Che
tu sia la mia voce
***
C'erano giornate della sua
vita in cui Tom Hiddleston si riteneva una persona fortunata.
In particolare quell'otto
aprile, quando la premiere di "Avengers – Infinity War
parte 1" si era svolta nella sua Londra ed avrebbe permesso a
lui di tornare subito a casa sua subito dopo la serata.
Guardò la città
che scorreva dietro i vetri polarizzati della macchina a noleggio.
Le luci lo affascinavano, ed
ancora di più lo affascinava il poter guardare fuori senza
essere visto.
Persino il vetro che lo
separava dall'autista era oscurato.
Gli ci era voluto un po' per
abituarsi a quel tipo di spostamenti, ma adesso, quando la sua
popolarità a volte si rivelava pesante, si trovava ad
apprezzarli.
Era come creare un limbo
sicuro in cui esistesse solo lui, che osservava ciò che
succedeva all'esterno mentre il resto del mondo era ignaro persino
della sua esistenza.
Con un sospiro si abbandonò
con la testa reclinata indietro e la schiena del tutto rilassata
contro il sedile morbido.
Ad essere sincero non vedeva
l'ora di arrivare nel suo appartamento e di buttarsi sul letto,
perché per quanto amasse il contatto con i fan, i suoi
colleghi di lavoro, l'adorazione di cui era circondato e l'importanza
che aveva ormai per la Marvel, anche Thomas William Hiddleston a
volte cedeva alla stanchezza.
Si tolse gli occhiali per
massaggiare le palpebre stanche.
Dopotutto lui era umano, non
era certo un dio, Thomas?
Scattò
in avanti quando, per un solo, infinitesimale ma terrificante attimo,
l'immagine del dio degli inganni gli apparve come marchiata a fuoco
dietro le palpebre chiuse.
Riaprì
gli occhi di scatto per guardare accanto a sé, ma il sedile
era vuoto.
Ovviamente
vuoto.
Certo,
cosa era andato a pensare? Era stato solo uno scherzo della
stanchezza e forse un po' di condizionamento mentale, dato che da
settimane non faceva altro che partecipare ad eventi che, non potendo
dare informazioni sul film non ancora distribuito nelle sale,
rievocavano insieme a lui le passate gesta del dio degli inganni.
Si
lasciò andare di nuovo contro lo schienale, ma stavolta per
sicurezza non chiuse gli occhi.
Dieci
minuti dopo arrivarono in una zona che Tom conosceva, vicino al
quartiere dove abitava lui, ed allora si preparò per scendere.
Quando
l'auto si fermò davanti a casa sua la voce dell'autista gli
arrivò dall'interfono.
-Signor
Hiddleston, siamo arrivati-
Senza
abbassare il divisore, in modo che lui avrebbe semplicemente potuto
scendere dalla macchina ed andarsene senza nemmeno farsi vedere in
viso da chi lo aveva trasportato da un capo all'altro di Londra.
Era
molto professionale, e Tom sapeva apprezzare qualsasi riguardo nei
confronti della sua privacy.
Invece
di rispondere con lo stesso mezzo abbassò il vetro divisore
per ringraziare di persona l'autista.
-Grazie
per avermi riportato a casa. Come si chiama?-
-Charles.
Charles Havery, signore-
-Grazie,
Charles. Mi dispiace per l'orario-
Erano le
due di notte. Abbastanza tardi, ma l'autista si limitò ad
un'alzata di spalle.
-Si
figuri. Dopotutto è il mio mestiere. Vorrei chiederle una
cosa, se non è di disturbo, signore-
Tom
credeva di sapere cosi si stava preparando. Doveva solo sapere se
aveva ragione oppure no.
-Dica
pure, nessun disturbo-
-Ecco,
io ho due figli. E la grande, Rachel, è... bè, è
una grande fan di lei e del suo personaggio Loki. Potrebbe farmi un
autografo per lei?-
Tom
sorrise.
Forse
era un sentimentale, ma erano cose cose quella a fargli provare
tenerezza: un uomo di mezza età che chiedeva l'autografo per
la figlia.
Per
essere anche se per poco un eroe ai suoi occhi di ragazzina.
-Certo,
Charles, nessun problema-
-Grazie,
signor Hiddleston! Aspetti che le trovo qualcosa per scrivere-
Charles
riuscì a recuperare un tacquino bianco con l'intestazione
dell'autonoleggio per cui lavorava ed un pennarello nero.
-Dunque.
Ha qualche dettaglio da darmi per personalizzare l'autografo?-
-Dettagli?
Ecco... forse è strano, ma Rachel trova che Loki sia di
ispirazione. Da quello che ho capito io dovrebbe essere il cattivo
dei film, giusto? Ed invece lei lo trova un esempio di coraggio. O
forza? Ora non ricordo più bene come dice-
Tom non
potè impedirsi di inarcare un sopracciglio; di solito le
adolescenti amavano Loki in quanto "bello&dannato", non
per il coraggio. O la forza.
-Loki un
esempio di coraggio? Questa non l'avevo ancora sentita-
-Sì.
Rachel crede che Loki sia da ammirare per il fatto che decide di
conquistare da sé un regno, piuttosto che restare ad aspettare
che qualcuno lo reputi degno. Il genere di cose che possono ispirare
un adolescente, suppongo. È molto forte, la mia Rachel-
Tom
sorrise, se possibile ancora più intenerito di prima, perché
aveva gà deciso che un uomo che da ascolto ed importanza alle
chiacchiere di sua figlia era un eroe non meno degli Avengers.
-Va
bene, grazie. Ora so qual è la cosa giusta da scrivere-
Si prese
qualche secondo per formulare la frase nel modo migliore e poi
scrisse "A Rachel, perché continui sempre a bruciare di
gloriosi propositi"; firmò in calce e restituì il
blocco a Charles, per cui era ora di tornare a casa.
Tom
scese dall'auto e rimase a guardarla che si allontanava nella notte
dietro il primo incrocio.
Sorrideva
ancora, perso in una fantasticheria.
