Ryan e Jon hanno deciso di
andarsene dai Panic At The Disco. Questa è stata una notizia
che mi ha veramente spezzato il cuore, sembravano così
perfetti insieme, la loro musica è sempre stata capace di
farmi sognare, mi ha sempre tenuto compagnia, mi ha sempre aiutato a
sorridere.
Avevo bisogno di scrivere il modo in cui io vedo questo distacco, il
modo in cui spero avvenga; non so quanto sia verosimile il risultato e
non penso sia scritto granché bene, perché
è una cosa che ho scritto verso mezzanotte, ma dovevo
scriverlo.
Ho disseminato qua e là qualche citazione tratta da Pretty
Odd e AFYCSO, spero che coglierete e gradirete; spero che piaccia a chi
lo leggerà e che rincuori un po' tutti i fan che sono
rimasti amareggiati appena hanno saputo.
Mi piacerebbe che mi diceste cosa ne pensate (alias: sono
gradite recensioni, anche brevi, anche minime).
Grazie per leggere
Giax
Things
have changed
Era arrivato
il momento di salutarsi, era arrivato il momento in cui loro avrebbero
detto addio.
Non era giusto, non era così che dovevano andare
le cose. Avevano ambizioni, sogni, e dovevano realizzarli insieme.
C'era qualcosa di sbagliato, c'era troppa tristezza,
sembrava che avessero lasciato ogni cosa a metà. Ed era
così.
Dimezzati, divisi, separati. Brendon non riusciva a capire,
come poteva comprendere? Come poteva immaginare un futuro in cui lui e
Spencer sarebbero stati soli? Come poteva immaginare dei concerti
senza Ryan agitato nel backstage? Come poteva immaginare un'intervista
senza Jon e le sue infradito?
No, no, c'era qualcosa di sbagliato. Tutto era sbagliato.
E ora, loro pretendevano che lui uscisse da quella stanza,
li salutasse e permettesse che se ne andassero, che mettessero fine a
tutto quanto. Che mettessero fine a quella grande avventura che avevano
iniziato insieme, quella grande avventura che avevano chiamato Panic At
The Disco. Come poteva?
Ricordava ancora il giorno in cui aveva conosciuto Ryan.
Serviva un chitarrista per il gruppo che aveva creato con Spencer.
Quando l'aveva visto, aveva pensato Oh, Dio, questo ha problemi seri.
Perché Ryan era il ragazzo più timido
che conoscesse, ed era insicuro, ed non era a suo agio mentre cantava
al centro dell'attenzione di tutti, anche se "tutti" voleva dire solo
Spencer, Brendon e Brent.
E poi avevano sentito la sua voce, e Ryan aveva sorriso e
gli aveva lasciato il microfono, aveva lasciato che fosse lui a dare un
volto alla band, aveva lasciato che fosse lui a esprimere i sentimenti
che buttava giù in parole e note.
E Brendon si era sentito a casa, si era sentito parte di una
famiglia, si era sentito apprezzato, e anche amato, e aveva capito che
l'amicizia che li legava non sarebbe finita.
Poi Brent se n'era andato, ed era stato un pugno nello
stomaco.
Ma poi era arrivato Jon, e quello che inizialmente sembrava
un intruso, era diventato uno dei migliori amici che si potessero avere.
Ed erano diventati una famiglia, ancora, e l'amicizia li
aveva uniti. Si erano sentiti come se fossero le nove del pomeriggio e
i loro occhi fossero della misura della luna, e si sentivano bene
così come si sentivano.
E ora questo, un buco nero dove inizia lo shock, e l'acido
dello stomaco trova un nuovo modo per farti stare male.
Brendon prese a pugni il muro. Una, due volte, poi si
afflosciò a terra, la schiena contro il muro.
Oh, ricaccia indietro
le lacrime.
Non riusciva a trovare un solo buon motivo per uscire da
quel bagno.
Quando bussarono alla porta, non riuscì a
rispondere.
"Brendon, dannazione, esci di lì!"
Ryan si allontanò dalla porta e
sospirò; non era così che dovevano andare le
cose. Non poteva andarsene e lasciarlo lì.
