Disclaimer
Il protagonista “Sam” (Isamu, o in kanji 伊佐武) e il
relativo manga/anime “Sam, ragazzo del West” (Koya no shonen Isamu, 荒野の少年イサム)
sono una proprietà di Koji Yamakawa e Noboru Kawasaki e della Tokyo Movie Shinsha,
e non vengono da me utilizzati a scopo di lucro oppure in violazione dei diritti di copyright.
Tutti gli altri sono invece personaggi 'originali', quindi
soltanto un’invenzione della mia fantasia che non trova alcun riscontro nella storia
di partenza; il brano da cui sono tratte le parole è la sigla della versione
italiana dell’anime.
Introduzione
Il paradiso esiste davvero, oppure è soltanto un miraggio nel deserto?
Un giovane pistolero dagli occhi di ghiaccio lo scoprirà
durante il cammino per ritrovare suo padre e se stesso.
Arizona – America ~ 18xx
Era ormai da un pezzo che Sam cavalcava senza essersi
fermato a riposare, figurarsi dormire. Aveva soltanto concesso a Blanca di
procedere per qualche miglio senza il suo peso sulla groppa, perché quello
delle bisacce contenenti le sue pur poche cose aveva comunque già provato
abbastanza i fianchi della cavalla, che ora protestava, sbuffando, a causa
della stanchezza, che anche il ragazzo stava incominciando ad avvertire, sia
nel fisico costretto alla scomoda posizione, sia nella mente stanca per i molti
pensieri che l’avevano tenuta occupata durante la lunga cavalcata solitaria.
Oltrepassato il confine del New Mexico, avevano ormai
raggiunto l’Arizona, sfidando il deserto: caldo impietoso e bruciante di
giorno, ma altrettanto infido e freddo di notte. Adesso, però, avevano bisogno
entrambi di un buon sonno ristoratore, e quella era la prima città vera, non
fantasma, che incontravano.
Il cerchio infuocato del sole al tramonto sarebbe presto
sparito dietro l’orizzonte; Sam distolse lo sguardo assorto, battendo una volta
le palpebre per scacciare il riverbero, poi diresse le iridi nere come il buio
verso il cartello di ferro arrugginito, che cigolava leggermente nel lieve
alito di vento fresco della sera che stava sopraggiungendo.
Contro la luce del sole, del sole morente,
stanco nel corpo e stanca, stanca la mente
Solo al tramonto, Sam, se ne va lento, Sam
Solo il rumore dei passi, il rumore del vento,
come frontiera i confini, i confini del mondo
Solo al tramonto, Sam, se ne va lento, Sam
“Welcome to Paradise” lesse silenziosamente; paradiso
era il nome di quella piccola cittadina del Far-West. – Secondo te, il paradiso
esiste, Blanca? – chiese accarezzando la criniera soffice della sua cavalla,
che in risposta nitrì, poi sospinse col muso la sua spalla, come a volerlo
incoraggiare a proseguire. Il giovane cow-boy rivolse un sorriso alla sua amica
equina e aggiustò la tesa del cappello sugli occhi, poi la mano andò
automaticamente a controllare l’altra fedele compagna che lo seguiva ovunque,
la Colt infilata nella fondina, casomai qualche disperato che si trovasse nei paraggi avesse
intenzione di dargli il benvenuto.
Il consueto rito per familiarizzare con la sua nuova tappa
fu identico a tutte le altre volte che si era fermato in un posto simile per un
certo periodo di tempo: un breve giro al cimitero, perché dal numero (ma,
soprattutto, dal tipo) di morti recenti poteva capire con quale frequenza
avrebbe dovuto guardarsi le spalle; poi, mentre percorreva la strada principale,
adocchiò le insegne di barbiere ed emporio, già chiusi, data l’ora tarda, ma in
cui l’indomani avrebbe sicuramente recuperato parecchie informazioni utili
sugli abitanti (i cosiddetti pettegolezzi).
Infine un salto nell’ufficio dello sceriffo, per presentarsi
ufficialmente, anche se sapeva che il suo nome e la sua fama lo avevano come al
solito preceduto. Infatti, l’uomo dal viso di cuoio segnato dal tempo lo
soppesò con un’espressione perplessa negli occhi castani a causa della sua
giovane età, ma anche con un velo di timore sotto i baffi, perché Sam il
pistolero era, sì, ancora soltanto un ragazzo, ma aveva già un passato da
bandito con cui ora doveva fare ogni giorno i conti.
Però, nel Far-West, anche la parola di un influente
proprietario terriero texano contava, e Milton Bradley non solo gli aveva dato
una casa, un lavoro e persino una parvenza di famiglia, ma anche concesso la
possibilità di riscattarsi. E così, alla fine, lo Sceriffo Stoker si era
“soltanto” raccomandato di tenersi fuori dai guai.
