Capitolo
11: Battaglie culinarie
Ryou si ritrovò ad osservare la stanza dove per molti anni aveva
vissuto, da quando Alice era entrata nella sua vita e aveva trovato un posto
nella sua famiglia agiata. La Danimarca era la sua casa, ma ancora di più Ryou
sentiva casa le persone con le quali aveva stretto un legame molto solido e
importante che lo facevano sentire parte integrante di quella famiglia.
Ritornare in quella casa era sempre nostalgico per lui e quella serata
doveva essere l’ultima delle vacanze estive.
Uscì dalla sua camera per sorvegliare ancora una volta la stanza
accanto alla sua, dove Alice era sempre sdraiata sul divano; accoccolata in una
coperta a guardare con comodità un film in televisione, ma la ragazza si era
addormentata davanti alla tv accesa.
Quella stanza appariva bella e innaturale come fosse una di quelle
camerette in miniatura che venivano create per le casette delle bambole; era
arredata allo stesso modo con tutti i particolari degli oggetti che vi erano
lì. Il ragazzo spense il televisore e fu quasi tentato di addormentarsi vicino
alla sua lady, però, il padre della ragazza irruppe nella stanza nonostante
fosse già abbastanza tardi.
- Ho fatto tardi, mi dispiace. – disse desolato Soe Nakiri.
- La signorina Nakiri e Arato sono partite questa mattina, non volevano
aspettare oltre, ma Alice voleva salutarvi perciò abbiamo aspettato un giorno
per prendere il volo di domani mattina, con calma. – spiegò il ragazzo.
- Ci avrei scommesso. Ci saluteremo domani, piccolina. – accarezzò la
testa di sua figlia con dolcezza e con gli occhi stanchi di chi aveva lavorato
ininterrottamente per tutto il giorno, ma la sua attenzione ricadde su Ryou.
- Allora, ti fermerai ancora per molto qui? – chiese Soe a Ryou con un
tono geloso nei confronti della sua preziosa figlia.
- Vado subito nella mia stanza, signore. – capì al volo quel sottile rimprovero
che il padre di Alice gli aveva lanciato.
- Ryou… – lo fermò sulla soglia della porta, sussurrando, per non
svegliare la ragazza – Grazie per essere sempre vicino a mia figlia, sei il
ragazzo di cui mi posso fidare. –
Il ragazzo era abituato a certi complimenti. Anche se Soe era
protettivo nei confronti di Alice si fidava di Ryou al punto di vederli partire
insieme per tempi lunghi e interminabili come affermava lui stesso.
- Non esagerare troppo, però. Sai bene che controllo ogni tua mossa. – si
sistemò gli occhiali da vista in modo da apparire sinistro.
- Sì, signore. – accennò un sorriso. A volte, tuttavia, Nakiri appariva
fin troppo protettivo tanto da far sorridere.
Era giorno quando l’aereo sorvolava ancora le città e si immergeva
nelle nuvole soffici e compatte come zucchero filato; era piacevole guardare dal
finestrino l’immensità del cielo. Incollata ai tanti interrogativi che la mente
elaborava all’infinito, senza neanche accorgersene, Erina non sapeva quando
avrebbe rivisto sua madre, ma aveva il presentimento che si sarebbero ritrovate
nuovamente, faccia a faccia, molto presto. Non era ancora pronta a parlare con
lei e provò ad immaginare come sarebbe stata la sua vita se sua madre non fosse
mai andata via di casa; dopo averne parlato con Hisako e Alice, però, la
ragazza si era convinta di provare a dare un’opportunità a sua madre per
tentare di allacciare un vero rapporto madre-figlia. Yukihira era un altro dei
suoi problemi lasciati in sospeso. Anche lui faceva parte del suo tormentato
coinvolgimento emotivo e sperava di rivederlo al più presto. Grazie a Soma si
era allontanata dalla sottomissione di suo padre; si sentiva quasi libera, ma
le mancava ancora qualcosa da fare. Liberarsi del titolo di decimo posto dei
migliori dieci. Ci aveva pensato a lungo e quella le era sembrata la soluzione
più ovvia per poter continuare a lottare al fianco dei suoi amici contro la
dittatura di Azami.
Hisako, accanto a Erina, cercava di passare il tempo leggendo un po’,
ma la verità era che celava una grande preoccupazione verso la sua amica e
tutto quello che stava capitando alla Tootsuki.
La sala delle riunioni dei migliori dieci si riempì di tutti i membri
in questione più Azami che voleva discutere con loro delle sue prossime mosse
di cambiamenti, ma una donna entrò nella stanza senza poter essere fermata.
Yumi aveva fatto la sua comparsa dopo tanti anni in quell’Accademia e in
particolare era decisa a spodestare Azami dal suo potere di nuovo direttore; i
ragazzi furono stupiti da quella donna bellissima e allo stesso tempo
misteriosa.
- Fai sul serio? – domandò, per nulla entusiasta, Azami – Sono occupato,
al momento, quindi se sei qui per parlare in privato con me, dovrai aspettare
fuori. -
- Non sono qui per parlarti in privato. Lo sai bene. – era più agguerrita che mai.
- Lo immaginavo. Allora, sentiamo, qual è la tua richiesta? –
- Questa Accademia è mia per diritto di successione, tu non avevi
diritto di prenderne possesso senza consultarmi, però, so anche che per avere
il posto di direttore bisogna avere dalla propria parte i migliori dieci. Così
è nel regolamento, ma visto che non ho potere su questo, perché sono appena
arrivata, ho deciso che saranno gli shokugeki a parlare. –
I ragazzi attorno al tavolo ci capivano sempre meno di quella stramba
discussione, ma soprattutto non avevano ancora concepito l’idea di chi fosse la
donna che stava parlando.
- Shokugeki? Quale sarebbe la novità? –
Yumi illustrò la sfida. L’esercito dei ragazzi che seguivano gli ideali
di Azami dovevano confrontarsi contro chi non approvava le nuove riforme, così
chi avrebbe avuto meno sconfitte nella propria squadra sarebbe restato al
comando della Tootsuki; il perdente invece sarebbe stato costretto ad
andarsene.
- Sei d’accordo? –
Azami era scettico sulla proposta appena ascoltata e se fosse stato
solo per lui avrebbe sicuramente rifiutato; perciò sperava che anche il
consiglio dei migliori dieci non accettasse, ma purtroppo per lui i ragazzi
erano entusiasti ed eccitati per quella sfida.
Hayama era stato costretto ad accettare il ruolo di
decimo posto dei migliori dieci, tuttavia assisteva impassibile alle conversazioni. Non gli importava nulla delle decisioni di Azami e si
chiese se il piano di Yumi fosse davvero la mossa vincente per fermare tutta
quella follia.
Doveva convivere con la pressante voce nella sua testa che gli diceva
di aver commesso uno sbaglio, ma non poteva tornare indietro o almeno non per
il momento.
Akira raggiunse la città con il suo veloce motorino per acquistare
delle spezie arrivate su sua commissione e, grazie alla potenza che esercitava
Azami sul mercato, era riuscito ad impossessarsene in quantità. Durante il
tragitto del ritorno, però, trovò un posto molto familiare per qualche motivo.
Non trovava il ricordo nella sua testa, sembrava ormai sepolto da tempo. Non
riusciva a ricordarlo; lasciò la moto parcheggiata lì vicino e poi si diresse
sul luogo che gli aveva suscitato interesse. Un posto isolato, in mezzo al
verde e un santuario che non ricordava di aver mai visitato. Rimase immobile
davanti a quella struttura ancora in piedi, ma praticamente abbandonata,
sperava di ritrovare qualche memoria dimenticata. Invece nulla. Le sue sinapsi
ricevevano solo il buio più totale.
Si guardò attorno e poteva vedere una fitta vegetazione incolta, una
bellezza innaturale seppur non curata. Il vento era gentile in quel luogo e i
fiori danzavano con l’erba in un ballo incantato, dolcemente, che portavano
Akira in uno stato di pace e riflessione completa. La natura gli stava sussurrando
di restare lì, lontano dalle incertezze e dai problemi della vita. Lasciare
indietro ogni preoccupazione e rimanere in quel paradiso.
Fece qualche passo in avanti e salì il primo, poi il secondo, il terzo
e infine il quarto gradino che arrivava alle porte del tempio e prima di
entrare all’interno di esso i suoi ricordi, magicamente, si tinsero vividi
nella sua mente.
Era tornato indietro di sei anni. Prima media;
fu proprio nelle ore scolastiche che Akira incontrò di persona Hisako. In quel
periodo, il ragazzo non immaginava minimamente dell’astio di Hisako nei suoi
confronti, figuriamoci il motivo poi, ma giorni più tardi la stessa ragazza
confidò ad Akira ciò che temeva di lui.
Girava voce, nella scuola, che Hayama,
il nuovo studente della Toostuki, fosse molto talentuoso e quasi paragonabile
alle abilità gustative di Erina Nakiri. Hisako odiava quelle voci e
naturalmente guardava torvo Akira dall’olfatto super sviluppato. In poco tempo
il ragazzo divenne lo studente più meritevole per gli insegnanti e
popolarissimo tra le ragazze, ma Arato teneva sempre nascosto il dissenso che
provava per lui e nonostante Akira fosse all’oscuro di tutto, il ragazzo
percepiva una tensione innegabile tra loro, quando per pura coincidenza si
incrociavano per i corridoi o si trovavano vicini durante le ore di lezione.
Un giorno, Hisako uscì con suo padre e
alcuni suoi colleghi per lavoro. La ragazza era curiosa di quello che faceva il
papà così lo seguì in quella uscita formale, tuttavia lo stesso giorno vide la
signorina Erina girare con suo nonno un angolo della strada e poi scomparire
dalla sua visuale. Senza farsi accorgere da suo padre, Hisako si allontanò per
andare incontro alla sua amica e invece di trovarla facilmente, ad un certo
punto, si rese conto di essersi persa. Nel momento in cui constatò di aver
perso le tracce di Erina e di suo padre, senza un cellulare in grado di poter
telefonare, pensò subito di tornare in Accademia da sola. Poteva farcela, ma
proprio in quel momento cominciò a piovere fortissimo. Si stava bagnando tutta;
così cercò un riparo in fretta trovandolo in un tempio nascosto, nelle
vicinanze.
Non poteva contemplare quel posto
idilliaco in cui si era imbattuta e non trovava neanche un’idea utile per tornare
a casa prima che i suoi genitori chiamassero mezzo mondo per ritrovarla.
Solo Akira si trovò a passare di lì, per
caso, e la vide, infreddolita e sola in quel posto sperduto.
- Tu non sei una mia compagna di classe?
Cosa fai lì? Dai, ti riaccompagno a casa. – alzò la voce Akira, mentre la
pioggia scendeva impetuosa e rumorosa, che accostò la sua bicicletta e porse
una mano alla ragazza.
Hisako aveva riconosciuto quel ragazzo
albino insopportabile, da parte sua, però non aveva alternative e si vide costretta
dalla sua volontà ad accettare quel salvataggio. Hayama si tolse la sua giacca
blu, tipica divisa degli studenti della Tootsuki e la avvolse al corpo di Hisako,
facendo attenzione a coprirle anche la testa. La ragazza, senza dire una parola,
seguì in sella alla bici Akira e insieme tornarono all’Accademia, ma prima di
essere portata a casa sua, Hisako chiese il favore ad Hayama di fare una sosta
da lui. Non poteva farsi vedere, combinata com’era, dai suoi genitori; pertanto
Jun prestò dei vestiti asciutti alla ragazza per tornare dai suoi con più
tranquillità, la donna era contenta che suo figlio adottivo avesse aiutato
un’amica in difficoltà e perciò era favorevole ad aiutare Hisako.
