Necessario antefatto: uno dei protagonisti di questa storia
è l'elfo Silevril, a sua volta protagonista di una mia
storia precedente Il
Tesoro di Ulmo in cui fra varie peripezie, un rapporto
burrascoso con i suoi genitori e una passione erotica nei confronti di
Finrod Felagund, instaura anche una relazione-non relazione con Laer,
una ragazza umana sulla ventina che fa la contrabbandiera sulla nave
del suo padre adottivo. Poichè Silevril è una
persona disturbata con un sacco di problemi alla fine scarica malamente
la povera Laer spezzandole il cuore. Dopo circa 50 anni i due si sono
rivisti, Silevril si è rifatto avanti, ma ha ricevuto
miseramente picche da una Laer sposata con due figli. Questo
è ciò che vi serve sapere per poter andare avanti
con questa storia, che è in ogni caso abbastanza slegata dal
resto e in cui gli altri personaggi protagonisti della saga in cui si
inserisce non saranno presenti se non nominati qualche volta.
Spero che questo prologo vi incuriosisca e che vi invogli a leggere
anche il seguito che cercherò di aggiornare in tempi umani.
Lasciate una recensione positiva o negativa che oltre a far piacere fa
anche migliorare.
Questa storia, inoltre, è dedicata ad Hareth e
alla piccola Maia.
Herenyon
Prologo
Mio
caro Finrod,
quando
riceverai questa mia lettera, io non sarò più su
questa terra già
da molto ormai. Il tempo che mi rimane è poco, le forze mi
abbandonano sempre più rapidamente e dettare queste poche
parole a
mio nipote mi costa una fatica che non avrei mai creduto possibile,
ma è necessario.
Sono
passati molti lunghi anni da quando mi salvasti la vita, in quella
cantina buia di Minas Tirith. Sessanta? Sì, credo che siano
sessanta, ma non riesco a esserne certa ormai, e il tempo sembra
scorrere molto lento e molto veloce , tanto che non so più
che
giorno è.
Non
che sia importante, certo. Deve sembrare così la vita a chi
è
immortale, me lo domando spesso. Lo domando a te, anche se non
potrò
udire la tua risposta.
Non
sai quanto io ti sia grata per l'amicizia che mi hai dimostrato, per
le lettere che mi hai scritto, per le visite che mi hai fatto, a me
che non ero nessuno se non una sciocca ragazzina ferita dalla vita.
Davvero, ti ho voluto più bene di quanto possa mai esprimere
a
parole e voglio dirti addio, con le mie ultime forze.
Ma
non è solo per questo che ti sto scrivendo. Certo lo saprai,
come al
solito, sei sempre riuscito a leggere in profondità dentro
di me,
meglio di quanto non facesse nemmeno il mio caro Galmoth.
Non
so come altro fare se non passare attraverso di te, amico mio, per
rintracciarlo.
L'ultima
volta che lo vidi, anni addietro, fui brutale, credo. Per quanto
fosse necessario, è stato sempre come un'ombra nel mio
cuore. Ho
amato mio marito, più di quanto non si possa esprimere a
parole, ma
se è possibile amare due persone allo stesso tempo allora io
ho
amato Silevril e lo amo ancora. Ti prego di dirglielo, quando lo
vedrai, e di dirgli addio per me.
Per
sempre tua amica,
Laer
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