C'era
stato un momento in cui la lingua comune e la lingua divina erano la
stessa cosa. E chiunque avesse avuto le capacità giuste, non
importava la sua natura, poteva sfruttarla per plasmare l'ambiente
attorno a sè.
Nei
limiti imposti dalle leggi della materia, s'intende.
Tuttavia,
tempo fa, c'era stato un popolo che era riuscito a piegare il potere
della voce in modi sorprendenti, anche grazie a una certa
interferenza esterna che, ormai, tutti conoscevano bene.
Soprattutto
per la storia dell'esilio nell'altra faccia del mondo.
Kukui
alzò lo sguardo verso il cielo grigio acciaio, che continuava a
riversare sull'isola il suo carico di pioggia, per poi osservare dal
portico in pietra le gocce d'acqua infrangersi sulle grandi pozze del
giardino.
Sì,
la ricordava bene quella storia.
Tempo
fa, la via della Voce insegnava alle razze dotate di raziocinio come
raggiungere la vera realtà, ciò che si trovava oltre al fenomeno,
per poi arrivare all'illuminazione.
Il
vero nome di tutto, la parola prima con cui tutto era stato plasmato
dal caos semplicemente nominandone l'idea.
Ma
c'è stato un momento in cui la via della Voce ha permesso abusi di
potere di vario genere, e per questo se ne è persa quasi traccia. E
quel poco che è rimasto di quell'antico sentiero era talmente
difficile da percorrere, per gli uomini, che a volte solo con l'aiuto
del Tapu poteva essere esplorato.
C'era
chi, come lui, continuava quella tradizione. E, nel tempo, s'era
formato un ordine, quello dei Vae'nder.
E
mentre la gente comune sfiorava soltanto quel mondo oltre il
percettibile per dedicarsi ad altri lavori, loro studiavano. E
meditavano.
E
chi si distingueva tra loro, poteva entrare nel Consiglio e
governare.
Quando
il freddo della pietra intorpidì del tutto le sue gambe, il ragazzo
si decise finalmente di alzarsi e stiracchiarsi, per poi voltarsi
verso l'interno della struttura e cominciare a incamminarsi verso il
suo centro.La
tunica bianca, forse troppo larga per uno come lui, produceva brusii
particolari ogni volta che sfiorava la pietra o qualche scarno
mobilio, ma Kukui non ci faceva troppo caso.
Percorse
il corridoio fin dove s'intersecava col chiostro del quarto quadrante
del monastero, zona che corrispondeva alle camere dei Vae'nder
apprendisti come lui.
Posò,
per un momento, le dita della mano destra sulla fredda parete e si
voltò verso il centro del chiostro: per qualche strana ragione,
forse legata al Tapu, lì in mezzo durante le prime costruzioni vi
erano cresciuti due alberi di Koa* intrecciati fra loro e, a forza di
crescere, in quel momento le loro fronde coprivano l'intero spazio
aperto.
Il
ragazzo chiuse gli occhi per un momento: ogni occasione era buona per
carpire i discorsi del mondo e apprendere ancora un poco.
Odore
di pioggia e della terra che si bagna. La roccia fredda e morta che
vibra al percepire il passo del
tempo.
Le
foglie degli alberi che cantano al passare del vento. La pioggia che
sul legno e sulla pietra dà il ritmo alle parole.
Il
mare in lontananza che priva ai suoi figli sogni sereni, le onde che
restituiscono alla sabbia ciò che un tempo era nascosto.
Aveva
tanto di cui riportare al Tapu, pensò Kukui mentre scendeva giù,
nelle viscere del Monte Lanakila, verso il cuore pulsante dell'isola,
dopo che al centro della struttura dell’ordine gli fu dato il
permesso di scendere.
Dopo
la comparsa dei tre ragazzi senza memoria, la vita a Ula Ula non è
stata più la stessa: prima gli incubi dei marinai, poi l'oceano che
ributta, non si sa come né perché, sulle spiagge ragazzi mai visti
e con tratti fin troppo esotici.
