La sveglia suonò, come ogni mattina.
Allungai la mano per spegnerla, ancora intontito dal
sonno, col solo risultato di farla cadere dal comodino mentre continuava a emettere il suo fastidioso trillo.
“Aaaah, che strazio!!!” Mi alzai a fatica dal letto e misi fine a quel fastidio.
“Jacooob! Ti sei alzato?”
“Sì...sì mamma.....” – Che barba – brontolai tra me e me.
Come molto ragazzi della mia età, alzarsi per andare a
scuola era una barba. Non che fossi un somaro, me la
cavavo abbastanza bene; ma mi piaceva dormire la mattina.
Dopo essermi lavato e vestito raggiunsi mia madre in
cucina, intenta a prepararmi la colazione.
“Sei il solito dormiglione Jake!
Poi ti tocca sempre correre per non fare tardi!”
“Non ti preoccupare mamma, oggi c’è il sole, posso usare i
pattini per andare a scuola; arriverò in un lampo!”
“Va bene, va bene, ma fa attenzione!”
“Certo certo...” Infilai lo
zaino in spalla, diedi un rapido bacio alla cannella sulla guancia di mia
madre, e afferrai i pattini.
Vivevo a La Push, una riserva
indiana nella Penisola di Olimpia, uno dei posti più piovosi degli Stati Uniti.
Non era certo una grande metropoli, tutt’altro. Tutti si conoscevano nella nostra comunità, come
una vera e propria tribù dopotutto.
Mentre sfrecciavo sulla strada per scuola
avvistai i miei amici, Quil ed Embry.
Ci conoscevamo da sempre, erano come fratelli per me.
“Ecco Jake!”
“Guarda che faccia! Hai fatto le ore piccole?”
“Quil lo sai che il nostro amico
è un dormiglione! Ahahah!”
“Ah ah...divertente...Io vado
avanti, a dopo” E accelerando l’andatura mi avvia verso scuola.
La mattinata passò in fretta. All’ora
di pranzo, vista l’insolita giornata di sole, raggiunsi i miei amici sui tavoli
del cortile.
“Finalmente si mangia!” Quil era
un pozzo senza fondo.
“Jake come procedono i lavori
sulla macchina?” Anche Embry, come me, era
appassionato di motori.
“Andrebbero meglio se avessi i pezzi che mi
mancano...chissà quando riuscirò a trovarli, e ad avere i soldi per potermeli procurare...”
“Che ne dici se più tardi
facciamo un giro a Forks? Potremmo andare a dare un’occhiata dallo sfasciacarrozze.”
“E se non trovate niente magari potremmo
incontrare qualche bella ragazza in centro!”
“Quil, le belle ragazze del
liceo di Forks non aspettano che te!” rispose Embry.
“Ah ah ah
ah ah! Ok,
allora ci vediamo più tardi”.
Quando tornai a casa mia madre, Sarah Black, era in
veranda ad aspettarmi, intenta come al solito a
intrecciare monili Quileute, la tribù dalla quale
discendevamo. Il giorno seguente ci sarebbe stata una festa tribale sulla
spiaggia, con falò e cibo a volontà. Mio padre, Billy,
era uno degli anziani, insieme al nonno di Quil e ad Harry Clearwater.
“Mamma, io vado a Forks con Quil ed Embry.”
“Non fare tardi, stasera abbiamo ospiti a cena.”
“Ospiti? Qualcuno che conosco?”
“Gli amici di tuo padre.”
“Ok, a più tardi allora”.
Mi tolsi i pattini e presi il vecchio pic
up rosso di papà. Quel ferro vecchio faceva un rumore
infernale, non vedevo l’ora di sbarazzarmene. Pare che papà avesse trovato qualche folle a cui venderlo, ma nell’attesa
di finire il restauro della mia Volswagen Golf non
avevo altri mezzi di trasporto.
Passai a prendere i ragazzi, davanti al negozio di alimentari della madre di Embry,
e li trovai che discutevano come al solito per chi dovesse stare nel cassone
dietro, visto che c’era un solo posto a sedere oltre al mio.
“Quil, se starai
dietro avrai una visuale migliore nel caso dovessi
scorgere qualche ragazza in giro!”
“Certo, bella scusa! L’ultima volta sei stato tu sul sedile con Jacob, oggi tocca a
me!”
“Che ne dite di tirare a sorte?”
li interruppi.
“Sarà meglio, sennò non ci schiodiamo più da qui!” Embry era un tipo pratico, per fortuna, ma la sorte scelse Quil, che si sedette accanto a me, davanti.
Andammo dallo sfasciacarrozze per primo, ma non trovammo
nulla di utile, o meglio niente per le mie tasche. Il
giro in centro invece fu più fruttuoso, almeno per Quil,
il quale era al settimo cielo perché grazie alla temperatura insolitamente
alta, le ragazze di Forks erano meno imbacuccate del
solito. Era insopportabile, ma anche divertente!
Comunque nessuna di loro sembrava
disposta a dargli retta.
“Quelle pollastre non capiscono niente!”
“Certo Quil....”
fu la risposta laconica mia e di Embry.