ATTENZIONE: Questa
fanfic è stata ispirata da "Come se fosse posseduto" di VaultEmblem (https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3758631&i=1)
, pubblicata
su questo fandom, è consigliabile conoscerla per poter
apprezzare meglio la one-shot che segue. Pubblico questa fanfic con il
consenso dell'autrice la quale mi ha concesso il permesso di scrivere
un seguito (ma se in futuro VaultEmblem deciderà di
scrivere altro sul tema provedderò a cancellala). Godetevale!
- Cosa stai combinando Python? - gli domandò Forsyth chino
su di lui, nell'inutile tentativo di destarlo dal suo pisolino. In
tutta risposta l'arciere si volse dall'altra parte, dandogli le spalle,
in un chiaro messaggio di voler essere lasciato in pace. Era stanco,
doveva riposare. Cosa c'era di male in questo? Non capiva
perché Forsyth gli si rivolgesse con un'espressione tanto
severa. Non era certo la prima volta che lo beccava a bigiare un
allenamento o simili. Solo in battaglia Python non aveva mai avuto il
coraggio di mancare, c'era bisogno di qualcuno che coprisse le spalle a
quel megalomane pieno di ideali e buone intenzioni.
Quante volte gli aveva
evitato di finire in una trappola o accerchiato colpendo a distanza i
nemici che gli si avvicinavano alle spalle? Gli sarebbe bastato mancare
un tiro una sola volta perché Forsyth si trovasse in guai
seri. D'altronde, per quanto non lo entusiasmasse la campagna a cui il
suo migliore amico aveva tanto ardentemente aderito, aveva scelto di
guardargli le spalle. Era stata una decisione sofferta, sopratutto
perché, inseguito, il trovarsi a ricevere meriti su meriti
in battaglia era stata una seccatura non da poco per il suo animo
pacato e menefreghista. A lui interessava solo che Forsyth non finisse
ammazzato in maniera stupida e brutale, non voleva promozioni, non
voleva soldi e potere. Gli bastavano un piatto abbondante di cibo e un
letto caldo la sera per dirsi contento. Nella prossima vita si sarebbe
di certo reincarnato in un gatto. Loro sì che non avevano
seccature.
- Python! - lo
chiamò ancora Forsyth, il tono alterato nel trovarsi a
scuotere l'amico afferrandolo per una spalla, - Smettila di far finta
di dormire! Svegliati! - gli ordinò. - Guarda che non me ne
vado finché non ti svegli! - aggiunse, sperando di ottenere
qualche effetto, e trovandosi così ad affrontare quel
familiare sguardo all'apparenza sempre vagamente annoiato e seccato.
- Non verrò
ad allenarmi con te, Forsyth. Te l'ho detto, noi abbiamo sistemi di
preparazione diversi: quanto tu hai bisogno di sudare, tanto io ho
bisogno di riposare - cercò di tagliar corto alzandosi a
sedere, appoggiandosi con la schiena al tronco dell'albero sotto cui
fronde aveva deciso di fare la sua siesta.
Era strano ma non
ricordava precisamente quando fosse arrivato lì, segno che
probabilmente aveva dormito più allungo di quanto credesse.
Il sole era alto sopra l'orizzonte e un cielo terso, di un azzurro
quasi accecante, gli riempì per un momento lo sguardo mentre
cercava di ricordare dove fosse esattamente.
Dov'era
l'accampamento? O forse non era in un accampamento?
Faceva troppo caldo
perché fossero nel Rigel, ma allo stesso tempo, vista la
lunga siccità da cui era stata colpita, era difficile crede
che un luogo simile si potesse trovare in Zofia.
La distesa d'erba da
cui erano circondati era di un verde lucente e vivo, si trattava di un
prato immenso, tanto grande da dargli l'illusione che raggiungesse
l'orizzonte. Si era alzato un po' di vento e lunghi steli d'erba si
ripiegavano dolcemente al suo avanzare, creando un movimento ad onde
che tanto ricordava la marea. Per quanto piatto era un paesaggio
magnifico, armonioso, agli occhi di Python non poteva esserci luogo
migliore. Tutto era tranquillo e pacifico, si trattava un posto
perfetto in cui fermarsi e riposare.
Persino troppo
perfetto, ragionò tornando a portare la propria attenzione
sull'amico, che ancora lo fissava con quello sguardo colmo di
rimprovero. Per qualche motivo quella situazione gli pareva
così irreale. Forse però era solo
perché si sentiva ancora mezzo addormentato.
- Allora? -
domandò quando l'altro non iniziò con la sua
solita predica sull'impegno e la buona volontà che a lui
mancavano totalmente, - Cosa c'è? - sbuffò un
poco irritato, quando ancora Forsyth si limitò a fissarlo
senza pronunciare una sillaba. - Mi svegli e poi te ne stai zitto? -
incrociò le braccia la petto, notando solo allora della
mancanza non solo del proprio cavallo, ma pure dell'arco e della
faretra con le frecce. Di norma se la teneva a fianco anche quando
riposava, per lo meno doveva tenersi pronto in caso di un attacco
improvviso.
Forse le aveva
lasciate sul cavallo? Si domandò, chiedendosi subito dopo se
magari l'animale, dopo aver pascolato un po' in giro, non fosse tornato
all'accampamento senza di lui e ciò non avesse messo in
allarme Forsyth. Magari l'amico aveva finito con il pensare al peggio e
forse poteva comprendere il perché della sua faccia
preoccupata.
- Tu... tu non ricordi
niente? - gli domandò il soldato, lo sguardo colmo di una
confusa meraviglia. Per un momento parve impallidire mentre si
raddrizzava, scostandosi dall'amico solo per prendere posto di fianco a
lui, sedendosi a terra in ginocchio, afferrandosi la testa fra le mani
con fare sconsolato.
