Sono di nuovo qui. Questa volta vi
propongo un racconto a cui tengo tantissimo, forse perché il protagonista è
Teddy. Non so perché ma ogni volta che leggo di lui mi commuovo, e non vi
nascondo che mentre la scrivevo qualche lacrimuccia mi è scesa. Spero che
piaccia anche a voi.
Buona lettura
Memorie dal Passato
A Teddy Lupin non piaceva festeggiare il suo compleanno, perché ogni
anno quando amici e parenti si radunavano a casa di sua nonna Andromeda, sapeva
che le due persone che più avrebbe voluto vicino non ci sarebbero state.
I suoi genitori erano morti diciassette anni prima, durante l’ultima
guerra contro Voldemort, lasciandolo solo con sua nonna. Da piccolo si era
arrabbiato più volte con loro, perché l’avevano abbandonato per andare a
combattere una guerra che lui, a causa della sua giovane età, non poteva capire
essendo vissuto in pace. Col tempo però era riuscito a mettere da parte quei
sentimenti, rendendosi conto che se ora il tutto il mondo magico viveva in pace
era anche grazie a loro. Ecco perché ogni anno si sforzava di sorridere mentre
gl’invitati entravano in casa con l’intenzione di fargli passare una giornata
all’insegna dell’allegria. Quel giorno, in particolare, non avrebbero
festeggiato soltanto il suo compleanno, ma anche il passaggio nell’età adulta.
Sentendo bussare alla porta Teddy prese un grosso respiro e, indossata
la finta maschera di gioia perfezionata in anni di allenamento, andò ad aprire.
«Ciao piccolo mio! Non mi sembra vero che siano gia passati diciassette
anni. Sembra ieri che ti tenevo in braccio per farti smettere di piangere. Non
che capitasse spesso, eri un bimbo così tranquillo». Esclamò Molly alzandosi
sulle punte dei piedi per poterlo abbracciare meglio.
«Ciao zia Molly, è bello vederti…» Rispose Teddy sempre un po’ a disagio
con quelle manifestazioni di affetto così plateali.
«Teddy buon compleanno!» Intervenne Arthur stringendogli la mano, non
appena la moglie si decise a lasciare andare il festeggiato.
«Grazie zio Arthur» Sorrise, grato che l’uomo fosse più contenuto della
moglie. Non fece in tempo ad accompagnarli in salotto che altri colpi
riecheggiarono alla porta, e proprio come prima toccò a Teddy andare ad aprire,
da perfetto uomo di casa qual’era.
«Hey Teddy, come stai?» Esclamò Harry, tentando di tenere fermo per la
mano il piccolo Albus che scalpitava per entrare, come invece il fratello più
grande aveva già fatto, saltando quasi in spalla a Teddy.
«Ciao Harry, tutto bene grazie…» Faticò a dire mentre cercava di non
cadere a causa del peso del ragazzino. Subito dopo Harry e Albus, entrò anche
Ginny con in braccio la piccola Lily, seguita da Hermione e Ron, con i loro
figli, ma notando che poco dietro di loro si stavano avvicinando anche Bill e
Fleur con Victoire, Teddy lasciò aperta la porta aspettando che anche loro
entrassero.
«Tanti auguri Teddy». Mormorò la ragazza dandogli un bacio sulla
guancia, e Teddy non riuscì ad evitare che le punte dei suoi capelli, quel
giorno di un normalissimo castano, diventassero leggermente rosse, ma preferì
ignorare gli sguardi divertiti dei presenti, e con calma fece strada ai nuovi
arrivati verso il salotto che ormai si era già animato di chiacchiere.
«E’ stata molto gentile la preside a permettervi di tornare a casa per
un week end solo per festeggiare il compleanno del mio piccolo Teddy». Disse
Andromeda, entrando in salotto con un grande vassoio colmo di bicchieri per un
primo brindisi di benvenuto.
«Sì è vero. Ma in fondo i diciassette anni si festeggiano solo una volta
nella vita». Convenne Molly, aiutandola a distribuirli ai presenti, tutti
radunati in torno alla tavola dove al centro troneggiava una bellissima torta
farcita con strati e strati di panna montata e frutti di bosco.
«Direi che a questo punto ci vorrebbe un discorso del festeggiato…»
Propose Harry dando una gomitata al figlioccio che se ne stava in silenzio
vicino a lui.
