Titolo:
Havel havalim hakkol havel
Autore:
Liberty89
Genere: Angst
Rating: Verde
Fandom:
Post-Kingdom Hearts 0.2 BBS - A Fragmentary Passage
Personaggi:
Aqua
Avvertimenti:
Missing Moments
Note dell'autrice:
Salve salve, sono tornata. ...prima o poi tornerò a scrivere
anche le mie long, sì. Ma oggi ho una robetta Angstosa (?)
tutta per voi, perché a noi (??) piace l'angst. Il titolo
è in ebraico e scoprirete poi cosa significa
ù.ù Ringrazio il mio atlantideo
preferito per il suggerimento a riguardo e vi lascio alla
fic. Buona lettura!
Disclaimer: i
personaggi della storia non mi appartengono. La fic non è
stata scritta a scopo di lucro.
Havel havalim
hakkol havel
Trovarsi di nuovo davanti a quel
castello le fece trattenere il respiro per un istante. Erano passati
tanti anni e nei suoi ricordi sbiaditi il vecchio maniero non appariva
così distorto, innaturale, così diverso. Non
ricordava di aver ridotto in un simile stato quella che un tempo era
stata la sua casa. Una mano le corse al petto, mentre il senso di colpa
serpeggiava nel suo cuore.
Nessun suono disturbava
il riposo di quel luogo dimenticato e vuoto, ma a lei sembrò
di sentire qualche debole scricchiolio, come se il castello fosse vivo
e stesse cercando di muoversi nella sua immobilità forzata,
come un anziano che tenta di rialzarsi nonostante le articolazioni
irrigidite.
Fedele al suo pensiero,
il keyblade del Maestro Eraqus comparve nella sua mano in un istante e
Aqua lo puntò contro l’edificio. Esso
brillò di una luce accecante, che le fece chiudere gli
occhi, quando poi tornò a guardare il suo cuore
tremò e pianse.
La Terra di Partenza era
ricomparsa esattamente come l’aveva lasciata: fratturata,
ferita, morta. Il pavimento su cui poggiava i piedi era freddo e
spento, privo del battito caldo che aveva sempre sentito e che era
ancora presente durante la sua ultima visita. Ora, però,
tutto era freddo e inanimato, il cuore di quel mondo aveva smesso di
battere e solo grazie al suo sigillo non era finito nel Regno
dell’Oscurità, ridotto in frammenti e
all’ombra di ciò che era stato.
Fu con passo incerto che
s’incamminò sulla scalinata che
l’avrebbe condotta all’ampio salone dei Maestri e
mai come in quel momento, gli alti battenti le sembrarono tristi figure
che attendono da tempo di poter cedere al riposo. Aqua vi
posò sopra i palmi, rabbrividendo per il gelo che le
trasmise il legno, e spinse. Senza produrre un cigolio, le porte si
aprirono sulla sala silenziosa e uno spiraglio di luce la
sorpassò per correre all’interno e illuminare i
piedi dello scranno centrale. Il luogo dove Ventus stava ancora
riposando.
I suoi passi
riecheggiarono appena nel grande salone, simili ai rintocchi di un
orologio pronto a fermarsi. Infine lo raggiunse. Ven. Identico a come
lo ricordava, nella medesima posizione in cui lo aveva lasciato, il
ragazzo biondo dormiva sereno e niente sembrava in grado di disturbarlo.
Allungò una
mano per sfiorargli una guancia, con il terrore di sentirla gelida come
il loro mondo, ma la trovò calda e morbida. Aqua sorrise e
con la mano libera carezzò le ciocche bionde.
-Andiamo, Ven. Andiamo a
cercare Terra.-
Posò la
fronte contro quella dell’amico e respirò il suo
profumo, anch’esso rimasto tale e quale a come lo ricordava.
Presto, sarebbero stati di nuovo tutti insieme.
Anche la risata
graffiante che risuonò poco dopo la ricordava bene. La
ricordava perfettamente, ma essa con Ventus non aveva nulla a che fare.
Vanitas
Vanitatum, Omnia Vanitas
Si allontanò
d’un passo dall’amico e Aqua inorridì:
un mefistofelico ghigno deformava il viso del ragazzo, là
dove prima c’era un’espressione serena e gentile, e
i suoi occhi celesti s’erano tinti d’un gelido oro
che potevano appartenere soltanto a una persona.
-Vanitas!-
-Grazie per avermi
svegliato, sapevo che prima o poi saresti tornata utile.- disse il
giovane, sedendosi comodamente sullo scranno.
Tremando, Aqua
indietreggiò ancora. Cosa aveva fatto? Dov’era
finito Ven? I suoi occhi si colmarono di paura e di fronte ad essa,
Vanitas non poté far altro che scoppiare in una nuova,
grassa risata che rimbalzò ovunque nell’ampio
salone, ingigantendosi sempre di più.
Aqua si portò
le mani alle orecchie e scosse il capo più volte,
finché non raggiunse il limite e la sua bocca
liberò un grido di pura disperazione.
Si svegliò di soprassalto, ansimando come se avesse appena
corso per miglia e miglia. Aqua si guardò attorno e scatto
in piedi, keyblade alla mano, pronta a difendersi da Vanitas.
Tutt’attorno a lei, però, c’era solo
silenzio. Un silenzio interrotto dal lieve sciabordio
dell’acqua contro la riva di sabbia scura.
Lentamente, il suo respiro tornò quieto e si disse che no,
non si trovava alla Terra di Partenza, ma era ancora al capolinea del
Regno dell’Oscurità. Nuove lacrime le bagnarono il
viso già striato di scie salate e si avvolse nelle proprie
braccia, maledicendo il proprio destino e quella lunga attesa che prima
o poi, in qualche modo, sarebbe giunta al termine.
Vanità
delle vanità, tutto è vanità
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