere a casa almeno tre ore prima. Ma
insomma, la mia amica Reika aveva festeggiato il suo compleanno e,
chiacchera dopo chiacchera, eravamo finiti a fare tardi.
Bè,
la festa era finita quando ancora il mio coprifuoco non era stato
sforato, solo che dopo avevo incontrato Shinichi e avevo perso la
cognizione del tempo dentro quegli occhi. Si, ero cotta di lui, ma
non potevo giustificarmi così con i miei genitori, mi
avrebbero
messa in punizione a vita.
Nel silenzio assoluto del momento,
inizialmente non mi accorsi nemmeno che il mio telefono aveva preso a
squillare.
Lo afferrai dalla tasca, curiosa su chi potesse
chiamarmi in una situazione così assurda, mi trovai con il
cuore in
gola vedendo che era mio padre. Tentennai prima di decidere di
rispondere.
"Pronto?" dissi terrorizzata. Mi avrebbe
uccisa, ne ero certa.
"Cosa ci fai seduta sul gradino della
porta come una barbona?"
Sempre la sua solita delicatezza.
"Ho dimenticato le chiavi, potresti aprirmi per favore,
che fuori si gela?"
Papà rimase in silenzio per un
attimo. "Si, potrei, ma non so se lo farò visto che il tuo
coprifuoco scadeva ore fa, signorina!"
Ecco, perfetto,
cominciai già a pensare al mio ultimo desiderio prima del
patibolo.
"Ma siccome sono un uomo magnanimo, adesso scendo ad
aprirti."
Sorrisi instintaneamente, sentendo i suoi passi
pesanti per le scale prima che la porta si aprisse.
Mio padre
era scuro in fiso, furioso sicuramente, ma lui era uno bravo a
trattenere le emozioni. In un certo senso lo avevo ereditato
da lui. Si piazzò davanti a me a braccia conserte.
"Bene,
buonanotte!" cercai di fuggire io.
"Ferma dove sei."
tuonò lui e quindi dovetti bloccarmi. "Per questa volta
lascerò
correre questa enorme infrazione."
Un sorriso mi
spuntò sul viso prima ancora che finisse di parlare. "Ma
solo
per questa volta." precisò.
Annuii in silenzio e feci per
andare in camera mia.
"A tua madre non diremo niente,
intesi? Altrimenti poi chi la sente!"
Mi aveva praticamente
salvato la vita, risparmiandomi ore di rimproveri, per cui tornai
indietro e mi gettai tra le sue braccia.
"Grazie papino,
sei il migliore del mondo!" dissi prima di schioccargli un
sonoro bacio sulla guancia.
"Si si, adesso vai a letto,
prima che ci ripenso!" mi canzonò sorridendo.
Feci come
mi aveva detto e dopo qualche minuto sentii che anche lui era andato
a letto.
Dopo aver fantasticato per almeno mezz'ora sulla frase
che Shinichi mi aveva detto, ovvero ciao, tutto ok?,
mi
addormentai pensando che sì, ci saremmo sposati entro un
anno.
*
"A che
ora sei tornata ieri sera?"
Mia madre mi guardava come se
sapesse già che avevo qualcosa da nascondere, ma cercai
ugualmente
di dissimulare la cosa perchè altrimenti mi avrebbe scoperto
e
sarebbe scoppiata la terza guerra mondiale.
"All'una,
perchè?" dissi mordicchiando un biscotto.
"Mi è
sembrato di sentirti rientrare più tardi."
Mio padre
sbucò alle mie spalle, dandomi un bacio sulla guancia.
"Buongiorno,
mostriciattolo."
Ormai avevo perso le speranze, quel
nomignolo non mi avrebbe mai lasciato in pace, per cui avevo smesso
persino di arrabbiarmi.
Si avvicinò alla mamma e le stampò un
bacio un po' troppo lungo sulle labbra. Sorrisero insieme prima di
rimanere per qualche secondo occhi negli occhi e guardarsi come io
avrei voluto che Shinichi guardasse me.
"Siete così
carini." sussurrai più per me stessa che per dirlo a loro.
