How to save a Life
Capitolo 3
- Wild wild war
-
[Questo lodedico a SweetGirl91,
ragazza simpatica e alla
mano.
Le tue mail sono una
ventata di novità
- wow, come sono poetica
^^ -.
Ti voglio bene.]
[I will never let you fall
I'll stand up with you
forever
I'll be there for you
through it all
Even if saving you sends
me to heaven
Red Jumpsuit Apparatus - Your Guardian Angel]
Attraversarono
tutto il
campo, a testa bassa. Cercavano di trattenere il fiatone, ma dopo pochi
minuti di marcia affrettata, cominciarono a sentirsi affannati; i loro
respiri si scontravano con il terreno, sollevando a volte piccole
nuvolette di polvere chiara.
Ogni tanto,
il partigiano
si elevava al di sopra dei pampini per scrutare il terreno intorno. I
fascisti stavano passando per la strada principale, ma la prudenza non
bastava mai. Però la campagna intorno era deserta e non si
sentiva alcun suono, eccezion fatta per il fruscio delle foglie e il
canto di qualche uccellino. Il cielo era azzurro e senza una nuvola e
si faceva sempre più luminoso: erano passate da poco le
quattro.
La stalla era
stata
costruita proprio lungo il pendio della collina. Avevano spianato il
declivio fino a creare una gradonata, insolita nel paesaggio
piemontese, che nascondeva l’edificio dalla vista di chi
guardava
dalla sommità del colle. Aveva anche un altro pregio:
qualunque
cosa fosse dietro alla costruzione era invisibile. Sulla cima di una
ripida discesa alle spalle dello stabile, derivata dal terrazzamento,
nascosti da alcuni fitti cespugli, si poteva osservare tutto lo spiazzo
senza essere notati, se si aveva l’accortezza di spiare con
prudenza. Era proprio lì che stavano andando.
Superata la
vigna, il
tragitto per la cascina durava meno di dieci minuti; ma essi dovettero
tralasciare tutte le vie che potevano essere battute dai soldati.
Allungarono il giro passando per il campo di noccioli, cercando aree
coperte da alberi e boscaglia, allontanandosi di più dalla
strada maestra. Alla fine, impiegarono più di venti minuti,
ma,
infine, giunsero al casolare.
La battaglia
era iniziata.
Dalle
finestrelle della
stalla poteva arrivare in qualsiasi momento un pericolo mortale: le
lunghe canne dei fucili vi si affacciavano, silenziose, nere come la
morte, pronte a sparare in ogni momento proiettili letali; a terra,
ogni tanto si alzava una piccola esplosione di terriccio, seguita da un
ringhio frustrato.
- Dannazione!
L’ho mancato!
La squadra
fascista aveva
trovato dei covoni di paglia, lasciati fuori da qualche contadino per
nutrire le bestie, e vi si era rifugiata dietro, usandoli come trincea.
Dall’oro della stoppa, occhieggiavano i baschi e le camicie
nere
dei soldati, simili a piante infestanti; erano in maggior numero dei
partigiani e lentamente stavano avendo la meglio. L’aria era
quasi irrespirabile per la polvere sollevata e per le grida dei feriti,
opprimenti come se fossero state solide e palpabili. Naruto
osservò quello che era abituato a vedere come il macabro
gioco
della guerra: stringeva in pugni le mani sudate, deglutiva per ogni
fiotto di sangue, cercava di rimanere impassibile di fronte a uno
spettacolo al quale assisteva quasi tutti i giorni.
Imbracciò il
moschetto, scacciando l’agitazione. Sakura, forzatamente
fredda e
razionale, ma non meno scossa di Naruto, prese in mano la situazione.
- Io scendo
ed entro dal
retro - disse, decisa - Tu non sparare, per nessun motivo, altrimenti
scopriranno la tua posizione. Guardati le spalle.
Gli strinse
forte la mano.
