"Nicola, cosa ci fai qui?"
Quando l'ho visto,
lì, fermo davanti al portone di ingresso mi sono resa conto che
la rabbia che sentivo di provare nei suoi confronti sia passata in
secondo piano. Perché Nicola è qui, il mio Nicola è
tornato da me e nemmeno la consapevolezza di averlo a pochi passi
riesce a farmelo credere.
Nicola non risponde
sùbito e il suo sguardo rimane a lungo su di me, come se volesse
imprimere ogni dettaglio del mio viso nella sua mente. Sono passati
mesi dall'ultima volta che ci siamo incontrati e i cambiamenti sono
piuttosto evidenti. Nicola è cambiato, almeno esteticamente
parlando; ha tagliato di poco i capelli, portandoli un po' spettinati,
in un doppio taglio, e ha accorciato la barba. Il suo aspetto sembra
molto più curato, non che lui sia mai stato trasandato, eppure,
c'è qualcosa che mi fa presupporre che i cambiamenti in lui non
siano solo fisici.
Rimango, allora, ad
aspettare che parli, in attesa e infastidita. Comincia a far freddo e
pur di non congelare ho fretta di avere una risposta, quindi torno a
porgli la domanda, con fermezza.
Nicola, a quel
punto, porta le mani nelle tasche del cappotto scuro che indossa.
Incassa il collo, come a volersi proteggere da una folata di vento e io
mi rendo conto che lo trovi tenero.
Poi mi sorride, in quel modo che è solo suo, incastrando il labbro inferiore tra i denti.
"Non mi fai entrare?" domanda, facendo segno all'ingresso dietro di noi.
Improvvisamente,
comincio ad analizzare la situazione con la giusta lucidità:
perché Nicola è tornato dopo essere partito con una
stupida lettera a spiegarmi e, adesso, non può venire qui e
credere che sia tutto come sempre.
"Dovrei?"
Lui scuote il capo,
divertito, allargando le braccia come per enfatizzare il concetto. "Fa
parecchio freddo qui fuori, non trovi?"
E allora io lo
guardo e mi viene da pensare da quanto tempo sia qui ad aspettarmi,
visto le sue guance e il suo naso arrossati. E mi rendo conto
che, mentre sbuffando gli faccio spazio verso il mio appartamento, lo
lascio entrare solo perché mossa da un senso di compassione. Ma
Nicola sorride vittorioso come se avesse ottenuto il suo principale
scopo.
Non appena entra in
casa, mi sembra di ritornare indietro nel tempo, quando accoglierlo tra
queste quattro mura era la normalità, e lui deve pensare la mia
stessa cosa mentre ci lasciamo andare ad un'espressione malinconica.
Chiudo la porta dietro di me, osservandolo muoversi nell'appartamento a
suo agio: Nicola è stato così tante volte qui dentro che
conosce ogni millimetro di questo posto.
Eppure, mi rendo conto che, saperlo qui, sia una sensazione a cui non
sono più abituata. Se un tempo avrei trovato la sua intrusione
rassicurante, adesso mi appare quasi fastidiosa.
Così, mentre lui si guarda intorno interessato, mi avvicino, ansiosa di avere delle risposte.
"Allora?" domando con fare sostenuto. "Mi dici che sei venuto a fare?!".
Nicola si volta verso di me, appoggiandosi al divano dietro di lui, pensieroso.
"Ti ho mandato una lettera..."
"Oh sì!" replico, asciutta. "Quello stupido pezzo di carta con il quale mi spiegavi te ne fossi andato?".
"Anita..." mi rendo conto che il suo tono sia quasi supplichevole. Ma
dopo la giornata che ho avuto, Nicola, adesso, è proprio la
persona più adatta sulla quale scaricare la mia rabbia.
E mentre lo osservo abbassare lo sguardo colpevole, capisco che non ha
intenzione di placare in nessun modo il mio fiume di parole. Questo
è un confronto che è rimasto in sospeso da troppo tempo.