- Ehi, stai bene? -
nel vederlo in quelle condizioni, una genuina preoccupazione
attraversò Python, il quale si raddrizzò per
sporgersi verso l'altro, afferrandogli un braccio per fargli scoprire
il viso. Avvolte capita che Forsyth si facesse sconsolato od abbattuto,
sopratutto se l'amico finiva con l'esasperarlo con i suoi atteggiamenti
pigri e svogliati. Solitamente però non era tanto teatrale,
si limitava a riprenderlo o al massimo, se davvero era arrivato a farlo
arrabbiare in maniera seria, gli metteva il muso e non gli rivolgeva la
parola per qualche ora.
Per quanto ogni volta
promettesse di non parlargli per giorni interi, Forsyth aveva un cuore
troppo buono e tenero per rimanere infuriato con lui a lungo.
- Hai di nuovo
esagerato con gli allenamenti, idiota idealista? Ti fa male da qualche
parte? - insistette quando l'altro si limitò a scuotere il
capo, l'espressione amareggiata e un tantino sofferente. A quel punto
Python temeva sinceramente che l'amico potesse essere stato colpito da
un qualche tipo malessere, forse causato da un eccessivo sforzo.
- Oh, piantala Python!
- sbottò Forsyth scostandogli con fare brusco la mano,
sollevando il capo per affrontarne lo sguardo, la voce alterata da
un'emozione che l'altro non riuscì a decifrare, un misto di
paura, rabbia e confusione. Era raro per lui perdere la calma a quel
modo, solo l'amico di infanzia riusciva a portarlo ad alterarsi tanto.
- Davvero mi stai chiedendo se sto bene? - gli domandò in un
tono ironico e sprezzante che Python non gli aveva mai sentito fare, -
Mi stai prendendo in giro, vero? Non puoi non ricordare! - gli si
afferrò alle spalle scuotendolo con forza, arrivando a
spingerlo con violenza contro il tronco dell'albero su cui Python
finì con il sbattere malamente la nuca. Forsyth pareva vinto
da una smania che per un momento spaventò l'amico, cui
sguardo si riempì di stupore mentre una fitta di dolore gli
piegava le labbra in una smorfia.
- Lasciami, idiota! -
gli inveì contro, riprendendosi dallo stupore iniziale per
scostarlo da se, allontanandolo via nell'alzarsi in piedi, facendolo
cadere con il sedere per terra. - Ma cosa ti prende?! -
urlò rabbioso, tenendosi in una posizione di vantaggio
scrutandolo dall'alto in basso. Non sapeva cosa l'altro avesse, ma era
consapevole della loro differenza di forza. Per quanto anche Python
fosse un soldato allenato, la sua costituzione non era paragonabile a
quella dell'altro, cui fisico si era irrobustito nel portare armi e
armature ben più pesanti di arco e frecce.
- Scu... scusa -
balbettò Forsyth trovandosi a scuotere il capo,
l'espressione dispiaciuta ed incredula di qualcuno consapevole di aver
perso il controllo e stupito di se stesso per averlo fatto. - Non
volevo reagire così - aggiunse ancorando lo sguardo a terra
pentito, - E' che... che questa situazione...- mormorò
prendendosi il viso fra le mani. C'era sincera disperazione nei suoi
occhi.
- Ehi, guarda che
è tutto okay - nel vederlo tanto scosso Python
avvertì una morsa di senso di colpa morderlo alla bocca
dello stomaco e si trovò a chinarsi sull'amico, ancora
seduto a terra, appoggiandogli una mano sulla spalla per rassicurarlo.
- Sarai stanco, capita a tutti di scattare una volta ogni tanto. Non
è successo nulla, non devi fare quella faccia -
tentò di consolarlo, per quanto non gli riuscisse bene e si
trovasse al quanto impacciato nel farlo.
Si trattava di una
situazione inedita, abituato com'era a prendersi gioco del amico, del
suo impegno e dei suoi ideali, per poi ammirarlo in segreto. Lui non
aveva nulla di così forte a muoverlo, e forse alle volte un
poco invidiava quella forza d'animo che l'altro era in grado di
mostrare, poi però ricordava quanto belle fossero le
pennichelle, il prendersela comoda e gli passava.
- Sono morto, Python -
Forsyth sollevò il viso per incrociarne lo sguardo,
l'espressione seria nel parlare, capace di provocare un brivido lungo
la schiena del altro, cui viso per un momento si irrigidì
per poi aprirsi in un sorriso nervoso.
- Questa era
pessima... non le sai fare le battute - rise per quanto avvertisse una
morsa di gelo afferrargli le viscere, inconsciamente
indietreggiò, sentendo la punta della proprie dita farsi
fredda. Cos'era quella paura che gli risaliva dalla gola? - Ammetto
però che mi hai preso di sorpresa - disse voltandogli le
spalle, avvertendo il bisogno di allontanarsi, l'istinto alla fuga a
fargli fremere l'animo mentre il suo sguardo cercava, in quella distesa
verde lussureggiante qualcosa di familiare a cui afferrarsi. Una parte
della sua mente non comprendeva il motivo per cui stesse cercando un
rifugio in cui nascondersi, non voleva però perdere tempo a
chiederselo.
- Sta per mettersi a
piovere - commentò nel avanzate di qualche passo,
stringendosi nelle spalle quando il dolce vento che prima accarezzava
la pianura si fece più forte, provocandogli una sensazione
di freddo. Verso l'orizzonte, da prima terso e di un azzurro
abbacinante, una grigia coltre di nubi aveva cominciato ad ammassarsi.
