Leave a light
on
Stupido.
La ragazza
strinse i pugni, le nocche diventarono bianche per quel gesto. Se non
avesse avuto tanto autocontrollo si sarebbe sicuramente messa a urlare
per il nervoso.
Stupido stupido stupido!
Si passò
stancamente una mano tra i capelli scuri, appoggiandosi poi al
parapetto della Moby Dick con i gomiti. Lo sguardo vagò
sulla superficie infinita del mare, quella notte particolarmente calmo,
per poi puntare verso l'alto, cozzando contro un manto scuro puntinato
di luci.
Si fermò non seppe nemmeno lei quanti secondi, o
minuti, fissando in silenzio la luce delle stelle risplendere in tutta
la loro bellezza. Ignare –
beate loro – della
disgrazia che da qualche giorno aveva colpito tutti loro.
Ace Pugno di
Fuoco era stato catturato e sarebbe stato giustiziato.
Nessuno di loro
aveva voluto credere a quella notizia, ma erano stati obbligati, quando
si erano ritrovati tra le mani quel giornale. Quel maledetto giornale.
Strizzò gli occhi e scosse la testa, un peso al cuore che
divenne più pesante.
Era anche colpa sua.
Avrebbe dovuto
fermarlo. Esortarlo a non andare da solo. Invece si era lasciata
persuadere dal suo atteggiamento da duro e dalla sua convinzione che
sarebbe tornato illeso appena terminata quella missione che sentiva
gravargli particolarmente addosso.
Condivideva la rabbia che lo
animava, come probabilmente la condividevano i suoi fratelli, per
quello nessuno aveva veramente tentato di fermarlo.
Neppure
Barbabianca.
La sua motivazione era quella di tutti loro.
Tornò ad osservare il mare, perdendocisi dentro, una leggera
brezza che le scosse i capelli. In un'altra occasione avrebbe goduto di
quel clima mite che le permetteva di contemplare le stelle e perdersi
nei propri pensieri a tempo delle onde che si infrangevano contro la
nave.
Chissà come stava...
Il peso al cuore si fece
più pesante, iniziando a sfociare in un groppo in gola
troppo grande perché potesse rimandarlo giù.
Avrebbe pianto di li a poco, lo sapeva. Come aveva fatto la notte
prima. E quella prima ancora, andando a ritroso fino a quando avevano
ricevuto quella notizia.
L'atmosfera sulla Moby Dick era cambiata, si
era fatta tesa, incredula, arrabbiata, seria e silenziosa. Soprattutto
silenziosa.
Barbabianca e i suoi comandanti avevano ideato un piano, ma
non potevano negare di essere tesi. La liberazione e la vita di Ace
dipendevano solo da come sarebbero andate le cose a Marineford, e
questo metteva loro molta pressione addosso.
La vita di un loro
fratello era in pericolo.
La ragazza sbatté la palpebre, il
cervello pieno di pensieri vorticosi e il cuore come un fardello.
Traditi due volte.
Una lacrima le solcò il viso, la vista
che si era fatta annebbiata. Il mare e il cielo si confusero sotto il
suo sguardo sofferente.
Ace...
Chiuse gli occhi, abbassando la testa e
prendendosela tra le mani, stringendo i capelli tra le dita come se
cercasse di aggrapparsi a una qualche speranza che sfuggiva via.
Sentì la disperazione farsi spazio dentro di sé,
e il dolore, e la mancanza, e la preoccupazione. Una moltitudine di
emozioni che le salirono dal torace fino al groppo in gola, rendendolo
più opprimente, facendole mancare l'aria.
Iniziò
a respirare più velocemente, e si portò una mano
al petto, boccheggiando, mentre le lacrime silenziose continuavano a
solcarle il viso, bruciandole le guance. Il nodo alla gola era li, li e
non si scioglieva.
E si sentì stupida, perché
piangeva, piangeva come una bambina in panico che non trova
più la mamma, mentre tremava per l'ansia e i singhiozzi che
non riusciva più a trattenere.
Dannazione.