"No, Nicola, non puoi tornare qui dopo mesi, pensando che sia tutto
come prima. Hai idea di quanto io ci sia stata male? Eri il mio
migliore amico e quello che hai saputo fare è stato scrivere
un'insulsa lettera. Avrei voluto che tu, certe cose, me le dicessi in
faccia e non nascondendoti dietro un foglio di carta!."
Nicola, dopo le mie parole, muove un passo nella mia direzione, ma io
mi impongo di imporre quanta più distanza tra noi, quindi,
quando lui cerca di avvicinarsi, mi allontano.
Riesco a scorgere la delusione farsi spazio sul suo viso, ma non poteva aspettarsi che gli saltassi al collo, entusiasta.
È innegabile che dentro di me si stiano insinuando emozioni
contrastanti, ma adesso è la parte più ferita di me ad
agire.
"Anita..."lui richiama la mia attenzione. Nicola sospira, portandosi
una mano tra i capelli, è chiaro sia determinato a dimostrare le
sue ragioni.
"Come pensi potessi dirti quelle cose quando sapevo del tuo rifiuto? Io
ti amavo ma ero consapevole che tu non ricambiassi, quindi, dimmi come
avrei potuto? Era già doloroso di suo".
Forse sarò stata egoista, ma non mi ero mai soffermata a pensare
a cosa avesse potuto provare lui. Dopo le sue parole, però, la
domanda mi sorge spontanea.
"E adesso, Nicola? Adesso cosa provi per me?" chiedo, incerta.
Lui mi guarda a lungo, sembra che i suoi occhi vogliano scavarmi a fondo.
"Ho imparato ad accettare la cosa, sono andato oltre" ammette, con fare sicuro.
Ricambio il suo sguardo e mi rendo conto che, nonostante nel suo tono
non ci sia traccia di incertezza, ho bisogno di essere chiara nei suoi
confronti. Forse mi sono arresa troppo presto, Nicola si merita che io
gli dia una seconda possibilità, ma devo essere sicura che lui
non fraintenda.
"Nicola..." pronuncio, muovendo un piccolo passo nella sua direzione,
"tu sai che io più di un'amicizia non posso darti. Se tu sei
sicuro di poterlo accettare, che questa situazione non ti potrebbe
creare nessun problema, mi sta bene, ma se dovessi rendermi conto che
tu non riesci a distinguere le due cose..."
Nicola mi interrompe prima che io possa finire; in uno slancio, annulla
tutta la distanza tra di noi. Ma mi rendo conto che, questa volta, io
non faccia niente per fermarlo. Così, quando lui prende le mie
mani tra le sue, non mi sottraggo al suo tocco.
Mi ritrovo, quindi, a scoprire che il contatto con la sua pelle sia
rassicurante e mi fosse mancato. Il cuore allora comincia a battermi
così forte per quella piccola emozione che sento farsi spazio
dentro di me all'idea di riaverlo qui.
Il mio amico non riesce a nascondere la felicità che il mio
velato perdono abbia scaturito in sé. Non può fare a meno
di sorridere, gli occhi che si velano di emozione.
"In questi mesi mi sei mancata tanto, Anita. Ho capito che la nostra
amicizia è più importante di qualsiasi cosa e io non
voglio perderti" ammette con il cuore in mano. Sarò ingenua, ma
voglio credere che le sue parole siano dette in buon fede, forse in un
momento dove sento i miei punti fermi abbandonarmi, ho bisogno di
aggrapparmi alla certezza che Nicola possa essere ancora mio amico.
"Giuro che questa volta non farò sciocchezze" aggiunge con tono di scuse, notando il mio silenzio.
Ma poi non so se siano le sue parole o l'espressione buffa con la quale
le ha pronunciate, sta di fatto che non riesca a trattenere le risate.
"Perché ridi?" domanda lui, confuso e un po' offeso. Pensa che
trovi il suo sfogo poco credibile ma, in realtà, ho la
sensazione che il mio sia solo un modo per smaltire la tensione
accumulata.
Così, stringo le sue mani più forte, ritornando seria.
"Nic, mi sei mancato" ammetto. "Ma non sparire mai più, hai capito?" gli faccio notare, puntandogli un dito contro.
