Un giorno, una scomparsa

di Sarren
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 Oggi il mio gatto non è tornato a casa.

 È un gatto molto affettuoso, ama giocare e farsi accarezzare. Spesso si mette a miagolare e non smette finché non gli si presta attenzione. È abitudinario, un po’ pigro e anche un gran goloso. Ogni mattina entra presto per fare colazione insieme a noi, a pranzo non manca mai per raccattare qualche bocconcino di cibo, lo stesso per la cena. La sera lo mettiamo fuori a dormire, ma lui fa di tutto per intrufolarsi dentro. Non è il tipo di gatto che si allontana tanto dalla casa.

 Ieri sera io ero uscito. Ogni volta che torno tardi, alla sera, lo trovo sempre dall’uscio di casa che mi aspetta. Chiede di entrare insieme a me ed è pronto a fare ogni moina per riuscirci. Ieri sera non c’era. “Strano” ho pensato tra me; niente di più. Se c’era qualcosa di più non ci ho voluto pensare. “È un caso, solo un caso” mi sono detto. Un caso può sempre accadere.

 La mattina, a colazione, lui non c’era. In casa non abbiamo detto niente in proposito. Nulla di più di un "strano che non si sia ancora visto". Ma a ogni ora che passava continuavamo a chiederci a vicenda "hai visto il gatto?". La risposta era sempre no.

 A pranzo lui non c’era. Finito di mangiare siamo usciti in giardino a cercarlo. Abbiamo chiamato ad alta voce il suo nome, abbiamo emesso quel suono a labbra strette, quasi privo di vocali, come dei rapidi bacini, che usiamo per attirarlo. Siamo usciti a passeggio per la via dove abitiamo e per quelle vicine, sempre ripetendo quel suono. Lui non c’era.

 "Mi sa che non torna più". Non ricordo chi l’abbia detto, alla sera, mentre mangiavamo. Non ricordo, del resto era quello che pensavamo tutti dentro di noi.

 Intercalando il richiamo dei bacini al suo nome, ho messo fuori gli avanzi di stasera nella sua ciottola. Avanzi prelibati per un gatto, di bistecca, tagliati a piccoli bocconi perché possa mangiarli facilmente. Domani quella ciottola sarà ancora piena?





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