Perché Brendon non riusciva a capire quanto fosse
importante per lui? Era cresciuto con loro, ma crescendo avevano preso
direzioni diverse, aveva bisogno di rendersi indipendente, di
staccarsi, di provare a vedere cosa poteva concludere da solo. Non
poteva più fare parte del gruppo, non si trovava
più in sintonia con loro, e Jon si era sentito nello stesso
modo.
Entrambi ne avevano bisogno, e questo non voleva dire che la
loro amicizia sarebbe finita lì.
Guardò Spencer e si sentì ancora di
più in colpa; lui non lo diceva, ma si sentiva triste tanto
quanto Brendon, e tradito.
Era così che dovevano sentirsi. Traditi.
Ryan respirò a fondo; era di questo che aveva
bisogno, aveva bisogno del perdono di Brendon. Aveva bisogno di
sentirsi dire che stava facendo la cosa giusta, il fatto che ora lui
fosse chiuso in bagno non lo aiutava. Per niente.
Brendon era sempre stato il più impulsivo, il
più sensibile, quello che odiava i litigi, quello che vedeva
il mondo come un posto magnifico dipinto con colori a pastello.
E questo era troppo per lui. Una rottura, qualcosa che non
poteva sopportare.
Ma, in nome della loro amicizia, doveva capire.
Non poteva comportarsi in quel modo.
Ricordava ancora quel pomeriggio, quando aveva vistro
Brendon per la prima volta, quando Spencer gliel'aveva presentato.
Aveva pensato: Oh,
Dio, questo ha problemi seri.
Perché Brendon era il ragazzo più
entusiasta e privo di freni che avesse mai conosciuto; era un missile
pronto a sfrecciare in qualsiasi direzione fosse libera, era energia
allo stato puro.
E poi l'aveva sentito cantare, ed era stato certo che quello
che doveva trovarsi dietro ad un microfono, davanti a tutti su di un
palco, beh, quello era Brendon. Ed era stato certo di potergli affidare
le sue parole.
Spencer continuava a guardarlo, senza fare nulla, e Ryan
abbassò lo sguardo. Erano cresciuti insieme, avevano
imparato insieme ad andare sullo skateboard e spaccarsi l'osso del
collo, erano andati insieme al loro primo concerto, avevano passato
insieme tutti i momenti importanti. La prima chitarra, la prima
batteria, la prima cotta, il primo bacio, la prima volta. Si erano
raccontati tutto, avevano condiviso gioie e dolori. Erano cresciuti
insieme.
Erano stati in un posto dove i pensieri potevano sbocciare
liberamente, e il tempo era fermo in un istante che sembrava non
esistere ed essere eterno, erano stati in un luogo che solo loro
sapevano potesse esistere, e sapevano che doveva essere così.
Quel luogo c'era ancora. Ed era questo che voleva dire a
Brendon.
Non stava dicendo addio, non stava voltando le spalle a
tutto.
Stavo soltanto cercando di capire chi era, stava cercando un
percorso da seguire. E questa volta aveva bisogno di essere da solo.
Per crescere. Per maturare.
Essere parte di un gruppo era bello, ma lui doveva imparare
anche ad essere Ryan, solamente e semplicemente, e il modo doveva
ancora trovarlo.
Andare. Per
vedere se posso catturare un sogno.
Spencer abbassò gli occhi a sua volta e si
sedette sul divanetto, di fianco a Jon. Non riusciva a guardarlo. Non
riusciva a non pensare che presto se ne sarebbe andato.
E non era che lo stesse odiando, come non stava odiando
Ryan, ma sapeva che gli sarebbe mancato.
Essere i Panic At The Disco era anche creare qualcosa di
meraviglioso insieme, lui, Brendon, Ryan e Jon. Tutti insieme.
Adesso tutti i suoi desideri sarebbero andati a picco come
pietre, scendendo giù solitari in un lago di malinconia;
niente di grave, solo che desiderava davvero tanto che restassero uniti.