Forse,
tornando a casa di notte, Charles sarebbe entrato in silenzio nella
stanza della figlia addormentata ed avrebbe posato il blocchetto sul
suo comodino per farglielo trovare al suo risveglio.
Oppure
lo avrebbe conservato lui fino al mattino dopo per consegnarglielo di
persona.
Di
sicuro Tom non avrebbe mai saputo come sarebbero andate le cose in
quella famiglia, ma era fiero di aver compiuto quella che secondo lui
era una buona azione.
Per
Charles più che per Rachel.
Una
folata di vento lo fece rabbrividire e Tom si strinse nel cappotto;
faceva freddo, e quello lo convinse ad entrare nell'atrio del
palazzo.
***
Era ormai notte fonda, e per
quanto Tom fosse abituato agli alberghi da quando era diventato più
che famoso, tornare a casa aveva sempre qualcosa di diverso. Di
confortante, in un certo senso.
Aprì la porta chiusa
a doppia mandata e finalmente fu nel suo appartamento, ad appendere
sciarpa e cappotto ed a tentare di togliersi le scarpe. Nello stesso
momento.
Non una grande idea,
considerata l'ora tarda ed il suo equilibrio non proprio dei
migliori.
Si diresse verso camera sua,
considerando seriamente l'ipotesi di andare a dormire in mutande e
canottiera, quando si accorse dell'abat-jour accesa in salotto.
Bé, forse se ne era
dimenticato prima di uscire di casa, e adesso sarebbe stato meglio
spegnerla prima che la lampadina si fulminasse.
Era così stanco che
per poco non urtò l'elmo con le corna nel tentativo di
raggiungere l'interruttore sporgendosi oltre la penisola del divano.
...
L'elmo con le corna?
Riaccese in fretta la luce e
dovette sbattere un paio di volte le palpebre prima di riuscire a
crederci, eppure era proprio lui: l'elmo del dio degli inganni.
No, cioè... ma lui
non lo aveva mai portato a casa! Non come Chris con il martello
Mjollnir.
Ed anche se lo avesse fatto,
non avrebbe lasciato un elmo cornamunito sui cuscini del divano.
E dunque...
Il suo povero cervello
registrò troppo tardi la presenza della figura alta e truce
che si stagliava contro la tenda semitrasparente, e quando lo fece
gli inviò immediatamente tutti i segnali di pericolo di cui il
suo sistema nervoso autonomo disponeva.
Nell'ordine Tom: gettò
uno strillo acuto, indietreggiò in maniera istintiva, inciampò
nella penisola del divano e cadde di schiena sui cuscini, per poi
scivolare a terra subito dopo. Cuscini ed elmo compresi.
Per rimanere seduto
scomposto sul tappeto a guardare dal basso Loki che lo osservava a
sua volta con un misto di moderato, aristocratico divertimento, e
tanta supponenza.
-Buona sera, Tom Hiddleston.
Lieto che tu abbia trascorso una piacevole serata, almeno fino a
questo momento-
Tom rimase a bocca aperta al
suono di quella voce perché la conosceva fin troppo bene: era
la voce che lui aveva dato a Loki.
Ed aveva creduto che non
l'avrebbe mai più risentita dopo il loro incontro a San Diego.
Si alzò in piedi a
fatica e tentando di recuperare un minimo sindacale di contegno.
-Loki? Sei davvero tu?-
-Hai ancora dubbi sulla mia
esistenza? Hai già dimentcato il nostro primo incontro? Mi
deludi, Thomas-
-Potrebbe essere un prank di
cattivo gusto. Se sei tu, fai qualcosa... qualcosa da Loki-
Il suo alter ego lo squadrò
con le spracciglia aggrottate ed una smorfia infastidita.
-Prima di tutto rimetti a
posto il mio elmo, Thomas. E quanto al fare qualcosa da Loki, ecco, è
proprio di questo che vorrei discutere con te. Ma poiché sono
ragionevolmente sicuro che tu abbia bisigno di una prova per essere
sicuro che io sia io e non uno scherzo della tua mente o di altri
midgardiani, sbrighiamo questa formalità e togliemoci il
pensiero entrambi-
Loki scioccò le dita
e la stanza si riempì dello scintillare del Bifrost e di...
lui.
Tanti Loki, tutti in assetto
da combattimento con Grungnir in pugno ed elmo indosso, che lo
circondavano e ridevano della sua confusione.
Era esattamente la scena del
primo "Thor", vicino alla fine, quando Loki e Thor...
-Non pronunciare il nome di
mio fratello in mia presenza- lo ammonì la voce in stereo di
decine di Loki.
-Ma io non ho detto nulla!-
protestò Tom, che non sapeva più da che parte girarsi.
-Lo hai pensato. So che lo
hai fatto, Tom, perché l'ho fatto anche io-
Quello servì a
convincere Tom più che l'illusione stessa, perché solo
il vero Loki avrebbe potuto stabilire un contatto così
profondo con lui.
-Va bene, d'accordo,
scusa... adesso so che sei tu-
-Umpf... alla buon'ora,
Thomas-
L'illusioe sparì e
rimase solo un Loki, in abiti asgardiani ma senza mantello e senza
elmo.
"L'elmo di Loki è
scomodo. Sul serio, credo che sia per questo che Loki è
arrabbiato tutto il tempo".
Lo aveva adetto proprio lui
in un'intervista.
Per lui era stato vero.
-A proposito dell'elmo,
sbaglio o prima ti avevo chiesto di rimetterlo a posto?-
Tom abbassò lo
sguardo ed in effetti l'oggetto in questione era ancora a terra.
Obbedì alla richiesta
di raccoglierlo, specie perché proveniva da una divinità
simpatica, accomodante e per nulla permalosa.
Indeciso su cosa intendesse
Loki esattamente per "rimettere a posto", Tom si limitò
a posare l'elmo sul divano dove lo aveva trovato.
In effetti era pesante, più
di come se lo ricordava dalle ultime riprese.
-Perdonami se te lo chiedo,
ma l'elmo è davvero così terribile da indossare?-
-Per te come è
stato?-
Tom non aveva nemmeno
bisogno di pensarci.
-Una vera seccatura.
