Il pianto del bambino ancora gli rimbombava nelle orecchie,
stordendolo
più di quanto già non fosse. La mano di
Gine
stringeva la sua, e in un riflesso istintivo, ma senza alcun trasporto,
la strinse delicatamente a sua volta. Sentiva gli occhi della moglie,
sfinita e sudata, puntati sulla sua guancia, la mente annebbiata dal
dolore. I medici si stavano affannando su di un tavolino lì
vicino, attrezzandosi con strani attrezzi metallici, il cui
clangore era tuttavia coperto dagli alti vagiti del neonato.
Bastò una leggera pressione della mano di Gine sulla sua
guancia per farlo
abbassare, piegandosi in avanti per incontrare il volto della moglie.
Lei sorrideva, con gli occhi ludici, mentre gli accarezzava dolcemente
il volto, in attesa di una sua frase, di una parola, di un bacio. Ma
Bardack non riusciva a staccare gli occhi dalle schiene dei medici,
fremendo per l'attesa. I vagiti si affievolirono leggermente, e la
testa canuta del dottore finalmente si girò nella sua
direzione,
stringendo fra le braccia un gomitolo di coperte.
- è un maschio. - Disse stancamente, ma con un
ampio sorriso sul volto. Sorriso che ben presto contagiò il
volto serio del sayan, facendolo rilassare. Il neonato fu posto fra le
braccia di Gine, che si sistemò meglio sul cuscino,
accogliendo delicatamente il nuovo arrivato. Il giovane
padre si sporse, cingendo con un braccio le spalle esili della moglie,
osservando incuriosito il suo primogenito. Aveva una massa di capelli
non indifferente, il volto arrossato e pieno di rughe, il collo
talmente debole da non reggere l'enorme peso della testa. Ne
osservò le mani, talmente piccole da non riuscire nemmeno a
stringere il suo dito indice, chiuse a pugno.
Quello era suo figlio. Suo figlio.
- Sei stata bravissima - sussurrò Bardack
sfiorando la fronte della donna con le labbra. Lei chiuse gli occhi,
reclinando leggermente la testa verso il collo taurino del marito.
Sospirò delicatamente, prima di riportare l'attenzione sul
bambino.
- Ha un sacco di capelli.
- Già. Segno che sarà un guastafeste.
- Allora sarà come il padre - rispose prontamente
Gine, suscitando ilarità nella sala. Bardack
arricciò il
naso, abbassando nuovamente lo sguardo sul figlio. Poi, con delicatezza
e anche un po' di paura, allungò una mano, arrivando a
sfiorare
con un dito il volto del neonato. La sua pelle era straordinariamente
liscia, le guance morbide e cedevoli alla minima pressione. Un esserino
così delicato, nelle mani di un bruto come lui? Non
potè
fare a meno di pensare che schiacciare la testa del ragazzino sarebbe
stato facile come rompere un uovo, e lui non possedeva certo la
delicatezza necessaria per evitare di fargli del male anche solo
sbadigliando nelle sue vicinanze. Iniziò a
sudare freddo al solo pensiero.
- ... ehi, Bardack. Bardack! - la voce profonda del
medico, che sembrava provenire da un angolo remoto della sua mente, lo
riscosse, causando un'occhiata perplessa da parte di Gine, ignara dei
macabri pensieri del compagno.
- Eh? Cosa? - Rispose lui con voce strozzata, togliendo
repentinamente la mano dal volto del neonato. Il medico
sbuffò,
scuotendo la testa.
- Ho detto, come vuoi chiamare tuo figlio? - ripetè
spazientito, mentre un'infermiera attendeva accanto a lui con una pila
di fogli stretta in mano, pronta a segnare tutto. Gine
sobbalzò,
picchiettando la spalla di Bardack.
- Chiamiamolo come tuo padre! - disse con la sua voce sottile,
squillante. Il Sayan storse la bocca.
- Non voglio dare al mio vecchio questa soddisfazione. -
mugolò grattandosi la nuca. Gine aggrottò le
sopracciglia.
- Pensavo fossimo d'accordo! - esclamò con voce
talmente alta da causare il pianto nel neonato. Rabbrividendo, i
neo-genitori tentarono di correre ai ripari, chi cullando
maldestramente il bambino, chi impartendo con voce incerta l'ordine di
fare silenzio. Bardack sospirò, un sopracciglio inarcato.