Si
raggomitolò su se stessa, nascondendo il volto tra le
braccia e le gambe, lasciando che i capelli le fornissero riparo. Una
parte di lei ringraziò che non ci fosse nessuno sul ponte
– o, se c'era, che rispettasse quel suo sfogo lasciandola
sola.
Quello stesso ponte che era stato testimone di innumerevoli
discorsi, tra loro, sanciti nella calma della notte.
-Puoi usare il
potere di un frutto del diavolo?-
-Si, beh... niente di che, mi rende
solo intonata a cantare, per il resto è inutile.-
E fu
naturale, per lei, tornare indietro con la mente, scappando da quella
realtà scomoda che la stava piegando e che, sapeva, avrebbe
potuto finire con il romperla definitivamente.
***
Aveva
appena finito di
farsi una doccia e si trovava nella sua cabina, soppesando con sguardo
annoiato il pavimento. Sapeva che prima o poi avrebbe dovuto mettere a
posto quei poveri vestiti sparsi qua e la, se non voleva rischiare di
inciamparci come stava facendo quella mattina.
A dire il vero, non
seppe nemmeno lei in che modo fosse riuscita a evitare quella che
sarebbe sicuramente stata una caduta rovinosa. Si era infatti sorpresa
dei propri riflessi nonostante fosse appena sveglia.
Sospirò, ringraziando di avere una cabina privata,
così che nessuno potesse impicciarsi delle sue cose o del
suo disordine.
Si infilò le prime cose che trovò
e che le sembrarono le meno stropicciate, poi voltò lo
sguardo verso l'oblò, guardando fuori. Il cielo si stava
scurendo, iniziando a tappezzarsi di puntini luminosi.
Sorrise.
Quasi
corse per raggiungere l'esterno della nave, e sul suo percorso
incontrò vari fratelli che la salutarono più o
meno calorosamente. Molti erano assonnati e si stavano dirigendo verso
le loro cabine ringraziando la fine di quella giornata per godersi del
meritato riposo, altri si preparavano per i turni di vedetta.
Quando si
ritrovò sola sul ponte, ispirò l'aria che sapeva
di salsedine, chiudendo gli occhi e sorridendo. Le piacevano davvero
quei momenti di pace che si poteva concedere in solitaria.
A volte
quasi le sembrava di entrare in estremo contatto con la natura che la
circondava – il mare, la brezza, le stelle, il cielo. Non era
raro che la serenità che percepiva dentro di sé
la portasse a cantare, rivolta verso il blu profondo all'orizzonte dove
mare e cielo si confondevano, per alleggerire gli spiriti della sua
ciurma.
-Oh.-
Sussultò impercettibilmente quando
quell'esclamazione giunse alle sue orecchie, spingendola a voltarsi
verso l'intruso della sua pace.
Si ritrovò Ace a pochi passi
da lei, e lo sguardo un poco confuso che aveva il ragazzo la spinse a
pensare che non si era accorto di lei fino a quando non aveva rischiato
di andarle addosso.
-Scusami.- le disse semplicemente quello, prima di
sparire verso la parte posteriore della nave calcandosi il cappello in
testa.
Lei si diresse verso la prua dopo averlo guardato allontanarsi,
appoggiandosi al parapetto e osservando l'orizzonte. Poi, stanca di
quella posizione che le iniziava a far dolere i gomiti, si
voltò di schiena, sedendosi a terra e puntando il cielo
stellato.
Vide Ace di sfuggita seduto in bilico su una balaustra vicino
al timone, pensieroso, e si domandò a cosa stesse pensando
che gli adombrava lo sguardo, o forse era solo una sua impressione data
dalla notte che creava ombre strane.
Il ragazzo puntò lo
sguardo su di lei, che rimase imbambolata qualche secondo.
L'ombra di
prima non c'era...
Arrossì voltandosi dall'altra parte e
ringraziò la distanza e la notte con le sue ombre.
***
Erano
andati avanti
così per vari giorni, o forse settimane, non lo sapeva,
ognuno preso nelle proprio elucubrazioni notturne, entrambi amanti
della notte e del silenzio per perdersi nei propri pensieri senza darsi
fastidio a vicenda.