Appena il tempo di restare bruciato dal suo calore che lei era
già scomparsa oltre i blocchi di pietra che trattenevano il
terreno; si irrigidì, pronto a correre in suo aiuto se fosse
stata ferita da qualche colpo vagante, ma non fu colpita e
attraversò la porta di legno secondaria sana e salva. Una
volta
rassicurato, rilassò i muscoli.
“Bene.
Ora vado giù anch’io, almeno…”
- Stai fermo
lì. Non ti muovere.
Solo allora
Naruto si
accorse di un sommesso rumore di passi alle sue spalle. Prima era stato
troppo concentrato su Sakura per notare l’arrivo del
fascista,
che ora gli puntava contro un fucile. Con la coda
dell’occhio,
distinse a fatica gli occhi, di uno strano viola, e la capigliatura
grigia come il ferro.
- Oh, ma
guarda. Tu sei
Volpe, l’eroe dei partigiani - commentò, molto
lentamente
- Sei una leggenda, per tutti i nemici del Duce, nelle Langhe.
Avanzò
ancora, osservandolo compiaciuto, mentre Naruto lo guardava con un
cipiglio duro e deciso.
- Molla il
moschetto a terra, mani in alto e girati lentamente.
Il ragazzo
eseguì,
mentre osservava con attenzione il suo nemico. Lo riconobbe come un
abitante del paese, che aveva aderito con fervore quasi religioso alle
idee del nuovo partito.
- Hidan -
pronunciò con fermezza, mantenendo il sangue freddo.
Hidan sorrise.
- Allora ti
ricordi di me,
Naruto - replicò, scandendo il nome con esagerata
cerimoniosità - Peccato sia totalmente inutile. È
finita:
preparati a morire.
Il giovane lo
fissò
negli occhi, senza paura. Il suo cuore batteva veloce per
l’adrenalina che scorreva a fiumi nel suo corpo.
- Forse io
morirò -
concesse - Ma tutti gli uomini là sotto no.
Finché ci
sarà un superstite, per voi non ci sarà pace. In
più, conosciamo i vostri piani. Non riuscirete ad
annientarci.
Il suo corto
discorso non
ebbe l’effetto sperato. Anzi, Hidan sorrise di nuovo,
stavolta
con quella che sembrava pena e compassione.
- Allora,
lascia che ti dica una cosa, prima di farti fuori: non esiste nessun
piano. O meglio, ne esiste un altro.
Naruto non
capiva, ma sentiva come un liquido gelato che lentamente gli
paralizzava tutte le membra.
- Cosa vuoi
dire?
- Nessuna
squadra
arriverà dal retro - comunicò il soldato, con
finto
dispiacere - Il nostro capo squadra sarà un pallone
gonfiato, ma
non è certamente stupido. Vi aveva già visto e ha
pensato
di depistarvi: non è stato un caso se ne abbiamo parlato
proprio
di fronte a voi. Ora i tuoi amici cercheranno qualcuno alle loro
spalle; e invece, aspettiamo rinforzi che li attaccheranno
lateralmente. Così occupati a difendere due fronti, non si
accorgeranno minimamente del nuovo assalto e avremo la vittoria
assicurata.
L’orrore,
stavolta,
straripò come un fiume in piena. Dietro di lui infuriava la
battaglia, una battaglia che forse lui aveva contribuito a mandare in
rovina. Poi si riprese d’animo: i suoi non erano
così
stupidi da farsi sconfiggere da un attacco a sorpresa. Che diamine,
dopo due anni di guerriglia! Erano sicuramente preparati a tutto. Ma
un’imboscata non avrebbe certo giovato.
Doveva
comunicarlo al più presto.
Lanciò
un’occhiata laterale al fosso dietro di lui: se si buttava di
spalle aveva scarse probabilità di finire indenne la
rotolata. I
pietroni erano duri e aguzzi: nella migliore delle situazioni, avrebbe
ricavato un paio di ematomi. Però prima doveva distrarre il
fascista davanti a lui, altrimenti sarebbe arrivato alla cascina,
sì, ma con il buco di una pallottola sul corpo e questo era
sicuramente da evitare.