Un fulmine per un momento squarciò l'aria precedendo di
qualche secondo il tuono. - Dovremmo tornare all'accam...- si
trovò a proporre prima di ricordare che non c'era alcun
accampamento, - Dobbiamo cercare un rifugio, sembra un bel temporale -
si corresse, continuando a dare ostinato le spalle all'amico, il quale
aveva preso ad avvicinarsi. Python lo avvertiva alla proprie spalle, a
scrutarlo con lo sguardo triste e un poco penoso, lui però
non aveva alcuna intenzione di voltarsi ad affrontarlo. Era stupido, ma
temeva il suo migliore amico. Si conoscevano da una vita e assieme ne
avevano affrontate di tutti i colori: si erano uniti ai liberatori e
superato il pregiudizio dei nobili; avevano combattuto al fianco di Alm
e affrontato nemici temibili; si erano persino trovati a battersi
contro una divinità per la miseria! Ed erano sopravvissuti
entrambi anche a quello, quindi, di cosa aveva paura?
- Python - lo
chiamò, il tono colmo di pietà,
- Ah, che rottura
però - sbuffò lui grattandosi la nuca con uno
sbadiglio, cercando di mantenere un'aria indifferente, rimanendo
ostinato a fissare il cielo che rapidamente aveva preso ad oscurarsi,
come se la sera fosse calata di colpo. - Era una giornata perfetta fino
a poco fa -
- Python - di nuovo
Forsyth ne pronunciò il nome e sta volta, per qualche
motivo, la sua voce suonò alle orecchie del arciere come
molto lontana, eppure avrebbero dovuto essere solo a pochi metri di
distanza. - Python, lasciami avvicinare - gli domandò, il
tono simile ad una supplica che però l'altro non era in
grado di comprendere. Lui non stava facendo nulla per impedirglielo,
- Non ti fermo mica -
gli rispose, il tono più ostile e freddo di quanto avesse
voluto. Il disagio da cui era stato travolto stava lasciando spazio ad
una rabbia sottile ma devastante. Non voleva vederlo. Forsyth doveva
andarsene. Doveva andarsene. Il solo sentirne la voce d'improvviso lo
infastidiva, perché aveva dovuto parlare? Perché
l'aveva svegliato? Stava così bene a dormire sotto quel
cielo troppo perfetto, in quel prato così bello da non poter
essere reale.
- Python, non
scacciarmi! - il tono d'allarme dell'altro lo infastidì,
obbligandolo a voltarsi verso di lui, le braccia conserte al petto,
- Guarda che io non
sto facendo nul-...- la frase gli morì in gola e gli occhi
gli si strabuzzarono dalla meraviglia nel trovarsi di fronte ad un muro
invisibile, ma palpabile al punto da deformare l'aria, che lo divideva
dall'amico. - Cosa diamine è? - esclamò incredulo
toccando la superficie liscia e fredda di quella parete, la quale si
deformò attraversata da un susseguirsi di piccole onde
simili a quelle che ricoprivano uno specchio d'acqua infranto. A
differenza di una superficie liquida quella si dimostrava solida e,
nonostante Python aumentasse lo sforzo per attraversarla, glielo
impediva. - Magia? - domandò alzando lo sguardo, trovandosi
così faccia a faccia con Forsyth, separati da quel muro
sottile ma all'apparenza irremovibile.
- No, non è
magia - fece lui, scuotendo anche il capo in senso di diniego, battendo
con il dorso del pugno su quella superficie, provocando un'altra serie
di sottili onde a deformarla. - E' opera tua - gli spiegò
fissandolo dritto negli occhi, trovando nuovo stupore e confusione nel
suo sguardo azzurro dal taglio sottile, - Ti infastidisco e per questo
mi stai cacciando... molto tipico da parte tua a dire il vero -
aggiunse con uno sospiro stanco e un poco amareggiato.
- Io non ho un simile
potere - negò Python una vaga irritazione a graffiargli la
gola, per essere un apatico quel giorno si dimostrava più
emotivo del solito, ma probabilmente ciò era solo dovuto al
fatto che trovasse Forsyth più insopportabile dell'usuale.
- Bhé, qui
invece ce l'hai - replicò lui stizzito, ben consapevole che
l'altro gli stesse rendo le cose complicate di proposito solo
perché si divertiva a stuzzicarlo. Era impossibile che non
ricordasse nulla di ciò che era accaduto. Se diceva il
contrario era perché non voleva ricordare, non
perché non potesse. - Avanti Python, devi sapere dove ci
troviamo - lo incitò, trovandosi poi ad indicare con un
cenno del capo la tempesta che si stava formando alle spalle
dell'arciere. - Anche "quella" è opera tua -
Spaesato dalla sue
parole Python gli diede per un momento le spalle, osservando la le nubi
cariche di pioggia formatesi all'orizzonte, e che ormai avevano
raggiunto anche il cielo sopra alle loro teste.
- Cosa stai dicendo?
Io non conosco questo posto! - affermò battendo con entrambi
i pugni sulla parete che li divideva, mosso da un senso di frustrazione
che andava a piegargli le labbra in una smorfia, mostrando i denti. -
Non so come ci sono arrivato. Stavo così bene prima che tu
mi svegliassi! - sbottò avvertendo la rabbia fomentare in
lui, -Tu... tu sai dove siamo!? - realizzò subito dopo,
trovando conferma di ciò nell'espressione corrucciata
dell'altro. Una leggera ruga si era formata fra le sue sopracciglia, le
quali sussultarono un poco, aveva l'aria colpevole di quando da bambini
cercavano di nascondere una marachelle, e lui puntualmente confessava
subito. Un altro lampo squarciò il cielo, seguito subito
dopo da un tuono frastornante. Il temporale era vicino.