Era stato incredibile come Jon era diventanto parte
integrante del gruppo. Come se ci fosse sempre stato, come se avesse
completato qualcosa di manchevole. Li aveva tenuti insieme come colla.
E ora se ne andava.
Ryan lo conosceva da sempre, non riusciva a ricordare niente
di importante nella sua vita in cui lui non fosse presente; Ryan e Jon
erano un po' gli opposti.
Quello che diede inizio a tutto e quello che
arrivò per ultimo, a completarlo. Capo e coda.
C'era stato un inizio, nella notte dei tempi, quando lui e
Ryan avevano iniziato a suonare nel garage con Brent e Trevor, ma non
aveva mai immaginato che potesse esserci una fine, non così
vicina almeno.
Non riusciva a trovare un senso, ma sperava almeno che ce
l'avesse.
Forse era un nuovo inizio, per tutti quanti;
Avrebbe pianto un po', l'avrebbe fatto volentieri, ma non
voleva farlo davanti a Ryan, che così faticosamente aveva
capito cos'era meglio per lui. E non voleva farlo davanti a Jon, che
gli sembrava così sperduto, a fissare la scena dall'altra
metà del divanetto.
No,
è molto meglio affrontare questo genere di cose con un senso
di disinvoltura e razionalità.
Come se questo aiutasse.
Quello che più gli rodeva era che capiva Ryan, ma
non Jon; non riusciva a non provare una punta di contrarietà nei suoi
confronti. Ora che Ryan li lasciava, perché se ne andava
anche lui?
Spencer aveva aiutato Ryan, l'aveva sostenuto, ascoltato,
consolato, sempre; era stato con lui a piangere, a ridere. Era stato
con lui a consolarlo riguardo a suo padre, riguardo alle ragazze,
riguardo a tutto. E ora, lui aveva bisogno di staccarsi, di farcela da
solo, e lui lo capiva.
Ma Jon? Perché doveva andarsene ora, dopo essere
entrato a far parte così bene, così
perfettamente, del gruppo?
Jon si grattò la testa, sentendosi in
difficoltà; la reazione di Brendon aveva tirato fuori tutto
quello che c'era da tirar fuori.
Tristezza, senso di colpa, delusione, paura.
Brendon si sentiva triste, vedeva quel momento come una fine
definitiva.
Ryan si sentiva in colpa, per quello che stava facendo,
anche se sapeva che doveva farlo.
Spencer si sentiva deluso, deluso nelle aspettative, deluso
nei sogni, deluso da un'amicizia che credeva troppo forte per
allontanarli in quel modo.
Lui aveva paura, una paura matta di ciò che lo
aspetta, ma anche una gran voglia di scoprirlo.
Se non fosse stato per Brendon, niente di tutto questo
sarebbe venuto a galla; si sarebbero salutati e ognuno avrebbe pensato
con rimpianto a ciò che non aveva detto, a ciò
che non aveva fatto, a ciò che invece avrebbe dovuto dire e
fare. Questo non toglieva che la situazione fosse carica di tensione.
"Pensavi davvero che ti avrei lasciato uccidere questo
ritornello?" sentì Brendon dire, attraverso la porta
"Perdere la sensazione di sentirci unici, capisci cosa intendo dire?
Queste parole hanno un significato per te?"
Ovviamente parlava con Ryan, stava usando le sue stesse
parole, parole che aveva cantanto così tante volte da farle
sue, parole che erano diventate magiche non appena erano uscite dalla
sua bocca la prima volta.
Sì, quella sensazione di benessere quand'erano
tutti assieme era magia, decisamente; ma erano mesi che non c'era, e
questo era un chiaro segnale che qualcosa doveva essere cambiato.
Qualcosa, qualcuno.
Aveva voluto bene a Brendon, a Ryan, a Spencer. E avrebbe
continuato a voler loro bene sempre. Ma a volte per preservare un
sentimento, è meglio allentare un po' le distanze.
Ryan guardò la porta, incredulo, dopo aver
sentito le parole di Brendon "Certo!" disse alla fine "Certo che ce
l'hanno, Brendon! Non sto dicendo addio per sempre, non ti stiamo
abbandonando!"