- No, non
riuscirai ad avvertire i tuoi amici - disse Hidan, caricando il fucile
- Morirai prima.
Fece
pressione sul grilletto.
“Bah…
Finisce così?” pensò Naruto con
amarezza, attendendo l’esplosione.
I secondi
passavano…
- Cosa
succede qui? - domandò con arroganza qualcuno.
“Quella
voce…”
La stessa che
avevano
udito prima e che gli aveva fatto balzare il cuore in gola, ma che
aveva ignorato, forse per vigliaccheria, forse per
l’accavallarsi
furioso dei pensieri. Ciò non cambiava il fatto che ora il
suo
migliore amico, Sasuke Uchiha, era davanti a lui, soffocato in una
camicia nera, come notò Naruto dolorosamente. Scrutava
freddamente la scena, il suo commilitone, il suo fucile puntato, il
partigiano; Naruto provò un brivido quando il suo sguardo
scivolò su di lui con la stessa indifferenza che si riserva
ad
un dettaglio di poco conto. Stava con il fiato sospeso, aspettando
quello che sarebbe stato un gesto d’amnistia o di condanna.
- Caporale,
è
arrivato anche lei - commentò Hidan con tono incolore. A
Naruto,
però, sembrò di cogliere un certo astio in quelle
parole.
Sasuke lo
gelò con una sola occhiata.
- Cosa
succede qui? - ripeté.
Hidan fece
spallucce.
- Sto solo
facendo il mio
dovere. Ho beccato questo partigiano e lo stavo mandando
all’Inferno, dove merita di stare con tutti i suoi compagni.
Il partigiano
ringhiò sommessamente.
-
Bastardo…
- Bastardo? -
domandò il soldato, come se avesse detto una cosa stupida -
Se
io sono bastardo, tu sei solo ingenuo. Hai scelto di essere un
antifascista; sei entrato nella Resistenza. Io sono un tuo nemico.
Perché, ora, io divento un bastardo se ti uccido?
Con la canna
dell’arma, indicò il campo di battaglia.
- Non credi
che vi sia una
sorta di macabra bellezza nella distruzione che porta? Osserva gli
zampilli del sangue, il suo rosso scarlatto, le ragnatele che lascia
sul viso, il suo fantasioso intrico… Di’ un
po’, non
ti senti attratto dalla morte? Non ti chiedi cosa
c’è
dall’altra parte? Non guardi mai un cadavere e le sue orbite
vuote, chiedendoti: “Chissà dove si trova
ora”?
Naruto
ripensò a
tutti i morti che aveva visto: nemici, amici, persone che non
conosceva. Ricordava la smorfia di dolore sui loro visi. Non provava
alcuna attrazione: solo un brivido di disgusto al pensiero
dell’essere umano - se era davvero un essere umano - che gli
stava davanti.
- Ora basta -
ordinò seccamente Sasuke. Poi, rivolto ad Hidan:
- Catturalo.
Il nostro capo squadra sarà ben contento di avere un
ostaggio simile.
Il cuore del
partigiano sprofondò.
Hidan
sembrò pensarci su. Poi mirò di nuovo su Naruto,
con qualcosa in mente.
- Cosa vuoi
fare? - domandò Sasuke, impassibile.
- Il mio
dovere. So che vi
conoscete e non le permetterò di lasciarlo andare una volta
che
nessuna la vede. Stia indietro.
- Smettila
subito! - abbaiò il ragazzo, furioso - Questa è
insubordinazione!
- E il suo
è
tradimento - ribatté il soldato. Caricò il fucile
e
puntò sul partigiano. Naruto lo osservava frustrato, conscio
di
non poter far niente.
“Che
tristezza.