- Adesso sei pronta per tornare a casa?
Jun sta chiamando i tuoi per avvisarli che stai bene. – Akira stava preparando
una seconda volta la bici per accompagnare la ragazza.
- Grazie, per avermi portata qui, ma ora
vado a casa da sola. Conosco la strada, non c’è bisogno che mi fai da
babysitter. –
- Non capisco perché sei arrabbiata con
me. –
- È a causa della tua abilità speciale.
Non mi piace. –
- Ok, ma non ho scelto io tutto questo.
Scusami, se ho qualcosa di unico. –
- Non è perché tu sei speciale che mi da
fastidio. Tutti nella scuola credono che tu diventerai il miglior amico di Nakiri
Erina e ovviamene punterai a farle da assistente o roba del genere, giusto?
Questo perché voi due avete qualcosa che vi accomuna, qualcosa di speciale. Mentre
io non avrò la minima possibilità di competere con te e stare accanto alla
signorina Erina sarà praticamente impossibile. –
Akira era scioccato – Sul serio? Mi odi
per questo motivo? A me non interessa essere al servizio di Nakiri Erina. Non
sapevo nemmeno di quelle stupide voci e poi non dovresti sottovalutarti senza
neanche aver provato a lottare per quello che vuoi. –
Hisako e Akira rimasero a lungo in
silenzio, poi la ragazza decise che era meglio incamminarsi verso casa. L’albino
lasciò la sua bici e seguì i passi di Hisako.
- Perché mi stai seguendo? – chiese ancora,
un tantino adirata, la ragazza.
- Ho promesso a Jun di scortarti fino a
casa tua, non lo faccio per te, stai tranquilla. Non parlerò. –
Hisako lesse una vera sincerità
specchiandosi negli occhi verdi di Akira e proseguì a camminare facendo
attenzione a non fiatare, per entrambi.
Perché aveva cancellato quel ricordo? Non lo capiva, Akira. Era rimasto
sui gradini del tempietto che si ergeva solitario dietro la sua schiena. I
raggi del sole c’erano ancora a scaldarlo dolcemente, gli stessi che decisero
per lui di tenerlo in quel posto fino al tramonto.
Erina e Hisako tornarono alla Tootsuki in limousine, una macchina le
aveva aspettate in aeroporto per scortarle a casa loro prima di sera. Era stato
un viaggio lungo e per nulla riposante a causa delle preoccupazioni che avvertivano
i pensieri delle ragazze, ma appena tornate un giornale dell’Accademia era
volato vicino alla casa di Arato. Hisako che era scesa dall’auto per tornare a
casa sua, raccolse la rivista, poi, invece di salutare la sua amica, la intimò
a scendere dall’auto per leggere insieme ciò che vi era riportato in prima
pagina.
“Lotta di Shokugeki tra la Centrale e i ribelli”, questo era il titolo
di cronaca e sotto un articolo che parlava di quella notizia insieme a una foto
di tutti gli attuali migliori dieci. Mancava Erina, sempre decisa a lasciare
quel gruppo, ma uno dei nuovi membri sconvolse entrambe; in particolare Hisako.
Era Akira ad attirare l’attenzione in quella foto. Hisako non voleva crederci,
ma le prove erano più che evidenti. Erina rilesse due volte l’articolo, non
sapeva se pensare ad un miracolo o a una piccola possibilità di eliminare le
nuove disposizioni di suo padre dalla scuola. Mise una mano sulla spalla destra
della sua amica – Ci vediamo più tardi, alla festa che Isshiki ha organizzato
al dormitorio Stella Polare. Ci sarai, vero? –
Hisako con titubanza rispose – Si, non ti preoccupare. –
Erina si fermò ancora per qualche minuto nell’auto prima di ripartire
verso la sua reggia; prima di vedere Hisako entrare finalmente in casa. Aveva
compreso che c’era un’intesa speciale tra Hisako e Hayama, perciò era
preoccupata che l’amica potesse sentirsi giù di morale. Doveva consolarla, ma
come poteva? Perché nemmeno lei si era ripresa del tutto da ciò che la faceva
soffrire.
Incontrò suo nonno, appena fece ritorno a casa e lui molto contento
l’abbracciò forte.
- So che non è un buon momento, sei appena tornata, non voglio farti
pressioni, ma vorrei parlare di quello che ti è successo a New York. –
- Senzaemon era preoccupato della sua salute, ma soprattutto non sapeva
come dirle che sua madre era lì, in Accademia.
- Vorrei solo prendere delle cose dalla mia stanza, credo che tornerò
al dormitorio Stella Polare. –
- Capisco la tua decisione, forse è meglio così. –
- Non devi fingere con me, nonno. So che hai saputo di mamma,
probabilmente te lo ha raccontato Alice o gli zii, però, sto bene. Ne parleremo
un’altra volta, ok? –
- Hai saputo della sfida di shokugeki? –
- Si, ho letto poco fa un giornale che ne parlava. Comunque come ti
avevo già accennato per telefono, ho deciso di lasciare i migliori dieci per non
farmi coinvolgere oltre da mio padre. È quello che speravi anche tu, no? –
- Si, credo che tu faccia bene ad allontanarti, per ora. Tuttavia devo
dirti anche un’altra cosa. –
Erina guardò suo nonno che meditava le parole
adatte per dirle di Yumi.
-
Tua madre è qui in città ed è stata proprio lei ad accogliere la richiesta di
quella sfida con Azami. – suo nonno immaginava già la
reazione di Erina, ma doveva riferirlo.
La
ragazza sentì una leggera pressione nel suo cuore al pensiero che lei fosse
stata lì, a scuola. Avrebbe potuto rimanere per vederla e dare una seconda
possibilità a sua madre di parlarle. Trovava difficile pensare di avere ancora
una madre dopo tanti anni, senza di lei al suo fianco e le sembrava impossibile
pensare che forse era proprio lei la ragione per la quale Yumi era tornata a
casa. Voleva che fosse così. Erina aveva bisogno di sua madre, nonostante si
sentiva abbandonata dalla stessa donna che l’aveva messa al mondo. Quella
stessa mamma che, pur essendo stata egoista, era parte di lei.
Erina
poteva giurare di essere davvero pronta per rivederla, se non fosse stata per
quella leggera ansia di ritrovarsi faccia a faccia con lei, da sole, non
riusciva a smettere di pensarci. Aveva paura di scappare di nuovo, a provare
dolore per se stessa; pensando che anche Yumi avrebbe sofferto per il suo
comportamento distaccato e immaturo.
-
Buon per lei. Ci vediamo, nonno. – fu sbrigativa.
Non
appena furono scandite le otto di sera, Hisako uscì di casa per incamminarsi
alla festa dove avrebbe rivisto tutti i suoi amici anche se ci fosse stato
Isshiki mezzo nudo e Yuki che avrebbe sparato nomignoli casuali a tutti. La
infastidiva essere chiama “Hishoko”, non era certo quello il suo nome, ma
irritarsi serviva a poco con quei ragazzi.
Gli
unici a mancare sarebbero stati Alice e Ryou, ma forse quello che più voleva
rivedere era anche colui che aveva tradito la sua fiducia, alleandosi con il nemico.
Hisako
si fermò poco più avanti casa sua, il punto esatto dove per la prima volta
Akira l’aveva riaccompagnata a casa dopo il salvataggio al tempio desolato. Aveva
giurato al ragazzo che non sarebbe ricapitato un secondo salvataggio, non
voleva più il suo aiuto, eppure Akira, a discapito della sua testardaggine, era
tornato ad aiutarla ancora in un’altra occasione; prima di partire per
l’America. La ragazza si promise che non sarebbe più accaduto nulla di simile,
ancora. Poteva riuscirci?
Il
rombo di una moto urtò la fine delle sue riflessioni, era Akira che, senza una
vera motivazione, vedendo Hisako, rallentò la sua corsa per stare al passo con
lei.
-
Sei tornata, quindi. – constatò lui.
-
Sì e allora? Ti importa, forse? – cercò di ignorarlo come poteva.
Akira
aveva colto la freddezza sull’atteggiamento distaccato di lei e pensò che
doveva trattarsi del suo coinvolgimento nella Centrale.
-
L’hai saputo, vero? Sono diventato il nono seggio. –
-
Le notizie girano in fretta se è il giornale della Tootsuki a farle circolare.
- era palesemente ironica.
-
Non avevo scelta. Azami aveva messo me e Jun con le spalle al muro, potevo solo
accettare. –
-
Oppure potevi chiedere aiuto ai tuoi amici, no? – si fermò per guardarlo negli
occhi, scoperti di poco dalla visiera del casco. Lei gli lanciò uno sguardo
ferito che il ragazzo aveva paura di sostenere, così prese l’iniziativa di
scappare da quella discussione quasi imbarazzante concludendo – Forse ho
sbagliato, non lo so, ma almeno avrai un’occasione per prenderti la rivincita
sullo shokugeki che avevi perso a causa mia. Ci vediamo. –
La
ragazza lo vide sfrecciare via e si maledisse subito di essere stata troppo
dura nei suoi confronti.
A
tutta velocità con il suo bolide, Akira comprese la ragione per la quale HIsako
era diventata il centro dei suoi pensieri; era stata la prima persona che lo
aveva trattato come suo pari, non come qualcuno da idolatrare; bensì un valido
avversario con cui confrontarsi e quella grinta che possedeva nel fare
qualsiasi cosa, la ammirava, perché lui poteva solo scordarsela, quell’inesauribile
tenacia.
Erina
arrivò alla “Stella Polare” che non avevano ancora finito i preparativi per la
cena festosa e mancavano i fratelli Aldini, Hisako e Ikumi. Erina fu invasa
immediatamente dagli aromi che Yukihira stava mescolando nella sua nuova
ricetta, da far assaggiare a tutto il gruppo e la ragazza rimase un po’ ad
osservarlo cucinare; era affascinata dal sorriso e dall’entusiasmo che il rosso
metteva nel preparare leccornie per gli altri; metteva sempre tutto l’impegno
che serviva per far felici le persone con la sua cucina e Erina sperava dentro
di se di diventare come lui un giorno, riuscire non solo a creare piatti
squisiti, ma anche entrare in contatto con le persone senza mostrarsi troppo
rigida e fredda.
Soma
la notò dopo un po’. Rivederla lo incitò maggiormente a impegnarsi nella cucina
per farle una buona impressione. Si era allenato molto nel suo locale, Yukihira,
per sperimentare nuove ricette e nuovi sapori creativi da lasciare stupefatti.
Erano
accadute molte cose a New York e Yukihira lo ricordava come fosse un sogno, ma
uno di quelli belli da cui non vorresti svegliarti mai e in ognuno di essi
c’era Erina, una delle ragioni per restare a sognare.
Lei
arrossì leggermente, quando entrambi si guardarono in viso, però, a smorzare
quella situazione fu sempre Soma – Nakiri, sono felice che tu ci abbia
raggiunta! –
-
C-certo, non mi sarei mai persa questa festa e poi, credo che tornerò a vivere
qui. – Erina sentiva quasi di appartenere ormai a quel dormitorio, era semplice
ed essenziale, ma accogliente per coloro che erano lì e che la facevano sentire
a casa nonostante le stramberie dei coinquilini.