- Beh, sembra un rompiballe proprio come il mio vecchio. E
sia.
Dottore - disse girandosi verso il medico, drizzando la schiena
e grattandosi la punta del naso con un pollice, nascondendo un
sorrisetto. - lo chiameremo Radish.
Passeggiava senza una meta precisa, allontanato dalle infermiere subito
dopo il breve dialogo con il dottore, per far riposare Gine. Radish era
stato portato via, verso la nursery, in modo che
potessero fare tutti gli esami necessari; fra questi, il più
importante era sicuramente la misurazione del livello combattivo.
Bardack si sentiva
esausto, stordito, prosciugato di qualunque emozione, ancora incapace
di accettare il fatto che ora fosse padre. Sarebbe dovuto
tornare a casa, a farsi una doccia e preparare l'abitazione per un
neonato. Entrambi i genitori erano terribilmente disordinati, chi
eternamente impegnato in missione, chi al lavoro in mensa. Nessuno dei
due, nemmeno durante la gravidanza, aveva soggiornato per
più di
qualche giornata nell'umile appartamento. Grugnì, non
particolarmente eccitato
all'idea di doversi dare alle pulizie di primavera - mancavano
totalmente i soldi per chiamare qualcuno a fare il lavoro al posto suo,
ma sapeva bene che
al momento sua moglie non poteva fare
molto per la casa. Compreso il cucinare. Questo pensiero gli
causò un secondo grugnito, ancora più alto del
precedente, spingendolo ad incamminarsi verso l'uscita per fumarsi una
sigaretta. Il dedalo di
corridoi del reparto di ostetricia erano stranamente silenziosi. La
nursery era sulla strada; tanto valeva dare un'ultima occhiata al
marmocchio prima di andarsene a casa. Era piena notte, e non vi erano
altri padri solitari come lui a popolare l'ospedale. Non che morisse
dalla voglia di incontrare altre persone, sia chiaro. Tutto
ciò
che voleva era soltanto andare a casa, scolarsi una birra e prepararsi
alla prossima missione, e già quelle cose gli sarebbero
state
negate per le prossime settimane. Diede un'occhiata al vetro della sala
dove
erano disposte le culle con i neonati, senza fermarsi. Tentò
di
aguzzare lo sguardo, cercando di individuare l'eccezionale chioma che
contraddistingueva suo figlio, ma di lui nemmeno l'ombra. Il suo piede
trovò improvvisamente un ostacolo, e il saiyan si
fermò,
sorpreso. Abbassò lo sguardo sull'oggetto appena calciato,
interrompendo la sua camminata. Non era un oggetto.
Era una persona.
Se ne stava seduta contro il muro del corridoio, sotto il vetro della
nursery. Aveva le ginocchia piegate contro il petto, e la testa,
ricoperta da una folta e lunga chioma castana, giaceva immobile riversa
sul
petto. L'unico segno di vita erano le mani, che si contrassero
leggermente. Non reagì in alcun modo
all'inavvertito calcio che Bardack le aveva tirato, rimanendo
perfettamente immobile. Il saiyan sbattè le palpebre,
perplesso,
le mani infilate nelle tasche della battle suit, alla ricerca del suo
pacchetto di sigarette. Si osservò attorno, in cerca di
qualcuno, nell'inquietante silenzio dell'ospedale, senza trovare anima
viva. Riportò lo sguardo su quella figura, deducendone
dall'odore degli ormoni che fosse una donna.
- Hey - disse in attesa di una risposta, incerto sul da farsi. Che
diavolo ci
faceva lì, seduta per terra? La donna rimase immobile. Senza
alcun tentennamento, Bardack allungò nuovamente il piede in
avanti, punzecchiando la coscia della sconosciuta. Sentì
distintamente tirare su col naso, mentre la figura si appallottolava
ulteriormente su se stessa.
- Cosa vuoi? - una voce femminile, rotta dal pianto.
Bardack rimase immobile, osservando le mani tremare vistosamente.
- Per colpa tua sono inciampato. Dovresti chiedermi scusa. O
rialzarti, quello sarebbe già tanto. - disse senza
guardarla, concentrato soltanto sul pacchetto finalmente rinvenuto,
estraendo una sigaretta dall'astuccio e
portandola fra i denti.