Scenografico, regale e tutto ciò che vuoi, ma molto scomodo-
-Allora hai già la
tua risposta, Thomas-
In realtà ne aveva
anche un'altra: dopo quello scambio cominciava ad avere il sospetto
che Loki fosse davvero ciò che lui aveva creato durante quegli
anni di riprese.
Il dio degli inganni non si
era mosso di un centimetro. Era innaturale. Era inquietante.
L'aspetto pallido, le guance
scavate, gli occhi cerchiati, erano quello che il trucco aveva creato
per Tom sul set, ma per Loki era la realtà; era l'aspetto di
una persona costantemente tormentata da qualcosa, ed a Tom era
piaciuto indossarlo per dare libero sfogo alla recitazione
drammatica.
Si sentì in colpa per
aver creato sofferenza e tormento.
-Io... tu... come sei
arrivato qui?-
Gli chiese Tom per prendere
tempo.
-Strano che tu me lo chieda,
considerato che sei stato proprio tu a chiamarmi stavolta-
Lui? I cocktail bevuti alla
premiere dovevano avergli fatto un effetto peggiore di quello che
credeva. O forse era la stanchezza.
-Io? Ma non è vero!-
Loki sbuffò alla sua
risposta.
-Oh, sì, che lo è.
Non mentire a me, Thomas, e soprattutto non mentire a te stesso-
-Anche ammesso che sia stato
così, come avrei fatto? E perché avrei dovuto
chiamarti?-
Loki sorrise, il sorriso
pericoloso che aveva avuto durante tutto "Avengers".
-Oh, perché tu hai
cuore, Thomas-
Giusto: lui aveva appena
pensato ad Avengers e Loki se ne era uscito con una citazione di quel
film. Perfettamente normale... dov'erano un altro paio di cocktail
quando servivano?
Loki iniziò a
muoversi intorno a lui, le mani dietro la schiena e gli occhi fissi
su di lui, costringendolo a voltarsi per seguire i suoi movimenti
perché in quel momento dare le spalle al dio degli inganni gli
sembrava l'ultima cosa da fare.
-Non capisco- tentò
di giustificarsi.
-Sì che capisci, non
fingerti più stolto di ciò che sei in realtà.
Dimmi la verità: quante volte, quando sei stato me, ti sei
chiesto se stavi facendo la cosa giusta? Quante volte ha curato al
millimetro un gesto o uno sguardo perché esprimesse ciò
che non potevi dire a parole? E quante volte avresti avuto da dire e
non potevi, avresti voluto fare e non ti è stato permesso?-
D'accordo, quindi il
problema era che Loki era di cattivo umore perché le
sceneggiature assegnategli durante gli ultimi film non erano state di
suo gradimento.
O meglio.
Loki era incazzato perché
a Tom Hiddleston che lo interpretava le battute e le scene non erano
sembrate abbastanza.
Bel casino che aveva
combinato, lui e la sua passione per gli intensi drammi
shakesperiani!
-Io... ecco...-
-Risparmia il fiato. So che
è così-
Non c'era modo di negare
l'evidenza, ed ancora meno di mentire al dio delle balle
intergalattiche con i gatti incazzati dentro il cervello, per cui Tom
fece l'unica cosa possibile: si arrese.
-Va bene, hai ragione, è
tutto vero. Ma ancora non capisco perché sei qui-
-Perché ho atteso fin
troppo a lungo, Thomas. Avete avuto occasioni e le avete sprecate,
avete avuto situazioni e non le avete saputo sfruttare. Ed io, io
sono rimasto imprigionato per troppo tempo-
-Imprigionato? Cosa vuoi
dire?-
-Che nessuno ha più
potuto vedere quello che io sono davvero-
-Nessuno sa chi tu sia
davvero. Forse nemmeno tu, Loki-
-E non è questa la
ragione per cui mi amano? Non è questo che vuole il popolo di
Midgard? Qualcuno che sia così complesso, così oscuro,
così pieno di tormenti e di contraddizioni da essere un pozzo
di sentimenti intensi tra cui poter riconoscere i loro personali. Le
trame sottili, l'ingano, il tormento per essere "il figlio
degno", la rabbia, la conquista e la paura, oh, quelle erano
cose che potevano emozionarli! Sono i sentimenti oscuri che tutti
covano e che non avranno mai il coraggio di ammettere, per questo mi
amavano, perché io riuscivo a manifestarli. E mi amavano
quando venivo sconfitto, perché il meschino animo umano vedeva
riflessa nella mia frustrazione la frustrazione delle proprie
ambizioni. E dove sono finite adesso?-
Tom non rispose. Non aveva
nulla da rispondere, anche perché sapeva fin troppo bene che a
Loki non interessava realmente una sua giustificazione.
A che sarebbe servito
parlare di sceneggiature, regia e contratti ad un dio, specie se
questo è poco incline ad ascoltare?
Però capiva cosa
intendesse Loki, per questo abbassò lo sguardo imbarazzato e
rimase a fissare l'alone dell'abatjour sul tappeto e sui suoi
calzini.
Si rese conto solo in quel
momento che era rimasto a piedi scalzi, ma aveva altro di cui
occuparsi del freddo del pavimento che gli stava risalendo lungo le
caviglie.
Evidentemente ridurre lui al
silenzio era esattamente ciò che Loki voleva ottenere, perché
Tom lo vide annuire in un modo impercettibile quando si azzardò
a dare una sbirciata.
Loki ricompose, con un bel
respiro e raddrizzando la schiena dopo che si era quasi
lasciato andare.
-Io sono stato paziente,
Thomas. Ho atteso un Ragnarok che rendesse giustizia alla grandezza
di Asgard e sono stato deluso, ho atteso lo scontro con il Titano e
non ho nemmeno potuto partecipare. E ti sembra che non abbia ragione
io, adesso, di venire qui ad esprimere il mio disappunto?-
Tom era rimasto inchiodato
al suo posto, tranne per il fatto che era stato costretto a muoversi
per seguire Loki.
Aveva accettato il suo
monologo, completamente soggiogato dalla sua voce.
Sua nel senso letterale. Sua
di Loki e sua propria.