Lui accenna un tiepido sorriso, rilassando le spalle, come liberatosi da un peso.
"Non accadrà, te lo prometto. Davvero Anita, mi sento
così fortunato che non ti farò mai pentire di avermi dato
una seconda possibilità" promette, sincero.
E, alla fine, nonostante mentre gli rispondo il mio sembri quasi un
avvertimento: "Me lo auguro", mi rendo conto che Nicola capiti al
momento giusto. Perché, forse, ora più che mai, ho
bisogno della sua presenza nella mia vita.
L'incontro con Nicola mi ha fatto dimenticare per un po' cosa fosse
successo. Ed è stato bello riscoprire quella complicità
che ci ha sempre legati, mentre abbiamo preso a parlare come se non ci
fossimo mai lasciati, aggiornandoci sugli eventi che hanno
caratterizzato le nostre vite in questi mesi, lontani. Ho scoperto sia
tornato in città da
qualche giorno, nonostante il suo fosse un desiderio coltivato da
tempo. Parlandone alle ragazze, sembra che però anche loro ne
fossero all'oscuro e mi è venuto da pensare che la prima persona
da cui lui si sia recato sia stata proprio io.
Nicola ha ammesso di avermi parlato della sua voglia di tornare
nell'ultima lettera che mi ha mandato, quella che però non ho
mai avuto il coraggio di leggere. Mentre lo ascoltavo raccontarmi di
quanto fosse felice di aver dato una svolta alla sua vita, non ho
potuto fare a meno di sentirmi orgogliosa di lui.
Così, quando se n'è andato, mi sono addormentata con il sorriso.
Al mattino, però, le mie ansie sono tornate, facendomi
rimpiombare nella triste realtà. Il pensiero che Lucia debba
lasciare l'ospedale si è insinuato nella mia mente, mettendomi a
dura prova. Ma mi sono detta che, dopo il desiderio che la mia
piccolina ha espresso, nascosta nel mio abbraccio, non me ne
starò con le mani in mano: farò qualcosa.
È per questo che, una volta pronta, mi sono recata dall'unica persona che potrà darmi una mano in questo.
Suono il campanello con impazienza: la mia curiosità rischia di
mangiarmi viva se non mi premurerò di saziarla al più
presto.
Sabrina si dimostra sorpresa di vedermi, d'altronde non le avevo
accennato della mia visita, ma sapevo a prescindere che fosse in casa:
dopo il distacco della placenta che ha subìto qualche settimana
fa, è stato disposto che stesse a riposo per tutto il corso
della sua gravidanza.
"Anita, ciao!" mi saluta.
"Sabrina, disturbo?" le domando, facendo dondolare i talloni sul posto.
Lei sorride dolcemente, facendomi cenno di entrare. "Ma scherzi? Anzi
sono felice tu sia qui, stare costretta in casa è una vera noia"
ammette, sbuffando.
Sopprimo un risolino, facendomi spazio nel suo appartamento e tenendo
per me, almeno per il momento, il vero motivo per cui sia qui.
"Ma tu stai bene, no?" mi premuro di chiederle, seguendola per il corridoio.
Lei rotea gli occhi al cielo, fingendosi infastidita dal mio sincerarmi
delle sue condizioni: "Certo che sto bene, non capisco perché vi
ostiniate a pensare il contrario"
"Ok, ok" le replico, accondiscendente. "Devi capirci, siamo solo preoccupati per te e Agnese"
Sabrina annuisce, ritrovando il sorriso. "Ma adesso siediti,preparo un
caffè. Va bene?" mi domanda. Io la guardo e un po' mi sento
egoista nel riferirle che la mia visita non sia dovuta al solo
desiderio di vederla.
Lei, però, si rende conto presto che il mio improvviso mutismo
nasconda un certo turbamento e mi dedica tutta la sua attenzione,
curiosa di saperne di più.
"Anita, devi dirmi qualcosa?" domanda sospettosa.
"Sì, Sabrina. Ho bisogno del tuo aiuto" le replico, speranzosa.
Lei accenna un sorriso, prendendo posto accanto a me sul divano.
"Dimmi, cosa posso fare per te?".