- Va' al diavolo. - rispose prontamente la donna, girando
la testa nella direzione opposta a quella dove era in piedi il saiyan,
negandogli la vista del volto.
Bardack sbuffò, spazientito. Non era nella sua natura essere
gentile; ma
si era fermato, le aveva parlato, e per tutta risposta veniva mandato
affanculo in quel modo?
Un oggetto, spigoloso ma leggero, colpì la testa della
donna.
Lei alzò lo sguardo, il volto emaciato rigato di lacrime, ma
del
saiyan non ve n'era l'ombra. A terra, un pacchetto di sigarette,
contrassegnate da una striscia blu, che non
le appartenevano. Osservò il corridoio, notando la schiena
muscolosa di un guerriero allontanarsi verso l'uscita.
- Fumatele. Vedrai che starai meglio. - borbottò a
voce abbastanza alta da farsi sentire dalla donna, senza preoccuparsi
di accennare un saluto, sparendo in fretta dietro la porta.
Sei mesi dopo
L'odore di sudore e alcol impregnava le pareti asettiche del locale,
non aiutato da una cappa di fumo che rendeva l'ambiente ancora
più opprimente.
Toma, una sigaretta spezzata fra le labbra, osservava Bardack in
cagnesco. Panbukin e Toteppo erano rilassati sugli schienali delle loro
sedie, interessati allo scontro che si stava consumando di fronte a
loro. Seripa, al contrario, sembrava annoiatissima.
- Doppia coppia! - Esclamò Toma abbassando con
veemenza le carte sul tavolino, mostrando due coppie di carte
identiche. Bardack rimase perfettamente immobile per qualche secondo,
prima di iniziare a ridere con fare malvagio.
- Scala di colore, stronzo! - esclamò spalmando le
cinque carte che teneva in mano sul tavolo, accanto ai numerosi boccali
di birra vuoti. Toma biascicò qualcosa ad alta voce,
protestando
visibilmente alterato, ignorato dall'amico che saltò in
piedi
sulla sedia, accucciandosi solo per poterlo osservare da una posizione
elevata, trionfante. I loro bisticci vennero prontamente
zittiti
da un'inviperita Seripa.
- Insomma! La volete piantare di fare tutto questo baccano?
- Zitta donna! Mi sto prendendo lo stipendo del tuo uomo -
esclamò con voce strozzata Bardack, ancora appollaiato
sulla sedia, allungando le mani su un mucchietto di banconote al centro
del tavolo. Tuttavia, nel momento in cui le sue dita sfiorarono i
soldi, un coltello da carne si piantò a pochi millimetri
dalla
sua mano. Alzò lo sguardo su Seripa, allibito, prima di
notare
un dettaglio che non aveva minimamente calcolato. Se con una mano la
donna impugnava il coltello con il quale gli aveva quasi aperto una
stigmate, con l'altra teneva stretto un ventaglio di carte.
- Gioco anche io, te lo sei dimenticato?
- No... - sussurrò lui, con Toma che gli era
velocemente arrivato alle spalle, appoggiandosi alla schiena dell'amico
nel tentativo
di dargli supporto morale. Lo sguardo trionfante di Seripa si
incattivì notevolmente.
- NO... Seripa... - la Saiyan si ricompose, dando
l'impressione di essersi calmata. Impressione che ben presto
demolì, esattamente come il tavolino nel momento in cui vi
abbattè il pugno.
- Scala reale!
- Urlò con gli occhi in fiamme,
scatenando da una parte le urla trionfanti di Panbukin e Toteppo,
dall'altra una crisi isterica a Bardack e Toma, che avevano appena
visto le loro buste paga volarsene nelle tasche della compagna. -
Fottetevi tutti - continuò lei con un ghigno,
arraffando il mucchio di zeni posto al centro del tavolo e
trascinandolo verso di lei.
- Non è giusto che tu ti prenda anche i miei soldi!
- si
lamentò Toma, passandosi una mano sugli occhi e facendo
qualche
passo indietro, le mani fra i capelli.
- Questo è il gioco, tesoro. Alla prossima mano mi
prendo anche casa tua.
