"Hai
ragione, non puoi più essere la mia serva".
Un
piacevole vento muoveva i capelli rossi e selvaggi di Demelza e il
pelo di Garrick, mentre pronunciava quelle parole che erano uscite
dalla sua bocca ancor prima che la sua mente ne avesse elaborato il
fine o soprattutto le conseguenze.
La
ragazza lo guardò con aria interrogativa, senza capire o
forse
capendo che qualunque strada avessero deciso di intraprendere, il
loro rapporto non sarebbe più stato lo stesso. "Sir, infatti
sto tornando da mio padre".
La
sua voce era timida e stentata, si vedeva chiaramente quanto fosse in
difficoltà a parlare con lui, dopo quanto successo la notte
prima.
Ross si affrettò però a puntualizzare. No, non
doveva andarsene,
non così. Era una buona domestica, una fidata confidente,
era
diventata l'anima pulsante di Nampara e conosceva ogni suo vizio o
bisogno. Ed era una ragazzina a cui lui, con un gesto avventato e
dettato da rabbia ed alcol, aveva tolto l'innocenza e la
possibilità
di una vita affettiva stabile. Decise che Demelza non lo meritava e
che fosse suo preciso dovere prendersi la responsabilità di
quanto
accaduto quella notte, anche se in fin dei conti era stata lei a
sedurlo e lui aveva onorevolmente cercato di resistergli. Ma a
differenza di Demelza che forse non aveva ben chiare le conseguenze
di quanto successo fra loro, lui era un uomo adulto, aveva dieci anni
più di lei e in fondo era in età da matrimonio.
Certo, non amava
Demelza e per lei sentiva solo una sorta di affetto e stima, ma in
fondo perché no? Lui apparteneva a una antica e facoltosa
famiglia,
anche se decaduta, e di certo con le sue scarse finanze non poteva
ambire a chiedere la mano a una nobile ragazza del posto. Non avrebbe
potuto mantenere lo stile di vita della sposa e con Demelza, abituata
a fame e miseria, non avrebbe avuto questo genere di problemi. E poi
era carina, a modo suo, lo rispettava ed andavano d'accordo. E si era
rivelata in più di un'occasione un buon braccio destro e una
fidata
compagna di chiacchierate e di lavoro. Inoltre – e non poteva
negarlo a se stesso – quella notte, fra loro, era scattata
una
passione talmente profonda e inaspettata che lo aveva lasciato
piacevolmente sorpreso. Per lei era la prima volta ma era come se il
suo corpo da ragazzina e il suo, ormai adulto, fossero stati creati
per fondersi insieme travalicando differenze di età, rango e
ruoli.
E poi... E poi l'avrebbe sposata all'istante solo per vedere la
faccia boriosa dei giudici che avevano condannato Jim Carter
contorcersi davanti allo scandalo di un nobile che sposa una
sguattera. "Non devi tornare a casa, non è la soluzione
giusta
al problema".
"Io
credo di sì" – rispose lei sulla difensiva e con
lo sguardo
basso, accarezzando il muso di Garrick.
Ross
sospirò. Si sentiva in colpa per come si erano svolte le
cose poco
prima, quando era giunta Elizabeth, e lui non aveva potuto far altro
che ignorare Demelza per non mettere a disagio la sua ospite e,
forse, se stesso. Ma l'aveva ferita e lui si era comportato da
cafone, ne era consapevole. Come del fatto che Demelza non lo
meritava. "Mi dispiace, Elizabeth non era un ospite attesa,
oggi" – si scusò.
Lei
alzò le spalle. "Non dovete darmi spiegazioni, Sir".
Ross
scese da cavallo, avvicinandosi a lei di alcuni passi. "Non puoi
tornare da tuo padre, andare ad Illugan è una mossa che non
ti
consiglierei di fare".
"Mi
troverete lavoro presso la famiglia di qualcuno dei vostri soci?".
Quella
domanda lo intenerì. Molte donne avrebbero approfittato dal
fatto di
essere andate a letto con lui, lo avrebbero ricattato, avrebbero
cercato di trarne profitto ed avrebbero preteso... Lei no, non
chiedeva niente e in questo scorgeva una notevole nobiltà
d'animo
per essere una ragazzina tanto giovane e di origini tanto umili. "No,
niente affatto! Vorrei che restassi a Nampara".
Demelza
si accigliò, pensando ovviamente alla cosa più
ovvia: restare,
continuare a lavorare per lui e la notte essere la sua amante e
soddisfare i suoi appetiti...
Rimase
in silenzio e davanti alla mancanza di una risposta, Ross si
affrettò
a spiegarsi meglio. "Non per quello che pensi tu!".