Jon si alzò e si avvicinò alla porta,
sotto lo sguardo stupito di Spencer e Ryan.
"Permettimi di esagerare un ricordo o due." disse Jon, e
poté sentire Brendon trattenere il fiato. Queste erano
parole sue, scritte di suo pugno. "Tutto quello che abbiamo passato, tutto quanto, dai
concerti, alle spacconate, alle pizze di Chicago alte tre centimetri,
alle risate, alle canzoni... tutto è stato magnifico. Io vi
ringrazio, ringrazio tutti quanti voi per questi momenti, non mi ero
mai sentito così bene con qualcuno; il fatto che ora io e
Ryan stiamo andando in cerca delle nostre strade, non significa che
perderanno di significato. Ci saranno ancora spacconate tra di noi,
ancora pizze di Chicago, ancora risate..."
"Ma non ci saranno canzoni." replicò Brendon, con
infinita tristezza "Niente più canzoni."
"Sono sicuro che tu e Spencer continuerete a..."
"No." disse Brendon, e Jon si fermò "Non mi
interessa cosa saremo o continueremo ad essere. Mi interessa cosa
stiamo perdendo."
"Non stiamo perdendo niente."
"Le canzoni." disse Brendon "Era la musica che ci univa."
"Non solo." questa volta fu Ryan a parlare "Brendon, noi ci
saremo sempre per voi, se vi servirà qualcosa; non
è un addio, è un arrivederci."
"E' la fine di una meravigliosa avventura." disse Jon "Ma
anche l'inizio di un'altra."
Passarono alcuni minuti, così pesanti da sembrare
ore, poi Brendon aprì la porta e si gettò addosso
a Jon e Ryan, abbracciandoli "Vi odio, vi odio, vi odio!" disse "Ma
telefonate. Tanto."
Jon sorrise "Ogni volta che posso."
Spencer si avvicinò al gruppo e si
sentì in dovere di abbracciarli a sua volta "Guardate che
l'avete detto: ci sarete sempre, qualsiasi cosa ci serva!"
"Già, l'ho detto." ammise Ryan, e sorrise.
"Inutile dire che quando troveremo un bassista migliore
morirai di invidia, J-Walk." disse Brendon, senza staccarsi dagli altri
tre "E inutile dire che quando ti accorgerai che non sei capace di
stare su di un palco senza di me, tornerai qui strisciando e implorando
perdono."
Ryan rise "Ovviamente."
"E inutile dire che due come noi non li troverete mai
più." aggiunse Spencer.
"Poco ma sicuro." ammise Jon.
"Le cose sono cambiate." disse Spencer "E va bene
così, siamo sempre gli stessi, siamo sulla nostra strada."
"Accidenti ai bivi!" esclamò Brendon.
Ci fu un secondo di silenzio "Quindi...addio." disse Brendon
"Addio ai Panic, così com'erano."
"Non addio." lo corresse Ryan "Arrivederci."
Si sorrisero, poi Brendon guardò l'orologio "Wow,
ce l'ho fatta: avete perso il volo. Mi sa che dovrete sopportarci
ancora per un po'!"
Ryan guardò l'ora, in panico.
"Fregato!" esclamò Brendon, e Ryan gli diede uno
scappellotto.
E fu come se niente fosse davvero cambiato.
"Però è il caso di andare." disse Jon.
Un altro abbraccio, qualche raccomandazione.
"Beh, tanto ve la vedete voi coi fan arrabbiati." fece
Brendon.
Prima che potessero uscire, Spencer saltò quasi
addosso a Jon "Ti perdono!" disse "Ti perdono per privarci del
bassista migliore che potremmo mai trovare, e anche della persona
migliore!"
"Shhhh!" disse Brendon "Così mandi a monte il mio
piano: non deve sapere che il prossimo bassista sarà
peggio di lui, o non morirà d'invidia!"
E così, i Panic non sarebbero più
stati gli stessi.
E così, quella notte, quattro ragazzi sarebbero
rimasti svegli a riflettere sul passato, speranzosi nel futuro.
THE END
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