Kukui
si legò i capelli neri e alzò le vesti da terra prima di affrontare
la scala a chiocciola finale: fra radici di piante, terriccio e gli
scalini scivolosi e usurati dal tempo, la discesa poteva risultare
fin troppo difficoltosa, addirittura fatale senza prestare la dovuta
precauzione.
L'unica
nota positiva -o almeno, lo era per lui- erano le escrescenze
luminose sulle stesse radici, manipolate dai primissimi Vae'nder a
partire dai funghi di Morellul e Shiinotic.
La
scala, dopo interminabili minuti, poco a poco prese ad allargarsi in
maniera graduale. Segno che stava per arrivare.
Mentre
s'aggrappava a una radice per non scivolare, Kukui prese nota nella
sua mente di ringraziare Plumeria e i suoi cugini per tutto quello.
Lui
aveva trovato i naufraghi sulla spiaggia, ma era stata lei a offrirsi
per stabilizzare le loro condizioni, permettendogli di dedicarsi alle
indagini e a calmare le acque, smosse da quelle comparse inaspettate.
Infine,
durante le riunioni del consiglio, i suoi tre cugini avevano convinto
i loro colleghi a interpellare direttamente il Tapu.
Kukui
ricordava bene quel momento, dato che era presente a quell'incontro
tenutosi nel giardino centrale, anche se assisteva solo da un
angolino buio.
E
non era stato l'unico a sorprendersi quando il vecchio Augusto, la
guida di tutti loro, non aveva pensato di andare egli stesso da Tapu
Bulu.
Il
vecchio Vae'nder, la riluttante guida dell'intera Ula Ula, aveva
deciso di mandare lui, un ragazzo, fino al cuore della terra,
seguendolo solo spiritualmente.
A
quanto pare, lui aveva ritrovato i tre naufraghi e lui doveva
riportare la sua versione dei fatti al Nume. Personalmente.
Mentre
giungeva all'ingresso sigillato che conduceva verso l'ultima sala,
Kukui si ritrovò a pensare a quella decisione peculiare e,
istintivamente, tese le orecchie per captare eventuali altre
presenze.
Ma
se non usava la Voce, non gli era possibile determinare se
effettivamente Augusto aveva mantenuto la parola e stesse in
disparte, a osservarlo come spirito non percepibile.
Ma
non aveva motivo di dubitare di lui, in fondo.
Indi
per cui, con una certa cautela, si avvicinò in punta di piedi al
masso biancastro che fungeva da ultima soglia e si scoprì le
braccia, completamente coperte da neri disegni, direttamente
scarificati sulla pelle bruna e screpolata per via dell'eccessiva
esposizione solare.
Disegni
che assunsero tutt'altra sfumatura quando il giovane posò prima la
mano sinistra sulla nuda roccia e poi la destra, quasi ad angolo
retto rispetto alla prima, e iniziò ad aprire la porta.
Kukui
inspirò per rilassarsi, concentrarsi, cercare con calma di
ricontattare quella capacità che con tanta fatica cercava da sempre
di padroneggiare.
Chiuse
gli occhi. Inspirò. Espirò.
La
Voce, forse grazie anche all'ambiente ricco di energia in cui si
trovava, subito rispose al richiamo: come uno Jiaolong** che riemerge
dagli abissi, questa strisciò leggera dal ventre fino a risalire,
gentile e potente, lungo la trachea, per poi spingere e gorgogliare
una volta arrivata alla bocca, impaziente di essere liberata.
Il
giovane Vae'nder sospirò e, con timida prudenza, cadde in una tenue
e dolce trance e a rilasciare il suo potere, mantenendo quel poco di
lucidità utile per controllare il diaframma.
Sebbene
le basi per il controllo della Voce le desse la lingua comune,
una volta trasportata a un piano più profondo essa perdeva tutto ciò
che fosse riconducibile alla materia superficiale e alle parole
comuni: si parlava una lingua-non-lingua, simile più a un canto
continuo che trasportava la mente verso lidi ben più lontani di quel
mondo fatto di polvere e fango.