Mia
madre fece una faccia sconvolta e, staccandosi da papà,
venne a
toccarmi la fronte. "Ti senti bene? Dov'è finita la
sedicenne
che dice che schifo ogni volta che io e tuo padre ci prendiamo per
mano?"
"Lasciala stare, la notte le avrà portato
consiglio..." mi provocò papà. Ci guardammo
complici, come era
sempre stato dal primo momento, e sorridemmo all'unisono.
Papà
prese mamma e le fece fare una giravolta, portandola con la tesa
all'indietro a mo' di casquet, e baciandole il collo.
Ok,
adesso dovevano fermarsi. "Adesso basta però, non
esagerate."
"Sbrigati mostriciattolo, che ti porto a scuola. E sveglia
quel dormiglione di tuo fratello!"
Mi bloccai in corridoio
davanti alla camera del secondo mostriciattolo, come ci chiamava
papà, e mi scappò da ridere pensando al ricordo
della prima volta
che ci aveva chiamato in quel modo.
"Papino!
Questo è il nostro regalo!"
Io
e Kanata ci avvicinammo a
papà tutti sporchi di torta ai lati della bocca, in
difficoltà per
il peso del pacco, per cui zioTsuyoshi si mise dietro di noi per
aiutarci.
"Cosa
mi avete portato, mostriciattoli?"
scherzò papà prendendo il pacco dalle nostre
mani. Nessuno sapeva
cosa gli avevamo comprato, perchè avevamo pregato zia Fuka
di
accompagnarci perchè doveva essere una sorpresa anche per
mamma.
Avevamo risparmiato la nostra paghetta per un mese e alla fine
eravamo tornati a casa con quel pacco gigante.
Fuka
guardava
mamma sorridendo sorniona, mentre papà strappava la carta
regalo e,
quando lo aprì del tutto, tutti rimasero in silenzio per un
attimo.
Avevamo
fatto fare un album con tutte le nostre fotografie,
tutte quelle che avevamo scattato in vacanza quell'estate, le foto
buffe a mamma mentre dormiva, i selfie al tramonto davanti al mare.
C'erano tutte. Papà sorrise alla vista della foto della
copertina.
Era
la prima foto che avevamo scattato appena usciti dal
tribunale, mamma con le lacrime agli occhi e papà
sorridente.
Tutti
rimasero in silenzio, aspettando la reazione di papà. "E'
bellissimo..." sussurrò quasi senza fiato, e ci
afferrò
entrambi, abbracciandoci.
Aya
ci guardava commossi, e anche
mamma non riusciva a trattenere le lacrime. Avevo una famiglia
bellissima, conquistata e sudatissima, ma comunque meravigliosa e non
avrei chiesto niente di meglio.
Forse
solo che durasse per
sempre.
1.2
Guardai
mio padre e il suo sguardo fiero mentre salivo sul palco per fare il
mio discorso alla cerimonia di diploma in quanto studente migliore
del mio anno.
Inspirai ed espirai, sistemandomi il nodo della
cravatta perché papà non aveva detto altro.
Rivolsi lo sguardo
verso mia madre, stretta in quel vestito rosso scuro che faceva tono
su tono con i suoi capelli, e ovviamente la trovai in lacrime.
Mia
sorella era tra tutti gli altri studenti, nella stessa tunica che io
indossavo, sperando che il mio discorso finisse in fretta e che la
cerimonia iniziasse per accaparrarsi la sua pergamena e fuggire il
più lontano possibile. Era divertente pensare a quanto
eravamo
diversi: io che temevo la fine del liceo come un momento di svolta a
cui non mi sentivo affatto pronto, e lei che non vedeva l'ora di dire
addio a quel luogo perché era stanca di sentire parlare
sempre e
solo di studio. Cosa si dice dei gemelli? Che sentono i pensieri
l'uno dell'altro?
Non avevano tutti i torti, in quel momento la
mia ansia era triplicata da quella di Akane e la cosa non era
affatto positiva.
“Signore e signori, il signor Kanata
Hayama.” mi presentò il preside.
Era il mio momento, il mio
attesissimo momento. Avevo scritto quel discorso con tutta la
serenità del mondo, convinto di riuscire ad esporlo senza
dare di
matto, ma evidentemente mi sbagliavo.