Lei
parve esserne delusa, ma continuò a rimanere in silenzio. E
lui capì
che sarebbe rimasta anche senza nulla in cambio, senza impegni
ufficiali e che, se lui gli avesse chiesto di dormire con lui, lei lo
avrebbe fatto senza fare domande. Come sempre...
Ross
prese un profondo respiro, la sua vita stava cambiando in maniera
vertiginosa nel giro di poche ore. "Vorrei che mi sposassi!
Credo sia la cosa migliore da fare, per noi. E' un modo onesto e
responsabile di sistemare quanto successo la notte scorsa". Non
l'amava, non l'avrebbe mai amata, il suo cuore apparteneva a
Elizabeth e Demelza lo sapeva. Se accettava la proposta, non avrebbe
dovuto premurarsi di tenerle nascosto quello che era un dato di
fatto. L'avrebbe rispettata e si sarebbe preso cura di lei, avrebbe
elevato il suo status sociale e gli avrebbe donato una vita meno
dura. Pur senza amore, Demelza aveva solo da guadagnarci da quel
matrimonio.
La
ragazzina spalancò gli occhi mentre Garrick, attratto dai
movimenti
di una lucertola, scavava nella terra per stanarla. "Sposarvi?".
"Sì,
sposarci! E' una buona soluzione per entrambi, giusto? Io
onorerò il
mio cedimento di stanotte e tu avrai la cura e la tutela di un
marito".
Demelza,
improvvisamente, indietreggiò. Sembrava spaventata e
smarrita e
forse era normale, non era che una ragazzina di diciassette anni.
"Matrimonio...? Sir, io...".
"Devi
solo dire di sì!".
Lei
scosse la testa. "Ma io non posso, voi non potete! Che dirà
la
gente se vede un uomo rispettabile che sposa la sua sguattera?".
Lui
fece un sorrisetto irriverente, immaginandosi già la scena.
"Ti
è mai sembrato che mi importasse cosa dice di me la gente?".
"Sì
ma un matrimonio... Non si fa, signore! Non dovete, molti uomini
nobili fanno ciò che vogliono con le loro sguattere e mica
le
sposano... Non potete! E non volete" – disse infine, calando
il tono di voce. E ancora una volta, il riferimento ad Elizabeth era
palese e davanti ai suoi occhi. Era piccola ma non stupida e doveva
parlarle con sincerità.
"Ma
va fatto!" - insistette lui, stupito dalla maturità che lei
stava dimostrando e dalla sua testa dura. O forse no, che Demelza
avesse la testa dura, era una cosa che aveva notato da molto. Era
selvaggia e indomita, intraprendente – come gli aveva
dimostrato la
sera prima – coraggiosa e aveva uno strano e seducente fuoco
dentro
di se che, in un senso che ancora non sapeva interpretare, lo
irretiva e attraeva. Non voleva che se ne andasse e non per una
questione di onore o per riparare a un torto, non voleva che se ne
andasse e basta. Non ne era innamorato ma non riusciva più
ad
immaginare Nampara senza di lei.
Demelza
giocò col piede, smuovendo dei sassolini, in un gesto
impacciato e
infantile. "Ed Elizabeth?".
Si
irritò a quella domanda, quelle erano cose che a lei non
dovevano
importare. Elizabeth e i suoi sentimenti per lei erano qualcosa che a
Demelza non dovevano riguardare, anche se sarebbe diventata sua
moglie. "E' sposata con mio cugino".
"Ma
voi la volete! E non volete me".
Ok,
doveva chiudere subito quel discorso! "Ciò che voglio o non
voglio, non son cose che ti riguardano! Ora sono quì, con te
e sto
chiedendo a TE di sposarmi. Questo è sufficiente, credo, per
dimostrarti i miei intenti".
"Sì,
ma...".
Ross
le prese il polso, attirandola a se. Forse essere tanto brusco stava
finendo per intimorirla e così facendo, rischiava di
ottenere
l'effetto di farla scappare. "Senti, conosci il mio carattere,
sai interpretarlo e anticipare i miei desideri. Sei preziosa per la
vita di Nampara e la tua presenza è importante per me. Non
ti parlo
di amore, sai benissimo che sarebbe fuori luogo, ti parlo di
correttezza e di una soluzione che farebbe la differenza per te e
aiuterebbe me a fare pace con la mia coscienza. Non ti mancherei mai
di rispetto e ti assicuro che le tue origini per me non hanno
importanza. Il mondo da cui provieni tu è il mondo a cui
appartengono tutti i miei amici e lo sai... Andiamo d'accordo e
ciò
che è successo fra noi stanotte non ha fatto altro che
confermarlo e
io credo che in fondo potrebbe funzionare". Non aveva mai
parlato tanto a lungo ma al diavolo, era una proposta di matrimonio
quella e sperò di cuore che Demelza apprezzasse il suo
sforzo di
apparire un pò sentimentale e gentile.
"Sir?".
"Sì".