«Cosa? No!» Cercò di protestare il ragazzo, ma nessuno gli diede retta e
cominciarono ad incoraggiarlo per farlo parlare. Alla fine fu costretto ad
arrendersi anche perché il suo sguardo si posò sul volto della nonna, la quale
lo fissò con gli occhi leggermente umidi, intenta a stringere tra le mani il
suo bicchiere probabilmente per tenerle occupate, visto che non sembrava
intenzionata a bere. «Hem, ok». Cominciò titubante. «Vi ringrazio tutti per
essere qui oggi. Vi ho sempre considerati la mia famiglia ed è bello sapervi
vicini a me». Aggiunse con voce tremante, ma cercando di non darlo a vedere,
concentrandosi invece sulle diciassette candeline che erano accese sulla torta.
Prese un grosso respiro e in un colpo solo le spense tutte.
«Sono certa che a modo loro, sono qui con noi». Gli sussurrò Ginny
abbracciandolo.
«Lo spero…» Mormorò lui, riprendendo il controllo delle sue emozioni e
ricambiando l’abbraccio.
«Forza, oggi dobbiamo festeggiare!» Esclamò George entrando nella casa
senza bussare, ma ormai tutti erano abituati ai suoi stravaganti modi, e dando
una pacca sulla spalla al festeggiato per poi lanciargli un pacchetto che lui
prese al volo.
«Esploderà se lo apro?» Chiese sospettoso Teddy.
«No, almeno credo». Rispose vago afferrando un bicchiere e cominciando a
bere per non aggiungere altro.
«George, se esplode ti toccherà ripulire tutto. Sei avvertito». Lo
minacciò Andromeda.
«Tranquilla, sono certo all’80% che non esploderà».
«Va bene mi fido». Mormorò Teddy, cominciando lentamente ad aprirlo.
Dopo che l’ebbe scartato, la scatola si aprì da sola, rilasciando così un denso
fumo bianco. E fu solo quando questi si diradò che poterono vedere il contenuto
della scatola, un piccolo Carillon di legno con al centro una ballerina dai
capelli rosa e un lupo.
«Qualche giorno fa stavo risistemando il vecchio magazzino e l’ho
trovato. Ricordo che Remus ce l’aveva commissionato per il tuo primo
compleanno. Ma con tutto quello che era successo ce ne siamo, anzi, mi sono
completamente dimenticato, scusa». Spiegò avvicinandosi a Teddy, il quale però
era troppo preso da quel piccolo oggetto per capire fino in fondo cosa stesse
dicendo.
«G… Grazie, è davvero bellissimo». Riuscì a dire quando si riscosse.
«Hey in fondo è tuo, anche se con qualche anno di ritardo». Rispose
tranquillamente l’uomo.
«Bene ora apri il nostro!» Esclamò James. E così cominciò il solito rito
dei regali, che quell’anno comprendevano una nuova bilancia per pozioni, alcuni
libri sugl’incantesimi di difesa e di attacco e alcuni capi di vestiario. Messi
da parte quelli appena scartati, toccò a quello di sua nonna, che lentamente
gli porse una scatola dalla carta rosa.
«Ecco, tieni. Questo non è esattamente un mio regalo ma ho promesso che
te lo avrei dato il giorno del tuo diciassettesimo compleanno». Mormorò la
donna stringendosi nelle spalle. Teddy non capì subito le parole della nonna, e
aprì la scatola convinto che fosse un altro cimelio dei suo genitori, invece,
si ritrovò davanti a due bottigliette di cristallo all’interno delle quali
fluttuavano dei filamenti argentei, oltre ad una strana chiave che recava il
simbolo della Gringott.
«Non dirmi che…» Balbettò incredulo. Mentre Andromeda annuiva con le
lacrime agli occhi.
«Sono dei messaggi…Da parte dei tuoi genitori…» Sospirò lei tra le
braccia di Molly che le si era avvicinata per consolarla, «Mentre nella camera
di sicurezza nella Gringott non so cosa ci sia, spetta a te scoprirlo».
Aggiunse.
Teddy ne prese una in mano sulla quale era legato un nastrino rosa,
mentre sull’altra era azzurro, senza riuscire a dire una parola, riscotendosi
solo quando Harry gli si avvicinò porgendogli quella che sembrava un mazzetto
di chiavi. «Tieni, è la chiave di casa nostra. In cantina troverai il pensatoio
che una volta era di Silente. Usalo». Gli disse sorridendo.