- Cos'è di
preciso l'ultima cosa che ricordi Python? - di nuovo l'espressione di
Forsyth si era fatta seria, la postura solida nel stanziargli di
fronte, i piedi ben piantati a terra, il fisico massiccio, il petto in
fuori, pronto a ricevere su di se qualunque colpo avrebbe tentato di
infliggergli. Pareva essersi preparato ad una battaglia.
- E cosa c'entra
questo adesso? - sbuffò Python alzando lo sguardo al cielo,
trovando irritante e detestabile il fare dell'altro. Faceva sempre a
quel modo quando tentava di impartirgli una delle sue lezioni.
- Tu intanto
rispondimi, e piantala di sbuffare. E' così che la
felicità fugge via - gli intimò, il fare
irremovibile e sicuro, la stessa parvenza di se che sapeva dare nel bel
mezzo uno scontro. Un aspetto di Forsyth tanto diverso e del tutto
inedito da quello che Python aveva conosciuto prima della loro adesione
ai Liberatori.
- L'ultima cosa che
ricordo... l'ultima cosa che ricordo - si trovò a cedere e
ad obbedirgli, trovando troppo stancante discutere. - Eravamo...
cioè, ero - si stupì nel rendersi conto di non
essere in grado di riportare alla mente delle immagini precise. Con
facilità riusciva a tornare agli avventi del passato,
sopratutto agli scontri che aveva condiviso con Forsyth, il resto
però era come avvolto da una patina di sporco, offuscato e
lontano. - Avevamo ricevuto qualche giorno di permesso, giusto? Tu
volevi tornare al nostro villaggio, io invece non ne avevo proprio
voglia -
- Come al solito -
commentò Forsyth con un vago sarcasmo, interrompendo per un
momento il suo afflusso di pensieri.
- Sì,
però alla fine tu hai insistito così tanto che ho
ceduto e... - la pioggia lo colse di sorpresa, riversandosi su di lui
con la violenza di un nubifragio, - Ah, porca p..!-
- Python, modera il
linguaggio! - lo interruppe l'altro prima che potesse finire di
imprecare, i capelli che, bagnati dalla pioggia, gli ricadevano sul
viso, attaccandosi alla fronte e coprendogli gli occhi.
- Ma che importa?! Chi
vuoi che mi senta qui? Non c'è nessuno - emise un verso
frustrato l'arciere, riversando il proprio nervosismo colpendo
più volte la superficie che li separava. Avvertiva
l'esigenza di usare un poco di violenza contro il proprio amico di
infanzia, e aveva cominciato a maledire quella maledetta parete
invisibile che gli impediva di raggiungerlo.
- Ti sento io, e non
voglio che usi certi termini volgari. Anche se sei da solo dovresti
mantenere comunque un certo contegno, siamo pur sempre soldati a cui
sono stati affidati titoli ed importanti mansioni, dovremmo essere
d'esempio per i nostri sottoposti - aveva attaccato con la predica.
Erano sotto ad un
acquazzone da paura, divisi da un incantesimo sconosciuto, separati
dagli altri delle guarnigione e Forsyth si metteva a fargli la predica
sul linguaggio poco decoroso che usava. Per certi versi l'amico si
rivelava davvero una persona incredibile, e non sempre in senso
positivo.
In un altro momento
Python non avrebbe reagito in alcun modo alle sue parole, limitandosi a
lasciarlo parlare senza ascoltarlo, la pioggia però lo
irritava, impedendogli di passarci sopra, dandogli una fastidiosa
sensazione umida ed attaccandogli i vestiti alla pelle. L'unica
possibilità di riparo in una distesa di chilometri e
chilometri di pianura, era l'albero dove aveva fatto la sua
pennichella, il quale era giusto alle spalle di Forsyth. E non poteva
raggiungerlo per via di quel maledetto muro invisibile!
Python ebbe appena il
tempo di pensarlo che per poco non si trovo a cadere in avanti,
perdendo il supporto datogli dalla superficie a cui era appoggiato.
- E' sparito?..-
commentò confuso, per poi decidere che non gli importava.
Veloce afferrò l'amico per un braccio, strattonandolo per
costringerlo a correre, portandolo a cercare riparo sotto le fronde
dell'albero da cui si erano allontanati.
- Cosa diavolo sta
accadendo!? - sbottò Python appoggiandosi sulle proprie
ginocchia per riprendere fiato, eppure era convinto che si fossero
allontanati di soli pochi metri, perché aveva dovuto correre
per ben dieci minuti prima di arrivare?
- Te l'ho detto,
è colpa tua. La pioggia, quel muro e pure la diversa
percezione della distanza - fece Forsyth, i vestiti zuppi quanto quelli
dell'amico dopo l'inaspettata corsa sotto la pioggia. A differenza sua
non sembrava per nulla affaticato, l'espressione era tranquilla e il
respiro normale. Python cominciò a chiedersi se non avesse
davvero bisogno di allenarsi di più.
- E io ti ho detto che
non ho capacità simili! - si ripeté sentendosi
ancor più agitato ed irrequieto, la pioggia l'aveva aiutato
a distrarsi, ma non poteva negare di aver avuto una sensazione di paura
a stringergli lo stomaco nel rendersi conto che qualcosa, nei suoi
ricordi, non andava.
- E' la tua mente
Python! Tu hai il controllo qui, altrimenti chi altro? -
replicò Forsyth, il tono alterato di quando l'altro lo
esasperava. Era certo che l'amico sapesse tutto, ma era solo per
semplice ostinazione e menefreghismo se continuava a fare il finto
tutto. Preferiva fingere di non sapere per evitarsi delle seccature.
