LO
SPIRITO DEL FUOCO
La
piccola astronave viaggiava a tutta velocità nel cielo
azzurro
terrestre.
Chi
la pilotava era un giovane alieno umanoide dalla pelle viola, il
volto azzurro e gli occhi gialli.
Il
giovane alieno piccolo e dalla corporatura esile, era al settimo
cielo: non solo aveva impedito a un terribile sayan di conquistare la
Terra, anche se, il misterioso sayan, stranamente, non era mai
atterrato, ma, cosa che lo rendeva davvero felice, era corso agli
studi televisivi per chiedere di essere ripreso per il TG del
pomeriggio, in modo che tutti potessero vedere il suo splendido viso.
Quegli
stupidi terrestri gli avevano fatto due identikit e tutti e due
orribili.
E
pensare che con l'ultimo si era pure raccomandato!
Invece...
quegli stupidi terrestri ignoranti meritavano l'estinzione!
Jaco,
questo il nome dell'alieno, era così concentrato nei suoi
pensieri
da non accorgersi in tempo di alcune anatre che volavano verso di
lui.
Se
ne accorse solo all'ultimo momento e, per evitare di investirle,
virò
di colpo a destra andando a sbattere, a tutta velocità,
contro un
monte.
L'unica
cosa che Jaco notò, prima di cadere alle pendici del monte,
fu un
enorme castello in cima al monte.
L'astronave
atterrò, bruscamente, nella piana accanto.
“Ohi
ohi... che botta...” si lamentò l'alieno uscendo
dall'astronave.
La
prima cosa che notò, una volta uscito, era che il monte su
cui era
andato a sbattere era completamente avvolto da enormi fiamme.
Evidentemente,
quand'era andato a sbattere, le fiamme del motore erano uscite e
avevano incendiato tutto.
Appena
vide quello spettacolo, Jaco rientrò di volata nella
navicella,
pregando che non si fosse danneggiata nell'impatto.
I
suoi superiori non avrebbero di certo gradito un suo altro pasticcio.
La
volta in cui, per sbaglio, aveva azionato una bomba a estinzione, un
piccolo oggetto in cui, se si premeva il pulsante si sarebbe sparso
un virus che avrebbe annientato tutti, i suoi superiori erano stati
così infuriati che non gli avevano affidato nessuna missione
importante per un anno intero.
“Combina
un'altra delle tue...” l'aveva minacciato, infuriato, il Re
della
Galassia, quando l'aveva convocato al seguito di quella faccenda
“...
e dovrai trovare un altro lavoro!”
Sarebbe
stato come chiedergli di uccidersi!
Quell'uniforme
e appartenere alla Pattuglia Galattica era il massimo della vita.
Non
aveva nessuna voglia di essere licenziato, dopo che aveva portato a
termine con successo il primo caso importante che gli avevano
affidato dopo quel fattaccio...
L'unica
cosa che doveva fare, era scappare a gambe levate prima che qualcuno
lo vedesse e facesse rapporto alla Pattuglia Galattica.
Fortunatamente,
i comandi funzionavano alla perfezione.
L'astronave
si levò in volo e partì, a tutta
velocità, verso l'Isola di Omori,
il vecchio ricercatore che aveva ospitato lui e Tights, una
misteriosa ragazza dai lunghi capelli biondi, che aveva salvato due
volte in quegli ultimi giorni: la prima quando un branco di teppisti
l'aveva molestata nella Capitale dell'Est, cosa che l'aveva reso fino
al giorno prima un ricercato della polizia, e la seconda quando aveva
distrutto il razzo in cui era salita per sostituire come controfigura
l'idol An Azuki, salvando la Capitale dell'Est e smettendo di essere
un ricercato, lasciandosi alle spalle il monte in fiamme.
Non
doveva preoccuparsi, l'incendio si sarebbe spento... prima o poi...
Il
motoscafo con a bordo un anziano signore in canottiera, jeans e
sandali e una ragazza di diciassette anni, dai lunghi capelli biondi
e grandi occhi neri, vestita con una maglietta a maniche corte viola,
che le mostrava l'ombelico, lunghi jeans blu, sandali, con
braccialetti ai polsi, una collana di perle e un enorme cappello
multicolore in testa, fece il suo ingresso in un piccolo porto in cui
c'era ancorato anche un piccolo battello di una splendida isola.