-Ascoltami, Loki, non è
ancora finita. Ci sarà ancora la seconda parte che...-
-Non mi interessa! Ho
aspettato troppo a lungo, Thomas, troppo! Certo, potrei aspettare
ancora. Sono un essere millenario, dopotutto, e per me un anno in più
o in meno non cambierebbe. Ma se la mia attesa fosse vana? Se ancora
una volta io vi accordassi fiducia e voi doveste mancare l'occasione
di mostrare ciò che io sono? Potrei sopportare l'attesa, ma
quello che non potrei sopportare è un'altra delusione. Tu lo
capisci, non è vero? Mi capisci adesso che sto facendo appello
alla tua umanità?-
Un'altra citazione di
"Avengers".
Tom ormai le conosceva fin
troppo bene.
E lui ancora una volta si
era fatto affascinare dal monologo di Loki, dal suo tono allo stesso
tempo feroce e disperato come nel primo Thor.
Quella voce che lui aveva
creato per una sola battuta, quel "dimmelo!" in cui aveva
dovuto racchiudere mille e trecento anni di lacrime e di angoscia.
-Ti capisco, Loki. Io non
posso cambiare le scene che devo recitare, ma per quello che può
valere ti comprendo e mi dispiace che tu non abbia potuto mostrare...
di più-
Loki sbuffò, per
nulla toccato dalla sua manifestazione di empatia.
-I miei complimenti per
esserci finalmente arrivato, Thomas. Adesso vogliamo occuparci di
come risolvere l'aspetto pratico della faccenda?-
Per un attimo (un attimo
molto brutto) Tom ebbe il folle terrore che Loki lo avrebbe
minacciato per costringerlo a sua volta a minacciare produttori e
sceneggiatori di "Infinity war – parte due" affinché
dessero più spazio al dio degli inganni.
Quella sarebbe stata la fine
della sua reputazione. Sarebbe stata la fine della sua vita, perché
sarebbe stato internato in un istituto per le malattie mentali se
fosse andato in giro dicendo "il personaggio che ho creato vuole
più considerazione".
O lo avrebbero preso per un
approfittatore che voleva farsi pubblicità sleale, ipotesi che
per lui era ancora peggiore.
-Cosa potrei fare per
aiutarti?- gli chiese cauto.
-Dammi la tua voce-
Tom non era sicuro di aver
capito bene. Gli veniva in mente solo un inquietante flash de "La
sirenetta" con Ursula che ruba la voce di Ariel.
-Come hai detto, scusa?-
-Non fingere di non capire!
Io avrei potuto dire molto di più, fare molto di più. E
non mi è stato permesso. Non ci è stato
permesso, Thomas. Quello che ti chiedo è di essere la mia
voce, adesso. Tu sai cosa avrei detto e fatto. Sai cosa avrei
potuto esprimere. E finché tu lo sai ma non lo fai, io sono
bloccato. Per favore. Fammi dire tutto, dammi dei sentimenti,
esprimimi come solo tu puoi fare. Liberami, Tom, perché solo
tu puoi capirmi-
Il dolore negli occhi
azzurri, che in realtà erano i suoi occhi, era troppo reale.
Faceva davvero male, al di là della finzione cinematografica.
Il dio degli inganni era
accorato, tormentato, era in uno di quei momenti di reale fragilità
in cui la paura lo faceva precipitare.
Tom sapeva riconoscerli, e
non potè fare a meno di sentirsi responsabile per lui e di
volerlo aiutare.
-Va bene, lo farò-
Vide Loki sospirare di
sollievo, ed anche lui, di riflesso, si sentì meno angosciato.
-Quindi io dovrei creare una
scena per te, se ho capito bene?- gli chiese tanto per avere la
conferma definitiva.
-Molto più di questo,
Tom, e tu lo sai. Sii me. Fammi ridere, piangere o urlare; fai quello
che sai che farei io-
Tom sospirò. Si era
preso una bella responsabilità, complimenti! Ma sapeva di
doverglielo, in fondo, perché lui aveva costruito buona parte
del suo successo proprio sul tormento di Loki; come lo stesso dio
aveva provveduto a ricordargli durante il loro primo incontro.
-Se vuoi che io sia te dovrò
avere l'aspetto giusto. Ti dispiace?-
Indicò sé
stesso ed i suoi abiti midgardiani, nonché i calzini con cui
era rimasto.
In un attimo si chiese se
fosse stato più imbarazzante se lui avesse indossato delle
pantofole oppure se fosse tutto troppo strano e le sue pantofole
sarebbero passate in secondo piano.
Ma anche sullo sfondo o
fuori inquadratura, volendo.
-Devo darti ragione. A
questo provvederò io-
Loki fece un gesto verso di
lui, uno di quei suoi gesti eleganti ma allo stesso tempo pieni di
potere, e Tom si trovò avvolto dalla luminescenza verde tipico
delle illusioni del principe degli inganni.
Per un attimo ebbe un altro
flash: Cenerentola con il vestito stracciato che veniva rivestita a
nuovo dalla Fata Smemorina.
Accidenti, da quando aveva
lavorato per la Disney in "Trilly e la nave pirata" non era
più stato lo stesso!
Addosso a lui i vestiti
erano diventati cuoio ed una stoffa sconosciuta, ed ai lati del suo
campo visivo c'erano ciocche di un nero corvino impossibili da
confondere, e sapeva che la barba corta che portava era sparita.
Tom non ebbe bisogno di uno
specchio per sapere di essere diventato ancora una volta Loki di
Asgard.
Il vero Loki, una volta
portato a termine il suo compito, si sedette sul divano con le gambe
accavallate.
Non sembrava rilassato,
sembrava più che altro concentratssimo su di lui, e questo
faceva sentire Tom come un topolino da laboratorio sotto lo sguardo
attento dello scienziato.
Respirò a fondo ed ad
occhi chiusi per calmarsi.
Non era mai stato così
nervoso nemmeno agli esordi, accidenti!
Poteva dire a sua discolpa
di non essersi mai esibito davanti ad un pubblico così
esigente come un dio alieno con manie di protagonismo, ma ormai non
aveva più tempo per le recriminazioni.