-Ho saputo che hai provato più volte a
prendere la testa del Babbo.-
-Beh... ecco, si... ma... ehm!-
Non sapeva
nemmeno bene, scossa dallo sfogo di quel momento, come avessero
iniziato a parlare. Ricordava solo che era una sera, aveva cantato
durante la cena perché Barbabianca glielo aveva chiesto, poi
si era ritrovata come sempre fuori, nella notte, ed Ace le era apparso
a fianco, le mani nelle tasche dei pantaloni scuri e il cappello sempre
ben calcato in testa.
***
-Sei
brava.- le disse,
osservandola con quello sguardo tra il serio e il curioso. Lei si
voltò completamente verso di lui, lasciando perdere
ciò che stava guardando.
-Grazie.- si portò una
mano ai capelli, tirando indietro una ciocca, facendo vagare gli occhi
chiari sul viso del ragazzo. Si sentì un po' in soggezione,
non sapendo se avrebbe dovuto dire altro o far finire così
quello scambio di battute e pensando a cosa eventualmente poteva dire
per continuare il discorso.
-Sei sempre stata... portata?- Ace la
tirò fuori dall'impiccio, portandosi le braccia incrociate
dietro la testa.
Il sole era già calato da qualche ora, ma
come sempre loro si ritrovavano sul ponte cullati dalla notte. O forse
era perché avevano gli incubi, che non volevano dormire?
-Da
quando ho mangiato un frutto del diavolo- gli spiegò,
rivolgendosi verso il mare.
Pugno di Fuoco seguì il suo
esempio, mettendosi a un paio di metri da lei e poggiando le braccia al
parapetto.
-Puoi usare il potere di un frutto del diavolo?- si
voltò verso di lei, sinceramente incuriosito. I frutti del
Diavolo erano tanti e dei più svariati tipi, non si
meravigliava se ne veniva sempre a conoscenza di nuovi.
-Si, beh...
niente di che, mi rende solo intonata a cantare, per il resto
è inutile.-
Ace osservò la ragazza muovere una
mano nell'aria, minimizzando quel discorso come se fosse una cosa di
poco conto, e sorrise leggermente.
-Mio fratello ne sarebbe entusiasta,
ha sempre detto di volere un musicista nella sua ciurma.- si
sfiorò il tatuaggio sulla spalla, sorridendo quando nella
sua mente si palesò il volto di Rufy.
-Ma io non sono una
musicista.- lo corresse la ragazza, alzando un sopracciglio.
Questa
volta fu il turno di Ace di muovere una mano minimizzando, iniziando a
parlare -Dettag...-
Si addormentò di colpo.
Quando si
riprese, era da solo.
***
Si
ricordò
che aveva preso uno spavento molto grosso, pensando che gli fosse
venuto qualche strano infarto, salvo poi ricordarsi che anche duranti i
pranzi gli era capitato di vederlo cadere vittima della narcolessia e i
fratelli lo prendevano in giro su questa cosa.
Ne aveva sentito
parlare, di quei colpi di sonno improvvisi, ma vederli con i propri
occhi era tutt'altra cosa.
Si passò il dorso di una mano
sulle guance, cercando di asciugarle e darsi un minimo di contegno;
piangeva ancora, ma la maggior parte dei singhiozzi erano passati.
Alzò lo sguardo bagnato da oltre le braccia, puntandolo
davanti a se, senza vedere davvero ciò che aveva davanti, il
respiro ancora affannoso e la mente stanca, il corpo debole.
Non
mangiava da... da quando? Ma non ci riusciva, alla vista del cibo
sentiva una morsa allo stomaco e la voglia di vomitare anche l'anima
l'assaliva.
I suoi fratelli le dicevano che doveva avere fiducia, di
non farsi prendere dallo sconforto e non era detta l'ultima parola. Che
avrebbero dato la vita per salvare Ace dall'esecuzione e anche lei
avrebbe dovuto essere in forze.