Annuisco, prendendo un respiro profondo prima di cominciare a parlare.
Il discorso è piuttosto lungo e, mentre inizio a raccontarle
tutto quello che è successo, Sabrina mi ascolta con interesse.
"Forse sono inopportuna, ma devo seriamente ammettere che la vostra sia
una storia da telenovelas" mi fa presente con un sorriso, divertita.
Roteo gli occhi, colpendola scherzosamente al braccio. "Ah ah, che simpatica..."
"Però, sai" aggiunge lei, facendosi pensierosa. "Questo dimostra
che avessi ragione nel credere quei due non fossero assolutamente una
copia. E ti dirò, sono felice di saperlo perché, questo,
rende le cose molto più semplici".
Scuoto il capo, rilasciando uno sbuffo. "Io penso che siano tutt'altro
che facili...siamo arrivati a un punto di non ritorno. Non so nemmeno
per quale motivo lui mi abbia mentito e ti giuro, se prima avessi
pensato di potergli dare la possibilità di spiegarsi, adesso
è sfumato tutto davanti ai miei occhi".
"Anita." Sabrina ha abbandonato qualsiasi inclinazione divertita,
prendendo a parlarmi con un tono estremamente serio. "Da come ne parli,
come te, anche Luca è estremamente legato a quella bambina e
credimi quando ti dico che sono sicura lui abbia mentito a riguardo
perché comprende benissimo cosa tu provi per lei. Penso che il
suo sia stato solo un'istinto di protezione nei tuoi confronti, forse
è vero non avrebbe dovuto nascondertelo, ma credo che, questa
volta, la sua sia stata una bugia a fin di bene" ammette.
Io l'ascolto e forse mi rendo conto che lei possa aver ragione. La
verità è che quando l'ho saputo, ero sorda a qualsiasi
tentativo di fermarmi, purtroppo dopo quello che mi ha fatto, non posso
fare a meno di essere prevenuta nei suoi confronti.
L'idea che Luca l'avesse fatto per tutelarmi in qualche modo non mi ha
lontanamente sfiorata ma, adesso, che lei mi pone davanti questa
possibilità, mi viene da pensare che, forse, nemmeno il mio
comportamento sia stato tanto corretto. Ho agito di impulso senza
dargli modo di spiegarmi, ma l'idea che Lucia se ne vada, mi fa uscire
di testa. Il pensiero che, tra meno di una settimana, lei possa
lasciare l'ospedale, senza che io riesca a fare qualcosa, mi spaventa.
Perché se dovesse andarsene, scemerebbe con lei anche
l'unica possibilità di poter trovare un accordo con Luca.
Senza lei, noi due perderemmo l'unico punto in comune e, forse, ora
più che mai, mi rendo conto che se ci fosse qualcosa da fare, lo
dovremmo fare insieme.
"Non voglio che Lucia se ne vada, Sabrina" le confesso. "Sarò
egoista se ti dico che non voglio lei abbia una famiglia diversa da
quella che vorrei darle, ma è proprio così".
Sabrina appoggia una mano sul mio braccio, stringendo delicatamente la
stoffa della mia maglia tra le sue dita. "Tu non sei egoista, Anita. Il
tuo sarebbe un gesto pieno d'amore, ma mi dispiace dirti che penso, in
questa situazione, tu possa far ben poco" replica lei, affranta.
"Cosa, cosa succederà, adesso?" domando poco convinta. Se da una
parte sono curiosa di sapere come si svilupperà la vicenda,
dall'altra ho paura di sentirmi dire qualcosa che mi sarà
difficile accettare. Conosco la prassi che seguirà in questi
casi, ma Sabrina è un avvocato e di cavilli di questo genere ne
sa più di me.
Riesco a notare una certa tensione insinuarsi sul suo viso; lei
è cosciente che qualsiasi cosa stia per dirmi, non mi
piacerà affatto.