La
ragazza, che si chiamava Tights, scese dal motoscafo e, dopo essersi
guardata un po' in giro, domandò: “Uh? Jaco non
è ancora
tornato.” “Che strano, dovrebbe già
essere qui...” disse il
vecchio Omori mentre legava il motoscafo.
D'un
tratto, uno strano rumore proveniente dal cielo, fece alzare la testa
a tutti e due.
Osservando
lo strano apparecchio che stava atterrando, Tights disse:
“Ah,
eccolo che arriva.”
Non
appena fu atterrato, Tights gli si avvicinò, chiedendogli:
“Ci hai
messo un sacco! Hai fatto una deviazione?” “Eh...?
Diciamo di sì.
Piccola...” rispose, in fretta, l'alieno.
“Allora,
Chichi, ti è piaciuto il picnic?”
“Certo, papà. Mi sono proprio
divertita. Vorrei che li facessimo più spesso.”
L'uomo
gigante vestito con una strana armatura teneva per mano una bimba di
quattro anni dai lunghi e lisci capelli neri e grandi occhi dello
stesso colore, anche lei con indosso un armatura.
L'uomo
era al settimo cielo, la sua splendida bambina assomigliava sempre di
più nell'aspetto alla sua adorata moglie... sperava solo che
non
ereditasse anche il terribile carattere della sua consorte.
“Papino...
non senti caldo?” domandò, ad un tratto, la
piccola Chichi.
In
effetti, il terribile Stregone del Toro cominciava a sentire un po'
di caldo... ma era impossibile.
A
nord non c'era così caldo...
“PAPA',
IL CASTELLO!!” urlò, spaventata e incredula,
Chichi, indicando un
punto davanti a loro.
Il
Monte Frescura, l'alto e splendido monte in cui lo Stregone aveva
costruito il castello dove, in tutti quegli anni, aveva nascosto le
sue enormi e smisurate ricchezze, guadagnate grazie a varie rapine,
per proteggerle meglio dai malfattori, in quanto nessuno doveva
toccarle, dato che sarebbero diventate la dote della sua adorata
bambina quando si sarebbe sposata, era circondato da altissime e
potenti fiamme.
Che
diamine era successo?!
“Papà,
guarda. Lì c'è un uomo. Magari sa che
cos'è successo.” esclamò
la piccola, indicando un uomo in mezzo ai cespugli.
Lo
Stregone, corse nella direzione indicata dalla figlia, e
afferrò
l'uomo nascosto.
“Chi
sei tu?! Non sarai mica stato tu a far scoppiare
l'incendio?!”
tuonò, infuriato, lo stregone.
L'uomo
balbettò: “N-no, signor Stregone...”
Non
poteva certo rivelargli che il suo obiettivo era quello di
impadronirsi dei tesori dello Stregone, altrimenti l'avrebbe
ammazzato, però poteva rivelargli quello che aveva visto
nascosto.
“P-però
ho visto chi è stato! Uno spirito infuocato è
sceso dal cielo e ha
colpito il monte. Dalla collisione, il monte si è
incendiato.”
raccontò l'uomo.
Lo
Stregone lasciò andare l'uomo e urlò:
“Sei fortunato che c'è mia
figlia, altrimenti saresti morto, ladro di tesori!”
L'uomo
corse via, terrorizzato.
Fu
a quel punto che Chichi si avvicinò al suo papà.
Vedendola,
lo Stregone le disse: “Mi spiace, tesoro, ma per qualche
tempo non
potremo tornare al castello.” “Oh no, e cosa
faremo, papà?”
“Di giorno, difenderò i miei tesori mentre di
notte studierò un
modo per spegnere l'incendio. Non preoccuparti, piccola, ce la
faremo. Ora, andiamo a cercare un rifugio.”
Mentre
i due si allontanavano dal monte incendiato, la piccola Chichi disse
al padre: “Papà, ora che fa così caldo,
non possiamo più
chiamare il nostro monte Monte Frescura, ci serve un altro nome...
che ne dici di Monte Padella?”
|