Ed
era quello che stava succedendo alla psiche e allo spirito del
ragazzo: risaliva col canto lungo le radici degli alberi e lungo i
loro tronchi, fino a raggiungerne le fronde e farle stormire.
Attraversava la pietra fredda e solida per ricongiungersi con
l'essenza, mutevole e stabile allo stesso tempo, della terra. Sopra
di sé sentiva lo sferzare del vento contro il proprio dorso e i
propri alberi; percepiva all'interno lo scorrere dell'acqua. Se
prestava un pochino più attenzioni alle immense profondità del
mondo sotto di lui, poteva quasi sentire l'energia latente del fuoco,
che scorreva come sangue.
Permeava
l'ambiente attorno a sé in maniera così intima da riuscire perfino
a percepire la lieve presenza spirituale del proprio maestro. Per cui
non si stupì se, col canto, riuscì a sentire il cambiamento nella
pietra dell'ingresso. Sotto i polpastrelli del ragazzo s'erano
diramati piccoli fasci simili a radici fatte di luce fioca, di varie
sfumature di bianco, che presero a formare disegni e schemi dalle
curve e dagli spigoli più disparati, a seconda della natura della
roccia, quasi a formare una sorta di fiore.
Il
Vae'nder non interruppe né la sua trance né il suo canto:
semplicemente, con garbo ruotò in senso orario le mani, lentamente,
senza fretta. La roccia seguì con altrettanta semplicità il
movimento.
Una
volta liberato il passaggio, lo spirito e la mente del ragazzo
ritornarono con calma all'interno del corpo: una volta che tutto fu
al suo posto, il ragazzo terminò gradualmente il suo canto-discorso
e si risvegliò.
Davanti
alla voragine nera che gli si prospettava davanti dopo aver fatto
scorrere la porta in pietra nella sua apposita cavità, Kukui non
poteva fare altro che sollevare lo sguardo, riassettarsi le vesti ed
entrare nell'oscurità a testa alta.
Appena
s'immerse nella buia e silenziosa sala, sentì subito il rumore della
pietra muoversi dietro di lui. Non provò neanche a voltarsi: tempo
un istante che la porta si richiuse dietro di lui, lasciandolo solo
con l'oscurità, la vaga presenza del suo maestro, e l'ambiente che
riusciva a percepire col resto dei sensi.
Kukui
non provò paura, sapeva che se qualcosa fosse andato storto avrebbe
trovato una soluzione.
Era
pure consapevole che questo non voleva dire perdere la
concentrazione, specialmente se era entrato in un territorio non suo.
Specialmente se non era previsto che un inesperto come lui entrasse
lì.
Tese
le mai a fianco a sé, allargò le dita, riprese a far fluire la Voce
attraverso di sé, tramite un mormorio sommesso, basso e continuato.
Sentiva attorno a lui la pietra, le radici e le piante rampicanti, la
terra e l'acqua gocciolante rispondere a quel richiamo e vibrare per
il canto che modulavano in risposta.
Il
Vae'nder procedeva con calma, a palmi aperti e rivolti verso
l'esterno, continuando la sua preghiera mentre raccoglieva la
moltitudine di risposte dell'ambiente e farne un'unica cosa.
Sentiva
le scarificazioni sulle braccia pulsare e illuminarsi debolmente per
l'energia che lui stava esercitando, dentro e fuori di sé: percepiva
il calore che ne derivava che si allargava sulle spalle, sulla
schiena, sul petto, a formare disegni che avrebbe visto solo una
volta terminato il rito.
Fu
quando il calore e l'energia raggiunsero il cuore che Kukui lo sentì
palesarsi.
Accanto
a lui, lo spirito di Augusto prese forma di un etereo canide dalle
molte code, tanto simile ai messaggeri sacri che abitanvano il picco
gelido del monte*** sopra di loro, ma non era la sua aura che
influenzava così tanto lo spirito del giovane Vae'nder.
Era
quella del Nume.
Ovviamente,
nella semi-oscurità, rischiarata solo da deboli luci prodotte dagli
effetti della Voce e dallo spirito, la vista da sola non poteva
percepire la presenza incorporea del Tapu.