Morire quando sono ad un passo da Sasuke” pensò di
nuovo.
Si fece coraggio, sospirò e fissò negli occhi il
suo
assassino, cercando di mantenere la sua dignità.
“È
finita.”
Udì
uno sparo. Ma
il proiettile, invece di ferirlo, colpì l’arma di
Hidan,
sbalzandola lontano. Confuso, Naruto si guardò intorno,
cercando
di capirne la provenienza.
Sul ciglio
del terrazzamento riconobbe Sakura, con una Beretta malferma tra le
mani.
- Sakura? -
esclamò Sasuke, sconcertato. La sorella lo guardò
con le sopracciglia aggrottate.
- Sasuke! -
esclamò, stupefatta.
- Sakura! -
la chiamò Naruto - Era tutta una trappola! Non
arriverà nessuno dal…
- Stai zitto!
- ruggì Hidan.
- Lo sappiamo
-
annuì la ragazza - Da quella parte stava arrivando la
brigata di
Frog; li hanno già sconfitti e ora stanno venendo a darci
una
mano. Tra poco dovrebbero arrivare.
Hidan rimase
di sasso. Iniziò a tremare convulsamente.
-
È una sporca menzogna! - urlò il soldato.
- Temo
proprio di no - gridò Naruto trionfante - Sono
già arrivati.
Infatti, il
volume delle
grida era aumentato. Al rumore degli spari, si aggiunse quello di altri
spari; il frastuono si fece più intenso e gli ordini si
fecero
più concitati dalla parte dei fascisti.
Il soldato si
affacciò dalla china, appurò che quello che
diceva il
ragazzo era vero; schiumante di rabbia, teneva il fucile tra le mani
come se fosse una biscia che gli stesse per scivolare via da un momento
all’altro.
- Il Duce non
può crollare… il Duce non può
crollare! - farfugliava rabbioso.
-
Arrendetevi. Ormai non potete fare più niente -
sillabò Sakura, con la pistola ancora in pugno.
- Stai zitta!
- abbaiò il soldato - Tu sarai la prima a finire
all’Inferno!
E, senza
preavviso,
premette il grilletto. Il tempo si dilatò incredibilmente:
la
mente di Sakura registrò quella frazione di secondo come se
fosse stata un’ora. Raccolse ogni particolare, come gli occhi
iniettati di sangue di Hidan, il fischio acuto del proiettile, Naruto
che si precipitava davanti a lei. Con la consapevolezza che quel tipo
di pallottole erano veloci, il ragazzo spinse a terra la ragazza, per
evitare che fosse coinvolta anche lei. Nello stesso momento, Sasuke,
istintivamente, sparò al suo subordinato e lo
colpì al
torace. Il compagno, per tutta risposta, usò le ultime
energie
per vendicarsi del suo superiore e lo ferì ad una gamba con
un
colpo di arma da fuoco; Sasuke cadde all’indietro, gemendo di
dolore.
Mentre Sakura
cadeva a
terra, tutto diventò confuso. Quando riacquistò
la vista,
l’immagine che vide le gelò il sangue: suo
fratello che
cercava di fermare l’emorragia alla coscia, Hidan che
agonizzava
e respirava affannosamente; e, proprio sopra di lei, Naruto, con gli
occhi sbarrati, le braccia allargate a difenderla. Dalla sua spalla,
stava sbocciando un fiore rosso scarlatto; impiegò due
secondi
per capire di cosa si trattasse. Mentre lo sguardo di Naruto si faceva
vitreo, sussurrò il suo nome, con un’espressione
allucinata.
-
Naruto…
Il suo corpo
la travolse,
inerte; le sue ginocchia si piegarono e le sue braccia la circondarono
in un molle e raccapricciante abbraccio. La stretta di un cadavere.
- NARUTO!