-
Fantastico! Saremo ancora compagni d’avventura! È la giusta decisione, a mio
parere. – era felice di aver sentito quelle parole - Sto preparando qualcosa di
eccezionale, vedrai! Tra poco sarà pronto. – disse il ragazzo e Nakiri sapeva
già che Soma l’avrebbe sorpresa ancora, d'altronde era sempre così; Yukihira
riusciva sempre a rompere i cattivi pregiudizi che si creavano su di lui.
L’atmosfera
che aleggiava tra i due fu scombinata dalla stessa Erina che decise di fare
quattro passi nei dintorni e che sarebbe tornata in tempo per il banchetto,
così lasciò Soma a ultimare il suo capolavoro in tutta tranquillità.
La
ragazza attraversò la campagna circostante il dormitorio, fitta di imponenti
alberi, accompagnata da una piacevole aria fresca che le sfiorava delicatamente
il viso, ma non appena si addentrò in quel tunnel di alberi di colpo il nero la
inghiottì. Aveva già percorso quella strada la prima volta che si era ritrovata
a rifugiarsi per puro caso alla “Stella Polare” in compagnia di Alice, Ryou e
Hisako ed ebbe l’impressione che fossero passati anni rispetto al tempo che
realmente era trascorso.
Per
un istante Erina aveva concentrato una moltitudine di pensieri tutti insieme da
non avere il tempo di catturarne neanche uno in particolare e crebbe sul serio
di avere la mente sgombra, senza accorgersi che proprio davanti a lei comparve
Yumi e, sorprese entrambe di essersi rincontrate così casualmente, rimasero a
fissarsi, mute e immobili, per qualche minuto.
-
Papà mi aveva detto che ti saresti fermata per un po’ al dormitorio “Stella
Polare”, ma non credevo di rivederti qui…ne sono felice. –
- Volevo
fare due passi prima di riunirmi agli
altri. – Erina sentiva una strana leggerezza in quelle parole, una calma mai
percepita, una naturalezza che persino lei stessa credeva di aver dimenticato
di possedere prima di quel momento.
Yumi,
istintivamente, fece qualche passo per avvicinarsi a sua figlia; avrebbe voluto
abbracciarla o anche solo sfiorarla, ma sentiva di essere un’estranea per Erina
da avere la possibilità di farlo.
Erina
notò come l’espressione di sua madre divenne grave su quel volto che le
sembrava di rivedere tutte le volte che si guardava allo specchio. Erano
talmente simili che a Yumi venne spontaneo accennare a un triste, ma
compiaciuto sorriso nel pensare al capolavoro che la natura le aveva fatto
dono.
La
ragazza cercava di non incontrare troppo spesso il suo sguardo con quello di Yumi
eppure trovava interessante come la sua mamma si soffermasse ad ammirare ogni
angolo di quella zona alberata perché ogni tanto dei ricordi, flash, si
insinuavano nella sua memoria e mutavano velocemente i suoi stati d’animo; da
essere felice tornava malinconica, poi triste, dopo ancora allegra e
spensierata che per poco non cominciava a ridere. I ricordi la travolsero.
Poteva vedere frammenti del suo passato nel presente e le davano la certezza di
come fosse cambiata nel tempo. “Solo i ricordi possono farci capire di aver
vissuto pienamente, attimo dopo attimo”, diceva ella.
Incominciò
a raccontare della prima volta che provò a cucinare; non aveva solo distrutto
la cucina spargendo ingredienti per tutta la stanza, ma aveva più volte rotto
utensili e piatti pregiatissimi. Non era mai stata un asso come cuoca e lo era
anche ora. Ammirava invece il talento di Azami e provò a ripercorre quella
prima volta che lo aveva conosciuto narrando alla ragazza del loro primo
incontro.
Credeva
di averlo scordato. Di aver scordato quanto fosse stato perfetto il giorno in
cui aveva conosciuto Azami, del suo impacciato, ma allo stesso tempo, tenero
comportamento nei suoi confronti. Yumi stava tornando a casa dopo una giornata
stressante di lavoro come erede della famiglia Nakiri e chiese all’autista di
scendere dalla macchina poiché aveva notato un ragazzo in difficoltà. Era proprio
Azami che non trovava la strada per il dormitorio “Stella Polare”. Lei gli
offrì subito il suo aiuto, ma non gli disse che apparteneva alla famiglia
Nakiri, preferiva almeno per una volta essere solo Yumi. Quelle poche ore che
trascorse insieme al ragazzo erano le migliori che avesse mai vissuto prima di
allora. Poteva finalmente scrollarsi di dosso il suo nome ed essere una normale
studentessa liceale piuttosto che interpretare spesso il ruolo che più le si
addiceva, un prodigio. Azami non le chiese nulla, ne il suo nome, ne dove fosse
il suo alloggio e le prestò la sua felpa quando il freddo della sera incominciò
a farsi pungente. Poteva sembrare una banalità, ma Azami non si era mai
comportato così dolcemente con una ragazza e non aveva mai prestato a nessuna
la sua giacca, anche Yumi non aveva mai parlato con nessun ragazzo liberamente
come con Azami e soprattutto senza scorta. Aveva abbandonato l’auto e il suo
autista per aiutare quel ragazzo di cui si sarebbe innamorata qualche anno
dopo. Probabilmente era stato un errore innamorarsi di lui, ma ogni qual volta
ricordava quei giorni e quei momenti così spensierati con Azami non poteva che
affermare una sola cosa; se avesse avuto la possibilità di tornare indietro nel
passato, avrebbe lasciato che la storia raccontasse di loro nella stessa
identica maniera.
Dopo
il racconto, la donna, era ancora là a fissare un punto nel vuoto della natura
che la circondava. Immerse i suoi pensieri nei ricordi più recenti e dolorosi,
colpevoli di essere stati creati e si voltò verso sua figlia che non smetteva
di guardarla negli occhi, per quanto facesse male ad entrambe. Passò
teneramente e con lentezza una mano fra i capelli di Erina – Sono stata crudele
a lasciarti da sola, non sai quanto mi pento di quella scelta che feci quel
giorno. –
-
Di cosa parli? – chiese Erina che sperava delle risposte più convincenti per il
suo abbandono.
-
Avevi solo quattro anni quando mi raggiunse la notizia che eri diventata un
prodigio in campo culinario, ma non tolleravo il fatto che fosse stato tutto
merito di Azami. Io non avevo contribuito affatto ai tuoi progressi, a
migliorare il tuo genio, io non c’ero per te. Tornai a casa e rivederti fu la
mia unica gioia. Azami aveva talento nel mondo culinario, io decisamente no e
pensai che la mia presenza poteva solo ostacolare il tuo destino, le tue
geniali capacità, per questo ti lasciai ad Azami, lui aveva grandi progetti su
di te e sfruttare al meglio le tue doti che io invece non potevo colmare perché
ero davvero una frana ai fornelli. Questa decisione è costata a tutti e
continuo a farmene una colpa. A causa mia ti è stata preclusa l’infanzia e ogni
genere di svago, di fare amicizie, di avere una mamma al tuo fianco. –
-
Si, sei stata un’egoista, ma so che lo hai fatto per il tuo lavoro. Perché eri
un genio nel settore imprenditoriale, per le industrie della famiglia. Non ti
odio, però, mi è difficile capire la tua scelta. Avrei voluto una famiglia normale
o almeno unita. Non posso fare finta di nulla, non riesco a perdonarti. – si
allontanò da sua madre poco alla volta e si girò di spalle ad ella nella
speranza che andasse via e che la lasciasse sola. Voleva ritrovare la sua
tranquillità ed elaborare tutto ciò che sua madre le aveva raccontato.
-
Non sono qui solo per legare con te, Erina. –
La
ragazza non si mosse di un millimetro, ma ascoltava attentamente ogni parola,
non ne poteva fare a meno.
-
Ho intenzione di rimediare ai miei sbagli e uno dei tanti è aver lasciato che
Azami si impadronisse della scuola e la cambiasse del tutto. La mia rivoluzione
andrà avanti con o senza la tua fiducia, tesoro mio. Farei qualsiasi cosa
perché questo posto rimanga lo stesso e cercherò di non fallire, di non
deluderti ancora. – Yumi era malinconica, non era più la stessa ragazzina che
scorrazzava per la Tootsuki e si divertiva con poco, tuttavia le mancava essere
così forte e spensierata – Mi dispiace piccola mia. Ci rivedremo presto. –
Erina,
con la coda dell’occhio destro, tristemente, la guardò girarsi e andare via.
Poteva ascoltare quella vocina interiore che la esortava a fermare sua madre e
provare ad andare d’accordo, ma non si mosse; lasciò tutto quello che la rabbia
in quel momento le consigliava di fare. Continuare a disprezzare l’abbandono di
Yumi e restare ancora sola.
L’obiettivo
di Yumi era aiutare sua figlia e i suoi amici a lottare per i propri diritti,
ad essere liberi di ribellarsi per ciò che non andava bene, ossia la nuova
politica del nuovo preside. La felicità di Erina veniva prima di tutto, poteva
solo fare questo per lei e avrebbe tentato con ogni mezzo per surclassare Azami,
per riportare in auge la Tootsuki come una volta; quando tutti erano liberi di
sperimentare la propria idea di gastronomia, perfetta o imperfetta che fosse.
La mente di Yumi era occupata principalmente di questo e si avviò a passo
spedito verso il castello per ultimare le scartoffie per la grande battaglia
culinaria. Soma passò di lì, cercava Erina, e vide la donna che proseguiva
verso la direzione opposta alla sua. Ipotizzò che fosse la mamma di Erina, per
quanto le assomigliasse e si affrettò a raggiungere l’amica.
Erina
era seduta sotto un bell’albero in fiore, c’erano petali sparsi per terra, ma
poco importava. Il ragazzo seguì quella scia e si sedette accanto a lei senza
chiederle il permesso. Il loro rapporto era così stretto che non aveva più
bisogno di superflue parole. Quando avevano bisogno dell’uno o dell’altra era
così.
-
Stai bene? – ruppe il silenzio Soma.
-
No. – ammise Erina e con le palpebre che volevano chiudersi avvicinò il capo
sul tronco dell’albero dietro di lei per poi incontrare lo sguardo del ragazzo
che le era vicino – L’hai vista? -
-
Sì, quando ti cercavo. Ho capito subito che era tua madre. Avete parlato un
po’? –
-
Sì, mi ha raccontato qualcosa di sé e del perché mi avesse lasciata sola. Mi
domando se sia venuta per legare davvero con me o semplicemente per recuperare
la sua adorata Tootsuki. – Erina continuò a parlare di ciò che si erano dette
lei e Yumi, mentre Soma da bravo ascoltatore non la interruppe neanche una
volta, nemmeno quando aveva saputo del primo incontro tra sua madre e Azami.
Intanto cercava le parole giuste per farla sentire meglio, ma non credeva di
esserne proprio in grado; lui era bravo in cucina non con le parole, non
esattamente.