Ma
con il canto... era come se, di fronte al ragazzo, ci fosse una forma
che irradiasse tutt'attorno a sé un'energia dai colori della
foresta, che sapeva di umido, di dolce, di pioggia e di terra. Di
vita.
Senza
movimenti bruschi, Kukui si abbassò fino a terra, per poi sedersi
sulle gambe. Riducendo il canto a un flebile sussurro, portò le mani
sulle ginocchia.
Sentiva
Tapu Bulu avvolgerli entrambi e girar loro intorno, come una sorta di
danza che solo lui conosceva il senso. E, nel frattempo, rivolgeva
loro domande, sensazioni, impressioni.
Kukui
era abbastanza certo che quel parlare senza parole fosse un modo per
il Nume di spingere a migliorarsi i Vae'nder che si rivolgevano a
lui, una sorta di occasione per esercitarsi in più.
Sentì
lo spirito Bulu sfiorarlo con una domanda: era curioso su cosa
pensasse il ragazzo riguardo al motivo
per cui lui era laggiù.
Rispose
facendo fluire i ricordi dei naufragi che aveva trovato, uno assieme
anche a un'amica. Rispose
con le stranezze che stavano colpendo i sogni degli abitanti, con
quello che lui vedeva attraverso visioni oniriche. Cose e creature
presenti in terre lontane, esseri dalle anatomie bizzarre esplorare
guardinghi il mondo al di fuori di Ula Ula. Ma, soprattutto, rispose
con l'impressione che le loro auree, i loro spiriti, fossero in
qualche modo corrotti, alcuni forse addirittura sbagliati.
Erano
esseri orribili, sì, ma il ragazzo ancora non comprendeva bene la
loro natura. Forse era per questo che era là sotto: per tutti quegli
indizi e situazioni fuori dall'ordinario.
Un
istante di silenzio interiore da parte del Tapu, poi fu il suo turno
di replicare.
Prese
il suo spirito e lo portò lontano da quell'oscurità, lontano da
quella sala, lontano dal mondo materiale. Abbandonando i loro
involucri di carne, gli fece sfiorare la forza del mare, la libertà
del vento, la furia del fuoco, la potenza latente della terra. Per un
momento, il ragazzo guardò il mondo dagli occhi del Nume: un
coacervo di ordine e caos, di elementi in costante contrasto e unione
fra loro, un'entità dormiente in perenne equilibrio.
Per
un solo istante, Kukui sfiorò l'essenza di tutto il suo mondo: solo
per quell'istante, percepì cosa volesse dire avere un corpo fatto di
terra, magma e pietra e sangue fatto di fuoco, sferzato continuamente
da correnti marine e da venti impetuosi che scalfiscono la solida
pelle. Fu quasi lì lì a scoprire l'intero senso di tutto ciò che
stava succedendo, a scoprire il nome e l'essenza di tutto ciò, a
farsi avvincere dall'idea alla base del suo mondo.
Ma
riuscì solo a percepire miriadi di ferite, di cose lacerate e
doloranti, di cose spezzate e putrescenti, prima che due forze lo
tirasse indietro per ributtarlo brutalmente nel suo misero e piccolo
corpo.
Kukui
boccheggiò, senza fiato; per non crollare in avanti a peso morto
poggiò le mani sulla fredda pietra.
Il
suo canto era terminato e, stanco e senza aria, non era sicuro di
avere le energie per continuare. Riuscì a scorgere appena la figura
dello spirito di Augusto, ritto sulle quattro zampe e all'erta,
pronto per soccorrere di nuovo l'allievo.
Il
dolore che hai sentito è quello che sentiamo noi ogni volta, da
tempo a questa parte
sussurrò una voce nella sua mente. Kukui non faticò a ricollegarla
a quella del Tapu. Intuì che quest'ultimo avesse percepito la sua
fatica, per questo scelse un canale di comunicazione più semplice.
Chi
siano “noi”? Siamo coloro che rappresentano ogni elemento e ogni
concetto di questo mondo, chi più e chi meno. Siamo in tanti, più
di quanto tu creda. C'è un noi più specifico di così: siamo un noi
che derivano dagli elementi primigeni e vigilano su parte di loro, ma
siamo anche i vostri patroni. Venite.