- Tu abiti con me! - gli ricordò lui con uno
sbuffo, spazientito e ancora abbastanza lucido da rispondere alle
assurdità della fidanzata, decisamente troppo alticcia.
Bardack
appoggiò
una mano su una spalla di Toma, dopo essere quasi caduto dalla sedia
per lo slancio, posizionandosi con le gambe ben
piantate a terra accanto all'altissimo saiyan.
- Donna, potrai anche prenderti i nostri soldi, le nostre
case,
anche i nostri figli quando ne avremo. Ma non avrai mai la
nostra-
- Tu non avevi già un figlio? - chiese lei
interrompendolo, alzando un sopracciglio e chiedendosi se l'amico fosse
così brillo da dimenticarsi un dettaglio simile.
- ... Ah cazzo vero. - mugolò Bardack grattandosi il
naso, pensando già alla reazione di Gine nello scoprire di
come
avesse perso il figlio a poker. Un improvviso parlottio
catturò
la loro attenzione. Panbukin sembrava star discutendo animatamente con
Toteppo, alzando progressivamente la voce.
- Ti ho detto di no! - sbraitò il più
basso, abbattendo un pugno sul tavolino. Toteppo ringhiò, un
pezzo di formaggio stretto fra i denti.
- E invece è così! Ovvio che stia
puntando me! Chi
vorrebbe un antipasto come te quando si può avere un pranzo
di
matrimonio come me! - sbeffeggiò lui di rimando,
ingoiando il formaggio.
- Oi oi,
di che diamine state parlando? - chiese Toma,
stranito da quella reazione violenta da parte del silenzioso Toteppo.
Panbukin si girò, imbestialito.
- C'è una pollastra che mi sta spogliando con gli
occhi
da almeno un'ora, e questo bastardo insiste che stia guardando lui! -
gridò puntando il collega con la mano tremante per la
rabbia.
- Esistono donne così disperate? - chiese Seripa
ridendo, bellamente ignorata dai due litiganti.
- Basso come sei non ti ha visto nemmeno sbucare dal tavolino!
-
ringhiò il gigante afferrandolo per la battle suit.
- COME OSIIII - urlò con gli occhi fuori
dalle
orbite, colpendolo con violenza al volto. Toteppo ruggì,
scagliandolo sul tavolino, rovesciandolo. Toma e Bardack corsero a
dividerli, ma sembravano appiccicati con la colla. Schiaffi, pugni,
sputi e calci volarono fra i due, e sempre più persone erano
accorse nel tentativo di fermarli. Questo, almeno, fino al momento in
cui Toteppo, non troppo lucido, colpì per sbaglio una saiyan
in piena faccia,
accorsa a vedere cosa stesse succedendo. Un rivolo di sangue scese dal
naso, rotto.
- Come osi colpire la mia donna! - sbraitò un
guerriero con gli occhi in fiamme, gettandosi addosso a Toteppo,
seguito con un urlo di guerra dalla donna stessa. In pochi
secondi, una scazzottata fra
ubriachi si era trasformata in una rissa violenta, con un tripudio di
tavolini rotti, macchie di sangue sul pavimento e cibo che volava. Le
urla da aquila del proprietario del bar si perdevano nella matassa di
corpi e testosterone che occupava il piccolo locale.
Bardack si era lanciato in difesa di Panbukin, usato come sgabello da
un saiyan ancora più pesante di lui. Calciò via
l'avversario, afferrando l'amico per la collottola.
- Bardack, grazie... - bonfonchiò lui, la bocca
gonfia per un pugno ben assestato.
- Grazie un corno.
- Uh? - chiese lui, inquietato dallo sguardo di fuoco del
collega.
- Torna lì e difendi il tuo onore dannato grassone!
-
sbraitò lui spingendolo con un calcio ben assestato nel
didietro, rispendendolo in mezzo alla mischia.
- Quindi,
Bardack sei tu.
Una voce sconosciuta gli era giunta alle orecchie. Si girò
repentino, pronto a colpire, ma si fermò nell'istante in cui
mise a fuoco il volto del nuovo interlocutore.