-
Mi ritrovo a pensare che se mio padre non si fosse fatto vivo e non avesse
rivoluzionato l’Accademia probabilmente mia madre non si sarebbe mai scomodata
a venire qui per me. –
- No, ti sbagli. Almeno, secondo me. Tua madre ti
vuole bene, credo che questa situazione sia stata più un pretesto per cercare
di arginare le cose e magari farsi vedere sotto una nuova luce da te, vuole
aiutarti in questa battaglia e ribellarsi insieme a noi per ripristinare le cose
come prima. Già il fatto che ti abbia raccontato del suo passato e abbia
cercato di rimediare ai suoi sbagli è un grande passo in avanti. Vuole davvero
riavvicinarsi a te, ne sono sicuro, altrimenti non avrebbe neanche sprecato un
minuto a parlarne con te e a convincerti che è
disposta a cambiare per recuperare il tempo che avete perso. -
Dopo
le parole di Soma, Erina sembrava non avere più voce per contrastare il
ragazzo. Era forse la prima volta. Sentiva che in quel discorso c’era la verità
e pur considerando ancora il dolore che provava quando cominciava a ricordare
di non aver avuto vicino una madre per anni, qualcosa le diceva che doveva
ascoltare Yukihira e accettare il fatto che le cose e le persone possono
cambiare; chi in meglio, chi in peggio, ma che nonostante tutto sua madre ora
fosse lì, per legare con lei e aiutarla a recuperare la vecchia Tootsuki.
Soma
si era accorto delle perplessità di Erina, dopo il suo sproloquio e cercò
subito di rimediare – Scusa, credo di non aver detto le parole giuste, però, tua
madre è qui e non dovresti sprecare l’occasione di conoscerla e di passare più
tempo con lei piuttosto che farvi la guerra per colpa del passato. – aveva
accennato quel suo solito sorriso furbetto sul volto e a Erina venne spontaneo
sorridere.
-
Non è vero che non sei bravo con le parole. Grazie, Yukihira. –
Soma
si sentì sollevato da quel sorriso perfetto; pensò a quelle labbra che sperava
di toccare con le sue un’altra volta, magari quando tutto sarebbe tornato al
giusto ordine. Non trovò il coraggio neanche per dirle che era rimasto
folgorato dalle lasagne che aveva preparato mesi fa e che le aveva
letteralmente amate. Poi si ritrovò il volto di Erina appoggiarsi alla sua
spalla, lui non si mosse e respirando il suo profumo la prese per mano e
restarono così vicini per un po’. Erina aveva bisogno di tranquillità e
riposare la mente, avere Soma al suo fianco le dava sicurezza.
Hisako
stava per raggiungere il posto dove si erano accoccolati Erina e Soma, ma un
tonfo la costrinse a guardare l’accaduto poco più avanti a lei. C’erano i
fratelli Aldini uno sopra l’altro schiacciati per terra e poco distanti anche
Ikumi e la stalker Sadatsuka Nao. Cosa ci facessero lì, di sera, al buio e
insieme era un mistero che Hisako voleva assolutamente comprendere.
-
Che cosa ci fate voi in mezzo agli alberi? – chiese subito spiegazioni la
ragazza che magicamente si scordò dei problemi con Akira.
-
Non è colpa nostra. Abbiamo visto Sadatsuka Nao spiare Nakiri e Yukihira. –
cercò di trattenere il nervosismo di quella situazione Takumi e Ikumi
intervenne subito a raccontare che, mentre salivano sull’albero, più basso, per
impedire alla stalker di fotografare i due, Isami, salendo anch’egli sul ramo,
aveva provocato la caduta in comune con gli altri; facendoli precipitare
rovinosamente sul terreno.
Sporchi
e doloranti pregarono Hisako di non riferire nulla a Soma ed Erina dell’accaduto
o sarebbe stato molto imbarazzante, ma sfortunatamente per loro, i due in
questione, avendo sentito quel rumore assordante, videro tutta la scena da
lontano e si precipitarono a soccorrere i loro amici che si erano fatti male.
-
Non è stato niente, tranquilli. – disse cercando, in modo spavaldo, di essere
il più naturale e felice possibile Takumi.
-
Si, stiamo tutti bene. – continuò Ikumi, arrossendo per la vergogna come Takumi
e ogni tanto si lanciavano occhiate complici.
Sadatsuka
Nao invece prese la macchina fotografica per scattare qualche foto ricordo,
aggiungendole alle altre milioni che aveva nella sua stanza, di Hisako e di
Erina.
Isami
rideva per il comportamento strano di suo fratello e di Ikumi che con la loro
gelosia nei confronti di Soma ed Erina si erano cacciati in quel pasticcio,
anche se la colpa era tutta sua.
-
Isami ti avevo detto di non salire anche tu, vedi cha hai combinato! – lo
rimproverò Takumi.
-
Dai, non ne fare un dramma, fratellone, e poi grazie a me adesso quei due non sono più così
vicini. –
-
Isami, ma cosa stai dicendo. Smettila! – Takumi aveva paura che anche gli altri
avessero sentito quelle parole, ma ognuno era preso da altro.
Hisako
era subito andata incontro ad Erina e Soma, cacciando Sadatsuka Nao dalla sua
vista, per capire cosa ci facessero in messo al nulla ed Erina le spiegò ogni
cosa. Quando tornarono alla festa dagli altri amici del dormitorio “Stella
Polare”, Erina parlò del suo incontro con Yumi e di come fosse stata lei a
programmare quella battaglia culinaria che era riportata sul giornale
dell’Accademia, alle quale avrebbero partecipato sia i membri della “Centrale”,
compresi i migliori dieci, sia tutti coloro che si opponevano ad Azami, ma le
regole sarebbero state divulgate in seguito.
La
festa, dopo il triste annuncio che preannunciava una lotta intensa e
impegnativa che poteva, in caso di perdita, prevedere l’espulsione, proseguì
con allegria e spirito che fecero bene anche ad Erina per concludere in meglio
quella serata che le aveva portato tristezza e solitudine. Hisako non era di
buon umore, neanche quando i ragazzi del dormitorio provarono a far ridere
tutti con sketch umoristici o balletti improponibili. Da un lato risentiva
della decisione di Hayama e dall’altra percepiva le sensazioni di Erina dopo
aver parlato con sua madre, da sola, per la prima volta.
Erina
si avvicinò ad Hisako – Non devi preoccuparti per me. Sto bene, sono solo un
po’ stanca. –
- Che
impressione ti ha fatto rivederla? Non ci credo che stai bene. –
-
Non voglio accollarti un peso che è solo mio. Tu hai già qualcuno a cui
pensare. –
-
Ti sbagli. Tu sei molto più importante, perciò puoi parlare di tutto con me. –
-
Posso dirti che aveva molto da dire, mia madre. Non credo sia proprio una
chiacchierona, ma ha raccontato alcuni suoi ricordi personali e mi ha fatto
sentire a mio agio perché, a dirla tutta, ero abbastanza nervosa di vederla. Eppure
adesso che ne sto parlando con te, che è passato un po’ di tempo, mi sento
meglio. Non ho più rabbia dentro di me, anzi. Credo di aver esagerato con le
parole. –
-
No, non ti devi sentire in colpa. Tua madre capirà, lo sa che le hai detto
certe cose solo perché ti aveva ferita in questi anni. È stato un momento
dettato dall’impulso, lei, sono sicura che questo lo capisce. È pur sempre tua
madre. –
-
Sì, ma io credo di averla offesa. Non so, mi sento un po’ in colpa. –
-
Io credo che tu non abbia niente di cui rimproverarti. Piuttosto anche lei ha
sbagliato, no? Quindi siete pari, quasi. –
Erina
abbraccio d’istinto Hisako – Hai ragione e poi ho ancora tempo per legare con
lei. Piuttosto, riguardo il tuo problema sentimentale… -
- Cosa?
Adesso lo chiami così? –
-
Beh, non sono esperta, però riconosco quanto lui ti piaccia. –
Hisako
divenne rossa, ma anche Erina aveva il volto come un pomodoro; affrontare
quell’argomento imbarazzava entrambe e ne avrebbero parlato a lungo, di Akira,
di Soma, ma furono bruscamente interrotte dal tonfo di Marui che era finito col
distruggere una portata di Yuki e quest’ultima lo rincorse per tutto il
dormitorio e si perse l’atmosfera e l’intenzione di discorrere d’amore.
L’aria
di festa proseguì tutta la notte e se la signora Fumio non li avesse esortati a
rientrare per riposarsi un po’, sarebbero rimasti fino all’alba, ed era in
progetto davvero, nella mente di alcuni di loro, ma l’indomani dovevano alzarsi
presto per le lezioni mattutine e decisero di lasciar perdere l’alba per quel
giorno.
Il
giorno seguente Erina, spinta dai suoi compagni d’avventura, la sera
precedente, si recò a casa sua per dimettersi dal consiglio dei migliori dieci.
Aveva timore della reazione di suo padre e allo stesso tempo non aveva voglia
di rivederlo dopo quello che era successo a New York, ma nonostante tutto il
suo passo era deciso; Hisako era con lei per supportarla. Erina era determinata
più che mai a ribellarsi a suo padre, parlare con lui faccia a faccia e
liberarsi totalmente delle costrizioni, della gabbia che la teneva ancora
legata a lui, per essere libera.
Yumi
e Azami erano insieme, nello studio di lui, per decidere le modalità della
battaglia ed erano arrivati ad un compromesso. Si sarebbe svolta dopo due
settimane; lui avrebbe giocato i suoi migliori studenti, ovvero i dieci eletti
ed ella avrebbe schierato i migliori studenti, ribelli, in campo culinario;
mettendo in squadra anche i ragazzi cacciati dai loro precedenti seggi, dei
migliori dieci, come Kuga e Isshiki. Gli studenti si sarebbero sfidati a coppie
e i gruppi da due dovevano essere in tutto cinque per lui ed altrettanti cinque
per la squadra di lei. Le coppie potevano essere formate a piacimento, avrebbe
vinto la squadra con la coppia rimanente in gara.
Dopo
aver deciso le regole, Erina entrò nella stanza. Non fu sorpresa di vederli
insieme, erano lì per affari; lo sapeva bene.
-
Che sorpresa. Non ci vediamo da quando mi hai lasciato, senza spiegazioni, a
New York, con tanti clienti insoddisfatti, Erina. –
-
Non sono qui per parlare di quello che è accaduto a New York o chiedere scusa
per ciò che ho fatto, perché non lo farò, padre. Sono qui per comunicarti che
lascio il mio posto di decimo eletto. Mi unisco ai ribelli. –
-
Che stai dicendo? Vuoi davvero schierarti dalla fazione sbagliata, Erina? Sappi
che se intraprenderai questa strada io non sarò certo clemente nel giudizio,
non ti aiuterò neanche se si trattasse di mia figlia. Lo capisci, vero? –
-
Lo so, non ho preso questa decisione alla leggera. L’ho fatto perché
incominciavo ad essere stufa della gabbia che avevi creato per me. Mi hai
tenuta prigioniera per anni e adesso che sono libera dai tuoi condizionamenti
non ho più intenzione di seguire i tuoi ideali. Ora che conosco la libertà, non
voglio più perderla. Ti dimostrerò che è con essa che noi vinceremo. –
Azami
la guardò severo e lo sguardo torvo non approvava la decisione libera e pura di
sua figlia che lo stava abbandonando, che avrebbe cercato di distruggere i suoi
piani, ma sentiva di non poterla costringere se fosse stata davvero lei a
volere tutto questo.
-
Allora preparati, perché la guerra inizierà molto presto, ma credo piuttosto
che sarò io a vincere. –
-
A dire il vero, sono certa che Erina e i suoi amici ti daranno filo da torcere.
Perché si sa, quanto più cadi in fondo tanto più ti rialzi e finisci per
vincere. – si contrappose, Yumi, al litigio padre – figlia.