L'unica cosa che contava era
che doveva improvvisare una scena bella, che rendesse giustizia a
Loki.
Scelse la forma del
monologo, nella migliore tradizione da teatro shakesperiano da
"Riccardo III" ad "Enrico VI" a "Macbeth".
In fondo si diceva che il
vero banco di prova per un attore era saper tenere avvinto il suo
pubblico con il monologo.
Si concentrò su Loki.
Chi era stato, come, cosa aveva fatto, cosa avrebbe dovuto fare.
Respirò a fondo,
lentamente, con la magia delle illusioni di Loki che lo avvolgeva.
Rimase a lungo ad occhi
chiusi e con una mano a coprirli, a testa china e con l'altra mano
stretta attorno al gomito.
Dimenticò di essere
nel salotto di casa sua e tentò di ricreare un luogo appartato
nella sua mente.
-Tanto tempo fa un mortale
più saggio degli altri disse che non si più giudicare
se un uomo abbia vissuto una vita felice oppure no fino al momento
della sua morte, perché in ogni momento può accadere
qualcosa che trasforma un'esistenza dorata in rovine e cenere.
Io dico che questo vale
anche per gli dei, e noi ne siamo la testimonianza.
Eravamo gli Aesir, i sovrani
dei mondi ed i garanti dell'ordine nei Nove Regni. Adesso siamo un
popolo di esuli, mischiati a profughi di altre razze su di una nave
che nemmeno ci appartiene ma è stata sottratta con l'inganno a
chi mi aveva ospitato.
Ci hanno detto che Asgard
non è un luogo, ma un popolo.
Io dico che un popolo senza
un luogo da chiamare casa è un popolo debole.
Il fato è davero
imperscrutabile e crudele, e nessuno avrebbe mai potuto prevedere
nulla di simile per il popolo di Asaehim.
Ragnarok non è stato
per nulla simile a ciò che le leggende di Midgard avevano
tramandato, ma il risultato è stato lo stesso: la distruzione
di Asgard.
È ironico come si
possa decidere di distruggere per salvare delle vite.
Forse per una volta sono
costretto ad essere d'accordo con il mio odiato e disprezzato
"fratello": tra il perdere sia il popolo che la città
ed il perdere solo la città, anche io avrei scelto la seconda
opzione.
Perché un popolo
senza radici è un popolo debole, ed un popolo debole si
affeziona molto più facilmente a chi si pone come guida.
Avrei potuto essere io,
insieme a Thor. Abbiamo salvato Asgard unendo le forze, e quindi a
parimerito.
E dunque avrebbe potuto
essere il mio popolo, e lasciare a Thor come sempre le scorribande e
gli affari che richiedessero forza bruta e poco cervello.
Eppure Thor mi ha sorpreso.
Parlandomi di cambiamento mi ha... infastidito, ecco.
Oh, non che sia difficile
infastidirmi, ma lui è riuscito ad infastidirmi in un modo che
mi ha infastidito.
Ha osato accusare me, il
maestro di magia, il mutaforma, il fabbro di menzogne, probabilmente
l'essere con più identità nei nove regni, il cui nome
deriva dalla stessa radice semantica del fuoco "Logi"...
di essere statico. Di non voler cambiare.
Mi ha offeso con questo,
perché nella mia esistenza non ho mai fatto altro che cambiare
per ottenere l'approvazione di qualcuno.
Odino, Thor stesso, la corte
di Asgard, il Titano, in ultimo persino il Gran Maestro... per tutti
loro sono stato una persona diversa, eppure, a quanto pare, mai
abbastanza per nessuno di loro.
Ho tentato in mille modi di
dimostrare il mio valore.
Ho cercato di far capire di
essere degno.
Non lo sono mai stato, se
non ai miei occhi. E fa male avere il dubbio che in realtà
loro avessero ragione e che io non fossi nulla di speciale.
È solo un piccolo
pensiero che si aggrappa come la gramigna e mette radici nella ripida
parete di roccia fatta di tutti gli episodi che mi darebbero ragione,
e sono tanti in verità.
Mille momenti in cui io mi
sono dimostrato più capace, più perspicace, più
rapido di pensiero rispetto a tutti coloro che mi circondavano.
Eppure.
Eppure perché nessuno
se n'è accorto? Perché tra tutte le mie abilità
loro hanno riconosciuto solo l'inganno?
Non era inganno. L'inganno
non esiste se non nel momento in cui viene scoperto.
Ma se serve ad evitare danni
maggiori, perché ci si dovrebbe porre scrupoli?
È così che
agisce un re, non certo facendo conoscere i suoi pensieri a chiunque.
Il potere è un
fardello pesante da portare, e tuttavia sempre meglio doverlo portare
da solo che dividerlo e doversi sempre guardare le spalle dal
tradimento.
E mi hanno chiamato egoista
per questo.
Ed io ormai sono stanco di
spiegarmi a chi non capisce o non vuole capire.
Per cui, chi volesse
considerarmi un imbroglione o un traditore, si accomodi pure da ora
in poi-
Si rese conto solo in quel
momento che si era davvero estraneato da tutto.
Fu come risvegliarsi da un
sogno.
Tornò a vedere
l'arredamento familiare di casa sua, ma la prima cosa che cercò
con lo sguardo fu Loki.
Per un attimo aveva temuto
di non trovarlo e che tutto fosse solo stato frutto della sua
immaginazione, ed invece il dio degli inganni era ancora lì,
che lo fissava proteso verso di lui e con gli occhi che scintillavano
nella penombra.
Loki non dava segni di
apprezzamento ed avrebbe potuto essere una statua per quanto era
immobile, ma poiché lui non era ancora stato incenerito poteva
ragionevolmente supporre che la sua performance avesse almeno
l'attenzione, se non l'approvazione, del suo unico ed esigente
spettatore.
Ed a dirla tutta ormai anche
Tom ci aveva preso la mano.
In fondo quel gioco gli
piaceva, e chi avrebbe potuto assecondarlo meglio di Loki in persona?
-Forse è vero: sono
un bugiardo- sbottò infine. Loki trasalì a quella
parole, ma ancora non lo ridusse ad un muccchietto di cenere.