Ancora tramante Teddy prese la chiave e, alzandosi come un automa dalla
sedia, prese la scatola con tutto il suo contenuto, prima di smaterializzarsi
con uno schioppo.
«Non dovremmo andare con lui?» Chiese Hermione a voce bassa.
«No, questo momento è solo suo». Rispose l’amico.
La casa dei Potter, nonostante i tre figli fossero decisamente
scatenati, era in perfetto ordine. Segno che Ginny si dava da fare per
rimediare ai loro danni. Ma Teddy non era li per crogiolarsi in quell’ambiente
familiare, così scese rapidamente in cantina. Non ci mise molto al trovare
quello che stava cercando, infatti, una luce argentata era ben visibile dietro
un’anta di vetro. eEsaminò la serratura e trovò la chiave corrispondente in
mezzo a quelle che Harry gli aveva dato ma, non appena si ritrovò di fronte al
basso bacile di pietra con incise delle antiche rune lungo tutto il bordo,
esitò stringendo in una mano le due bottigliette e nell’altra la bacchetta. Era
ansioso di scoprire cosa contenevano quei ricordi, ma allo stesso tempo ne
aveva paura.
Lentamente prese il bacile e lo sistemo su un vecchio tavolo
impolverato, sospirando aprì la prima bottiglietta, quella con il nastrino
azzurro, e sospirando ne rovesciò il contenuto all’interno. Tremando ne sfiorò
la superficie con la bacchetta e in un’attimo si ritrovò catapultato in un
piccolo salotto, dove una figura alta dai capelli castani striati di grigio gli
voltava le spalle, intento a guardare fuori dalla finestra la luna calante che
faceva capolino dalle nuvole. L’uomo teneva in braccio un piccolo fagottino dal
quale sbucavano dei capelli azzurri.
«Sai Teddy, sento che la battaglia finale si
avvicina e l’unica cosa che vorrei è poter potare te e la mamma su un altro
pianeta, per sapervi al sicuro da questo mondo impazzito. Siete le cose più
importante che ho al mondo, e la sola idea di potervi perdere mi fa impazzire.»
Sospirò voltandosi per andare a sedersi sul divano. « Se solo non fossi stato
così stupido in passato. Quanto tempo sprecato a negare i miei stessi
sentimenti verso tua madre… Scommetto che a quest’ora avresti già un paio di
anni, e non pochi mesi. Avrei voluto conoscerti meglio, e mi sarei voluto far
conoscere. Ma sono certo che se le cose dovessero andare male, la mamma e
Harry, senza contare tutti gli altri amici ti parleranno di me e di quanto ti
ho voluto bene appena il mio sguardo si è posato su di te». Aggiunse dando un
bacio sulla fronte al bambino.
Teddy che nel frattempo si era seduto di fianco al padre, ascoltava
rapito la sua voce. Aveva un suono così familiare, nonostante fosse la prima
volta che la sentiva. Ma poi si rese conto che non era esattamente così, visto
che il bimbo stretto tra le braccia dell’uomo era proprio lui, intento a
fissare il padre con sguardo curioso.
«Farò il possibile per rendere questo mondo migliore. A costo della
mia stessa vita, voglio che tu abbia una vita felice lontano dalle guerre e
dalla sofferenza come invece lo è stato per me. Tu ti meriti il meglio che ci
può essere». Continuò Remus, appoggiandosi allo schienale del divano, ma
rialzandosi subito dopo sentendo un piccolo tonfo provenire dal corridoio
vicino. «Dovresti dormire…» Disse, senza voltarsi, ma sorridendo. Nemmeno Teddy
si voltò paralizzato com’era ben sapendo chi fosse stato, o per meglio dire
stata, la causa di quel rumore.
«Sai che non riesco a dormire se non sei vicino a me». Rispose una
voce femminile alle loro spalle, e fu solo allora che Teddy si costrinse a
girare almeno la testa giusto in tempo per vedere sua madre avvicinarsi e
abbracciare il padre prima di dargli un bacio.
«Si era messo a piangere per la fame, così mi sono alzato prima che
ti svegliasse». Le disse, prima di spostarsi un poco per farle spazio sul
divano.
«Dammelo, lo prendo in braccio io…» Propose Tonks, prendendo il
figlio dalle braccia del padre, così Remus le mise un braccio in torno alle
spalle e l’attirò a sé. «Cosa gli stavi raccontando? Una delle tue solite
favole?» Chiese lasciandosi cullare dal marito.