Mentre Blanca lo aspettava tranquillamente legata alla
staccionata, soppesò le ultime monete che gli rimanevano in tasca e andò a
bussare all’unica pensione di Paradise; Miss Holloway, la padrona, lo squadrò con
diffidenza, e sulle prime non parve troppo entusiasta di averlo come ospite, poi,
però, il luccichio dei dollari d’argento la convinse a farlo entrare. Dopo che
i soldi furono spariti nella tasca del candido grembiulino, la donna lo invitò
a “tenere un certo decoro”, perché la sua era “una casa rispettabile”,
sottolineò, specificando che i sudici cow-boy di passaggio erano tollerati, ma
soltanto finché potevano permettersi di pagare e non arrecavano disturbo agli
altri pensionanti con i loro schiamazzi da ubriachi, o peggio: portando le donnine
in camera!
Sam si trattenne dallo scrollare via la polvere che
impregnava i suoi vestiti consunti e del colore ormai quasi uguale a quello del
deserto, perché il soggiorno in cui stava in piedi, praticamente sull’attenti,
era lindo e immacolato. E comunque, mentre teneva il cappello tra le mani,
considerò che fosse più saggio non contrariare la vecchia zitella, o avrebbe
probabilmente dovuto passare la sua prima notte ‘in paradiso’ in cella; anche
se, a puro titolo di cronaca personale, lui non era interessato alle donnine.
Ringraziò Miss Holloway e uscì, meditando che magari l’indomani
avrebbe potuto fare anche un bagno, ma intanto adesso doveva sistemare nella
stalla la sua compagna di tante avventure e terminare la cosiddetta
ricognizione.
Accompagnata dentro la cavalla, tirò fuori dalla bisaccia
l’ultima razione di avena, e mentre Blanca mangiava, la strigliò a lungo,
liberando il manto candido dai residui di sabbia; la sua cena poteva
aspettare ancora.
Infine si diresse verso l’unico edificio di Paradise che a
quell’ora tarda aveva ancora le finestre illuminate, e da cui proveniva il
tipico baccano: il saloon. Spalancò, deciso, la doppia porta basculante, che
cigolò immancabilmente, e una dozzina di paia di occhi lo puntarono; Sam scostò
appena la tesa del cappello con un dito, rivolgendo a tutti indistintamente
un’occhiata di ghiaccio, tanto era abituato a quel tipo di accoglienza. Perché
lui era, in teoria, ancora troppo piccolo per frequentare un posto del genere,
ma comunque abbastanza grande per fregarsene ed entrare ugualmente.
Il pianista non smise di suonare, e al tavolo da poker il
gioco sembrò non essersi mai interrotto, anche se il suo sguardo vigile e
attento aveva notato che parecchie mani erano scattate alle fondine, per poi
riapparire vuote e tornare a riempire bicchieri e boccali: quella sorta di
esame preliminare reciproco era stato superato da tutti senza conseguenze. Allora,
il giovane pistolero occupò uno sgabello, mentre dal riflesso del grande
specchio poteva osservare e memorizzare volti e fisionomie degli avventori, e
il chiacchiericcio gli permise di associare anche i vari nomi che avrebbero
determinato la qualità della sua permanenza più o meno lunga in città.
E “fuori dai guai”, citando lo sceriffo, che adesso
lo stava fissando dall’angolo opposto del bancone, mentre con un cenno invitava
la procace barista a servire da bere anche a lui. Un sentito favore, perché in
quel momento nelle sue tasche c’era il deserto, fatta eccezione per un bottone
staccatosi dalla camicia e il laccetto di cuoio; però l’indomani sarebbe andato
a cercarsi un lavoro, portando con sé l’intenzione di ricominciare insieme alle
cosiddette ‘referenze’ di Milton Bradley.
Sorseggiò lentamente il suo whisky, bagnando le labbra arse
e sentendo poi l’amaro della bevanda fortemente alcolica dare un po' di
sollievo alla gola secca, mentre lo stomaco vuoto brontolava alquanto
infastidito. Restituì all’uomo di legge un cenno di ringraziamento e si voltò
appoggiando i gomiti sul legno, così da poter scrutare meglio la stanza fumosa
e i suoi occupanti altrettanto annebbiati dai fumi dell’alcool, e quindi essere
anche preparato nell’eventualità di una rissa.
Incrociò gli occhi neri con quelli cerulei di William
Raymond Sacks, il proprietario, indubbiamente intento a fregare due sprovveduti
al tavolo da poker con un paio di assi nella manica. Gli comunicò che non lo
riteneva un suo affare con uno sguardo indifferente, a cui il bastardo rispose
con un sogghigno di benvenuto studiatamente amichevole, che la sua mente
registrò come segno inequivocabile di autorità in città, inferiore, forse,
soltanto a quella dello sceriffo.