Ora, lei e
suo fratello
stavano trasportando l’amico, sostenendolo l’una
dalla
spalla destra, l’altro dalla sinistra. Sakura cercava di
attirare
la sua attenzione, per il terrore che quelle palpebre sempre
più
pallide cedessero all’improvviso sotto il peso della morte.
- Naruto!
Naruto, mi
senti? Ecco, siamo quasi arrivati! Questa è la stalla! Ora
entriamo… Naruto, non chiudere gli occhi! Non è
ancora il
momento di gettare la spugna! Non mollare! Non mollare!
Sasuke, ogni
tanto, si
lasciava sfuggire un lamento gutturale; poi, tornava a trasportare il
suo vecchio compagno di giochi, facendo perno sulla gamba ancora illesa.
Non sapeva
neanche
perché lo stava aiutando; proprio come sua sorella, aveva
vissuto gli istanti precedenti in una nebbia in cui si mescolavano
confusione, rabbia, sorpresa, sofferenza, rammarico; solo ora poteva
ragionare, reso un po’ più lucido dal dolore che
gli
procurava la ferita.
Tuttavia, non
ragionava:
era spinto dall’urgenza di portare Naruto in salvo. Non
pensava,
seguiva ciò che gli diceva l’istinto.
Rischiando di
cadere e
ruzzolare giù dalla discesa, arrivarono alla porta
secondaria;
Sakura la spalancò con decisione, arrancando affannata per
l’enorme stanzone costruito in legno. Quando trovò
un
tavolo, tagliato rozzamente e instabile, ma pur sempre un tavolo, con
una bracciata febbrile rovesciò tutto ciò che vi
era
sopra e si fece aiutare dal fratello per sistemarvi sopra Naruto. Il
suo respiro era via via più debole e fiacco, le palpebre
strette
e la fronte imperlata di sudore.
- Sakura! -
la riconobbe
Kiba, dall’alto della sua postazione di tiro - Cosa ci fai
qui?
Cos’è successo a Naruto?
Poi riconobbe
l’Uchiha e ringhiò astioso:
- E tu? Cosa
ci fai qui?
- Non
è il momento
per queste faccende, Kiba! - lo zittì Sakura, rabbiosa -
Dimmi
subito dove posso trovare un coltello! E del vino!
- Il coltello
è nel
cassetto del tavolo; il vino è nella damigiana
laggiù. Ma
tu, cosa vuoi fare? - domandò perplesso e agitato.
La ragazza
non gli rispose
e recuperò gli oggetti che le servivano. Bagnò il
coltello nel vino, per disinfettarlo, e fece lo stesso con le sue mani
e con la lesione. Naruto mugolò nella sua nera incoscienza,
quando l’alcool lambì la sua ferita.
- Resisti!
Resisti…
- lo incoraggiava Sakura sottovoce, mentre cercava di ritrovare la
concentrazione. Gettò un’occhiata nervosa a
Sasuke,
crollato a terra dopo la faticosa traversata; lui annuì
impercettibilmente, troppo occupato ad ignorare il dolore.
- Va
bene… - disse
la ragazza tra sé, già nella parte del medico.
Con
decisione, appoggiò il coltello sul labbro della lesione e
affondò con decisione la lama, alla ricerca della pallottola
ancora nel corpo di Naruto. Mentre cercava, il ragazzo si dimenava
debolmente, lanciava brevi e orribili grida di dolore, si mordeva le
labbra a sangue; Sakura corse a ficcargli un panno nella bocca, per
evitare che si facesse del male ulteriormente.
Mentre ancora
lo stava
operando, si aprì la porta. Hidan, bianco come un morto,
riapparve con il passo malfermo e gli occhi infossati e deliranti.
Sembrava l’anima di un dannato che risorge dagli Inferi per
compiere la sua vendetta.
Imbracciava
ancora il suo
fucile; farfugliando insulti e bestemmie incomprensibili,
alzò
ancora l’arma, puntandola verso Sasuke.