"Io
non lo so come si fa a sposarsi".
Le
sorrise. "Ci penserò io agli aspetti burocratici, tu non
devi
far nulla se non sceglierti un vestito e raccogliere dei fiori per il
bouquet".
"E
mio padre?" - chiese lei, tremando lievemente.
Ross
la prese per la vita, mettendola sul cavallo. "Ciò che pensa
tuo padre è mai stato un problema, per noi?".
Lei
rise. "No".
"Bene,
non lo sarà di certo adesso quindi!".
"Sir?".
Ross
alzò gli occhi al cielo. Era stata la sua amante la notte
precedente
ma ora era tornata ad essere la ragazzina inesperta che giustamente,
per età, era. "Dimmi".
Demelza
arrossì, impercettibilmente. "Sì".
"Sì,
cosa?".
Lei
dondolò le gambe nel vuoto. "Sì, vi sposo".
Ross
inspirò profondamente. Beh, non si poteva più
tornare indietro e
onestamente era felice che lei avesse ceduto. Non aveva mai
partecipato in vita sua a una trattativa tanto sfiancante. "Ottima
scelta" – rispose, salendo sul cavallo.
Lei
lo guardò. "Cosa diranno Prudie e Jud?".
"Prudie
e Jud non son pagati per esprimere le loro opinioni" –
tagliò
corto, rendendosi conto anche lui delle difficoltà pratiche
di quel
matrimonio ma cercando di ignorarle, per il momento.
Con
un leggero colpo di redini, fece partire il cavallo. E Demelza, con
un fischio, chiamò a se Garrick ancora intento a dar la
caccia alle
lucertole.
Scosse
la testa, guardandola storto. Santo cielo, stava per sposare una
ragazzina selvaggia e senza istruzione, stava davvero facendo la cosa
giusta? Erano talmente diversi per educazione, loro due... Come si
sarebbe mosso fra i suoi soci e i suoi pari, con una moglie come lei?
Improvvisamente sentì in lui un leggero ripensamento ma si
rese
conto che era troppo tardi per tornare indietro ormai. L'avrebbe
educata, le avrebbe insegnato a leggere e scrivere e a parlare
correttamente. Non avrebbe mai avuto la grazia e l'eleganza di
Elizabeth ma sarebbe diventata una buona signora di campagna, con un
pò di impegno. "Demelza?".
"Sì
Sir".
"Credo
sia meglio che tu eviti di fischiare, d'ora in poi. Non è
educato
che una signora lo faccia".
"Sì
Sir".
Bene,
aveva messo le basi. "E poi, visto che ci sposeremo fra pochi
giorni, sarebbe opportuno che tu iniziassi a chiamarmi per nome. Non
sarai più la mia sguattera".
Lei
spalancò gli occhi, quasi spaventata da quella proposta.
"Chiamarvi
per nome? Non sarebbe appropriato!".
"Non
è appropriato nemmeno che una moglie si rivolga a suo marito
formalmente, chiamandolo 'Sir', no?" - obiettò lui,
stringendo
le redini.
"Ma
ora io non sono ancora vostra moglie" – osservò
Demelza,
voltandosi verso di lui.
Ross
sospirò. "No, questo è vero. Ma non posso nemmeno
più
considerarti la mia sguattera e quindi, temo, dovrai chiamarmi per
nome".
Lei
abbassò lo sguardo, tornando ad essere timida. "Posso
chiamarvi
ancora per un pò 'Sir'? Credo di aver bisogno di tempo per
abituarmi".
Cedette,
che doveva fare? In fondo non doveva essere facile nemmeno per lei.
"Va bene, se questo ti aiuta, chiamami come ti pare fino al
matrimonio. Ma poi, basta formalismi".
"E
posso continuare a lavorare?".
Ross
si accigliò. Questo proprio non se lo aspettava!
"Perché?".
"Che
farei tutto il giorno? Io non so far altro... E poi...".
"Poi?".
"Poi
diventerei nervosa ad avere troppo tempo libero per pensare che vi
sposo. Se lavoro e mi tengo impegnata, per me sarebbe meglio".
Ross
prese un profondo respiro. Santo cielo, stava davvero facendo la cosa
giusta per entrambi? Lei era spaventata e, guardandola, iniziava ad
esserlo anche lui. "Devi pensare al vestito e al bouquet. Non
saresti inoccupata" – cercò di argomentare.
"Per
quelli ci metto poco, Sir".
Beh,
in fondo aveva ragione, era una ragazza pratica e decisa e non si
perdeva dietro a frivolezze come merletti e vestiti. "Va bene,
fa come ti pare e come sei contenta. Ma ricorda che dopo le
pubblicazioni, ci sposeremo subito".
"Si
Sir" – rispose lei, prima di iniziare a canticchiare sotto
voce una canzone.
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