Era una donna che finora non aveva mai visto. Il suo abbigliamento
vistoso, composto da un mantello nero drappeggiato su di una spalla e
una preziosa stoffa rossa legata attorno alla vita, faceva
intuire la sua provenienza lontana, così come i numerosi
orecchini che le decoravano le orecchie. Aveva una pelle diafana, e
lunghissimi capelli castani stranamente lisci. I suoi occhi,
leggermente più chiari rispetto ai capelli, erano truccati
con
una lunga linea nera a punta che li rendeva enormi, creando un effetto
spiacevole per un uomo abituato a bellezze meno stravaganti.
- E tu chi saresti? - chiese lui ergendosi in tutta la
sua altezza, con un cumulo di corpi rissosi come sfondo alla scena. La
donna non sembrò scomporsi, come se attorno a
lei non stesse avvenendo una carneficina.
- Devo parlarti. Potresti seguirmi in un luogo meno affollato?
- si limitò a rispondere lei, accennando con la testa
all'uscita. Bardack osservò la porta, girandosi poi dietro
di
lui per vedere come stesse andando la situazione. Seripa stava
strangolando un saiyan gracilino con estrema facilità, e
questo gli bastò.
- Benissimo. - disse fiducioso verso i suoi compagni,
seguendo non troppo convinto la misteriosa sconosciuta. Nel momento in
cui varcarono la soglia, tutti i rumori del bar si attutirono. La
pioggia, che cadeva copiosa, copriva il suono di urla e oggetti rotti
provenienti dal locale.
- Qui va molto meglio. - si limitò a dire lei,
sistemando il grosso colletto del mantello. Bardack
l'osservò in
silenzio, notando soltanto allora una piccola sfera dorata attaccata
sotto il labbro inferiore della donna. Incuriosito da quello strano
gioiello, l'osservò sbattendo le palpebre. Non aveva mai
visto
una cosa simile prima di allora. Lei abbassò lo sguardo,
voltandosi verso di lui. Si avvicinò di qualche passo,
rivelando
stivali riccamente decorati ad ogni movimento del mantello, per poi
appoggiare una mano sul petto, protetto da una battle suit
perfettamente liscia, senza alcuna scanalatura.
- Il mio nome è Endive. E ti stavo cercando da un
bel po'. - Disse
- Da un bel po'? Se non è per darmi dei soldi puoi anche
incamminarti adesso. - rispose seccamente lui, traballando leggermente
a causa della sbornia. Lei cercò qualcosa in una tasca
interna
del mantello, cavando fuori un piccolo astuccio.
- Rimarresti così shoccato se ti dicessi che invece
è
proprio così? - si limitò a rispondere lei
aprendo
l'astuccio e cavandone fuori una sigaretta, per poi offrirne una
all'uomo. Bardack allungò una mano, senza pensarci troppo,
ma
presto un odore familiare stuzzicò il suo naso sensibile.
Prese
la sigaretta, rigirandosela fra le dita. Eccolo lì, poco
sopra
il filtro, il marchio stampato in caratteri argentei.
- Pensavo di essere l'unico a fumarsi le sigarette di Na'Varr
–
disse accettando l'accendino allungato da Endive, bruciando il tabacco
dal sapore acre. Lei allargò un sorrisetto, una densa nube
di
fumo che uscì dalle sue labbra.
- In realtà, no. Sono in debito di un pacchetto. - rispose,
suscitando la perplessità di Bardack. La squadrò
attentamente, gli occhi più vispi ora che i fumi dell'alcol
stavano svanendo. Il suo abbigliamento era decisamente opulento ed
eccentrico per un saiyan – così come i suoi tratti
somatici. Le donne della sua zona avevano tratti più
morbidi, ed
erano decisamente più basse. Endive sembrava torreggiare
sulle
altre, ed era truccata: qualcosa che le normali Saiyan disprezzavano,
ritenendolo uno spreco di tempo e fatica. Pertanto, era più
che sicuro di non aver mai incontrato quella tizia prima d'ora.
- In debito di che? Non mi sembra di averti mai vista. - Endive si
prese il tempo di tirare una seconda boccata di fumo, guardando dritta
davanti a sé il paesaggio fatiscente di quella parte di
città, alla quale sembrava così estranea e fuori
luogo.