-
Ora… giungerà la tua… ora…
bastardo…
Si
udì uno sparo;
un’ennesima chiazza scura apparve sulla camicia nera del
fascista, allargandosi a macchia d’olio. Senza più
forza,
Hidan crollò come un sacco, mentre dietro di lui appariva
una
figura che Sakura e Sasuke conoscevano bene.
- Maestro
Kakashi! - esclamarono.
- Sasuke
Uchiha, ci sei
anche tu? - intervenne una donna in camice bianco, appena entrata. I
capelli biondi ondeggiavano dietro di lei e i suoi occhi vagavano
nervosi per la stalla.
- Signorina
Tsunade!
- Sakura!
Cosa è successo?
-
Naruto… Naruto è stato…
- Naruto
è stato
colpito da un proiettile. Deve estrarlo subito, altrimenti
perderà troppo sangue… - completò la
frase Sasuke,
attirandosi un’occhiata sorpresa dalla sorella. Chiuse gli
occhi,
sbuffò e strinse i denti per il dolore.
- Sono un
dottore. So
quello che devo fare - lo rimbeccò Tsunade, piccata - Ora
voi
aiutate fuori. Io e Sakura pensiamo a Naruto.
Si
avvicinò al
tavolo, sfilò il coltello dalle mani tremanti della ragazza
e
iniziò a dare ordini e indicazioni. Kakashi, capendo di
essere
inutile, salì sul soppalco con Kiba, dandogli manforte
contro i
nemici. Il ragazzo dai capelli neri rimase lì, con la
schiena
appoggiata alla parete legnosa.
- Potresti
anche andare a dare una mano - commentò acida Tsunade -
L’emorragia si è fermata, mi sembra.
L’Uchiha
la fulminò con un’occhiata.
- Non siete
voi i miei compagni - replicò Sasuke, gelido - Qui non
c’è più posto per me.
- Ma cosa
dici, Sasu… - iniziò Sakura, ma venne bruscamente
interrotta dalla sua insegnante.
- Basta
parlare! Dobbiamo operare, altrimenti sarà troppo tardi!
La ragazza
osservò
il viso bianco di Naruto, il petto che si alzava e si riabbassava
sempre più lentamente. Per la prima volta da quando Sasuke
si
era arruolato, iniziò a pregare. Strinse i denti,
impugnò
il coltello e ricominciò la sua tormentata
ricerca…
Sakura si
svegliò
di soprassalto, a causa di un grido belluino: di fuori, Kiba stava
ancora festeggiando il buon esito della battaglia.
- A-ah!
Abbiamo vinto! Abbiamo vinto! A quel paese i fascisti!
Intontita, si
rese conto
di essersi addormentata; alzando la testa dalle coperte sporche,
guardò il viso di Naruto, sempre smorto, e la sua fasciatura
bianchissima, che non faceva quasi distacco con la sua carnagione. Dopo
l’operazione, che era riuscita alla perfezione, lo avevano
spostato sul letto. Avevano medicato anche Sasuke: lui non aveva
accettato un letto e ora giaceva legato su un mucchio di paglia al
piano superiore, in attesa di essere giudicato.
Saggiò
il suo
polso: il battito era regolare. Le sue mani erano sudate, ma calde per
la febbre. La situazione si era normalizzata.
Un dito si
mosse. Con immensa gioia, la ragazza si accorse che il malato aveva
aperto un occhio e che la stava osservando.
-
Sakura… - sussurrò faticosamente.
L’infermiera
gli chiuse le labbra, sfiorandogliele con un dito. Due chiazze rosse si
dipinsero sulle sue guance.
- Non
parlare. Sei ancora debole - gli ordinò, sussurrando.
-
Stai… bene? - domandò lui, ignorandola.
Sakura
aggrottò le sopracciglia.
- Certo che
sto bene! Ma a te, che ti salta in mente? Potevi rimetterci la vita,
con quest’alzata d’ingegno!