Non appena mi ritrovai
davanti al microfono, il fiato mi morì in gola. Tossii, poi
cercai
di raccogliere tutto il mio coraggio ed iniziare.
“Grazie,
preside Ikeda. Inizio col salutare tutti i presenti e ringraziarli
per la loro presenza davvero imponente a questa cerimonia che
segnerà
la fine di un percorso che ci porterà, finalmente, a
contatto con la
vita vera.”
Tutti avevano gli occhi fissi su di me, i miei mi
guardavano orgogliosi, e quello mi diede la giusta carica per
continuare.
“Una vita che pone davanti a noi gli ostacoli che
tutti hanno dovuto, prima o poi, affrontare. Ognuno di noi ha le
proprie ispirazioni, c'è chi prende il coraggio da un idolo,
da
qualcuno che ammira così tanto da volerlo imitare ed emulare
nel
migliore dei modi.
Anch'io lo faccio e i miei idoli sono due,
due pilastri che tengono le mie fondamente salde e stabili, senza i
quali non riuscirei a stare in piedi. L'uomo che mi ha insegnato
tutto, mio padre, Akito Hayama, e la donna che mi ha amato ancora
prima che mi amassi io, mia madre, Sana Kurata. Loro non mi avranno
dato il loro sangue, ma mi hanno dato il loro nome, a me come al mio
terzo pilastro, mia sorella Akane. Mi hanno cresciuto, mi hanno
educato, e mi hanno dato la possibilità di diventare
ciò che
volevo, qualsiasi cosa essa fosse. I miei genitori mi hanno guidato
negli ultimi incredibili tredici anni, e non saprei come ringraziarli
per ciò che hanno fatto per me e per Akane. Ecco, forse non
si sono
mai accorti che sia io che mia sorella vorremmo assomigliare solo a
due persone al mondo, e sono loro.
Ecco cosa intendo, modelli
piccoli, magari non particolarmente clamorosi, ma importanti per
ognuno di noi. Ora che il liceo giunge al termine vorrei che tutti
trovassero i loro modelli e che lottassero per questo, per un
obiettivo. Buona vita a tutti.”
Terminai il discorso e alzai
lo sguardo verso i miei genitori. Mia madre era disperata ma
sorridente e mio padre non faceva altro che applaudire.
“Sono
fiera di te.” mi sussurrò mia madre in modo che lo
capissi
leggendole il labiale.
Poi trovai lo sguardo di Akane, anche
lei commossa, e sapevo quanto si sarebbe arrabbiata perché
l'avevo
inclusa nel discorso, eppure non mi importava.
Avevo dato la
prima vera soddsfazione ai miei meravigliosi genitori, cosa potevo
chiedere di meglio?
1.3
“Ma
sei sicura che questa sia la scelta giusta?”
Mamma mi guardò
per più di un minuto in silenzio, fissando ogni angolo del
mio corpo
fasciato da quell'abito bianco che tanto avevo aspettato di
indossare.
“Akane, tesoro, pensi che ti direi mai di si se
l'abito non fosse perfetto? Guardati, sembri una
principessa.”
sussurrò lei alzandosi in piedi e mettendosi alle mie
spalle. La
guardavo dallo specchio, con gli occhi lucidi perché
finalmente sua
figlia si stava sposando.
Annuii, aveva ragione. Mi sentivo una
principessa.
Il mio vestito da sposa si allargava sui fianchi
come un abito d'altri tempi, sulla vita c'era un decoro di minuscoli
cristalli che riflettevano la luce in modo magico, e il corpetto mi
lasciava totalmente scoperte le spalle e le braccia, in uno scollo a
V molto profondo.
“E' l'abito giusto?” si intromise la
commessa.
Entrambe scoppiammo in lacrime e annuimmo insieme,
abbracciandoci.
“Perfetto, allora ti lascio godertelo un po'
con la tua mamma, torno fra poco.” disse la ragazza, uscendo
dalla
stanza e lasciandomi sola con mia madre.
“Mamma, pensi che
piacerà a Shinichi?”