Azami
non rispose alla provocazione, vide Yumi ed Erina, poi, uscire dal suo studio
con il volto distrutto dalla rabbia e i pugni, sul tavolo, serrati.
-
Erina, aspetta! – la chiamò Yumi che vedeva sua figlia uscire dal castello per
raggiungere Hisako; la ragazza si fermò e volse il suo sguardo nella sua
direzione.
-
Ho qui una lista di cuochi da tutto il mondo, non sono molti, ma li ho chiamati
per aiutare te e i tuoi compagni di scuola a prepararvi per la sfida. –
Erina
guardò con stupore e con gioia quella lista, in effetti poteva essere molto
d’aiuto per alcuni dei ribelli.
-
Sei stata coraggiosa a ribellarti a tuo padre. Hai fatto bene, tesoro. –
-
Dovevo farlo per i miei amici, non voglio deluderli. –
-
Lo capisco ed è per questo che sono fiera di te. –
Erina
la fissò un attimo e col sorriso rispose “Grazie”, dopo tornò dall’amica che la
stava aspettando all’ingresso e mentre uscivano dalla reggia incontrarono Alice
e Ryou appena arrivati. Inutile dirvi che Alice andò subito incontro ad Erina
per abbracciarla e chiedere degli ultimi gossip che giravano per l’Accademia,
così Hisako ed Erina raccontarono ogni cosa.
Le
lezioni della scuola erano cambiate drasticamente e prevedevano istruttori e
maestri selezionati esclusivamente dal preside Azami che controllava con il suo
simbolo “Central” ogni azione ribelle nei confronti della sua riforma. I
ribelli si trovarono, infatti, “in gabbia” fin da subito, impediti di
sperimentare liberamente le loro qualità e capacità in cucina; un risveglio per
nulla confortante che li accompagnò per qualche settimana prima della sfida.
Rindou
si aggirava tra le classi in cerca di Eishi e lo trovò, infatti, che insegnava
in un’aula gremita di studenti pronti a ricevere i suoi insegnamenti perfetti e
per nulla criticabili. Questi pendevano letteralmente dalla sue labbra e le ragazze,
in particolare, ne erano affascinate, per quanto raffinato, elegante e bello
fosse, quando cucinava specialmente, il primo degli eletti della “Centrale”
istituita da Azami.
Rindou
non era contenta di quello che stava diventando Tsukasa, poteva vedere
l’oscurità che piano piano consumava quel ragazzo e se avesse continuato in
quella maniera probabilmente lo avrebbe perso per sempre. L’assalì quel ricordo
di un anno fa. Uno dei più dolorosi.
Eishi
a quel tempo, dopo aver incominciato a vedere regolarmente Azami, all’estero,
non faceva che parlare di come si sentiva bene e delle loro straordinarie
conversazioni, piene di insegnamenti, di come finalmente
si sentiva fiero della sua cucina, di
come avrebbe potuto, grazie ad Azami, migliorare ulteriormente le sue capacità.
Rindou si sentiva messa da parte, invisibile a tratti, oscurata dall’intelligenza
e dall’influenza che quell’uomo esercitava su Eishi e non lo sopportava. Stava
vanificando tutto ciò che lei aveva in mente di costruire per il suo amico; avvicinarlo
poco a poco a sperimentare e scoprire i suoi sentimenti nascosti e la sua
passione per la cucina per renderlo una persona migliore, più umana e vincente.
Lo avrebbe supportato in tutto e sarebbe migliorata insieme a lui. Avrebbero
cercato insieme la vera essenza gastronomica. Invece no. Rindou veniva
schiacciata dalla bravura di un uomo che neanche conosceva bene, che preferiva
non rivedere; poi arrivò il giorno in cui lo stesso Eishi arrivò a parlare come
Azami e questo non poteva tollerarlo. Provò quindi a farlo desistere dal
seguire i precetti di quell’uomo subdolo che aveva solo intenzione di usare
Eishi per i suoi scopi personali, che non avevano nulla di buono, piuttosto che
aiutarlo a capire se stesso.
- Rindou, non hai idea di quanto mi
faccia bene parlare con il signor Azami. È pieno di idee, di talento, d’intelligenza.
Sto imparando davvero molto, grazie a lui. Lo sai, ha un’idea di gastronomia
davvero affascinante, innovativa, unica! –
- Mi sembri davvero eccitato
all’idea! Di cosa si tratta? – provò ad essere interessata Rindou per
mascherare la sua disapprovazione.
- Vorrebbe eliminare tutti quei
piatti che non sono degni di essere mangiati, ovvero ciò che non è vera
gastronomia e aiutare i cuochi di tutto il Giappone, e forse estenderlo anche
all’estero, a diventare veri chef stellari, che non commettano errori in
cucina. Probabilmente chiudendo tutti quei locali che non servono altro che
cucina scadente e immangiabile per crearne invece di nuovi; supportati da
cuochi che sappiano distinguere il vero cibo, la perfezione culinaria da quella
imperfetta e tipica della gente comune. –
- Che progetto ambizioso e direi
anche un po’ egoista da parte sua, non credi? Poi, mi spieghi come potrebbe mai
decidere cosa sia più buono rispetto ad un altro in modo giusto e oggettivo? –
- il progetto è ambizioso, ma non
irrealizzabile. Sua figlia, il palato divino, potrà giudicare ciò che è buono o
no. Non è egoista quello che vuole realizzare il signor Azami, lui sa ciò che è
giusto per questo ambiente, se fossi stata con me in quegli incontri
probabilmente lo avresti apprezzato anche tu. –
Rindou era seria, faceva fatica a
capire quel discorso sconnesso di Eishi, quasi non lo riconosceva più o forse
era sempre stato così, ma fino a quel momento non lo aveva compreso.
- Non capisci? – continuava
entusiasta, il ragazzo – Grazie alle idee di Azami potremo cambiare il futuro,
rivoluzionare e innovare la gastronomia di tutto il mondo e noi saremo il
centro di tutto questo. La Tootsuki che prepara cuochi di alto livello.
Chiunque potrà arrivare ai nostri talenti o comunque avvicinarsi. – indicava
sia lui che Rindou, quando diceva “noi”, perché Eishi riconosceva la bravura
della sua amica, proprio come la vedeva lo stesso Azami, insomma un’altra
pedina utile per forgiare cuochi perfetti e cucina di alto livello – Rindou,
dobbiamo solo affidarci a lui e troveremo il vero segreto della gastronomia in
pochissimo tempo. –
- Non lo so, credevo che il nostro
obiettivo, il nostro sogno, fosse quello di arrivare insieme, solo tu ed io,
alla verità. Abbiamo raggiunto con successo il nostro primo obiettivo, quello
di arrivare ad occupare il primo ed il secondo seggio, no? Perché adesso vuoi
seguire quest’altro piano? Perché stai rovinando il nostro sogno? Possiamo
farcela anche senza di quell’uomo, ne sono certa, ma devi lasciare l’idea di
Azami. –
- Non ti capisco, davvero, Rindou.
Forse il nostro piano sta cambiando per me, ma non è poi così diverso da quello
iniziale, l’importante è arrivare all’obiettivo, non contano i mezzi, giusto? E
poi ho bisogno dell’aiuto di Azami, io mi sentivo perso, sconsolato, stavo male
quando le persone che giudicavano i miei piatti li giudicavano perché fossi il
primo seggio dei migliori dieci della Tootsuki. Sinceramente voglio qualcuno
che mi ascolti, che provi a migliorarmi per ottenere e raggiungere quello che
desidero e mi piacerebbe che tu fossi con me. Siamo arrivati sino qui insieme,
perché tirarti indietro adesso? Possiamo ancora raggiungere la vetta più alta
di quella che abbiamo adesso, insieme. Come ci eravamo promessi di fare
all’inizio. Devo sapere cosa vuoi. Sei con me oppure no? –
Eishi non voleva saperne di cambiare
idea, ormai Azami lo aveva rapito del tutto e l’oscurità cominciava ad insinuarsi
in lui. Stava diventando una marionetta nelle mani di un uomo senza scrupoli e
non riusciva ad accorgersene, non voleva ascoltare nemmeno la sua più cara
amica, ma ella sapeva che Tsukasa avrebbe fatto di testa sua, che non l’avrebbe
mai ascoltata, che anche senza il suo aiuto sarebbe andato avanti; avrebbe
seguito la politica di Azami anche senza lei. Lo percepiva dai suoi occhi spenti
e freddi, trasparenti come vetro da cui si poteva vedere quanta devozione
insana avessero catturato.
Rindou indugiò ancora a quella richiesta.
Voleva davvero rischiare la sua carriera e il suo futuro per andare incontro
alle follie di Eishi? Poteva davvero seguire qualcosa in cui non poteva
credere? Ma non poteva perderlo, non voleva, non così senza neanche aver
provato l’impossibile.
- D’accordo, sono con te. –
- Come mai hai cambiato idea in
fretta, mi sembrava che non avessi fiducia in Azami e incominciavo a pensare
che non ne avessi neanche in me dopo tutto il tempo passato insieme. Credevo
che avremmo dovuto discuterne ancora. –
Ella fu spiazzata da quelle parole,
aveva forse sbagliato? No, non aveva sbagliato. Continuare a litigare l’avrebbe
solo tormentata, l’avrebbe solo fatta sentire peggio, sarebbe stata male se
avesse continuato a trovare delle scuse per convincere Eishi ad abbandonare le
sue convinzioni per sentirsi dire che stava sbagliando e che avrebbe continuato
imperterrito nella sua direzione anche senza il suo aiuto; che sarebbe stata
messa fuori dai giochi, che probabilmente non sarebbero più stati così uniti e
insieme come una volta e sì, sarebbe cambiato tutto di sicuro accettando di
collaborare a quel folle piano, ma almeno sarebbero stati ancora uniti.
- Ci ho riflettuto bene, davvero!
Insomma credo che in fondo potrebbe essere una cosa divertente, ma soprattutto eccitante!
Sono con te, sul serio! – cercò di convincere Eishi, nel modo più sereno
possibile. In realtà aveva già pensato a qualcosa, Yukihira Soma, il ragazzo da
cui non ci si aspetta chissà cosa, ma che in realtà poteva dare uno scossone
alla mentalità rigida e fredda di Eishi. Solo da lui poteva aspettarsi un
cambiamento positivo in Tsukasa, ciò che purtroppo non era riuscita lei a fare.
Era davvero amareggiata per non essere stata in grado di aiutare Eishi, di non
avere avuto la forza e la bravura necessarie per riportarlo alla ragione;
eppure qualcosa dentro di lei, nella sua testa, le diceva di non forzare la
decisione di Tsukasa, di essergli vicino invece, di aiutarlo perché vedeva
Eishi più felice, più sereno e pimpante come non lo aveva mai visto ultimamente.
- Sul serio? Sono davvero felice che
tu abbia capito. Avanzeremo insieme verso questa rotta, non te ne pentirai,
vedrai! – era contento l’albino.
“Lo
spero davvero, di non pentirmi della decisione che ho preso, Eishi”, pensò tra
sé la ragazza; tornata alla realtà e fissando ancora i movimenti precisi di
Tsukasa e le sue labbra formarono un sorriso per qualche secondo “Mi domando
ancora, che cosa succedeva in te, che cosa sentiva il tuo cuore, mentre io
cominciavo ad innamorarmi di te, Eishi”; dopo tornò seria, voleva a tutti i
costi proteggere i suoi sogni e quelli di Tsukasa che albergavano nella parte
più profonda di lui.