Naruto
borbottò qualcosa e non replicò.
I due
rimasero in silenzio. Poi, la ragazza abbassò gli occhi.
- Grazie per
avermi protetta, Naruto. Grazie davvero.
Il ragazzo
sorrise con difficoltà.
- Ma
figurati… Ti avrei lasciata morire?
Non
poté
continuare, perché Sakura lo abbracciò
improvvisamente e
lo lasciò senza fiato. Udì un singhiozzo e
qualcosa di
bagnato che scivolava lungo il suo collo. Imbarazzato,
accarezzò
la sua schiena, cercando qualcosa da dirle per farla smettere di
piangere.
- Dai,
Sakura… Ora sto bene… Sasuke è
tornato… Non piangere…
Sakura si
staccò,
asciugandosi le lacrime. Naruto alzò una mano tremante per
appoggiarla sulla sua guancia. Arrossì, mentre la ragazza si
godeva il calore bollente della sua mano sul suo viso freddo.
- Ho avuto
paura… - singhiozzò. Naruto si sentì
uno schifo, per quello che le stava facendo passare.
- Ti
prometto… ti
prometto che una cosa del genere non accadrà più.
Non ti
farò più soffrire…
Restarono
così,
immobili, finché Sakura non stampò un bacio sulla
sua
fronte, come una madre con suo figlio. Sorrise come per scusarsi,
mentre il rossore aumentava.
- Riposa.
Dobbiamo festeggiare insieme la fine della guerra.
Il ragazzo
ridacchiò, imbarazzato.
- Ci puoi
giurare. Insieme.
E le strinse
la mano, a suggello della promessa.
***
Era
il
ventuno aprile del 1945. Ormai era chiaro che i fascisti avevano perso
la guerra: il giorno dopo, i partigiani, con l’aiuto della
popolazione, liberarono Modena, poi fu il turno di Genova, poi Ferrara,
Parma, Reggio Emilia. Fino ad arrivare al venticinque
d’aprile,
quando tutte le maggiori città settentrionali iniziarono a
cadere sotto il controllo dei partigiani e degli Alleati.
Radio
Londra comunicava con soddisfazione i nuovi progressi e nelle campagne
i contadini uscivano di casa, finalmente senza pericolo, e, ubriachi di
libertà, si lanciavano in danze sfrenate, come non ne
facevano
da almeno due anni. Per le strade si respirava aria di
novità e
felicità, ma anche di tristezza e amarezza, per chi aveva
nelle
liste dei caduti il nome di qualche loro familiare.
Due
giorni dopo, il Duce fu catturato e il ventotto aprile fucilato con la
sua compagna in un paese in provincia di Como. Il fascismo e la
dittatura stavano per diventare solo un brutto incubo.
Naruto
guarì in fretta; alla notizia dell’assassinio del
Duce
sorrise stancamente, appoggiato a Sakura, mentre Kiba gridava come un
selvaggio. Tutta la brigata era in fermento: persino Neji e il maestro
Kakashi mostravano un grande entusiasmo e Rock Lee saltellava in giro,
reggendosi alla caviglia ancora dolorante. La vecchia brigata di
Naruto, quella guidata da Jiraiya, o “Frog”, era
tornata in
paese e partecipava con grande foga ai festeggiamenti.
-
La fine della guerra l’abbiamo vista - affermò
ridendo Sakura.
-
Ma
vogliamo vedere solo la fine della guerra? - sussurrò
Naruto,
sfiorandole la guancia con le labbra. La ragazza rabbrividì
piacevolmente.
-
Chi
lo sa? Staremo a vedere… - rispose lei sibillina, osservando
Ino
nel suo vestito candido. Proprio in quel momento, Shikamaru la baciava,
come rituale nei matrimoni.
-
Alla
fine sono riusciti a sposarsi, come si erano promessi -
constatò
Sakura, mentre i due novelli sposi uscivano di chiesa - Secondo te,
finiremo come loro?