Si limitò a fissarlo
assottigliando gli occhi, in attesa di come lui avrebbe continuato.
Tom prese coraggio e
continuò a riempire la stanza con la sua voce. Con la voce di
Loki.
-Non solo sono fabbro di
parole, ma posso anche manipolare la realtà. Io mento con ogni
gesto che faccio, con ogni sguardo che potreste incrociare.
Io mento, inganno, getto
polvere negli occhi di chi mi guarda e veleno nelle orechie di chi mi
ascolta.
E mento su me stesso e sugli
altri.
Su tutti, nessuno escluso.
L'inganno è l'arte di
chi non si accontenta della propria realtà, ed io sono un
grande artista.
Io forgio menzogne per
forgiare una nuova realtà. Con le mie parole di miele ed acre
io posso riplasmare il mondo.
Ed ho ancora tante e tante
menzogne da raccontare, probabilmente tante quante sono le stelle di
questo cielo senza fine che stiamo solcando.
Ma adesso è il
momento per la mia verità, che è menzogna per chi non
vuole accettarla.
Posso dire la verità
su Odino, il sovrano della vigliaccheria. Lui, che ha rubato da me il
titolo di "padre" e mi ha ceduto generosamente quello di
"fabbro di menzogne" che sarebbe spettato a lui molto più
che a me.
Perché mentire forse
è nella mia natura, ma posso dire di essere stato allevato da
un vero maestro del genere. Io mi sono limitato a perfezionarne
l'arte, e si sa che a nessuno piace chi diventa più bravo.
Credo sia stata questa la ragione dell'astio del padre degli dei nei
miei confronti: eliminare la concorrenza.
Ancora oggi non so cosa sono
stato per lui, né mai lo saprò perché Odino,
infine, al momento di scomparire ha detto "i miei figli".
Non negherò di aver
nutrito una speranza in quel momento. Ma poi è apparsa Hela.
Ed io m domando, mi domanderò sempre, se quell'invocare me e
Thor come "i suoi figli" non sia in realtà stato
l'ennesimo inganno nei miei confronti, perché mi sentissi
legato ad Asgard ed aiutassi Thor ancora una volta.
Non lo saprò mai, e
questo dubbio si sommerà agli altri che già mi porto
dentro a strapparmi ancora un po' ed un po' più a fondo.
Era sincero in punto di
morte oppure era la ragione di stato che parlava attraverso di lui
fino all'ultimo?
Eppure se solo me lo avesse
chiesto, io avrei combattuto.
Avrebbe potuto dire "Loki,
difendi Asgard" ed io l'avrei fatto.
Perché io amavo
Asgard! Amavo i giardini del Fensalir, e le alte mura di Valaskjalf,
e la sala delle reliquie in cui io e Thor venivamo condotti da
ragazzi ad ammirare i trofei che Asgard aveva accumulato nei secoli
per fare nascere in noi l'orgoglio di appartenere alla fiera razza
degli Aesir.
In me era nato quel
sentimento. L'errore di Odino è stato non permettermi di
dimostrarlo.
Mi ha creato e poi messo da
parte, senza rendersi conto che io non ero una delle sue reliquie
inanimate, e che avevo dei sentimenti.
Ma Odino non si è mai
curato troppo dei sentimenti, nemmeno quando l'ho guardato con gli
occhi pieni di lacrime ed ho tentato di spiegargli perché.
Non avrebbe capito, oppure
sapeva già tutto e non gli importava.
Io volevo solo che mi fosse
data la possibilità di dimostrare cosa potevo fare per il mio
regno!
Non avrei potuto aspettare
in eterno che qualcuno mi reputasse degno, e dunque ho dovuto agire
da solo.
È stato un male? Se
lo è stato, io non riesco a vederlo, e di certo non mi fiderò
del giudizio di chi mi disprezza-
Era riuscito a mettere un
tono particolare nell'ultima frase: tutto il tono altezzoso di un
principe spodestato che ha intenzione di riprendersi ciò che è
suo.
Tom sapeva che era così,
e che Loki vedeva sé stesso come qualcuno un passo avanti agli
altri e quindi il più adatto a governare. Non che avesse
torto. Ma Loki era anche qualcuno che non voleva ammettere le sue
fragilità, ed era il non volerle ammettere la sua vera
debolezza.
Guardò verso il suo
pubblico con una sicurezza nuova. La sicurezza che avrebbe dato ad un
principe.
Incrociò lo sguardo
di Loki e nessuno dei due cedette.
Il dio degli inganni era
ancora una volta perfettamente immobile, ma Tom era in grado di
cogliere il respiro che si era fatto appena più rapido nel suo
petto.
Era successo anche a lui. Si
era immedesimato nella parte ed aveva ancora molto da dire a nome di
Loki.
Si morse le labbra in preda
ad un'improvvisa inquietudine.
Pima di pensare a cosa stava
facendo iniziò a camminare per la stanza per scaricare la
bolla d'ansia che gli premeva in gola.
-Ma forse è sciocco
stare qui a recriminare sul passato quando un destino peggiore di
Ragnarok incombe su di noi.
Io non ho certo dimenticato
Thanos, la promessa che gli avevo fatto ed il mio fallimento. Non
sono molti gli esseri ancora viventi che hanno contrariato il Titano
Folle.
Io sono stato sia molto
astuto che molto fortunato. Una combinazione preziosa.
Ma non dimentico mai l'ombra
che incombe su di me.
Su di noi. Su me, Thor, i
superstiti di Asgard, su tutti gli esseri viventi di questo universo.
La partita contro Thanos ha
ancora troppe incognite, e forse per la prima volta in vita mia sto
provando il tarlo del dubbio sulla riuscita di un mio piano.
Prima che Asgard andasse
distrutta mi sono premurato che tutto ciò che era contenuto
nella sala delle reliquie fosse messo al sicuro.
Una piccola, semplice
precauzione, perché sarebbe stato un vero peccato perdere per
sempre la magia racchiusa in certi manufatti.
E Thor non mi ha mai chiesto
nulla al riguardo.
