Fatta di carta

di Miky_D_Senpai
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Come si scrive un libro? Potresti dirmelo anche tu. Lo sappiamo che sei uno scrittore in erba, aspirante tale, possibile stella della letteratura moderna.
Ma non esageriamo.
 
Bisogna scrivere, non è abbastanza scontato? Anche se a volte sarebbe meglio di no, non sai quanti sprechi di carta ci sono nelle librerie, libri stampati in troppe copie utilizzando una carta troppo spessa e scritte troppo colorate. Se non hai capito di che libri sto parlando, vai nella sezione “schifo” della tua libreria di fiducia a contemplare quanti poveri alberi sono morti per diventare la carta igenica della letteratura.
Non parlo solo di quei poveri adolescenti che hanno già raggiunto un certo livello di fama e che per questo vengono sfruttati per guadagnare moltitudini di denaro sopra la loro faccia. Evidentemente parlo anche di libri che escono da menti geniali, forse poco brave a connettere adeguatamente il sistema cervello-mano. Un po' come il mio scrittore: per tirar fuori questo sputo di “trama” (che sarei io) ci ha messo mesi.
Quindi mi correggo: bisogna scrivere BENE, non solo grammaticalmente, purtroppo non basta azzeccare qualche congiuntivo (se il tipo dietro la tastiera ne sbagliasse uno, io non l'avvertirei, ci facciamo due risate).
Bisogna sapere cosa si vuole portare: ciò che amiamo o ciò che piace al pubblico? Scordati il fanservice. Ho sentito di molte brutte esperienze e sinceramente voglio che i tuoi pantaloni restino al proprio posto. Se ti piacciono certi generi allora esci da questo corpo, da Google, dalla stanza e, per favore, non tornare indietro. Io vado a sedermi in quell'angolino buio della pagina per un pochino.
Ma poi quale dovrebbe essere il nostro pubblico? Mai, mai scrivere pensando prima a chi debba arrivare il libro che stai scrivendo.
Per uno scrittore che ha appena passato la pubertà e qualche esame universitario, il “bersaglio” potrebbero essere principalmente i coetanei, persone più piccole o poco più vecchie. Giusto? No? Sì, mi sbaglio. Mi sbaglio perché non sono un libro “sacro”, sono una trametta qualunque e posso permettermelo. Facciamo un esempio: libri per bambini, quelli colorati e quasi privi di parole, sono fatti da persone più vecchie di te (tu che leggi su di un sito), aiutati magari da psicologhi e professori che ne decorano ancora più saggiamente la carta. Oppure i libri storici: frutti di uno studio che, alle volte, dura molto di più della loro stesura effettiva, di quella storia romanzata che ne diventa un mero contorno.
Ma non siamo più scarsi di fantasia, né di impegno e non avremo un target.
 
Quindi se pensi che per scrivere un libro bisogna prima di tutto pensare a qualcuno in particolare, scrivi una lettera a tua sorella, comincia un diario o fai al posto dei tuoi genitori la lista della spesa, così avrai sicuramente raggiunto il tuo obiettivo. Se invece non vuoi avere questa soddisfazione, comincia a contare i procioni. Perché i procioni ispirano più di un tramonto d’autunno, tra le foglie rosse e il tepore del sole che ti saluta prima di schiantarsi al suolo (terrapiattisti ne abbiamo?). Soprattutto se vuoi scrivere un libro nella sezione nonsense del tuo sito di storielle strampalate preferito.
Sbrigati che dobbiamo intasare le librerie con le nostre parole, con trame avvincenti, personaggi che devono far immedesimare in loro il lettore, dargli sogni e ambizioni, uno scopo, una speranza.
E poi gliela dobbiamo togliere ingiustamente nel più ingiusto dei colpi di scena, nel più meschino dei twist di trama e con un bel tradimento morale dello scrittore verso i suoi fidati fan.
 
Ehi lettore, qui puoi stare tranquillo.




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