Kukui,
confuso, volse lo sguardo verso l'anima del suo maestro, che aveva
incominciato a muovere qualche passo in avanti.
Con
il corpo che era tutto un dolore, il ragazzo si alzò lentamente e lo
seguì, esitante, lasciandosi guidare da lui e dalla voce.
Il
resto di noi patroni prima si faceva sentire poco, ora non più. Sono
muti.
Gli
elementi che hanno dato loro vita non cantano più per loro, perché
il legame tra loro è stato reciso, portato via.
E
sono solo, ora. So che capiterà che anche il mio legame con la terra
svanirà, ma comincio ad accettarlo. È necessario. Ma credo di
essere l'unico a pensarlo, ed è orribile.
Quelle
presenze non sono tutto il problema: qualcosa di più grande di noi
sta venendo, ma non ne comprendo la causa. So solo che la terra è
ferita perché il suo equilibrio sta cambiando. Qualcuno dovrà
andarsene fuori da qui con quello che resta del mio legame. Perché
non posso muovermi dall'isola, quelli come me possono agire solo su
ciò che proteggono.
Il
Vae'nder seguiva quel discorso come poteva: il terreno cominciava ad
andare in salita, in lontananza, quasi sopra di loro, sembrava
esserci un piccolo punto di luce. Percepiva appena la presenza dei
due spiriti accanto a sé e delle pareti che si restringevano attorno
a loro. Poco a poco, il terreno e le pareti curvarono, e Kukui ebbe
l'impressione di star salendo su un sentiero a spirale.
Spuntarono
fuori dal cunicolo e si ritrovarono a valle del Monte Lanakila, in
una radura della Foresta Haina****.
Nel
cielo notturno le stelle già brillavano, immerse in uno spazio
sfumato e multicolore, dal nero al blu al viola più chiaro. Kukui si
chiese se un giorno qualcuno sarebbe stato in grado di volare fin
oltre la volta celeste, per raggiungere quella parte di galassia
che lui, in quel momento, stava osservando.
Lo
spirito di Augusto gli fece cenno di andare avanti, il ragazzo
rivolse lo sguardo verso quello che sembrava l'obiettivo del Tapu,
che aveva nel frattempo acquisito la sua forma corporea.
Il
Nume stava girando lentamente attorno a un monolite in pietra, non
più alto di un uomo medio, suonando nel frattempo la campana che
aveva attaccata alla coda.
Ma
il ragazzo non ci fece troppo caso: come trasognato, s'avvicinò al
masso e allungò la mano sinistra verso l'oggetto posto lì in mezzo.
Era
un cristallo di colore verde vivo, luminoso di luce propria,
circondato da larghi solchi nella pietra e dal disegno di un
triangolo rovesciato e diviso a metà da una linea. Solchi e disegni
erano come riempiti da sottili venature verdi, come se l'energia
della pietra permeasse interamente il monolito che l'ospitava.
È
questo il mio legame
sussurrò nella sua mente il Tapu.
Esiste
da quando esisto io, rappresenta me, l'elemento che proteggo e anche
il passato della tua gente. Ma, a quanto pare, tra un po' quest'isola
non sarà più il suo posto adatto.
Fuori
da qui, il legame dovrà trovare un posto dove il proprio potere sia
amplificato, dove possa unirsi agli altri legami. Il come... il come
è come la Voce. Posso indicare la strada, quando verrà il momento,
ma percorrerla è tutt'altra cosa.
Kukui
osservò il Nume senza fiatare, stava elaborando ciò che gli era
stato riferito e le sue possibili conseguenze.
Per
questo gli vennero subito spontanee le domande “perché?”
e “morirai?”
Lo
spirito protettore si protese verso di lui, fino a che non riuscì a
guardarlo negli occhi. Il ragazzo non era gran che sicuro di riuscire
a reggere quello sguardo pieno della stessa luce della pietra:
deglutì, almeno ci avrebbe provato.