- Sei mesi fa, alla nursery della Med Bay. - Bardack sbattè
le
palpebre, sforzandosi di ricordare. Tranne che per lo staff, l'unica
altra persona che aveva visto era…
- … Quella per terra? Eri tu? - chiese stentando a credere
che
una donna elegante come quella potesse passare il tempo sdraiata sul
pavimento di uno sporco ospedale. Lei annuì, lo sguardo
perso
nella pioggia battente.
- Nessuno a parte te si è premurato di vedere come stavo. E
dalle mie parti, i debiti per quanto piccoli vanno sempre ripagati. Per
questo – disse cambiando radicalmente
tono, diventando più squillante. - ho deciso di renderti il
favore. É stata una fatica rintracciare il tuo nome.
- Sei riuscita a rintracciare il mio nome? Ma come diavolo... Non
sapevi nemmeno come ero fatto di viso! – Lei
lo interruppe con un gesto secco, appoggiandosi al muro con fare
rilassato.
- Mai sentito parlare di Ricognitori?
Le sopracciglia di Bardack si contrassero, così come la sua
mandibola.
Ricognitori.
Unità speciali di spionaggio, al servizio diretto del Re.
Invischiati in troppi affari sporchi per i suoi gusti.
- Cosa ci fa un Sorcio da Infiltrazione come te in un posto simile? -
disse lui, improvvisamente non più tanto a suo agio,
utilizzando
il termine con il quale i Ricognitori venivano volgarmente chiamati fra
le truppe. Non era raro che un Ricognitore venisse assegnato ad una
squadra in missioni cruciali o su pianeti di grande importanza, ma era
difficile trovarli a spasso per bettole come quelle che la compagnia di
Bardack frequentava.
Endive non si scompose minimamente nel sentire quell'appellativo tanto
denigrante, decisa nel continuare il suo discorso.
- Te l'ho detto. Stavo cercando te. Ho un affare da proporti. -
Bardack, sebbene titubante, drizzò le orecchie. - Ho questa
missione fra le mani, ma ho bisogno di una squadra su cui fare
affidamento. Una squadra che mi può assicurare alte
performance.
- E avresti scelto la mia per…?
- In primis, per restituirti un favore. - disse
sbrigativamente, ma senza dar cenno di star perdendo la pazienza.
- Secondo, quando
sono andata a chiedere per una squadra mi hanno indirizzata a te. Non
mi resta molto da fare ma fidarmi di quello che mi viene detto, non
trovi?
- E in cosa consiste questa missione? - chiese lui cercando di tastare
il terreno.
- Non puoi saperlo se prima non accetti. è la mia unica
condizione. - Bardack bloccò la mano a mezz'aria, la cenere
si staccò dalla sigaretta. L'osservò confuso,
cercando su quel volto calmo un segno di sarcasmo, o ironia. O anche di
estrema stupidità.
- Eh? Come sarebbe a dire, dovrei accettare un incarico a scatola
chiusa? Non esiste. - Sbraitò lui gettando a terra il
mozzicone,
spegnendolo con un gesto deciso del piede. - Se mi hai preso per scemo,
ti hanno riferito male. Và a cercare qualche altro coglione
da abbindolare. - disse dandole la schiena, pronto a buttarsi
nuovamente nel locale per tirare via i suoi colleghi per i capelli.
- E se ti dicessi che la paga e il livello della missione sono entrambi
così alti da sistemarti a vita… questo lo
prenderesti in
considerazione? - Il Saiyan si immobilizzò, la
mano a pochi centimetri dal pulsante d'apertura della porta.
Dal suo atteggiamento, era evidente
intuire come Endive fosse
abituata a negoziare, sapendo esattamente quali fossero i tasti da
premere. Abbassò la mano, lasciandola cadere lungo il
fianco, voltandosi lentamente verso di lei, in cerca di un bluff.
- Non ho
motivo di mentirti. - disse lei come se gli avesse letto nel
pensiero, - è una cifra esorbitante, che per un padre di
famiglia come te significa tanto. Tuo figlio potrebbe allenarsi a corte
per la fama che avrai dopo questa missione. – Bardack
spalancò gli occhi. Come era possibile che sapesse di
Radish, che era soltanto un nome su di un registro? - Tua
moglie
non dovrebbe più servire a mensa come una schiava. Tutto
ciò che devi fare è accettare, e potranno vivere
tutti
come dei signori.