L’uomo, diversamente dai suoi compari di gioco, tre cow-boy
impolverati, sciatti e non esattamente freschi di lavanderia, indossava invece
un abito scuro di fattura piuttosto elegante, era perfettamente rasato, e da
sotto il cappello nero scendevano sciolti i lunghi capelli mossi biondo cenere,
che ondeggiarono leggermente quando invitò con un cenno una delle sue donnine
a portargli un piatto di minestra calda; il ragazzo non fece fatica a riconoscere
quell’ulteriore gesto, gentile soltanto in apparenza ma affatto disinteressato,
per ciò che realmente rappresentava: un indice lampante dell’approccio basato
sul reciproco scambio di favori, nel caso specifico, sicuramente poco puliti.
Poi osservò la ragazza, giunta nel frattempo, che dimostrava
non più di vent’anni ed era vestita discinta, ma era così che doveva apparire
una puttana da saloon; il trucco era pesante, e a quell’ora tarda, ormai, riusciva
a nascondere a fatica l’espressione segnata e falsamente allegra, che però su
di lei stonava, e si addiceva di più ad una ‘veterana del mestiere’ come la
florida barista. Sam la ringraziò, con rispetto, senza dirigere le pupille
sulla notevole scollatura dell’abito, che doveva invece mostrare la mercanzia
da vendere agli uomini che pagavano per averla; la fissò negli occhi azzurri,
notò i capelli rossicci raccolti in un’elaborata acconciatura piumata, poi soppesò
le forme generose e dovette riconoscere che era decisamente avvenente.
Lei rispose con un cenno del capo, mentre in un sussurro
appena percettibile disse di chiamarsi Frenchie, anche se il suo vero nome, ipotizzò
lui, era probabilmente Frances o Francine, poi gli rivolse un sorriso, badando,
però, che il suo padrone non la stesse guardando; altrimenti, suggerì uno
sguardo offuscato dal timore, dopo, dentro una delle camere al piano di sopra,
avrebbe dovuto fare i conti con qualche ceffone; perché in un posto come il
“Paradise Sacks” persino i sorrisi avevano un prezzo, ogni cosa era in vendita:
dall’whisky alle donnine di Billy Ray.
Il suo stomaco questa volta approvò la scelta del liquido
immesso: la minestra calda era decisamente meglio del solo alcool! Svuotò il
bicchiere e ripulì perfettamente il piatto, poi si alzò e si accinse ad
andarsene, evitando con prontezza un ubriaco che stava per finirgli addosso,
perché spintonato da altri due idioti che sghignazzavano in modo parecchio sconclusionato,
anche loro decisamente alticci.
Mentre inspirava l’aria pulita e fresca della notte
stellata, Sam sentì il rumore di una bottiglia infranta contro una parete, lo
scontato primo atto dell’immancabile rissa che sarebbe senza ombra di dubbio
seguita nel saloon; ma udiva il chiasso provenire come ovattato dalla porta
richiusa alle sue spalle, inoltre non erano di certo affari suoi, se qualcuno avesse
poi dovuto dormire sulla dura branda di una cella… Poiché lui stava per andare,
finalmente, a riposare corpo provato e mente stanca in un letto vero.
Premesse
Il passato del protagonista è essenzialmente quello
dell’anime, trasmesso in Italia nei primissimi anni ottanta, ma dato che io ho
ormai un’età e non ricordo esattamente proprio ogni minimo dettaglio, potrebbe saltar
fuori qualche inesattezza o incongruenza, così come ho sicuramente cannato
qualcosa nella scelta dei nomi propri. Inoltre, gli eventi raccontati possono
essere considerati 'alternativi' alla storia originale, ma non la stravolgono e
non hanno una precisa collocazione temporale in essa; però ho ugualmente
apposto l’avviso “What if? (E se…)” per scrupolo di coscienza, qualora ci fossero
altri antichi nostalgici come me che non riconoscessero i riferimenti dei personaggi
citati, oppure l’ambientazione diversa, dato che ho appositamente spostato Sam
dal New Mexico all’Arizona.
Per tutto il resto, è alquanto evidente che mi sia
ispirata al “Vecchio West”, prendendo spunto da situazioni viste in telefilm
del genere come “Alla conquista del West”, “La casa nella prateria”, “La
signora del West”, “Paradise”, da cui appunto ho preso a prestito il nome della
città; oppure film, che però sono troppi per segnalarli tutti, quindi mi limito
a citare la regia del Sommo Maestro Sergio Leone, ma anche John Ford e
Clint Eastwood.