Sento
qualcosa che è stato lacerato. È stato commesso un errore tanto
tempo fa, forse è stato diviso qualcosa che doveva rimanere unito.
Non so, questo va oltre ciò che mi è dato conoscere. E...
A
quel punto, il Tapu reclinò leggermente la testa di lato.
Ci
sarà un momento in cui la mia funzione di protettore cesserà di
avere senso. Quando quel momento verrà, la mia individualità si
dissolverà e verrà assorbita dall'essenza della terra stessa.
Te
ne renderai conto.
Tornerò
alle origini e rinascerò con nuove vesti, se ci sarà bisogno. Non
significa morire e nascere nuovamente, significa solo che cambierò.
Sarà un viaggio che noi tutti faremo assieme.
Kukui
non rispose: distolse lo sguardo per guardare lo spirito di Augusto,
che annuì sicuro, per poi tornare a guardare il cristallo.
Cominciava a comprendere il perché era stato chiamato assieme al
maestro lì. La cosa lo riempiva di terrore e meraviglia.
Viaggiare.
Ma, ripensando ai tre naufraghi, ai loro piccoli tesori, a ciò che
questi significavano, sentì la tensione allentare la presa sul suo
cuore.
Non
sono e non sarò solo io. Sarà un viaggio che faremo insieme. Io e
loro e tutto il resto del mondo.
Lo
faremo insieme.
Noi.
Note
Autrice:
No,
non mi sono scordata di questa storia, al contrario.
Ultimamente,
fra università e problemi annessi, più tante altre cose da
fare/scrivere/metter su, non ho avuto proprio la possibilità di
tirare fuori qualcosa di decente.
E
durante l'estate? Bhe, world-buildind. E cioè?
Ho
tirato su tutto l'universo in cui questa storia e relativo seguito
saranno ambientate. Sembrerà una banalità, ma non lo è: l'arco
narrativo della serie (si può considerare così?) copre soltanto la
primissima era del suddetto universo, che verrà conteggiata come
“periodo 0” rispetto alla linea temporale considerata “reale”.
Che... sì, è composta da tre ere.
Una
bella robetta insomma. Ora che questa storia è completa, quando ci
sarà il seguito diretto? Quando si entra nel vivo dell'azione?
Eh,
boh. C'è da rifinire lo scheletro della trama, sviluppare gli eventi
primari e abbozzare i secondari, bilanciare cose, rifinire
creature...
Non
voglio di nuovo far scorrere mesi fra un capitolo e l'altro, quindi
più materiale c'è in background e meglio è. In ogni caso, non
lavorerò solo su questo, quindi bazzicherò comunque qua in giro,
ogni tanto.
Non
mi resta altro che lasciare alcuni riferimenti doverosi. Bye!
*tipico
albero hawaiiano:
https://it.wikipedia.org/wiki/Acacia_koa
**Il
nome Jiaolong è, in parte, riconducibile a Gyarados. Non credo sarà
infrequente che nel corso della prossima storia i protagonisti e gli
altri personaggi chiamino i Pokémon con nomi diversi da quelli
ufficiali, ma saranno fenomeni abbastanza isolati o almeno si spera.
***Riferimento
-forse pure scontato- ai Ninetales Alola.
Ma
quindi, ci saranno pure le forme Alola anche nella long successiva?
Nì. Alcune hanno senso di esserci (come per l'appunto Vulpix e
Ninetales, visto che compaiono durante le prime colonizzazioni di
Alola da parte degli umani). Altre un po' meno, come nel caso di
Meowth e Persian: queste sono “comparse” grazie agli allevamenti
che i reali di Alola hanno compiuto sulle specie originarie.
Non
avendo qui ancora un governo simile, la presenza di simili varianti
sarebbe forzata.
****zona
boschiva che nei tempi “odierni” del gioco si è trasformata in
deserto. Non credo che la presenza di una foresta preistorica sia
confermata nei giochi, tuttavia l'ambiente desertico non è proprio
il migliore se si vuol parlare di vita, di terra fertile e di uno
spirito legato anche alla vita vegetale :'