- Ah, io avrei il
controllo? E pensi che abbia voluto farmi piovere in testa? - si
raddrizzò per affrontarlo faccia a faccia, stranamente, ora
che ne aveva la possibilità, non aveva più alcuna
voglia di colpirlo. - Aspe... dove hai detto che siamo? - comprese le
sue parole solo una attimo più tardi, lo sconcerto e lo
scetticismo a riempirgli lo sguardo. Forsyth era forse impazzito?
- Piantala con questo
atteggiamento e sforzati un po' di ricordare! - lo incitò
urlandogli contro, - Io sono morto e tu hai finito con il rinchiuderti
qui dentro -
- Tu... tu non sei
morto! - sentenziò Python, le mani strette forte a pugno e
le braccia rigide lungo i fianchi, attraversate da un leggero tremito.
- Piantala di dirlo o finirai per farmi arrabbiare sul serio - non si
accorse della smorfia che avevano preso le sue labbra, piegata come in
un ringhio a mostrare i denti. - E comunque, supponendo che questa sia
davvero la mia mente, vuol dire che siamo in un sogno? - un lampo tinse
per un momento il cielo di una luce accecante, seguito quasi nello
stesso istante da un tuono.
- E' più
complicato di così - si trovò a sospirare
Forsyth, grattandosi con un certo disagio la nuca, di nuovo quel fare
colpevole che Python riconosceva senza fatica.
- Cosa intendi dire? -
dimenticò della rabbia da cui era stato attraversato un
momento prima, per una volta l'arciere si concesse un'espressione
seria. Credeva ancora poco alle parole dell'amico, ma se si trattava di
un sogno almeno poteva spiegarsi perché la sua memoria fosse
tanto confusa, al punto da non ricordare come fosse arrivato
lì.
- E' successo
qualcosa... - ebbe un momento d'esitazione Forsyth, ricordando come
l'altro si innervosisse nel sentirlo definirsi morto e di come
ciò peggiorasse lo stato della tempesta che li circondava,
portando i fulmini a scagliarsi sempre più vicini a loro. -
Deve essere successo qualcosa - sentenziò senza aggiungere
altro, - La mia anima è finita nel tuo corpo Python, e solo
tu sai come c'è finita -
- Non ho idea di cosa
tu stia parlando - negò Python, spostandosi con una mano i
capelli che gli si erano attaccati in maniera fastidiosa alla fronte a
causa delle pioggia. Sembrava sincero, ma Forsyth era certo del
contrario. Non era però interessato a sapere cosa fosse
accaduto di preciso dopo la sua dipartita, preferiva piuttosto
affrontare la situazione che aveva di fronte. Doveva convincere Python
ad accettare la sua morte e, sopratutto, obbligarlo ad uscire da
lì prima che fosse troppo tardi. Forsyth non aveva idea di
cosa potesse accadere al corpo di Python in quel momento in cui nessuno
ne aveva il controllo. Supponeva però non fosse nulla di
buono.
Quando lo aveva
lasciato, il corpo dell'arciere era in una situazione critica, ferito
gravemente, temeva potesse accadere il peggio se non lo avesse convinto
al più presto a tornare in possesso della sua vita.
In più non
riusciva a sopportare l'idea che l'amico potesse essere in pericolo per
colpa sua. Si era comportato come un inetto, incapace persino di
accorgersi di non essere chi credeva. Come aveva potuto solo pensare di
essere il proprietario del volto che, ogni mattina, vedeva riflesso
nello specchio?
Ancora una volta un
tuono squarciò l'aria, preceduto dalle ombre argentee create
dal lampo, e Forsyth cominciò a chiedersi cosa sarebbe
accaduto quando quella tempesta avesse avuto fine. Stava forse a
rappresentare lo stato fisico del suo amico? Oppure la sua confusione
emotiva e mentale? C'era un modo per far tornare quel cielo sereno come
un tempo o sarebbe rimasto per sempre coperto dalle nubi? E aveva senso
chiederselo? Piuttosto che rimanere fermo preda ai dubbi, Forsyth
sapeva di dover agire, arrivando anche ad essere brutale se necessario
o quella testa di coccio di Python si sarebbe rifiutato ancora una
volta di recepire il messaggio.
Finalmente deciso
afferrò il coltello che teneva appeso alla cinta, non sapeva
da dove provenisse né da quanto tempo di preciso ce lo
avesse addosso, aveva solo pensato di aver bisogno di un arma e di
colpo, nel cercarla, se l'era trovata a portata di mano. Qualcuno
avrebbe potuto definirlo pazzo per ciò che si accingeva a
fare, ma ormai si trovava con le spalle al muro, il solo fatto che la
mente dell'arciere rispondesse ai suoi pensieri, adattando l'ambiente
circostante ai suoi desideri era preoccupante, dimostrava quanto
sottile fosse la linea che delimitava le loro anime unite in quello
stesso corpo. L'aver usurpato per tutto quel tempo il fisico di Python
portava Forsyth ad avere una parte di comando anche sul suo inconscio,
segno che la personalità, o forse l'intero IO dell'altro
stava per scomparire chissà dove per lasciargli la totale
sovranità della sua vita. Forsyth non comprendeva il motivo
dietro un tale sacrificio, era solo consapevole di non poterglielo
permettere. Quella sarebbe stata l'ultima volta in cui avrebbe
svegliato quell'idiota da una pennichella troppo lunga.
- Ehi, Python - lo
chiamò dopo un silenzio di pochi secondi ma che parve lungo
un'eternità, l'arciere sollevò di nuovo lo
sguardo verso di lui dopo averlo portato a terra, forse a studiare le
condizioni dei propri stivali ricoperti di fango. Subito la sorpresa
gli colmò le iridi chiare, lo sguardo spalancato dalla
confusione nel trovare la lama di un coltello attraverso da parte a
parte il palmo della mano di Forsyth.