-
Come cazzo sai di Gine? - sbraitò lui mettendosi sulla
difensiva, corrucciando ancora di più la sua espressione,
abituato a sentire la moglie presa di mira a causa della sua umile
mansione. - Dove hai preso queste informazioni? Vuoi per caso
ricattarmi? - ringhiò mettendosi sulla difensiva,
avvicinandosi alla donna con le mani che prudevano. Lei, d'altro canto,
sembrava atarassica.
-
Il termine Ricognitore forse ti è sfuggito. Se non sapessi
fare il mio lavoro non sarei qui. - scese un momento di
profondo
silenzio, nel quale Bardack non smise di squadrare la Ricognitrice per
un solo secondo. - Nella mia posizione, non trarrei alcun vantaggio nel
ricattare un terza classe come te. Preferisco convincerti con i soldi,
è più nel mio stile.
Non
aveva assolutamente alcuna certezza che le
promesse della donna fossero fondate, e che avesse davvero questa
missione stratosferica da assegnarli. Forse aveva soltanto bisogno di
carne da cannone, da lanciare addosso agli avversari mentre si
trastullava con... con... qualunque
cosa facesse una spia.
-
Ti aspetti che io accetti così su due piedi?
-
Assolutamente no. - Un'ultima, pigra nuvola di fumo
fuoriuscì dalle sue labbra, andando ad infrangersi contro il
volto dell'uomo, il mozzicone già a terra, prontamente
spento dal suo piede. Lei rialzò lo sguardo, incatenandolo
con quel suo sguardo magnetico. Allargò un leggero sorriso,
consapevole del suo fascino, e riprese a parlare, con voce di miele.
-
Ma non ti sei stancato delle solite missioni di
distruzione? Non è degradante, per Saiyan del vostro
livello,
venire usati come martelli da demolizione contro gente che non riesce
nemmeno a difendersi? - Senza che Bardack se ne rendesse conto, quelle
parole avevano catturato la sua attenzione, penetrandogli nel cervello,
instillandosi nei suoi pensieri. La viscida gentilezza che gocciava da
quelle frasi gli avevano bloccato gli arti e i neuroni, costringendolo
ad ascoltare ed assimilare tutto ciò che Endive diceva. -
Pensa, andare su un pianeta Alpha. Scontrarsi con
avversari che rappresentano davvero una sfida. Venire sommersi di zeni,
avere accesso ad equipaggiamento migliore, missioni migliori. I tuoi
uomini accetterebbero
ad occhi chiusi, ma so che tu sei un uomo più cauto di loro.
-
Si tolse un piccolo biglietto dalla tasca, e lo allungò
verso
l'uomo. - Se vuoi accettare, fammelo sapere entro tre giorni.
Contattami a questo numero. - Detto questo, la donna fece un passo
indietro, avanzando verso la pioggia. Come il mago che, schioccando le
dita, fa riemergere lo spettatore da uno stato di ipnosi, anche il
guerriero si svegliò da quella seduzione ben architettata,
sbattendo le palpebre e venendo colpito con veemenza dal suono della
pioggia, della quale si era totalmente dimenticato. Strinse le mani a
pugno.
-
Ehi! Tu..:! - urlò tentando di estorcere altre informazioni
alla donna.
-
Buon proseguimento di serata, Bardack. Conto di risentirti! - detto
questo, dopo un leggero inchino, la donna spiccò il volo,
sparendo ben presto nella fitta pioggia. Bardack rimase immobile, il
biglietto ancora stretto fra le dita. Osservò titubante il
numero di connessione dello scouter della donna.
La
storia più assurda di quella serata non era più
una donna indecisa fra Panbukin e Toteppo alla fine.
Angolo
Autrice:
Benvenuti
in questo… questo… questo qualcosa di indefinito.
Questa
mia storia me la porto dietro da quasi dieci anni, ma non ho mai
avuto lo sbattimento di scriverla. Adesso che ho più tempo
libero ho deciso di tentare, cercando di riuscire a portare a termine
almeno questa.
Allora,
innanzitutto alcune precisazioni:
1
– la società Saiyan.
