Empatia
ovvero
Cronaca di
un'altra serata di animalismo
E chi mi dice che sia fottutamente giusto?
Camminarvi silenziosamente
dietro,
in un furioso slalom tra la folla,
a prendere a calci l'opinione
e acconciarla in sguardi che terrorizzino,
a cercare altrove
ciò che la gente non vi sa dare,
ad esigere
di poter avere e poter dare,
e io a chiedermi se
sia fottutamente giusto.
E urlare, dimicare,
ché di sussurri
non è l'ora,
ma di insulti corali
che pungolano e
braccano
l'ipocrisia
delle masse,
costringono passanti a rincorrerla:
la paura
della gente fa ciò che ritenete un po'
giusto.
E io vi chiedo se sia
fottutamente giusto.
E vi parlo di carceri, di inutilità, di modalità,
di cose che so che non capite o non volete capire, o capite e ripudiate
ché proprio no,
non credo che la gente
vada
derubata -seppur
giustamente-
e lasciata lì,
in un angolo,
a lamentare povertà e violenza,
sperando che poi si muova
tanto poco
da non vendere più
e voi mi
spiegate che
la gente è cattiva,
che non gliene
fotte un
cazzo
della
sofferenza altrui,
dite che non
ha Empatia.
E io penso -ma non
lo dico-
che forse,
forse l'avrei fatto anch'io,
se qualcuno,
accarezzandomi
dolcemente
la testa, non
mi avesse sussurrato:
"Tesoro,
ciò che fai è un orrore"
[E
vi stupite di quanto può fare un sorriso]
E io mi chiedo se sia
fottutamente giusto.
Mi dite che posso andare,
se
voglio,
nessuno mi
obbliga,
dobbiamo
essere decisi,
non litigare tra di noi,
dobbiamo
essere un muro d'acciaio,
dobbiamo
essere lapidarii,
e
io
mi chiedo se sia fottutamente giusto,
e
cosa vi abbia spinto a recintare
la vostra Empatia
entro severi paletti.
E
domandandomi così evidentemente
il perché e il per come di tutto,
torno
a casa espirando Empatia
traboccante,
guardandomi
stupidamente le spalle.
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