- Co... cosa diavolo
hai fatto, idiota!? - urlò dopo un momento che la voce gli
era rimasta soffocata in gola dallo stupore, - Sei impazzito? - in un
gesto istintivo si sporse verso di lui, ma rapido Forsyth gli fece
cenno con la mano di fermarsi.
- Osserva bene - gli
consigliò afferrando l'impugnatura del pugnale e estraendolo
con un movimento deciso, sul volto alcuna espressione di dolore o
fastidio.
- Ma che... - un
leggero pallore attraversò Python nel trovarsi a fare come
l'amico gli aveva ordinato, l'espressione a farsi ancor più
inquieta, - Perché... perché non sanguini? -
- Perché i
cadaveri non lo fanno, Python. E per quanto tu lo neghi, sai che io
sono morto, quindi la tua mente agisce di conseguenza - in
realtà Forsyth non aveva avuto alcuna certezza che il
subconscio dell'altro avrebbe davvero reagito in quel modo, ci aveva
solo sperato. - Se mi squarciassi il ventre il risultato non
cambierebbe - aggiunse, ma subito l'arciere scattò verso di
lui, cogliendolo di sorpresa, sottraendogli con un movimento repentino
la lama di mano. Si era mosso più rapido di quanto l'altro
potesse anche solo prevedere.
- Non provarci nemmeno
a fare una cosa simile, Forsyth! Non voglio essere protagonista di
qualche incubo grottesco in cui devo raccogliere per una seconda volta
le tue stupide budella idealiste - gli intimò rabbioso, le
labbra rese sottili in una smorfia furente, prima di distendersi in un
sospiro stanco, con una mano a premersi la fronte. - Perché
devi sempre esagerare? - gli domandò lanciandosi il coltello
alle spalle, il quale si dissolse nel nulla prima di toccare terra, -
Non potevi solo lasciarmi in pace? - sbuffò mentre il cielo,
sopra alle loro teste, cominciava a schiarirsi.
- Allora stavi davvero
solo facendo finta di non ricordare - sospirò a sua volta
Forsyth, incrociando le braccia al petto notando come rapido Python
stesse recuperando il controllo della propria mente, al punto che la
pioggia aveva appena smesso di cadere. Avvolte era davvero estenuante
avere a che fare con lui, sentiva il bisogno di sedersi.
- Non è che
facessi finta - alzò le spalle Forsyth, appoggiandosi con
una spalla al tronco dell'albero, alzando lo sguardo all'azzurro del
cielo che veloce stava riconquistando il suo posto sopra ai loro capi.
- Io "non volevo" ricordare - puntualizzò. - Ma se
insisti ad infastidirmi arrivando a ferirti da solo non mi lasci scelta
che darti corda -
- Bene, allora puoi
riprenditi il tuo cor..-
- Non ci penso proprio
- rifiutò ancor prima di lasciargli finire la frase,
- Non è
qualcosa che puoi rifiutare! - sbottò Forsyth irritato, - O
ti riprendi il tuo corpo o muori - non era sicuro sulla seconda parte,
ma era meglio mostrarsi drastici piuttosto di lasciare all'altro spazio
di manovra per trovare un modo con cui svincolarsi.
- E tu lascieresti che
il mio splendido corpo che così generosamente ti ho donato
finisca con il perire ed essere seppellito in una fossa tre metri sotto
terra? - prese un tono finto melodrammatico ed al quanto irritante
l'arciere, divertendosi nel giocarsi dell'altro.
- Io non lo voglio il
tuo corpo, Python! - si lasciò urtare ancora una volta dai
suoi modi, finendo per urlare, - Non te l'ho mai chiesto, e poi sei fin
troppo magrolino, la tua costituzione non è per nulla adatta
al mio modo di combattere - senza accorgersene spostò il
fulcro del discorso trovandosi ad elencare gli svariati difetti di
quella situazione. - Anche se mi ci mettessi di impegno, con gli
allentamenti e con una dieta ferrea, con la tua corporatura non
riuscirei a raggiungere i risultati a cui ero abituato - con
espressione seria ne cercò lo sguardo portandosi il pugno
chiuso al petto, all'altezza del cuore. - Tu non sei me Python, e io di
certo non posso essere te. Lo sai che prendere la mira con l'arco a
cavallo mi da' la nausea? E anche se in questo i tuoi muscoli e i tuoi
sensi sono allenati, per me è un incubo. Le mani mi prudono,
la mia fronte suda, smanio per andare al centro della battaglia. Vedo
il signor Lukas o lord Clive che si lanciano nella mischia in prima
linea e il mio primo istinto è quello di seguirli
- si trovò a sfogarsi.
- Sarebbe un suicidio
- commentò Python, all'apparenza più interessato
a guardare il cielo che ad ascoltarlo.
- E' proprio questo il
punto! Io non posso adattarmi ad essere ciò che non sono, e
neppure gli altri ci riescono -
- Che vuoi dire? - era
riuscito ad attirare la sua attenzione,
- Un Python che si
allena di continuo, sempre disponibile e colmo di ferrei ideali, non
credi sia un po' inquietante? All'inizio io non me ne rendevo conto, ma
poi ho capito... Gli sguardi che gli altri mi, anzi, TI rivolgevano
erano colmi di pena e compassione. Credono che tu ti sia comportato in
quel modo per compensare alla mia perdita - gli raccontò,
notando una vaga espressione di imbarazzo e disgusto attraversare il
volto dell'arciere. Non doveva piacergli l'immagine di se stesso che
l'altro gli aveva dipinto, e per lo meno ciò significava che
un poco teneva ancora a se stesso.