Non ho nemmeno avuto bisogno
di mentirgli in proposito, perché nonostante lui sia cambiato
come gli piace ricordarmi, non è ancora arrivato a pensare
come me.
Ha imparato bene, Thor, ma
non ha certo imparato tutto.
Ci sarà tempo, forse,
prima che inizi lo scontro vero e proprio, e forse imparerà
abbastanza da sopravvivere.
Quanto a me, non servo
padroni. Ciò che faccio ha lo scopo di prendere tempo finché
le condizioni non mi sono favorevoli, e chissà che stavolta,
se sopravviveremo a questo scontro, non riuscirò a prendermi
il rispetto che merito-
Si fermò davanti alla
finestra, ma al posto del tendaggio vedeva le stelle lontane
attraverso il vetro di un'astronave.
-Quindi io, Loki di Asgard,
combatterò ancora. Non so in quale schieramento, non so con
quali mezzi, ma non inizierò adesso a subire passivamente il
destino. Forse mi ricorderanno tra i loro eroi a battaglia conclusa,
o forse mi ricorderanno come un folle, un traditore ed uno spergiuro,
ma non darò mai a nessuno motivo di reputarmi un vigliacco-
Sentì un movimento
alle sue spalle e capì subito che doveva essere Loki, ma non
si fermò.
-Io posso essere tutto ciò
che voglio, e dal momento che la vigliaccheria non è altro che
una forma di mediocrità, io non l'accetterò mai
associata al mio nome-
Si voltò verso Loki e
lo guardò negli occhi senza nessun timore.
-Perché io sono Loki,
da Asgard. E sto ancora bruciando di gloriosi propositi-
Forse non era saggio
adottare quel tono di sfida davanti al principe.
Non importava. Era Loki che
gli aveva chiesto di essere lui, e Loki non si sarebbe ma tirato
indietro.
Rimasero a scrutarsi.
Erano uno il perfetto
riflesso dell'altro, e la tensione che vibrava in Loki era la stessa
che Tom aveva creato per sé e per lui.
-Credo che così possa
bastare- disse Tom. Aveva ancora il respiro pesante.
-Per ora, Thomas. Per ora-
gli concedette Loki.
In quel "per ora"
Tom non sapeva se leggere una minaccia oppure una promessa.
Loki sollevò le mani
per accarezzargli il viso ed al tatto la sua pelle era fresca.
Gli tolse di dosso
l'illusione e Tom tornò ad essere Tom, con i suoi capelli
ramati ricci, gli abiti midgardiani ed i piedi ancora a terra sul
pavimento.
Iniziava a sentire davvero
freddo.
Avrebbe tanto voluto dire
"scusa un attimo che vado a prendermi un paio di pantofole"
ma si vergognava troppo.
Per evitare di congelare
troppo finse nochalance e puntò dritto al divano e soprattutto
al tappeto.
-Ci sediamo un attimo?-
-Non vedo perché no-
Adesso che Tom era tornato
sé stesso era tornata anche la soggezione nei confronti di
Loki.
Non si sentiva in pericolo,
ma avere in casa in do norreno nonché personaggio letterario
era tornato ad essere strano.
Un dio norreno che non
faceva nulla per metterlo a suo agio, dato che anche se si era seduto
con apparente disinvoltura sulla penisola del divano continuava a
puntare su di lui uno sguardo più che pesante.
-Quanto puoi restare in...
in questo mondo, diciamo?- gli chiese Tom anche solo per spezzare il
silenzio.
-Tutto il tempo che voglio.
Ti ricordo che io sono un dio-
Tom potè sentire
chiaramente nell'aria che la frase continuava con "creatura
ottusa" ma forse Loki non lo aveva detto a voce alta per una
forma di educazione.
-Giusto. Certo-
-Allora, perché mi
hai offerto ospitalità, a parte l'ovvio fatto che stavi
congelando come se fossi a piedi nudi sui ghiacci di Jotunheim?-
Acc! Allora se n'era
accorto! E lui che pensava di averla fatta franca!
-Io... ecco...-
-Non fingere, Tom. Con me
non ne hai bisogno-
Suo malgrado Tom sorridette.
-In realtà vorrei
chiederti come stai-
-In che senso? Sto bene, non
si vede?-
-Quello che di te si vede e
quello che è reale sono due cose diverse-
Stavolta fu Loki a
sorridere.
-Hai imparato bene, Thomas-
-E dunque qual'è la
tua risposta?-
-A cosa?-
-A ciò che ti ho
appena domandato. Come stai?-
-Ti ho già risposto:
sto bene. Anche tu dubiti delle mie parole?-
Ecco: Loki era riuscito a
farlo sentire in colpa.
-No, scusami, è che
voglio capirti. Capirti davvero-
-Tu mi capisci già,
Tom. Tu hai accesso a tutti i miei sentimenti e pensieri. Dimmelo tu
come sto-
Tom non capiva se era una
sfida oppure una vera richiesta di comprensione. Non era certo facile
e con Loki poteva essere entrambe le cose.
-Scusa. Forse sono
invadente-
-Tu lo dici. E sì:
conosco testi di altre religioni abbastanza da citarli a proposito-
Tom rimase interdetto. Non
ci aveva mai fatto caso, ma per Loki era ovvio che fosse in quel
modo, perché in mezzo a tutti i libri che aveva letto e con la
sua curiosità era normale che si fosse informato su forme di
culto alternative di Midgard.
-Nel senso... vuoi davvero
che o ti dica come stai?-
-Lo voglio davvero?-
Tom sospirò. Altri
cinque minuti di discussione in quel modo ed a lui sarebbe venuto mal
di testa.
Ma non voleva lasciare
l'ultima parola a Loki.
-Sì, tu vuoi che te
lo dica. Lo vuoi almeno quanto lo temi-
Loki si irrigidì,
come pronto ad attaccare o a fuggire.
-Ed è per questo che
io non dirò una sola parola- continuò Tom -Non ce n'è
bisogno-
Loki lo squadrò per
un lungo attimo, poi annuì lentamente.
-Sei un umano saggio, Tom
Hiddleston. Più persone dovrebbero essere come te-
Bè, quello poteva
anche essere un complimento.