Sapeva che era
vero, sarebbe stata la prima a mettersi in mezzo e lottare fino alla
fine.
Aveva ancora troppe cose
da dirgli...
Si graffiò le
braccia conficcandosi le unghie nella carne.
Erano innegabili i
sentimenti che provava per lui. Tutti l'avevano capito –
tutti tranne lui, probabilmente.
Molti pensavano addirittura che magari
stessero insieme per come si comportavano ma, in realtà, tra
loro non era mai successo niente di eclatante, se non quando si erano
ritrovati ad aver bevuto dei bicchieri di troppo. Ma, appunto, niente
di che.
Solo parole biascicate di due ragazzi troppo brilli, o mezzi
baci dati a lato delle labbra prima di cadere nel sonno dell'alcool e
che non si sarebbero ricordati il giorno dopo.
Anche per questo, lei,
si ritrovava spesso confusa e sofferente, in cerca di risposte. Non
aveva mai capito cosa Pugno di Fuoco volesse comunicarle con il suo
comportamento, e lei non se la sentiva di esporsi rischiando di
rovinare quell'equilibrio che si era creato tra loro.
Andava bene
così.
Era sempre andato bene così.
Ma, in quei
giorni, quando la consapevolezza che probabilmente non avrebbe
più potuto parlargli le si conficcò come un pugno
in pieno stomaco, si pentì di essere stata una vigliacca.
***
Stupido.
Stupido Ace e
stupida io a stargli dietro!
Fece sbattere la porta della cabina
abbastanza forte che le pareti vibrarono qualche secondo. Quasi si
lanciò sul letto, affondando il viso nei cuscini.
Stupido
Ace, ripetè mentalmente, mentre percepiva la
rabbia che le
era montata dentro scemare.
Si sentì improvvisamente vuota e
imbarazzata per essersene andata in quel modo, per averle permesso di
avere il potere così grande di cambiarle l'umore.
Chiuse gli
occhi, e lo rivide alla locanda, mentre si scambiava degli sguardi
sfuggenti con la cameriera. Uno sfiorargli il braccio li, uno toccargli
dentro la gamba li... e lui non si tirava indietro, ma le sorrideva,
alzando il boccale in una muta richiesta di riempirlo ancora, forse per
darle una scusa per avvicinarsi.
Non sapeva nemmeno lei
perché, ma si era sentita umiliata, davanti a quella scena.
E si era sentita presa in giro, quando lui l'aveva vista e le aveva
sorriso apertamente, invitandola a sedersi al suo tavolo.
Aveva girato
i tacchi, lo sguardo indispettito, uscendo quasi di corsa.
Aveva
sentito la sua mano prenderle il polso per fermarla, chiedendole cosa
ci fosse che non andasse, ma lei l'aveva congelato con qualcosa a cui
non poteva ribattere.
-Ho cambiato idea sul bere, sono stanca.-
Nanige
nai yasashisa
ni
meguri au tabi
subete
wo
dakishimetaku naru yo
Quando
ti ho
conosciuto e ho visto la tua casuale gentilezza
Avrei
voluto
abbracciarti
kimi
wo
mamoritai
Stay
With Me
suki da yo
Voglio
proteggerti
Resta
con me,
ti amo
-Sapevo
di trovarti
qui, Miyori.-
Quella sussultò, smettendo di cantare al mare
dalla prua della Moby Dick.
-A... Ace.- sussurrò, voltando lo
sguardo in alto al suo fianco. Il ragazzo era in piedi, le mani in
tasca e il cappello stranamente lasciato penzolare sulle spalle.
Si
sentì colta in fallo e si imbarazzò, distogliendo
lo sguardo da quello sicuro di Pugno di Fuoco, che continuava a
fissarla, quasi serio.
-Pensavo fossi stanca.- le disse quello,
semplicemente.
Miyori si infossò nelle spalle, portandosi le
ginocchia al petto in una muta posizione di protezione.
-Lo ero.- fu
solamente in grado di dire, mentre la sua mente lavorava per trovare
una scusante.