- Bhé...
non hanno tutti i torti. Alla fine la compensazione alla tua perdita
è essere posseduto da te, quindi non sbagliano poi di tanto
- recuperò la sua faccia tosta alzando le spalle,
- E piantala con
questo atteggiamento menefreghista! Stiamo parlando del tuo corpo,
diamine! - sbottò ancora una volta, e Python per un momento
parve rifletterci su in maniera seria, per poi scrollare il capo con un
sospiro.
- No, mi dispiace. Non
riesco a fingere che mi importi. Alla fine ero felice a poter rimanere
qui a riposare, avrei potuto continuare per sempre -
- E lasceresti ad un
altro il compito di vivere la tua vita? Non puoi davvero essere
così pigro, non lo credo - si infiammò Forsyth,
colmo dei suoi ideali e della sua voglia di vivere. - Il Python che
conosco io, per quanto sfaticato ed insensibile, alla fine compie
sempre il suo dovere - quelle parole parve smuovere qualcosa nell'animo
dell'arciere perché il vento si alzò, agitando le
fronde dell'albero sotto al quale si erano riparati.
- Il mio dovere? -
fece in tono sarcastico ed esuberante, staccandosi dal tronco per
andare a sfidarlo faccia a faccia, - E quale dovrebbe essere il mio
dovere a questo punto? La guerra è finita! Abbiamo distrutto
l'ultima divinità o quel che era, e per aver partecipato a
tutto ciò credo di aver fatto abbastanza -
- E' la tua vita,
Python! - i loro volti erano tanto vicini da poter respirare l'uno
l'ossigeno dell'altro, non che in quell'illusione ne avessero bisogno,
- Ed è tuo dovere viverla, non puoi passare il resto dei
tuoi giorni a rimanere qui a dormire! -
- Tu non puoi
più dirmi cosa devo fare! Sei morto, dannazione! - in un
moto di rabbia afferrò l'amico per le spalle, spingendolo
via, non riuscendo però a smuoverlo di un solo passo. - Non
puoi più venire a darmi ordini, Forsyth. Tu sei il primo che
è venuto meno a quel dovere -
- E questo cosa
c'entra? -
- C'entra eccome! -
strinse i denti serrando con forza la mascella, - Tu avevi un
infinità di alti ideali per cui vivere, perché io
che mi accontento di esistere dovrei sopravviverti? Dove sta il senso
di una cosa simile? - il tono acuto della sua voce prese una nota
disperata.
- Non c'è
mai stato un senso nella morte Python! Abbiamo fatto una guerra, per la
miseria, come puoi ancora cercarci un motivo? - alzò a sua
volta la voce, arrestando il fiume di parole che l'amico gli riversava
addosso, - Se la morte avesse davvero un senso, il nostro esercito non
avrebbe subito così tante perdite durante gli scontri e gli
orfani non esisterebbero - sentenziò, un'ombra scura ad
attraversargli il volto, un senso di pietà a colmargli lo
sguardo.
- Una motivazione per
cui io sia morto e tu sia vivo, non esiste. E' solo accaduto, e tu devi
accettarlo. Non c'è alcuna legge che decida se esiste
qualcuno più meritevole di vivere rispetto ad un altro -
l'ambiente attorno a loro era ancora sereno e pacifico, un venticello
piacevole accarezzava ora la pelle di entrambi e in un istante i loro
vestiti si erano asciugati dalla pioggia. La mente del arciere pareva
ancora ben legate a quell'illusione, eppure Forsyth avvertiva un
mutamente avvenire appena sottoterra. Python era tutt'altro che stabile
in quel momento, per quanto cercasse di mostrare il contrario, lo
poteva comprendere da un'occhiata, con forza si aggrappava a quel sogno
di calma e tranquillità per tenerlo ancora in piedi. A causa
del tumulto da cui era attraversato il suo animo non poteva
però durare a lungo, presto quel mondo di finzione si
sarebbe sgretolato.
- Bhé...
allora sono io a deciderlo! - strinse i pugni Python, trovandosi ad
avvertire il peso di quella finta realtà divenire come un
macigno sopra la sua testa. - Anzi, l'ho già deciso da un
pezzo. Ho considerato la mia e la tua posizione Forsyth, e ho ritenuto
che fosse meglio per tutti che fossi tu a continuare a vivere -
sentenziò deciso, - Per questo ti ho ceduto il mio corpo -
- Non è
qualcosa che puoi o che devi decidere tu! - rimbeccò
Forsyth, il tono brusco e violento, - Non sei dio, non puoi controllare
la morte, non è una cosa giusta. E' contro natura -
- Se la morte
è qualcosa senza senso allora io posso decidere di dargliene
uno, posso renderla giusta - non lo ascoltava, del tutto irrazionale.
- Ah, quindi che sia
TU a morire sarebbe una cosa che definiresti "giusta"? - il suo tono si
fece acido, sarcastico, - E' un ragionamento folle, degno solo di un
aspirante suicida -
- La mia
morte è sempre meglio della tua! - gridò
l'arciere, simile ad un bambino intento a fare i capricci,
- Questo è
quello che credi tu! - non era da meno Forsyth, testardo ed
irremovibile come quando era in battaglia.
- Questo è
quello che pensano tutti! -
- Cos-? -
sussultò preso in contropiede, - Sei impazzito? Chi credi
penserebbe una cosa simile? -
- Con i tuoi
opprimenti alti ideali tu sei molto più utile di quanto
potrebbe mai esserlo un menefreghista come me - gli
confessò, dimenticandosi della riluttanza con cui aveva
sempre svincolato sull'argomento. - Non sono altruista quanto te, non
ho il tuo stesso spirito di sacrificio per la causa. Mi accontento di
poco e non ho le tue stesse aspirazioni. Tu... -
- Credi che io sia
meglio di te? - balbettò Forsyth trovandosi ad arrossisce,
da una parte sentendosi elogiato, dall'altra confuso, non credeva che
l'amico pensasse cose simili nei suoi confronti.