Ebbene si, alla fine ero riuscita a far
cadere Shinichi ai miei piedi e dopo ben quattro anni era arrivata la
fatidica proposta. A mio padre era quasi venuto un infarto, ma alla
fine aveva accettato di buon grado perché il mio futuro
marito –
faceva strano persino a me chiamarlo in quel modo – era
davvero un
bravo ragazzo.
“Sarai stupenda, tesoro mio.” sussurrò
mia
madre, offrendomi la flute di champagne che la commessa ci aveva
portato per festeggiare la scelta. “Ma adesso devo darti una
cosa.”
Mi voltai di colpo, mia madre teneva tra le mani una scatola
blu, di quelle in cui si mettono i gioielli.
“Mamma, non
dovevi...” dissi cercando di dissuaderla dal continuare a
farmi
regali. Da quando aveva saputo che mi sposavo aveva cominciato a
riempirmi di pacchi e pacchettini.
“Sssh… tesoro, non l'ho
comprato.”
Lo aprii quando si piazzò davanti a me e mi
mostrò cosa c'era al suo interno, facendomi rimanere di
sasso.
Era
la collana che aveva indossato il giorno del suo matrimonio.
Gliel'avevo vista al collo così
tante volte, e l'avevo
sognata tantissime volte guardando le fotografie di quel giorno.
Quando i miei mi avevano raccontato come e perché avevano
deciso di sposarsi ero rimasta sconvolta, eppure non mi aspettavo
nulla di meno imprevedibile da parte loro.
“E' il mio piccolo
regalo per quel giorno importante, voglio che la indossi tu. Voglio
che tu abbia un pezzo di me anche quando ti lascerò andare
alla tua
nuova vita.”
Mi gettai tra le braccia della mia mamma in
lacrime, svuotando tutta l'ansia di quel periodo e tutto l'amore
viscerale che provavo per lei.
“Grazie mamma. Anche se non mi
hai partorito, mi hai ugualmente dato la vita. Non lo
dimenticherò
mai.”
“Tesoro...” mi accarezzò i capelli.
“Sei stata
la mia più grande conquista, voglio che tu lo
sappia.”
Dopo
quel momento emozionante, ci ritrovammo a fare le stupide davanti
allo specchio. Io, ancora con indosso l'abito bianco, e lei che,
all'età di quarant'anni, faceva invidia persino a me, nel
suo tubino
color crema e quei tacchi vertiginosi che io non sarei mai riuscita a
portare.
Era bellissima, e io ero fiera di essere sua figlia.
1.4
Aspettavo
fuori dalla sala parto perché Nami non aveva voluto che io
entrassi,
ma l'ansia mi stava letteralmente divorando le viscere.
Io, i
miei genitori e i miei suoceri – chiamare così zio
Tsuyoshi e zia
Aya era abbastanza strano, ma di fatto era quella la nostra parentela
– aspettavamo fuori mentre mia sorella Akane era dentro con
lei.
Odiavo che avesse scelto di avere al suo fianco lei e non me, ma
comprendevo che in un momento così delicato bisognava solo
assecondarla e non andarle contro, anche perché avrei
rischiato
davvero grosso. Nami aveva un carattere che era totalmente opposto a
quello dei suoi genitori. Loro erano calmi, posati, persone pacifiche
con cui si poteva affrontare qualsiasi tipo di discorso. Nami no.
Nami sarebbe stata capace di uccidermi se l'avessi contraddetta
in quella situazione per cui, per evitare di far star male lei e
soprattutto il mio bambino, avevo preferito lasciar correre e godermi
il momento.
Quando le porte si aprirono e vidi un'infermiera
uscire con in braccio mio figlio, mi sembrò che il mondo mi
fosse
crollato sotto i piedi e fosse stato lentamente ricostruito.
Lo
presi in braccio cercando con tutto me stesso di non fargli male,
proprio come mi aveva insegnato la mamma quando era nata la mia
nipotina Tomoe, la figlia di Akane.
“Sono padre...”
sussurrai stringendolo a me e vedendo come tutta la mia famiglia
fosse commossa, mi avvicinai a loro per mostrargli il loro nipote.