Tom non ne era sicuro, anche
perché la stanchezza iniziava a farsi sentire. Non aveva il
coraggio di indagare su che ore erano.
-Molto bene, Thomas, adesso
credo che sia ora di salutarci. Tu non ti reggi più in piedi
dalla stanchezza ed io ho delle faccende di cui occuparmi-
Tom reputò più
saggio non chiedere di che tipo di faccende si trattasse.
-Tornerai?- gli chiese.
-Se sarà necessario-
-Non voglio sapere cosa tu
intenda per "necessario"-
-Ancora una volta molto
saggio da parte tua-
Loki si alzò dal
divano e Tom era indeciso se fare lo stesso per accompagnare il suo
ospite alla porta.
-Non disturbarti. Ci sono
altre vie-
-Ah, già...
dimenticavo-
-Ma apprezzo il pensiero.
Sei un umano degno di attenzione, Tom Hiddleston. E... e...-
Non era abituale che Loki
esitasse o restasse senza parole, ma in fondo Tom sapeva qual'era il
problema e provò a toglierlo dall'imbarazzo.
-Non c'è bisogno che
mi ringrazi. L'ho fatto volentieri perché tu lo meritavi. È
stato un onore-
-Oh, questo lo so. Ma non
posso andarmene senza ringraziare: Madre non me lo perdonerebbe mai.
E quindi... ti ringrazio per tutto ciò che hai fatto per me,
Thomas William Hiddleston-
Tom non ebbe emmeno bisogno
di chiedere come mai Loki si riferisse a Frigga come se fosse viva:
era perché lui sperava che tra tanti personaggi Marvel che
avrebbero dovuto essere morti e che invece erano rispuntati, ci fosse
un posto anche per Frigga.
-Allora... arrivederci,
Loki?-
-Sì. Arrivederci-
Tom aveva ormai gli occhi
che bruciavano per la stanchezza.
Tempo di sfregarli per
tentare di dare un po' di sollievo e Loki era già sparito.
Lui era di nuovo solo nel
salotto di casa sua, come se non avesse avuto il secondo incontro più
surreale della sua vita.
Sul divano vicino a lui
c'era ancora l'elmo del dio degli inganni, e Tom si chiese vagamente
se sarebbe tornato a prenderselo. Peccato che lui ormai non
connettesse più per la stanchezza e non riusciva ad articolare
bene i pensieri
Si buttò di lato sul
divano e poco dopo dormiva profondamente.
***
Si svegliò il giorno
dopo con una strana luce blu che gli feriva gli occhi.
-Dunque è qui il
Tesseract- Disse una voce profonda come il rombo del tuono
-Svegliati, mortale, e consegnami la Gemma dell'Infinito-
Tom trasalì quando
comprese che la voce era di Josh Brolin, che nei film era... Thanos!
Oh, no! No, no, no...
proprio no! Loki poteva ancora andare bene, ma Thanos a casa sua...
no!
Scattò a sedere solo
per accorgersi che aveva dormito tutto il tempo stretto al Tesseract
come se fosse un orsacchiotto.
Accidenti, e quello da dove
saltava fuori?!
Davanti a lui aveva il
Titano Folle che avanzava a passi lenti ma inesorabili per prendersi
quello che era suo, e Tom si chiese se avrebbe dovuto combattere per
difendere il Tesseract.
Accidenti, ma non avrebbe
potuto apparire anche qualche eroe ogni tanto? Qualcuno che lo
aiutasse, magari?
Tom strinse il cubo di
riflesso.
Provò a pensare a
qualcosa ma non gli veniva in mente nulla, e Thanos era arrivato
ormai di fronte a lui.
Solo che, invece di mirare
al cubo, il Titano prese l'elmo con le corna che stava ancora accanto
a lui.
-Scusa...-
L'illusione svanì ed
invece di un Titano con manie genocide di fronte a lui c'era Loki con
un gran bel sorriso soddisfatto.
Anche il cubo sparì
dalle sue mani, con gran sollievo di Tom a dire la verità, e
lui si abbandonò contro lo schienale sospirando per il
sollievo.
Il suo cuore martellava nel
petto e non era sicuro che se lo scherzo fosse continuato lui sarebbe
sopravvissuto.
-Sai, dovevo riprendermi
l'elmo e non ho resistito. E poi ti ricordo che sei stato tu, ieri, a
chiedermi di fare qualcosa "da Loki" per avere la prova che
fossi davvero io. Spero che questo sia stato abbastanza-
-Più che abbastanza,
stai tranquillo. La prossima volta non disturbarti-
Il sorriso del dio degli
inganni divenne ancora più largo e soddisfatto.
-Nessun disturbo, Thomas. È
stato un vero piacere-
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Cantuccio
dell'Autore
Buonsalve e benritrovati.
Giuro che ho provato a
resistere alla tentazione, ci ho provato davvero con tutte le mie
forze.
Avevo iniziato a buttare giù
questa "cosa" dopo "Ragnarok", delusa da come il
personaggio di Loki fosse stato gestito malissimo e definitivamente
privato di carisma e fascino, poi avevo deciso di attendere "Infinity
war" per lasciare il beneficio del dubbio... e lì Loki è
finito strozzato come una gallina entro i primi dieci minuti di film!
Ed allora no! Scusate ma io
mi devo ribellare!
Forse con la seconda parte
di "Infinity war" accadrà il miracolo, ma intanto io
mi sono sfogata per le troppe occasioni mancate e per come è
stato rovinato l'ottimo inizio del primo "Thor" e del primo
"Avengers".
Mi scuso con Tom Hiddleston,
se mai (cosa improbabile) dovesse venire a conoscenza di questa cosa.
Caro Tom, non era mia
intenzione farti sembrare uno psicopatico vittima del suo alter ego
immaginario come il protagonista di "Fight Club", ma poiché
me ne sono accorta solo quando avevo finito di scrivere ho pubblicato
lo stesso.
Buona giornata a tutti,
compreso Tom, e cominciate a pregare per maggio del 2019 quando
uscirà la seconda parte di IW.
Makoto
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