«Non proprio. Gli stavo solo dicendo che vorrei potervi nascondere su
un altro pianeta fino a quando tutta questa folle guerra non sarà finita».
Confessò.
«Sai che non ci andrei mai, se tu non fossi con noi», sottolineò lei,
chiudendo gli occhi. Come se quello che aveva detto fosse la cosa più ovvia del
mondo.
«Vorrei solo sapervi al sicuro da tutto e da tutti…» Sospirò, «Ma so
anche che sei testarda all’inverosimile» Sorrise.
«Dillo che mi ami anche per questo». Disse allungandosi verso il suo
viso.
«Già, per questo e per tantissimi altri motivi», confermò prima di
baciarla. «Vi amo entrambi…» Aggiunse allontanandosi per qualche istante per
poi tornare a baciarla, mentre teneva una mano teneva quella del figlio.
Istintivamente, Teddy si sporse verso di loro per poterli toccare e
abbracciare, ma il suo corpo inconsistente abbracciò l’aria. In quel momento si
sentì risucchiare verso l’alto.
«No! Non voglio! Mamma, papà!!» Urlò prima di ritrovarsi di nuovo
nella cantina dei Potter.
Avrebbe voluto rivivere quei momenti per altre
cento volte. Sentire, la voce dei suoi genitori era stata un’emozione
fortissima per lui, che per anni se le era solo potute immaginare. Ma le parole
del padre gli vorticavano nella mente mentre con la bacchetta riprendeva il
ricordo le lo rimetteva nella boccetta: “Farò il possibile per rendere
questo mondo migliore. A costo della mia stessa vita, voglio che tu abbia una
vita felice lontano dalle guerre e dalla sofferenza come invece lo è stato per
me.”. Era vero, grazie al suo
sacrificio, il mondo in cui ora viveva era davvero migliore.
Senza pensarci prese anche la seconda bottiglietta
e ne versò il contenuto nel bacile. Nel giro di pochi istanti si ritrovò in
quella che era doveva essere la sua camera a casa della nonna. La riconobbe nonostante
l’assenza dei poster alla parete, della scrivania e del suo letto, al posto del
quale c’era una grande culla nella quale il lui neonato dormiva profondamente,
mentre la madre lo fissava con gli occhi pieni di lacrime.
«Ciao piccolo mio. So che probabilmente da
grande mi odierai se le cose questa notte non dovrebbero andare nel verso
giusto. Quasi certamente non capirai le ragioni della mia scelta, come non le
capisce tua nonna e come sicuramente non le capirà tuo padre quando mi vedrà
arrivare. Ma non lo posso lasciare da solo a combattere mentre io me ne sto qui
al sicuro, con che coraggio potrò continuare a guardarmi allo specchio sapendo
che i miei amici e compagni stanno rischiando la vita in battaglia? No, non
posso restare qui, come Auror e come membro dell’Ordine della Fenice, non
posso». Esclamò asciugandosi gli occhi.
Teddy le si avvicinò per consolarla, ben sapendo
che non lo poteva sentire. «mamma io ti capisco…So quanto per te fosse
importante…» Mormorò.
«Ti amo così tanto piccolo mio, ma amo anche tuo
padre. Merlino mi sento il cuore spezzare in due. Ma preferisco saperti al
sicuro qui, con la nonna, mentre io e tuo padre combattiamo per te. Piuttosto
che rimanere e rischiare anche la tua vita, so che lei si prenderà cura di te
nel caso… beh nel caso le cose dovessero volgere al peggio». Aggiunse
rialzandosi da terra e cominciando a guardarsi in giro. «Teddy “grande” se stai
guardando questo ricordo vuol dire che le cose non sono andate esattamente bene
per me. Ma spero che almeno tuo padre ce l’abbia fatta, e se non fosse così
sappi che in un modo o nell’altro ti saremo sempre vicini. Ti abbiamo sempre
amato e continueremo a farlo anche se non saremo fisicamente li con te. Vivi il
tuo presente e il tuo futuro sempre a testa alta. Sei un Lupin, e anche un
Tonks sii fiero di questo. Noi lo saremo sempre. Ciao tesoro, ti voglio bene…»
E così dicendo si porse dando un bacio al bimbo addormentato, poi si portò una
mano alla bocca e soffiò un bacio all’aria, prima di uscire dalla camera.