“E' stupendo.” disse Aya, quasi in lacrime.
“Posso vedere
mia figlia?” chiese poi all'infermiera che attendeva di
riprendere
il bambino per portarlo alla nursery, come di prassi.
“Papà,
guarda… sono padre.”.
Quelle erano le uniche parole che
riuscivo a dire e mio padre mi piazzò una pacca sulla
spalla, con
meno forza rispetto a come avrebbe fatto se non avessi avuto tra le
braccia il bambino, e mi sorrise. “Si, sei padre
figliolo… e
sarai un ottimo padre.”
Su quello non avevo alcun dubbio. Non
perché fossi sicuro di me stesso o perché sapevo
già come
affrontare quella cosa molto più grande di me, ma
semplicemente
perché l'esempio che lui mi aveva dato lo avrei portato
avanti anche
nella vita di mio figlio.
“Avete già deciso come chiamarlo?”
mi chiese zio Tsuyoshi mentre cercava di farsi stringere il dito dal
bambino.
Annuii. Io e Nami ne avevamo parlato a lungo e alla
fine ci eravamo trovati d'accordo quasi subito.
“Si. Si
chiamerà Akito Hayama.”.
Tsuyoshi alzò lo sguardo verso di
me e poi verso il suo migliore amico, mio padre, annuendo.
“Avete
fatto proprio una bella scelta.” si limitò a dire.
Lo sguardo che
mio padre mi riservò, mi ripagò di quei pochi
anni della mia vita
in cui mi ero sentito non voluto, non amato, abbandonato dal mondo e
da coloro che avrebbero dovuto proteggermi.
Avevo trovato le
mie fondamenta, e da quelle avevo costruito una vita che amavo, che
mi rendeva felice.
“Ti voglio bene figliolo.” mi sussurrò
mio padre non appena riportai il bambino tra le braccia
dell'infermiera. Mi abbracciò forte.
“Grazie papà.” gli
risposi io. E in quel grazie quanto amore c'era racchiuso…
che non
sarei riuscito ad esprimerlo con parole appropriate.
1.5
Omnia
Vincit Amor.
Quei pazzi dei
miei genitori si erano fatti un tatuaggio. Alla veneranda
età di
cinquant'anni, avevano deciso di farsi un tatuaggio come se fossero
stati due ragazzini.
Erano pazzi.
“Mamma, ma pensate
che sia divertente? Avete una certa età. Dovreste pur dare
la
parvenza di essere persone serie ogni tanto.”
Mia madre mi
riservò uno sguardo stralunato, come se stesse parlando con
la pazza
del villaggio. “Tesoro, non siamo ancora nella tomba. Siamo
ancora
giovani noi, che ti credi?”
Papà annuii, mentre ballava
dietro alla mamma come un adolescente. “Piuttosto, non hai
intenzione di sloggiare? Io e tua madre avremmo da fare,
mostriciattolo.” disse ammiccando e afferrandola con forza.
“Akito!
Ma cosa dici? Non dargli ascolto Akane, sai com'è fatto tuo
padre.”
lo rimproverò la mamma, dandogli un buffetto sul braccio che
le
circondava la vita.
Sorrisi instintivamente della scenetta che
avevano messo su, sperando di arrivare alla loro età con lo
stesso
amore nel cuore per me e per Shinichi.
Non avevo idea di come
facessero, di come riuscissero ancora a sbaciucchiarsi come al primo
giorno di matrimonio. Me lo ero chiesta spesso, eppure non ero mai
riuscita a darmi una risposta, per cui mi feci coraggio e lo
domandai.
Fu mio padre a rispondermi.
“Sai, Akane, non
c'è un modo, o un segreto per amarsi. Basta amarsi…
io e
tua madre abbiamo passato anni a negare i nostri sentimenti, come se
fossero un problema, come se potessero distruggerci. E a volte lo
hanno fatto, ci hanno distrutto, ma poi ci siamo uniti e ci siamo
leccati le ferite e siamo guariti. Poi gli anni sono passati, siete
arrivati tu e Kanata… e le cose poi sono andate da sole. Ed
eccoci
qui, a sopportarci dopo tutto questo tempo.