- Tu sei meglio di me
sotto molti aspetti - si morse l'interno guancia, avvertendo un leggero
disagio per ciò che aveva appena ammesso.
- E tu sei meglio di
me per certi altri, io non mi sono mai ritenuto migliore di te, Python
- obiettò rapido, superando l'imbarazzo iniziale, - Anzi,
avvolte ho invidiato la tua capacità di lasciarti passare
tutto addosso senza mai farti prendere o toccare da nulla. E comunque
non ho mai creduto di meritare di vivere al posto tuo -
- E perché
io invece dovrei avere il diritto a farlo? -
- Tu non ti sei preso
alcun diritto Python, è solo accaduto. Accettalo e vai
avanti! - gli impose deciso, - Lasciati alle spalle questa illusione -
aveva un tono quasi implorante,
- Io non voglio
esistere in una realtà dove tu non ci sei. Dopo averti
seguito nelle tue stupide imprese per tutto questo tempo non ce la
faccio, è troppo - cedette a quell'ultima confessione. Una
crepa scura aveva cominciato ad attraversare il cielo limpido,
spezzandosi in una ragnatela che, simile ad un ferita, ne cancellava
l'azzurro tingendolo di nero.
Alle sue parole
Forsyth, sospirò, sentendosi esausto come un maratoneta a
fine corsa,
- Forse non dovrei
dirlo, ma sentirti dire questo mi ha rende un po' felice - gli sorrise
grattandosi nervoso la nuca, - Tu che sei sempre così
indifferente, ti fai sconvolgere fino a questo punto dalla mia morte -
Il cielo si
spaccò, lasciando breccia ad una distesa di tenebre che
disperse pure il sole,
- E' ovvio che sia
così, idiota... Non sono così insensibile -
sbottò l'arciere scuotendo il capo alzando gli occhi al
cielo, il tono un poco divertito.
- Sì, lo
so. E so anche che sarai in grado di andare avanti - disse convinto, un
sorriso dolce ad arricciargli le labbra, - Non certo come avrei fatto
io, non compiendo le mie stesse scelte, ma andrai avanti come Python,
avanzando con le tue gambe -
- Credi davvero che
possa farlo? - per la prima volta l'arciere si mostrò
esitante e fragile.
- Se sopravvivi,
sì - annuì Forsyth incrociando le braccia al
petto, provocando l'improvviso silenzio dell'altro, il quale fu
attraversato da un leggero sussulto,
- Se sopravvivo? -
domandò lui socchiudendo lo sguardo, riservandogli un
occhiata storta.
- Bhé... mi
sono fatto ferire durante una battaglia e in questo momento il tuo
corpo è sospeso tra la vita e la morte - dovette
raccontargli, un sorriso nervoso a fior di labbra,
- Ah... quindi mi hai
fatto la tua ramanzina idealista solo per il gusto di farla? - il mondo
attorno a loro stava raggiungendo l'apice del suo collasso, tanto che
ormai esistevano solo loro due, l'albero sotto al quale trovavano
riparo e il terreno su cui appoggiavano i piedi. In quel momento
però Python non poté evitarsi di soffocare una
risata.
- Un atteggiamento
molto da me, non trovi? - confermò Forsyth, ridendo a
propria volta,
- Ah, per la
miseria... - esclamò l'arciere, tenendo sempre quell'aria
divertita e strafottente, - Dopo quello che mi hai detto, non posso
certo lasciarmi morire così -
- Allora questo
è un addio - un velo di tristezza oscurò il volto
del soldato, cui sorriso morì sulle labbra.
- "Addio" un corno -
sentenziò Python, il volto convinto e deciso, - Aspettami
lassù o in qualunque luogo andrai, tra una quarantina d'anni
verrò ad incontrarti e ti lascerò di stucco
raccontandoti la storia della mia vita -
- Oh, quindi non hai
più intenzione di darti alle pennichelle? - rise amaro,
cercando di godersi quegli ultimi istanti che condivideva con lui.
- Certo che no, a
quelle non rinuncio. Ma ovviamente farò dell'altro oltre a
quelle...- lo volle rincuorare, - Sarai fiero di me, Forsyth - era
serio.
- Idiota, io sono
sempre stato fiero di te, Python... anche se ammetto che la tua
pigrizia e menefreghismo hanno messo a dura prova l'alta considerazione
che ho di te - rise ancora una volta,
- Sei stato un buon
amico -
- Tu invece sei stato
il mio migliore amico -
- Se avessi
avuto più coraggio, quando eri in vita, ti avrei confessato
che mi ero innamorato di te - ammise, portando lo sguardo a terra, - Ma
non ci tenevo ad essere un'altra Faye, non sono forte come quella
ragazza -
- Anch'io avrei dovuto
confessarti che ti amavo, ma questo sono i tipici rimpianti di un morto
- ammise a propria volta Forsyth, appoggiandogli una mano sulla nuca,
accarezzandogli i capelli, - Vivi come hai sempre fatto, Python. E non
dimenticare più chi sei - fu il suo ultimo consiglio prima
di dissolversi a sua volta, riducendosi in tanti granelli di polvere
come l'ambiente circostante.
- Sarà
fatto... anche se non ti prometto nulla, amico mio -
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NdA: Causa vari impegni lavorati ci ho messo una
vita a finirarla e ho dovuto farlo piuttosto sbrigativamente, mi
dispiace se il risultato alla fine è stato piuttosto scarso.
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