Kuga
percorreva lo stesso corridoio dove Rindou si era fermata, si stava affrettando
ad andare nella sua dimora per sperimentare un nuovo piatto super piccante da
usare in occasioni speciali e si fermò bruscamente nel vedere il secondo seggio
con un’espressione tutt’altro che allegra, pareva essere caduta improvvisamente
in uno stato di trance e depressione; perciò le si avvicinò cautamente - E’
davvero strano vedere Eishi che parla tranquillamente ad un gruppo di persone,
non è vero? No, aspetta in realtà è plausibile visto che la cucina è il
discorso che più gli riesce meglio senza essere nervoso. –
Colta
alla sprovvista la ragazza per poco non cacciò un urlo, ma, fortunatamente per
lei, si trattenne – Mi hai spaventata Kuga! Che modi sono questi di usare sulla
tua senpai! Uffa! – rispose di rimando.
-
Scusa, scusa. Dovevi vedere com’eri pensierosa! Era solo uno scherzo, calmati.
–
-
Ok, ok. Perdonato. –
I due si allontanarono subito dalla stanza dove faceva
lezione il primo seggio e Kuga non risparmiò alla rossa altri commenti su
Tsukasa, sembrava essere diventato un angelo fastidioso che ricordava a Rindou
di
quello in cui si erano cacciati sotto suo personale consiglio.
-
Abbiamo davvero fatto la cosa giusta? Aderire al progetto del nuovo preside?
Insomma, potrebbe anche andare tutto storto. –
Rindou
si fece nuovamente seria.
-
Ormai io sono fuori dai giochi, che altro potrei fare? Avevi detto che avresti
avuto il piano perfetto per cambiare Tsukasa e al momento vedo solo che ti stai
lasciando usare dalla “Centrale”. –
-
Non importa cosa faccia io o come mi usino. Tutto questo è ciò che dobbiamo
continuare a sopportare per il suo bene. Per aiutare Eishi a scrollarsi
quell’uomo folle che gli riempie la testa di stupidaggini e non posso agire da
sola, ho bisogno di te e degli altri. Te lo dico ancora. Sei disposto a
rischiare come me, per lui, Kuga? –
Kuga
non era certo di poter fare molto, ma la determinazione della sua senpai lo
motivava sempre, come una sorella maggiore alla quale dare ascolto nelle
situazioni difficili. Doveva trovare il modo di aiutare Eishi a cercare la sua
umanità ed eliminare le oppressioni di Azami.
-
Sono con te, anche se al momento sono a corto di idee ora che sono fuori dai
migliori dieci. –
-
Tranquillo, sono sicura che non saremo da soli. I ribelli ci daranno una mano.
Saranno loro la nostra carta vincente. L’ho percepito subito in quel ragazzo,
Yukihira, sarà lui a trovare una soluzione e senza che glielo chiediamo. –
-
In effetti lui è proprio il contrario di Eishi, soprattutto nella cucina. –
-
Esatto, mi è piaciuto sin dall’inizio. Quella sua sfrontata determinazione ad
ottenere la vetta di questa Accademia senza davvero conoscere gli ostacoli che
avrebbe dovuto superare prima, mi ha davvero colpita. L’ho trovato subito
motivato, proprio come quando ho conosciuto te, Kuga. –
-
Aspetta, adesso stai cercando di paragonarmi a quel Yukihira? –
-
Non te la prendere, secondo me è anche un complimento. Ahahah, sono sicura che
avremo un’occasione per rimediare a tutto, anche a questo pasticcio in cui ci
siamo messi in trappola. –
-
Se lo dici tu. –
-
Piuttosto ti chiedo un favore, se i ribelli avranno bisogno di aiuto… -
-
Si, si ho capito. Li aiuterò come posso. – il ragazzo finì la frase di Rindou e
lei sfoggiò un enorme sorriso e incominciò ad abbracciarlo e punzecchiarlo in
tutti i modi, tanto che il ragazzo cercava di divincolarsi dalla sua presa
senza molte possibilità – Smettila! – continuava a imprecare.
Rindou
aveva ritrovato il buonumore, una speranza c’era ancora e si chiamava Yukihira
Soma.
Passarono
più di due settimane e il giorno della prima battaglia si faceva attendere con
impazienza, soprattutto per Soma gasatissimo di entrare in scena, idem per
Takumi; quasi facessero una gara.
Le
squadre furono divise, per i migliori dieci, Nene e Saito, Momo ed Eizan,
Tsukasa e Rindou, Hayama e un altro ragazzo del secondo anno, più un'altra
coppia di studenti promettenti del terzo anno, che favorivano, allo stremo, la
“Centrale”. Per il gruppo dei ribelli invece c’erano Hisako e Kuga, poiché
entrambi conoscevano le spezie molto bene, Megumi e Isshiki, per la lavorazione
di piatti a base di pesce, Takumi e Mimasaka, Ikumi e l’ex terzo seggio
Megishima e infine Erina e Soma, su consiglio di Joichirou che era arrivato a
dare una mano a suo figlio per combattere quella faida che Azami, per colpa
sua, aveva cominciato. Joichirou aveva già assaggiato un piatto che comprendeva
le capacità sia di Soma che di Erina, per questo voleva i due insieme; perché i
loro piatti si completano a vicenda. Credeva che avrebbero potuto creare un mix
di gusto fenomenale.
Alice
avrebbe voluto partecipare, ma lei e Ryou non erano proprio adatti a fare
squadra con altri cuochi; così rimasero come riserve.
La
battaglia si svolse a Hokkaido, mentre il resto degli studenti, facenti parte
delle disposizioni del nuovo preside, svolgevano in contemporanea gli esami di
routine.
Rindou
non avrebbe ceduto tanto facilmente il suo secondo seggio che aveva tanto
desiderato e faticato per avere, insieme a Tsukasa, perciò avrebbe dato tutto
se stessa per affrontare i suoi avversari e quest’ultimi dovevano a loro volta
dare tutto loro stessi per conquistare il suo posto nei migliori dieci. Se
avesse perso, almeno avrebbe combattuto lealmente e con tutta la forza che
poteva avere in corpo. lo doveva a se stessa, tuttavia il piano doveva
proseguire; se la liberazione di Eishi significava la perdita del suo seggio l’avrebbe
fatto e la sua preoccupazione, che tra i giudici ci fosse anche Azami con le
sue idee malsane, aumentava.
HIsako
voleva assolutamente la rivincita contro Akira e grazie alle abilità della
cucina di Kuga riuscì a giudicarsi il primo punto per i ribelli, Erina ne fu
orgogliosa, ma non troppo fortunati furono Takumi e Mimasaka contro Momo ed
Eizan. Vinsero, infatti, quest’ultimi.
Anche
Ikumi e Megishima trovarono avversari tanto forti da ostacolarli, il problema
sorgeva soprattutto nel gioco di squadra che non era perfetto, quindi il punto
andò ancora a favore della Centrale.
Isshiki
e Megumi, tuttavia, riuscirono a fronteggiare al meglio Nene e Saito che, per
scarsa compatibilità, persero.
Quando
arrivò il turno di Erina e Soma, ella vide sua madre tra il pubblico. Se non
fosse stato per il cognome della famiglia Nakiri che li univa, lei, sua madre e
Azami non sembravano una famiglia; anzi non avevano neanche motivo di esserlo
in quella circostanza. Erina poteva essere considerata facilmente un’orfana per
quanto poteva constatare, nella sua vita, in quegli ultimi anni. Sua madre
l’aveva lasciata per la carriera e Azami era stato la causa per la quale Erina
era diventata insensibile e fredda nell’animo, anche nei confronti della cucina
che amava.
Cacciò
quei pensieri negativi dalla mente che le offuscavano la battaglia mentre Soma,
concentratissimo dall’inizio, scalpitava per cominciare a cucinare. Voleva
battere il primo seggio, eppure dopo tante discussioni con la sua partner
avrebbe solo fatto la parte, quasi, da assistente; però le sue idee portarono
alla creazione di un piatto che nemmeno Erina avrebbe potuto mai immaginare di
realizzare in tutta la sua vita. Un piatto che mescolava le loro diversità
culinarie, ma allo stesso modo trovava l’equilibrio di un gusto unico che
puntava dritto alla vittoria, che arrivava a colpire nel profondo le papille
gustative di ogni giudice in sala. Azami fu sopraffatto da quel perfetto mix,
ma il suo piano era troppo ambizioso per essere distrutto facilmente da sua
figlia. In fondo lo sapeva, sì, lo sapeva che Erina avrebbe sfruttato le sue
meravigliose capacità per vincere in sicurezza e con eleganza, però, la sua
ribellione non poteva tollerarla. Lo aveva abbandonato per unirsi con i ribelli
e aveva vanificato i suoi ideali, non trovava il coraggio di ammettere che
fosse stato sconfitto. Era in tempo per trovare un’altra soluzione, per
falsificare il suo giudizio, ma sia il suo cuore che la parte più inconscia della
sua mente desideravano la vittoria di sua figlia e gridavano quanto
sensazionale e buona fosse quella pietanza appena degustata. Anche il suo
orgoglio non ammetteva un giudizio contrario a quello che effettivamente
sentiva di dover pronunciare.
Erina
e Soma, dunque vinsero a pieni voti ed Eishi come Rindou dovettero farsene una
ragione. Avevano perso i posti come primo e secondo seggio dei migliori dieci,
ma fu come se si fossero tolti un peso più grande di loro che gravava sulle
spalle e si gettarono a terra molto più leggeri di prima a posare l’ascia di
guerra e riposare per la fatica; schiacciati dalla sconfitta.
Tsukasa
uscì dall’arena lasciandosi alle spalle le urla e i pianti di gioia dei ribelli
che sovraeccitati scatenarono un caos. Lui si sentiva un perdente, aveva perso
contro dei primini, seppur molto capaci, non aveva ancora lasciato perdere
l’idea di raggiungere la vera gastronomia e se all’inizio della fine aveva
creduto di essere ad un passo da questa ora non ne aveva più la certezza. Si
era affidato ad Azami e in un certo
senso si sentiva deluso e triste per essersi affiancato a lui. Quegli ideali
erano stati buttati giù e anche lui poteva definirsi approdato sul fondo di
profondissimo abisso che non lo conduceva da nessuna parte. La vera
gastronomia? Da dove l’avrebbe appresa? Come avrebbe fatto a trovarla in sé?
Doveva ricominciare daccapo e no, non ne aveva le forze. Rindou uscì dopo Eishi
e lo ritrovò attaccato, sembrava una calamita, al muro di un'altra stanza, era
amareggiato ed ella poteva solo immaginare cosa sentisse davvero in quel
momento. Nonostante tutto con aria spavalda diede una pacca forte sulla spalla
del suo amico per tirarlo su di morale e lui reagì poco con un rantolo
strozzato – Su con la vita! Abbiamo perso questa battaglia, ma non è la fine
del mondo. Possiamo ancora riprenderci i nostri posti! –
-
No. – intervenne sconsolato Eishi, riprendendosi dalla tristezza e dal dolore
della pacca di Rindou. – Non faremo assolutamente niente. Tutto quello in cui
credevo si è rivelato per metà falso, quindi imperfetto e questo lo detesto. Ho
perso perché credevo di essere già ad un passo dalla perfezione gastronomica,
invece, mi sembra di aver fatto innumerevoli passi indietro. Voglio solo… -
-
Riacquistare fiducia nella tua cucina? – finì per lui, la ragazza, che scivolò
accanto a lui di spalle al muro.