E poi, cosa aveva
sentito, Lui, di quello che stava
cantando?
La rabbia e la gelosia – era gelosa, gelosa marcia
di non essere degnata anche lei di quegli sguardi, o non di non avere
la stessa intraprendenza di quella donna – di qualche ora
prima se ne era andata da tempo, e aveva lasciato posto solo ad una
cupa rassegnazione.
Non l'avrebbe mai considerata in quel modo.
Ace
avrebbe voluto spiegazioni perché il comportamento che aveva
avuto non l'aveva proprio capito, ma decise di lasciare perdere, mentre
continuava a osservare con la coda dell'occhio la ragazza guardare
l'orizzonte per non incontrare il suo sguardo.
Si portò una
mano tra i capelli corvini, spettinandoli.
Certe volte non la capiva
proprio.
-Era bella, comunque.- iniziò, e vide gli occhi di
Miyori allargarsi e un'espressione sul suo viso che non seppe
decifrare, le labbra socchiuse e in attesa, come stessero aspettando.
Dopodichè la vide gonfiare le guance e lanciargli
un'occhiataccia.
Ace sospirò, non capendo, per l'ennesima
volta, dove avesse sbagliato. Forse non le era piaciuto che l'avesse
interrotta mentre cantava?
La ragazza incrociò le braccia al
petto, indispettita.
Allora Pugno di Fuoco
faceva apposta!
Pensò, guardando altrove. Che bisogno c'era di dire a lei
che la cameriera “era davvero bella”?!
***
Sorrise
tra i resti
delle stille salate che si stavano seccando sul suo viso, a quel
ricordo.
Ace intendeva che la canzone era bella. Ma lei capiva sempre
male.
Un tremito di paura la scosse, riportandola alla
realtà, una realtà in cui lui era prigioniero
– ferito, da solo, sofferente, lontano da tutti –
lontano da lei, e rischiava la morte. E si sentì di nuovo in
colpa, per averlo fatto andare da solo a cercare Barbanera.
-Miyori...-
La ragazza alzò di scatto la testa a quel richiamo, come se
si fosse scottata, e spalancò gli occhi arrossati. Le
bruciarono, ma non ci fece caso, mentre il cuore le martellava nel
petto.
-M...Marco!- bisbigliò stupita, paralizzandosi. Da
quando era li? Non l'aveva sentito arrivare.
Si sfregò
quello che rimaneva del suo pianto, alzandosi in piedi come lentezza
quasi esasperante e piantando lo sguardo in quello quasi inespressivo
dell'uomo. Lui le diede le spalle dopo averle sorriso sghembo
– un sorriso di circostanza, non c'era traccia di
felicità negli occhi della Fenice.
-Io...- iniziò
lei, avvicinandoglisi per mettersi al suo fianco, ma ogni tentativo di
dialogo le morì in gola, non sapendo bene cosa dire.
Il
Comandante le sembrò sospirare, incurvandosi maggioramente
verso l'esterno della nave.
A osservarlo bene, notò Miyori,
le sembrò particolarmente stanco e sciupato in quel momento.
Non che la cosa la stupisse, data la situazione.
-Io... mi sento
responsabile.-
Marco si voltò verso di lei, e dopo tutti
quegli anni lo conosceva da sapere abbastanza bene di aver la sua
attenzione, anche se non si sprecò a parole. -Avrei dovuto
convincerlo a restare- soffiò fuori dalle labbra.
Fece
scorrere il palmo di una mano sul legno del parapetto, quasi
accarezzandolo.
-Tutti avremmo dovuto.- fu la semplice risposta che le
diede il biondo.
-Voi non avete colpe, figli miei.-
Quando si voltarono
a quelle parole, si ritrovarono Barbabianca che li osservava dall'alto
della sua statura. O forse li guardava senza però vederli
davvero, la mente persa in chissà quali pensieri.
Era
staccato dalle flebo, e questo accigliò Miyori, che storse
leggermente il naso – quand'è che avrebbe imparato
che la sua salute era importante? Ma si trattenne dal dire qualsiasi
cosa all'Imperatore che l'aveva cresciuta. Solo per quell'occasione.