«Mamma anche io ti voglio bene!» Urlò, ma come
prima Teddy venne risucchiato verso l’alto facendolo ripiombare nella cantina.
Questa volta trattenere le lacrime fu impossibile,
dopo aver ascoltato il messaggio d’addio di sua madre. «Mamma… Papà… mi mancate
così tanto…» Mormorò cercando di riprendere il controllo delle sue emozioni,
felice che nessuno potesse vederlo in quelle condizioni. Lentamente prese il
fazzoletto che teneva in tasca per asciugarsi gli occhi, ma in quel momento la
chiave strana cadde a terra. «La Gringott…» sussurrò e istintivamente controllò
l’ora per accertarsi che fosse ancora aperta. «Perfetto!» Esclamò e in un
attimo si smaterializzò con destinazione la banca dei maghi.
Il folletto che lo accolse allo sportello non
sembrava particolarmente gentile, ma infondo nessuno di loro lo era. «Avanti il
prossimo». Disse con voce stridula e decisamente fastidiosa, facendo segno a
Teddy di farsi avanti.
«Salve vorrei vedere la camera di sicurezza numero
1003, per favore».
«La chiave, prego». Così Teddy gli porse la sua
chiave, e dopo averla esaminata, il folletto fece segno ad un collega di fargli
strada verso le camere blindate. Il viaggio sul trenino fu particolarmente
lungo e turbolento ma arrivato a destinazione si rese conto che il fastidio allo
stomaco non era dovuto al viaggio ma alla tensione di scoprire cosa si sarebbe
nascosto dietro a quella porta. Il primo a scendere dal carrello fu il folletto
che, munito di chiave, si diresse con passo sicuro verso la camera 1003.
Dopo vari clic clak la porta si aprì e Teddy con
passo incerto e il cuore in gola si fece avanti. All’interno della camera non
c’era molto, a parte dei soldi e degli oggetti personali che probabilmente per
i genitori dovevano aver avuto un valore inestimabile per conservarli li
dentro. Ma ad attirare la sua attenzione furono tre scatole impilate
ordinatamente di fronte a lui. avvicinandosi vide che in cima alla pila c’era
una busta, la prese e lesse il biglietto che conteneva:
Se
stai leggendo questo biglietto vuol dire che siamo stati costretti a lascarti,
non appartiene più a questo mondo. Sappiamo che per te non sarà stato facile ma
volevamo dirti che noi ti saremo sempre vicino e per aiutarti a conoscerci ti
abbiamo lasciato dei nostri piccoli ricordi, con la speranza che ti siano di
aiuto per gli anni che ti aspettano. Ricordati che ti abbiamo sempre amato e
che continueremo a farlo.
Mamma
e papà
Teddy rilesse più volte il biglietto, poi con
delicatezza aprì la prima scatola che conteneva 4 bottigliette, due con un
fiocco rosa e due con un fiocco azzurro. Immaginando che le altre tre scatole
fossero simili, le prese con cautela e le portò fuori dalla camera, per poi
risalire sul vagoncino.
La tentazione di tornare a casa Potter per scoprire
subito i contenuti delle varie bottigliette era forte, ma decise comunque di
rimandare la scoperta per tornare a casa della nonna, dove sapeva che tutti lo
stavano ancora aspettando. Ricomparso nel salotto, come previsto, si ritrovò
circondato dai suoi amici e parenti che evidentemente lo aspettavano ansiosi di
sapere com’era andata. «Scusate se ci ho messo tanto, ma ho pensato di andare
anche alla Gringott». Si scusò appoggiando con delicatezza le scatole.
«Com’è andata?» Chiese incerta Molly, vedendo che
Andromeda non si decideva a parlare.
«Bene direi. Ho scoperto una cosa importante. Ma in
fondo al cuore penso di aver sempre saputo». Sorrise Teddy.
«Cosa?» Chiese curiosa Ginny.
«Che mi amavano davvero più di qualsiasi altra cosa
al mondo, e che continueranno a farlo ovunque siano». Rispose asciugandosi gli
occhi.
Allora, cosa ne dite? Mi
piacerebbe davvero avere un vostro parere su questo racconto perché, come vi ho
già detto, ci tengo tantissimo e vorrei sapere se anche a voi è piaciuta o
meno.
Vi do appuntamento al
prossimo racconto e al nono capitolo de “il diario dimenticato” anche se ho
notato che l’ottavo non vi è piaciuto molto. Boh forse è la mia impressione.
Ciao a tutti!!
Smack