Eishi
si sorprese per come lei riusciva a capirlo così bene – Già – poté, solo, dire.
Ricordò come Rindou si era opposta a quella rivoluzione e di come lui
egoisticamente l’avesse convinta a seguire i suoi, anzi, gli ideali di Azami.
-
Mi dispiace tanto. Dovevo ascoltarti. –
-
No, hai fatto ciò che ritenevi giusto e poi non ti avrei mai abbandonato. In
compenso, ti confesso che mi sono divertita molto. Anche adesso sono felice. –
-
Sei felice? Hai perso anche tu, il tuo seggio. Ed è ancora colpa mia, se fossi
stato più bravo non sarebbe successo nulla. –
-
Sono felice perché la cucina più libera che ha forgiato Yukihira Soma insieme a
quel genio di Nakiri abbia scalfitto la tua idea di cucina oggettivamente
perfetta. Devi provare anche tu ad essere più libero dalle tue convinzioni e
creare la tua vera idea di cucina gastronomica. Io continuerò a supportarti se
proseguirai su questa strada. –
-
Che cosa vorresti dire? – disse Tsukasa, voltandosi improvvisamente nella sua
direzione.
-
Se tornerai da quell’uomo io non ci sarò. Non posso sostenere le sue idee e non
sopporterei di vederti manipolato ancora da uno come lui. –
Ci
fu una breve pausa dove nessuno dei due voleva ammettere nulla.
Poi
Rindou guardandolo negli occhi proseguì – Voglio assaggiare un piatto che
contenga la tua passione, i tuoi sentimenti più nascosti; non mi basta più il tuo
lato indifferente e distaccato. – l’espressione seria, di ella, si tramutò in
un sorriso che ad Eishi sembrò dolcissimo – Non te l’avevo già detto? –
Quel
discorso accese d’emozione il cuore di Eishi che aveva da tempo chiuso,
bloccato, imprigionato ogni forma di sentimento d’amore perché poteva
ostacolare la forma perfetta dei suoi piatti, ma proprio quello sbaglio gli
aveva precluso la possibilità di arrivare prima all’essenza della verità che
tanto bramava. Sorrise anche lui. Portò la sua mano destra in direzione del
volto della ragazza e le accarezzò una guancia con dolcezza – Non tornerò da
Azami se significasse perderti. – gli occhi erano fissi su quelli d’oro della
ragazza di cui aveva preso una bella sbandata dalle medie. Rindou non era
abituata a quel contatto gentile e tenero del ragazzo, ma era piacevole
provarlo per la prima volta e si ritrovò di colpo ad accoccolarsi sul petto di
Tsukasa, come fosse una magia calda e miracolosa che si spandeva per tutto il
corpo e non ne poteva fare a meno.
-
Scusami per averlo capito solo ora. Ti amo anch’io, Rindou. -
Ella si fece stringere di più da Eishi, dopo aver ascoltato le parole
che voleva sentire da tempo e avrebbe atteso con impazienza il giorno in cui le
avrebbe preparato un piatto appassionato solo per lei.
Tra la confusione della vittoria e le grida dei loro amici Soma ed
Erina trovarono un varco per scappare da tutti quegli abbracci soffocanti che
stavano cominciando ad essere pesanti, non appena soli ripresero fiato.
- Ce l’abbiamo fatta, no? Non sembra vero. – era euforico Yukihira.
- Già, abbiamo vinto. Insieme. – concordò, serena, Erina.
I due si sorrisero a vicenda teneramente.
- Senza la mia idea non avresti fatto quel piatto, quindi penso di
meritarmi il primo seggio, giusto? – provò a contrattare Soma, mentre la
ragazza si infastidì non poco.
- Non credo proprio. Non siamo noi a decidere che posti ci spettano e
non si può stabilire con certezza i posti da assegnare così su due piedi. – lo
rimproverò – Inoltre sono stata io ad aver reso perfetto quel piatto. –
- Ehi, non litigate! Abbiamo vinto, dovete solo concentrarvi sulla
festa che io e gli altri abbiamo preparato per voi. Io Joichirou in persona,
Gin e altri ex studenti di questa Accademia prepareremo un banchetto speciale
per la vostra vittoria. Comunque figliolo, Erina ha perfettamente ragione. Non
sarete voi a stabilire i posti per i migliori dieci e non sarà possibile
decretarlo subito, immagino. Quindi godetevi senza pensieri questa giornata e
basta. –
La festa sarebbe continuata una volta tornati tutti alla Tootsuki, un
grande banchetto per tutti, vincitori e vinti. In più nessuno avrebbe lasciato
la scuola, ma la politica della “Centrale” era stata abolita del tutto.
Era stata riconsegnata la libertà a tutti e gli ex migliori dieci
avrebbero potuto continuare a frequentare l’Accademia senza problemi. Senzaemon
non voleva tornare preside, ma tutto era ancora da decidere. Quella giornata
doveva solo era di svago per tutti, nessuno sarebbe stato escluso.
Erina non partecipò alla festa, si recò nel luogo dove precedentemente
aveva conversato con sua madre. Si illudeva che fosse cambiato qualcosa per la
sua famiglia. Sperava in un certo modo di parlare ancora con lei e alla festa
non c’era; per questo non rimase.
La luna piena era favolosa e le stelle attorno formavano una luce
pallida e splendente. Un ottimo posto per riflettere, ma soprattutto romantico
per Soma che al posto di andare ad una certa festa aveva preferito fare
anch’egli una passeggiata al chiaro di luna. Il caso li aveva uniti ancora una
volta e lui non sprecò l’occasione. Entrambi erano super eleganti ed Erina
sembrava più bella del solito col suo abito azzurro, i capelli trattenuti da un
elastico e le scarpette bianche. Non poteva affermarlo con certezza eppure il ragazzo
pareva di vedere il colore della pelle di ella splendere di quella pallida
luce. Lei si accorse di lui solo quando Yukihira pestò una foglia caduca. Forse
era anche colorata, ma non ci fece caso. Erina gli sorrise brevemente – Che ci
fai qui? –
- Avevo voglia di fare quattro passi. Tu piuttosto. –
- È buffo, sai. Speravo di rivedere da queste parti mia madre, la stavo
aspettando, proprio io. Proprio io che non facevo altro che allontanarla da me,
ogni volta. –
Soma le andò incontro e la abbracciò, la strinse forte e lei ricambiò;
avvolse le sue braccia attorno alla vita del ragazzo. Gli occhi umidi di lei
incontrarono quelli di lui, vivaci come oro nella poca illuminazione dei corpi
celesti che dall’alto brillavano per loro. I loro visi erano distanti millimetri
e nessuno dei due si faceva più avanti. L’emozione di stare così stretti, così vicini
da poter sentire i loro reciproci respiri era troppo forte da gestire e insieme
scoppiarono a ridere, ma nessuno dei due lasciava la stretta. Si guardarono
ancora negli occhi e lentamente le labbra di ciascuno si unirono nella danza
più dolce che avessero mai provato.
Continuarono a scambiarsi baci a tratti lunghi a tratti brevi,
provavano a lasciarsi, ma era tutto inutile. Desideravano quelle coccole, quei
baci e le carezze, gli sguardi fugaci che si mandavano tra un bacio e un altro;
non potevano farne a meno.
- Questa volta sei stata tu a completare il piatto, ma non scordare che
io completai quella tua ricetta a New York, ricordi? – disse Soma senza
smettere di staccarsi da quell’abbraccio intimo.
- Certo che me lo ricordo, siamo un’ottima squadra noi due, vero? –
- Verissimo. –
Sorrisero, di nuovo, entrambi. Non avevano molta voglia di andare al "party della vittoria"; era così che gli amici del dormitorio “Stella polare”
l’avevano chiamato.
Nello stesso momento, Hisako, alla festa, cercava disperatamente Erina
e s’imbatté in Akira che la guardò divertito – Stai cercando la tua signora?
Non è un po’ troppo presto per cominciare a preoccuparsi della sua assenza? –
Nella sala dovevano ancora arrivare tantissime persone, Hayama aveva
ragione, eppure Hisako si preoccupava sempre troppo. Forse era diventata
paranoica senza saperlo. Akira le porse la sua mano e la ragazza lo guardò
strano.
- Vieni con me. Ti porto in un posto. –
- Cosa? Perché? Tra poco inizia la festa ed è per noi ribelli
specialmente, lo so che per te non è importante, ma sono sicura che la
signorina Erina verrà e se non mi trovasse potrebbe preoccuparsi o peggio. –
- Adesso stai veramente esagerando, per una volta vuoi pensare a te! –
fu un po’ duro il ragazzo, ma grazie a quelle parole l’ansia per la sua signora
si arrestò e guardò con occhi diversi Akira.
- D’accordo. – disse senza pensarci Hisako e prese la mano del ragazzo
su cui tutte le altre studentesse presenti nella sala avevano gettato gli
occhi.
I due perciò si allontanarono in moto con la sera a fare da sfondo.
Arrivarono al luogo dove si erano imbattuti per la prima volta tempo
fa, a quel tempio nel verde, silenzioso, isolato e sorprendentemente magico e
luminoso. Akira aveva portato, precedentemente, lì delle candeline e con un
accendino, fortuna che non piovesse, ne accese una ventina per avere
l’atmosfera più romantica che poteva.
Hisako pareva morire di fronte a quello spettacolo di luci e ombre che
si posavano su di loro ed era diventata rossa per l’imbarazzo di quel momento.
- Ti piace? Non avevo altre idee, così… -
- È perfetto. Sul serio. – cercò di sorridere e di non sembrare più
nervosa di quello che poteva apparire.
- Ok. – Akira era preoccupato di aver sbagliato qualcosa, aveva
esagerato con le candele, lo sentiva quindi convenne che forse era meglio
spegnerle. Così lo fece sul serio, ma Hisako lo fermò.
- Che stai facendo? È perfetto così com’è, non devi spegnere nulla. –
cercò di tornare il più razionale possibile con la testa, per lui – Sono solo
stata colta alla sprovvista e ammetto di essere un po’ nervosa, ma mi piace
quello che hai fatto. Riguardo alle candele, s’intende. –
Akira rise, adesso erano in due in imbarazzo e lui non poteva farci
niente.
Si sedettero entrambi sugli scalini e le file delle candele erano
percepite più vicine del previsto ed emanavano un bel tepore.
Erano abbastanza vicini che forse un centimetro sarebbe risultato inutile a misurare quella circostanza.
- Sei riuscita a battermi e volevo complimentarmi con te. –
- Ah sì, perché allora le candele? – aveva il sorriso sulle labbra, la
ragazza.
- Mi hai beccato. –
- Adesso tornerà tutto alla normalità. – proseguì Hisako.
- Così credo. –
- E tu che farai? –
- In che senso? –
- Facevi parte dei migliori dieci, grazie alla “Centrale” e se non
sbaglio hai sempre puntato in alto, ma ora non hai molte possibilità. –
- Non mi interessa più, come non mi importano più altre cose. –
Hisako ne voleva sapere di più, avrebbe indagato se fosse stato
necessario, lei era fatta così e poi si trattava di Akira. Era davvero bello,
col suo smoking bianco, e le aveva dimostrato tante volte che teneva a lei, ma
non sapeva davvero che cosa voleva.