"Prima dell'adozione legittimante, vera e propria, si avvia un periodo
di affido, dove gli assistenti sociali e gli organi competenti
verifcheranno che tra la coppia e la bambina ci sia una certa
affinità, che possano andare d'accordo. Di solito, questo
periodo dura un anno, poi entrambi le parti saranno ascoltate da un
giudice del Tribunale dei Minori che stabilirà ci possano essere
i requisiti per procedere all'adozione. Ma, mettiamo caso che, come
dici, quella coppia possa essere la sua nuova famiglia, Lucia cosa ne
pensa?".
Mi torturo un labbro con nervosismo; non riesco a smettere di pensare a cosa lei mi abbia detto, ieri.
"Sabrina, lei una famiglia l'ha già scelta. È con me che vuole stare".
Lei, allora, si lascia andare ad un respiro, sfregando le mani tra di
loro, in tensione. "Ora come ora, data la situazione, potresti ottenere
solo un affido temporaneo, purtroppo sono davvero rari i casi in cui
venga concessa l'adozione ai single e, vista la probabile vicina
adottabilità di Lucia, mi viene da pensare che ci sia ben poco
da fare" ammette tristemente.
Le parole di Sabrina si presentano più dure di quanto pensassi:
ero venuta qui speranzosa di poter ottenere un aiuto, ma sono costretta
a far fronte alla realtà dei fatti.
"A meno che tu non sia la sola a chiedere il suo affido; mi sembra di
aver capito che nei progetti di Lucia sia compreso anche Luca e ti
garantisco che, in quel caso, sarebbe tutto più semplice. La
bambina con voi due ha instaurato un rapporto di affetto e
complicità e questi aspetti sono fondamentali nella formazione
di una famiglia" aggiunge, speranzosa, illuminandosi come se avesse
avuto un colpo di genio.
Accontentare il volere di Lucia sarebbe la cosa migliore, eppure come
posso solo pensare di poterle garantire una famiglia, quando io e Luca
siamo così pieni di orgoglio e rancori?
"Sabrina..." pronuncio affranta "sai bene che, ora come ora, sarebbe una cosa impossibile".
"Anita penso che, in questo momento, mettere da parte ogni
dissapore tra di voi per il bene di Lucia, sia la cosa migliore".
Sabrina ha ragione, ma se così non fosse, sarò davvero costretta a lasciarla andare via?.
Poche ore dopo, mi reco al lavoro, ansiosa di poter rivedere Lucia e assicurarmi sia più tranquilla.
Però, mi rendo conto che, oggi, l'aria sia piuttosto tesa e non
posso fare a meno di notare come gli sguardi si puntino, curiosi, su di
me. Nonostante cerchi di ignorarle, riesco a percepire le risatine e i
sussurri ripetersi dietro di me.
Maria arriva, svelta, a farmi distogliere l'attenzione da queste pettegole.
"Anita" mi richiama.
Riesco a percepire subito che qualcosa non vada. "Che succede?" le domando con apprensione.
"Va da Lucia, ti prego" mi chiede, "credo che non abbia preso bene la notizia della sua uscita dall'ospedale."
Non aspetto che dica altro perché sto già raggiungendo la
sua stanza ma non posso che sorridere vittoriosa, quando sento
distintamente Maria richiamare all'ordine quelle malelingue.
"Beh? Non avete nient'altro da fare, filate a lavoro!".
Grazie di esistere, Maria.
Come mi aveva accennato, Lucia è contraria all'idea di
andare via e, appena fuori la sua stanza, mi rendo conto della
gravità della situazione.
Luca è al suo fianco e mi viene da pensare che sia toccato
proprio a lui il compito di comunicarle che dovrà lasciarle
l'ospedale.
Lucia è furiosa, riesco a scorgere benissimo il suo viso
contratto in un'espressione di tensione. È in piedi sul letto,
in un equilibro un po' precario, mentre prende a premere con le sue
mani piccole e tremanti sul petto di Luca.
"Tu sei cattivo, sei cattivo!" gli urla contro. "Vattene via, non ti
voglio vedere mai più" aggiunge cercando di spingerlo lontano.
Il suo viso diventa rosso per lo sforzo e delle piccole lacrime prendono a cadere sulle sue guance.
Luca rimane fermo al suo posto, per niente scalfito dagli schiaffi di Lucia.