Basandomi
su ciò che ho trovato su Dragon Ball Wikia, per il
momento la fonte più attendibile ed approfondita allo stesso
tempo, ho visto che mancano dei punti cruciali nella struttura stessa
della società Saiyan. Come diamine fanno a trovare i
pianeti? Ci
capitano sbagliando strada? E perché demolire tutto? Non ci
sono
risorse artificiali di valore su sti dannati pianeti? No? Si fa tabula
rasa e via?
Per
dare un senso a questo nonsense, ho pensato che vi fossero delle
categorie speciali di Saiyan, quelli che ho chiamato Ricognitori, che
si occupano proprio di individuare i pianeti che potrebbero fruttare di
più, un lavoro essenzialmente da spie.
Anche perché ogni pianeta che vediamo On Air è
sempre
un'ammasso roccioso senza un cazzo. Seriamente. Sono quattro sassi
buttati alla cazzo di cane in mezzo alla strada, e la gente pensa
“Oh guarda là, sbanchiamo se vendiamo sto
pianeta?”
COME? COME SI FA?
Penso
comunque che farò un breve documento dove renderò
note le mie modifiche alla gerarchia saiyan – in
realtà
non ce ne sono, ma ho cercato di tappare alcuni buchi che secondo me
non hanno senso di esistere.
Fra
questi, la classificazione dei pianeti.
Un
pianeta Aplha è un pianeta di grandissime dimensioni, ricco
di risorse sia naturali che artificiali che risulterebbero decisive per
l'Impero Saiyan. Ci sono poi i pianeti Beta, più piccoli e
meno ricchi, fino ad arrivare ai pianeti Omega, dei sorta di buchi di
culo inospitali e inutili oltre ogni previsione. Easy enough girls.
2
– Bardack
Ragazzi,
con l'uscita di Dragon Ball Minus cercare di caratterizzare
Bardack è diventato piacevole come farsi una Via Crucis in
ginocchio sui vetri rotti. Purtroppo, mi sono ritrovata di fronte a due
versioni totalmente differenti dello stesso personaggio – e
tutte
e due canon.
Sì,
lo ripeto più forte per le signore in terza fila che sono
svenute.
Sia
il film “
La Nascita del Mito”
che il volume speciale
“Dragon
Ball Minus" sono
canonizzati. Toriyama ha accettato
il film e lo ha reso canon, poi però ha voluto riscrivere
tutto.
Eeeeeee non lo so perché. Ma se ne “La
Nascita del
Mito”
Bardack è un saiyan a tutti gli effetti, che gliene
frega stocazzo della famiglia, ho gente da trucidare, in Minus
è
un maritino amorevole che si sposa con una talmente debole da finire a
fare da cuoca in una mensa. Per carità, mi piace il
personaggio
di Gine, ma non capisco come uno come Bardack, che ripudia un figlio
nato da una giornata perché lo considera una mammoletta
debole,
si ritrovi ad innamorarsi di una saiyan che è incapace di
combattere. Davvero troppo in contrasto con la versione alla quale mi
ero ormai abituata.
Ho
cercato quindi di creare una sorta di compromesso, vacillando fra
queste due visioni che abbiamo dello stesso personaggio. Ho voluto
mantenere la sua parte cazzuta e anche spietata, ma voglio anche che
perlomeno consideri l'esistenza dei suoi figli e della moglie, sebbene
lo faccia nel
modo meno delicato e burbero che conosca.
3
- Le incubatrici o test
tubes
L'idea
di prendere un bambino dal ventre materno e schiaffarlo in una palla di
vetro per i pesci, tenendolo in soggiorno come un soprammobile mi fa
rabbrividire. Quindi, in questa storia le Saiyan partoriranno con
dolore, poichè non c'è nulla di meglio per
affermare la propria cazzutaggine che scodellare un bimbo stringendo
una baionetta fra i denti.
Fatte
queste premesse, vi lascio quindi al primo vero capitolo della storia.
Per
quale motivo la Ricognitrice ha avvicinato Bardack? Ha davvero una
missione da assegnarli, o sotto c'è dell'altro? Bardack
accetterà l'offerta, o se ne rimarrà per i fatti
suoi, povero scannato e con un figlio a carico?
Questo
e altro nel prossimo capitolo!
Ne
approfitto per ringraziare chiunque sia arrivato a leggere fin qui,
spero che la storia sia stata - e
continuerà ad essere - di
vostro gradimento!
Black
Ink Velvet
|