- Sei curiosa? –
- Cosa? – aveva la testa fra le nuvole, ma sapeva a cosa si riferiva -
Solo se vuoi raccontarlo. –
- Jun è stata la prima persona che ha riconosciuto qualche valore in me
e che mi ha dato un tetto sopra la testa, una casa, perfino dei giocattoli
quando non ne avevo bisogno. Era folle e sbadata alcune volte, ma sapevo di
poter sempre contare su di lei perciò dovevo ripagarla per quello che mi aveva
dato. Per questo mi sono unito alla follia di Azami, per proteggerla. –
- Insomma, avevi una sorta di cotta per la tua mamma adottiva. – disse
lei, convinta.
- Che? Come fai a saperlo. – era stupito l’altro.
- Intuito e ho studiato un po’ di psicologia. L’ho capito da subito,
direi che è piuttosto normale. –
- Anche il fatto di averla amata fino a questa età? –
Hisako e Hayama si guardarono profondamente e poi la ragazza rise – Non
ti giudico, sul serio, ma sei sicuro di non aver confuso i sentimenti romantici
da quelli amorevoli che di solito si hanno verso una madre? Anch’io avevo
creduto di amare mio padre fino ad una certa età infantile, ma dopo ho capito
che era solo amore familiare, tutto qui. –
- Non prendermi in giro. –
- Non lo sto facendo, sono solo considerazioni. –
Tornò nuovamente il silenzio imbarazzante dell’inizio, ma stranamente
ci erano abituati e il nervosismo era passato.
- Allora, si può sapere, a parte le varie confessioni, perché mi hai
portato qui? –
- Lo riconosci questo posto? –
Hisako si guardò attorno e il flashback le arrivò subito alla memoria –
Sì e credimi non è uno dei miei preferiti. –
- Però è dove ci siamo incontrati davvero. Non credi che possa essere
una specie di rifugio per noi? –
- Aspetta, parla per te. Non ci vengo qui da quel giorno. –
- Io invece mi ci sono imbattuto di recente e mi ha ricordato te. –
mentre disse queste parole Hisako voleva sprofondare per quanto fredda e
insensibile si stava mostrando verso di lui, mentre Akira era stato così
perfetto fino ad ora.
- Sono stato bene. – continuò lui – Mi ha dato il coraggio per
affrontare la battaglia e mi ha fatto vedere più chiaramente ciò che non volevo
vedere. –
- Ma dai? - riuscì a proferire Hisako.
- Già. – la guardò divertito.
- Che c’è? Faccio così ridere? –
- No, solo, mi sento bene in tua compagnia. Ora so qual è la persona
che mi piace più di ogni altra. – la guardò ancora con quello sguardo tenero e
i suoi occhi verdi si posavano ora sui capelli, ora sugli occhi color rubino,
ora sulle sue labbra rosee. Provò a baciarla e nonostante lei avesse il cuore
in subbuglio e il calore di Akira sul suo volto che le appannavano la vista,
spostò la testa di lato. Non capiva il suo comportamento nemmeno lei stessa,
sapeva che la ragazza, in questione, che piaceva ad Hayama era proprio lei e
Hisako credeva di desiderare molto più di lui quel bacio eppure l’aveva
respinto. Doveva essere proprio un’idiota.
- Forse non ti piaccio. – azzardò Akira.
- No, non è per quello. Non lo so. – ammise con un po’ di agitazione.
- Sei solo molto nervosa. – le prese entrambe le mani – Calmati,
respira. –
Hisako ascoltò i consigli – Tu come fai ad essere così calmo, invece? –
- Ti fa rabbia che io sia più tranquillo di te, in questo momento?
Ahahahah – cominciò a ridere di gusto con ella che metteva su il broncio – Sei
davvero terribile. Vuoi sapere il mio segreto? –
- Eh? Cos’è Sadatsuka Nao ti ha fatto qualche magia? –
- Chi? No, assolutamente no. Sono calmo perché finalmente ho ammesso a
me stesso ciò che provo per te. Cioè che ti amo tanto. –
Quella dichiarazione così spontanea e pura fece diventare Hisako ancora
più rossa di quello che era.
- Stai bruciando, forse ho sbagliato a dirtelo. – Akira sentiva le mani
della ragazza quasi in fiamme ed era preoccupato, oltre che incominciare ad
imbarazzarsi di nuovo pure lui.
- N-no, non hai sbagliato e tu mi piaci davvero. Sono proprio
un’imbranata a volte. Sei davvero dolce e io sono molto stupida, scusami. -
ritrasse le sue mani da quelle di Akira e poi una di esse sfiorò un ciuffo di
capelli che era vicino al volto di lui e alla fine avvicinò il suo viso e le
labbra a quelle dell’albino. Si baciarono con gusto; Hayama ne fu piacevolmente
sorpreso.
- Possiamo restare qui tutto il
tempo che vuoi. – disse Akira in un momento di distacco reciproco per
riprendere fiato.
- No, non posso, se Erina avesse bisogno di me… - non finì la frase
perché Akira le tappò subito la bocca con un altro bacio appassionato, il più
lungo che si fossero mai dati.
- Vuoi forse uccidermi? – domandò dopo essersi staccata da quel
contatto che, seppur tenero, la stava soffocando.
- Scusa, ho rischiato di soffocare entrambi perché non voglio sentirti
parlare di Erina questa sera. Alla festa ci saranno migliaia di persone e poi
adesso sono io ad aver bisogno di te. – Hayama le aveva rivolto, alla fine, un
sorriso che Hisako avrebbe davvero pagato per vederlo ancora. Si sfiorarono le
labbra ancora e poi Akira proferì di nuovo – E tu hai bisogno di me. –
Hisako non voleva dirlo ad alta voce, ma quello scambio di baci era
davvero la sua fine per quella serata.
Erina e Soma intanto, dopo aver passato molto tempo a stuzzicarsi a
vicenda e baciarsi e restare abbracciati per tempi infiniti, decisero di
proseguire a farsi una passeggiata sotto le stelle; mano nella mano. Per loro
non era ancora il momento di dirsi “Ti amo”, non potevano ancora parlare
d’amore benché si piacessero. Avevano molta chimica, erano attratti l’uno
dall’altra, ma ancora non avevano raggiunto quelle forti sensazioni che
potevano sentire Akira e Hisako o Eishi e Rindou perché questi si conoscevano
da più tempo e avevano condiviso più momenti insieme. Tuttavia, Soma riconosceva
quanto fosse il suo desiderio di avere vicino la ragazza che teneva per mano ed
Erina non avrebbe lasciato la mano di lui, voleva quel contatto più di ogni
altra cosa. Soma, però, non era ancora riuscito a farle dire che la sua cucina
era buona ed Erina aveva ancora per la testa la sua famiglia a pezzi. Questi
ostacoli non permettevano ai due di dire ciò che nel più profondo sentivano, ma
questo bastava a renderli felici e inseparabili.
Alice e Ryou erano in ritardo, ovviamente a causa di lei e correvano
per andare alla festa, ma notarono i due che si tenevano per mano ed ella si
bloccò. Era contenta che sua cugina avesse una buona distrazione; poi dopo
quella vittoria se lo meritava davvero e volle scattare una foto, ma Ryou
glielo impedì.
- Basta con le foto. Non ricordi ciò che è successo per quella famosa
foto? –
Ryou a volte sembrava la voce della sua coscienza, Alice lo amava anche
per questo – Voglio solo scattare una foto ricordo e mandarla alla mia
cuginetta e a Yukihira per prenderlo un po’ in giro, che male c’è? Avrai anche
ragione, ma stai un po’ esagerando. –
- Scherzi sempre, milady, ma questa volta io no. –
Alice gli rivolse uno sguardo indagatore – Che ti succede? –
- Non abbiamo mai un momento di serietà, milady. Prima di andare da qualsiasi
parte, dobbiamo parlare. –
- Parlare di cosa? –
- Di noi due. –
Alice sospettava che prima o poi avrebbero preso questa discussione.
Preferiva scappare piuttosto che guardarlo in viso e parlare come due persone
mature sul loro rapporto. Non lo aveva mai visto così serio e preoccupato allo
stesso tempo, lui le si avvicinò scostandole una ciocca di capelli dietro
l’orecchio – Che ti piaccia o no, ne dobbiamo parlare. –
Azami stava preparando le sue
valigie. Sgombrava il suo studio e ogni tanto verificava le lancette dell’orologio
per evitare di perdere il suo volo. Il suo piano era stato distrutto e ora non
gli rimaneva altro da fare che andare via.
Senzaemon era stato avvisato, era stato il primo a saperlo che sarebbe
partito il più presto possibile. Era stato ferito nell’orgoglio e da sua
figlia, che aveva scelto la libertà piuttosto che stare al suo fianco, doveva
capirlo da quella volta a New York; aveva fatto un errore a tornare in quella
scuola. Lui che voleva trovare la perfezione in tutte le cose e che credeva
fermamente che sarebbe stata la sua salvezza si era trasformata nella sua
prigione. Si era messo in gabbia da solo, aveva una bella famiglia, ma l’aveva
rovinata pur di arrivare ai suoi ideali folli e inconcludenti. Vedere Joichirou
e suo figlio uniti e vincenti lo aveva reso invidioso e provare a cambiare non
avrebbe portato sua figlia ad amarlo. Non più. Lei lo avrebbe odiato, per ciò
che le aveva fatto. La colpa gravava sulle sue spalle e non avrebbe più rivisto
la sua famiglia, non in quello stato. Non ne aveva il coraggio. Eppure i
momenti felici alla Tootsuki ce n’erano stati molti, quando aveva conosciuto
sua moglie, quando aveva assaggiato i piatti di Joichirou e le avventure con i
suoi compagni di scuola. Lì era cominciato tutto anche la sua follia e lì
doveva finire.
Si apprestò a salire in auto, ma Yumi era già ad aspettarlo
all’ingresso del castello; prima di vederlo uscire per sempre dalla sua vita.
- Hai vinto, questo è quello che conta, vero? –
- Azami, stai scappando. –
Lui la guardò con il volto sconfitto e i suoi occhi
scuri che
rispecchiavano quel cielo nero della notte erano più dolci del solito.
- Sì, sto scappando, ma lo faccio essenzialmente per Erina e per te.
Credimi, è la cosa migliore. –
- Non ti odierà per sempre. Anche per me è stata dura tornare e vedersi
odiare da lei, ma io il primo passo l’ho fatto comunque e dovresti farlo anche
tu. –
Azami le prese una mano, avvicinò il viso al suo e le baciò la guancia
– Lo so, quando sarà il momento, seguirò il tuo consiglio. Per ora, lasciami
andare. –
Yumi lo vide allontanarsi con la sua limousine e a malincuore lasciò
che andasse via per la sua strada.
ANGOLO AUTRICE: Scusate per l’assenza. Saranno passati
anni da quando pubblicai il capitolo 10 e sinceramente non credevo che mai
sarei arrivata a scrivere l’undicesimo. Tuttavia, ci sono riuscita. Sono molte
pagine, mi scuso anche per questo, ma era tutto indispensabile. In ogni caso
mancano solo tre capitoli alla conclusione e saranno tutti incentrati sulle coppie,
sul romanticismo. Spero davvero di poterli pubblicare entro quest’anno per
terminare la storia. Grazie a chi mi supporta ancora e chi mi supporterà in
futuro. Spero, inoltre, di non avervi tediato troppo, per la quarantina di pagine e alla prossima :).
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