Il trucco è
questo: amare anche i difetti dell'altra persona, accettarsi,
smussare i lati del tuo e del suo carattere, avere sempre in mente e
nel cuore che la base di tutto è l'amore.
E il rispetto. Non
c'è amore senza rispetto e stima. Questo è tutto
ciò che devi
sapere, per il resto, mostriciattolo… non saprei cosa dire.
Sarei
ancora un giocattolo rotto se non fosse stato per tua madre.”
Li
guardai ancora scambiarsi qualche bacio, mio padre infilò la
mano
tra i capelli ormai corti della mamma e l'avvicinò a lui,
baciandole
la fronte.
Nella mia vita avevo conosciuto tantissime forme
d'amore, ma quella… l'amore che c'era tra Akito Hayama e
Sana
Kurata era ineguagliabile e sarebbe stato così per sempre,
perché
l'amore vince tutto.
L'amore
vince tutto.
Ho voluto intitolare così questa storia e
questo ultimo capitolo in particolare perchè questa frase ha
accompagnato gran parte della mia vita da quando l'ho letta per la
prima volta, forse in terzo liceo. In realtà l'idea non
è stata
mia, ho avuto una grandissima collaborazione da parte della mia
meravigliosa Beta.
Ed è proprio a lei che va il ringraziamento
più grande, per avermi spronata, convinta di cose di cui non
ero
proprio certa, e per aver accettato anche le cose che non
convincevano lei, sempre a favore della mia creatività e
delle mie
idee.
Non avrei saputo scrivere nulla senza di lei.
Un
altro viaggio giunge al termine, anche questa storia è nata
per
caso, e ogni giorno che passa la amo sempre di più, forse
anche solo
perchè è mia. Poi, vado a leggere che
è una tra le più popolari,
insieme ad University Life, che tantissime persone l'hanno posta tra
i preferiti, seguiti, ricordati... e allora mi fate davvero
commuovere.
Vorrei potervi ringraziare uno per uno, per le
recensioni meravigliose, per le parole piene d'amore che mi avete
riservato: se ho aggiornato e ho portato questa storia alla fine
è
stato soprattutto grazie a voi.
Grazie... grazie a tutti. Vi
ringrazio dal più profondo del mio cuore.
Vi aspetto nella
sezione recensioni, se siete stati fino ad ora lettori silenziosi,
per favore... lasciatemi un commento, non perchè io voglia
essere
riempita di complimenti, ma semplicemente perchè voglio
sapere cosa
ne pensate.
Se l'epilogo vi è piaciuto, sono felice... al
contrario, perdonatemi, ma ciò che il cuore mi detta finisce
nero su
bianco e c'è poca possibilità di cambiarlo.
In particolare,
mi sta venendo in mente in questo momento, vorrei ringraziare tutte
le ragazze che mi hanno scritto che ho avuto la capacità di
parlare
di argomenti come l'aborto e l'adozione con molta delicatezza. Io ho
solo 22 anni, non ho idea di cosa si provi a perdere un figlio, e
spero di non provarlo mai, ma ho cercato di ricercare nelle
esperienze di persone che ho conosciuto, di tutto ciò che so
a
riguardo, per provare almeno un minimo a parlarne senza risultare
inopportuna o presuntuosa. Se qualcuno ha percepito questo, per
favore ditemelo, cercherò di usare le vostre critiche per
migliorarmi.
Non vorrei mai chiudere questo commento finale,
non voglio lasciare questa storia che mi ha dato così tante
emozioni
sin dall'inizio, ma come tutte le cose belle ha un inizio e deve
avere anche una fine, purtroppo.
Per cui, vi ringrazio ancora,
vi ringrazio sempre.
Scrivetemi, scrivetemi più che potete. Io
sono qui per ascoltarvi.
Alla prossima storia, vi assicuro che
non mancherò molto.
Roberta.
Ps: se vi va, se fino
ad ora avete apprezzato ciò che ho scritto, controllate il
mio
profilo nelle prossime settimane, verrà pubblicata una
storia
originale. Questo non presuppone che Sana e Akito verranno messi da
parte.
Vi aspetto.
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