Nonostante i suoi colpi non gli provochino alcun dolore, non si
può dire lo stesso delle sue parole. Luca non fa niente per
placare la sua ira, incassando le sue parole, ma riesco a notare quanto
lo ferisca sentirsi allontanare da Lucia.
Io li guardo e sento qualcosa dentro di me spezzarsi alla vista del
rifiuto della bambina; nonostante Luca non abbia avuto un comportamento
sempre corretto nei miei confronti, non si merita questo. Lucia
è però accecata dalla rabbia perché sono a
conoscenza di quanto affetto, invece, provi per Luca.
"Lucia" la richiamo con un tono fermo e terribilmente serio. Lei sembra
bloccarsi nel sentir pronunciare il suo nome e, incrociando il mio
sguardo, corre da me, balzando dal letto.
Luca cerca di prenderla, evitando che si faccia male, ma lei, scaltra,
gli scivola veloce dalle mani. Lo osservo stringere le mani in dei
pugni: non deve essere facile per lui sapere di non riuscire a gestire
e calmare la rabbia di Lucia.
"Anita!" strepita, correndo verso di me. "Diglielo anche tu, diglielo che io voglio stare con te".
Lucia si aggrappa alle mie gambe, stringedole in una morsa stretta.
Traballo al suo strano abbraccio, incrociando lo sguardo di Luca
dall'altra parte della stanza. Lui contrae la mascella in
un'espressione tesa e seria. Riesco a notare tutta l'impotenza che
questa situazione gli provochi.
Porto l'attenzione alla piccola, abbassandomi, per quanto lei me lo permetta, alla sua altezza.
Lucia incrocia il mio sguardo con gli occhi rossi di pianto e il labbro tremolante.
Appoggio le mie mani sulle sue spalle, stringendo lievemente la presa
su di esse. "Adesso basta, Lucia. Devi calmarti, non fa bene al tuo
cuore, ok?" le faccio notare.
Lei annuisce, facendo una smorfia con le labbra e portando una mano a strofinarsi l'occhio destro.
"Va bene" ammette. "Ma tu diglielo. Hai capito?" chiede, lasciando scemare piano la sua voce, fino a ridurla ad un sussurro.
Il mio sguardo alle sue parole incrocia quello di Luca, silenzioso e impassibile alla scena.
Lucia si stringe a me in uno slancio e mentre cerco di placare i suoi singhiozzi, i miei occhi rimangono fissi sul mio collega.
"Luca" il mio richiamo si riduce ad un sussurro.
"Devo andare" lui abbassa lo sguardo, sfuggendo al confronto e, nel
momento in cui ci sorpassa, andando via, mi viene da pensare a come
questa situazione si possa risolvere.
Non te ne andare, Luca, perché noi, io e Lucia, abbiamo bisogno di te.
ANGOLO AUTRICE:
Buonasera a tutti!
Questa volta torno a distanza di tre giorni, vi rendete conto?. Sto
scrivendo alla velocità della luce ahahaha pur di regalarvi un
bel capitolo da leggere. Ammetto che, questo, sia un pelino più
corto di quelli precedenti ma è necessario sia così.
Preparatevi perché potrebbero essere previsti grandi lacrimoni
per il prossimo. Se pensavate che l'ira di Lucia fosse finita qui, vi
sbagliate di grosso!
A proposito di ciò, come pensiate si possa evolvere il tutto?
Anita ha chiesto consiglio a Sabrina e, a quanto pare, sembra che non
ci sia speranza possa tenere con sé Lucia, a meno che lei non
sia sola... quindi, aspetto tanti vostri bei commenti a riguardo!!
Prima di lasciarvi, ci tenevo a ringraziare le dolcissime ragazze che
hanno recensito lo scorso capitolo e chiunque l'abbia inserita nelle
liste. La scorsa volta siete aumentati a vista d'occhio e non potrei
che esserne più che felice.
Il nuovo capitolo, poi, è già in fase di scrittura e mi
auguro di riuscire a postarlo in breve tempo, quiiiindi, a prestoo!
Un abbraccio, alla prossima <3