-Non dire assurdità, Babbo!- lo contraddì Marco.
-Se non nostra, di chi sarebbe? Ace ha solo fatto quello chiunque di
noi avrebbe dovuto fare ma non ne aveva il coraggio.-
Barbabianca
sorrise, un sorriso triste e forzato che si andò a dipingere
sul viso rugoso dell'uomo. Ai due pirati sembrò quasi che
mostrasse tutta la sua stanchezza in quel modo.
-Mia.- fu la semplice
risposta. -Ace non ha colpe. E nemmeno voi.-
Gli ripassarono alla mente
le parole del figlio, desideroso di vendicare il compagno tradito e il
suo onore, e Barbabianca si sentì come se fosse stato un
cattivo padre, non imponendosi su quella decisione che, aveva avuto la
sensazione, non avrebbe portato niente di buono.
-Ma non temete, figli
miei.- continuò, e Marco e Miyori si chiesero se stesse
parlando davvero a loro o più rivolto a se stesso. -Non
dovete perdere la speranza. Il destino non è ancora stato
scritto.-
La ragazza sentì nuovamente un nodo alla gola e si
avvicinò all'Imperatore, provando ad abbracciarlo dal basso
della sua statura piccola e minuta.
Lui le posò una mano
sulla spalla: sentiva il peso gravoso che la sua ciurma si portava
dietro e la preoccupazione che li stava logorando, e ne fu immensamente
dispiaciuto, nel vedere ciò che di più caro aveva
soffrire.
Marco si era rivolto nuovamente verso il mare, silenzioso. Il
Babbo aveva ragione: non era ancora detta l'ultima parola. Ma non
potevano negare che stavano andando verso una missione suicida.
Miyori
si rivoltò verso l'oceano, tenendo sempre le braccia attorno
alla gamba di Barbabianca come se fosse l'unico appoggio che la poteva
far restare in piedi.
I tre contemplarono l'oceano, e l'orizzonte, e il
cielo che si stava schiarendo facendo comparire un nuovo giorno, una
nuova occasione per cambiare la storia.
Suo padre aveva ragione. Non
dovevano perdere quella lucina di speranza che sentivano pulsare dentro
di loro.
Si sentì come rincuorata, forse per la presenza di
quello che per lei era l'uomo più forte del mondo che le
forniva un appoggio, o per la consapevolezza che non era da sola ad
affrontare tutto ciò.
Resisti, Ace. Stiamo arrivando. Sto
arrivando.
Ciao
a tutti!
Cercherò di essere breve per non tediarvi. Questa
è la mia prima storia in questo fandom, probabilmente come
argomento è stato già trattato, però
mi sono ritrovata a riguardare la saga di Marineford e non ho
resistito, la mia testa va da sola molto spesso. ^^'
Nell'introduzione
scrivo che è uno spin-off perché avrei in mente
una storia antecendente questi fatti con questo nuovo personaggio, ma
non so ne sé e né quando inizierò a
buttarla giù davvero. La mia paura più grande
è di rendere i personaggi ooc dal momento che non vengono
mostrati moltissimo e, tra l'altro, mi scuso se c'è qualche
imprecisione nella shot sopra – in particolare non sono
sicura che Barbabianca & co vengano a sapere di Ace tramite
giornale o che nel manga non sia già presente un frutto del
diavolo riguardante il cantare.
Inoltre mi piace molto l'introspezione
e spero che questo non sia risultato pesante. Le frasi della canzone
sono prese da Be as One, l'end 6 di Fairy Tail. Ho cercato il testo con
la traduzione in inglese e l'ho ritradotto in italiano, ma sia per come
è scritto che per la traduzione mi davano cose diverse,
quindi ho cercato di mettere la soluzione che mi sembrava
più… giusta per me, anche se magari non
è esatta ^^''
E... basta credo. Ringrazio chi ha avuto la
pazienza di fermarsi a leggere!
Alla prossima, D.
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