-
Ah,
io spero proprio di sì - replicò Naruto
abbracciandola da
dietro. Allacciati l’uno all’altra, osservarono la
cascata
di chicchi di riso, che entrambi avevano conservato per due anni in
attesa di questa occasione.
Il
cielo era chiaro e i due ragazzi, stretti l’uno
all’altra,
si godevano il calore del sole, finalmente liberi di poterlo fare
all’aperto e sotto gli occhi di tutti.
***
Da
qui vedete la mia indole buona e decisamente altruista. Mi sarebbe
piaciuto parecchio interrompere il capitolo al grido disperato di
Sakura: riuscite a immaginare la suspence? E invece no. Ve
l'ho
messo tutto insieme.
Ah, sono troppo buona xD.
Però ho deciso di postare l'epilogo la prossima volta:
almeno,
la storia dura più tempo, no? E poi ho una piccola sorpresa in
serbo nel prossimo capitolo ^^. Non vi aspettate grandi cose,
però, eh ^^.
Va bene, ora le risposte:
Fallen Star:
Anche a me
piacciono le storie ambientate nelle guerre. Sono il paradiso
dell'angst: c'è sempre quella sottile tensione
nell'aria,
prima delle battaglie decisive. Sì, quella dell'amore tra
ragazzi, a quei tempi, era una cosa molto delicata e lenta. Dopotutto,
come l'affetto di Sakura per Naruto, no? Sperando sempre che
Kishimoto-sensei si decida a metterli insieme, per una buona volta :(.
Cleo92: Che
lo farò
presto è certo. Non ho niente da fare, a casa ^^. Il
problema
più grande, per me, è quello di postarli troppo
velocemente. Per voi non è un pericolo, ma questa, per me,
è la seconda Longfic che scrivo e me la voglio godere per
bene
^^. Io sono una tipa molto sintetica, più da One-shot e
Drabble:
fatemi divertire, per una volta xD.
_Ala_:
Visto? Sasuke è
saltato fuori ^^. Però, non mi piaceva descriverlo come il
rapitore: per me, il personaggio di Sasuke, quello che amavo e adoravo,
si è fermato al volume 27, mentre quello di adesso
è solo
un fantoccio nelle mani degli altri. Il Sasuke che ho descritto io
è quello del Team 7, secondo me. Hai la maturità?
In
bocca al lupo! E sono contenta che tu non abbia trovato disattenzioni
ed errori riguardo a quel periodo storico, che piace moltissimo anche a
me ^^.
simonachan90: Ah, non ti preoccupare ^^. Hai recensito questo, no? E
hai detto che recensirai anche gli altri, no? Guarda, che io ci conto
xD.
home_coming:
Che bello,
addirittura "più coinvolgente" **! Ti ringrazio di cuore,
per
questo complimento. Io pensavo che il capitolo fosse il
più...
"goffo", perchè non accadeva niente e c'era solo NaruSaku.
Il
mio preferito è questo e il prossimo, di capitolo,
perchè
sono riuscita a metterci anche l'angst **. Oh, sì, sono
masochista xD.
Pai:
Curiosità
soddisfatta? Sii contenta che non ho diviso in due il capitolo,
altrimenti dovevi aspettare due giorni per sapere cosa diavolo sarebbe
successo a Naruto - come se qualcuno non potesse vivere benissimo anche
senza saperlo xD. Benedette scrittrici egocentriche xD.
Anche per oggi, finito. Se avete domande, non fatevi remore xD!
E continuate a recensire, per favore! Non sapete quanto mi fate felice
:D! Circa sei recensioni a capitolo mi sembra una grande cosa, quando
prima ne ricevevo due o tre... perciò volevo
ringraziarvi, di cuore ^^! Non vi perdete d'animo proprio adesso, manca
solo l'epilogo xD!
Grazie mille.
Marti
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