Memorie
Erano
passate le otto di sera e il rosso del tramonto aveva cominciato a ombreggiare
sul mare visto da un molo lunghissimo, benché privo di turisti. Conan cercava
gli ultimi indizi che lo avrebbero portato alla scoperta di un omicida seriale,
mentre Ai si era allontanata dalla scena del delitto per ammirare il panorama
rosso da vicino. Più vicino che poteva.
Casualmente
quel molo assomigliava ad un altro che la scienziata ricordava di aver
attraversato con sua sorella, una sera molto buia. Erano passati tre anni, ma,
nonostante tutto, sentiva ancora chiara la voce di Akemi. Quel giorno, dopo un’intera
giornata trascorsa insieme, sua sorella le fece una strana domanda: - Che cosa
faresti se io non ci fossi più? –
Shiho
si era soffermata ad osservare lo sguardo triste di sua sorella – Perché mi fai
questa domanda di punto in bianco? Se me lo stai chiedendo perché sei in
pericolo, dimmelo chiaramente. Se lo dici perché hai paura che possano farti
qualcosa, stai tranquilla. Sto pensando a cosa escogitare per farci uscire da
questa organizzazione e forse mi ci vorrà un po’ di tempo, ma di sicuro troverò
una soluzione. Non voglio che pensi a cose del genere. –
- Non
è per nessuna delle due ragioni che hai detto. Ad essere sincera, ci penso ogni
giorno e non hai risposto alla mia domanda. Ho bisogno che tu risponda. Sinceramente,
Shiho. –
Akemi
era stufa di vedere saltuariamente sua sorella e di sapere che la stavano
sfruttando per scopi malvagi solo a vantaggio di quegli uomini dalla veste
scura e dall’aspetto minaccioso. Non ne poteva più di sentire Shiho solo per
telefono e sapere che era impegnata a lavorare tutti i giorni poiché era un
prodigio da strumentalizzare a proprio piacimento. E questo andava avanti da
quando la sua sorellina aveva quattordici anni. Akemi si sentiva inutile ed era
solo un peso per Shiho. Avrebbe voluto fare di più. Avrebbe voluto che sua
sorella avesse avuto un’infanzia normale e un’adolescenza come tutti i suoi
coetanei. Aveva visto crescere Shiho prematuramente e non soltanto per il suo
genio, ma anche per le scelte che aveva dovuto affrontare. Non le sembrava
giusto essere felice e spensierata, mentre sua sorella correva pericoli o
mentre veniva tormentata psicologicamente da quella spietata organizzazione. Eppure,
Akemi sapeva bene di non avere né le risorse né il potere per aiutare Shiho, ma
si sentiva colpevole e ogni volta, soprattutto nelle giornate in cui era sola a
riflettere, ripensava al dolore immenso che aveva provato nel momento in cui
aveva perso sua sorella. Quando le era stata sottratta Shiho dalle sue braccia
e mandata lontano, all’estero, per studio. Non poteva essere felice se non lo
era anche Shiho. Perciò si domandava spesso come starebbe Shiho senza di lei,
se malauguratamente dovesse scomparire. Shiho reggerebbe il colpo? Si domandava
all’infinito Akemi. Voleva conoscere i sentimenti di sua sorella, quelli più
profondi, quelli che non si degnerebbe mai di pronunciare davanti a lei per non
farla soffrire, ma non sarebbe cambiato molto. Lei stava già soffrendo.
Una
macchina scura aspettava che la scienziata salisse in auto, quindi Shiho non
aveva molto tempo per indugiare troppo sulla risposta. Inoltre le sembrava
ingiusto lasciare la conversazione in sospeso e nessuna delle due aveva mai
lasciato volontariamente un discorso in sospeso.
La
rossa abbassò di poco lo sguardo – Mi ricordo perfettamente il giorno in cui
decisi di collaborare con l’organizzazione. Lo feci per te, per tenerti al sicuro.
Perché sei la mia unica famiglia che mi è rimasta e sei l’unica che mi ama,
perciò se tu non ci fossi non avrebbe senso per me questa vita. Mi impegno ogni
giorno per restare viva e per tenere in vita te, soprattutto, non ho altro a
cui pensare onestamente. La verità è che non posso risponderti. Non saprei che
dirti, forse, se succedesse, desidererei di sparire anch’io. –
Il
suono di un clacson molto deciso ridestò la mente della scienziata e solo
allora Akemi si accorse della vettura scura, coi fari spenti, alle sue spalle.
Le luci dei lampioni bastavano a mettere in luce l’auto.
-
Ti stanno aspettando, eh? Sempre puntuali, loro. – disse la sorella maggiore
sdrammatizzando un po’, con gli occhi lucidi e ben visibili da Shiho che non
aveva colto l’ironia in quel momento, poi strinse sua sorella in un forte
abbraccio, prima di lasciarla andare, accompagnato da poche parole – Scusa per
aver rovinato una delle poche volte che ci incontriamo, ma dovevo avere quella
risposta. –
Senza
voltarsi indietro neanche una volta, Akemi si rifugiò nella sua auto impedendo
alla scienziata di vedere il suo viso colmo di lacrime a causa del buio e
della lontananza che ormai le separava. Shiho sapeva bene che sua sorella stava
piangendo, perché era ciò che avrebbe fatto anche lei non appena fosse tornata
nel suo silenzioso e vuoto laboratorio.
Fu
una delle rarissime volte che Ai aveva visto Akemi così seria e distrutta da un
dolore che poteva provare solo lei, invisibile, ma percettibile nei suoi occhi.
Solitamente si mostrava allegra e non mancava mai di fare battute o raccontare
storie buffe. Per Shiho, sua sorella era la sua ispirazione, la sua famiglia, l’amore
puro e solo quando se n’era andata per sempre aveva visto il suo mondo crollare
improvvisamente, andare in pezzi. La sua bussola si era rotta e non sapeva dove
andare, ma nemmeno cosa fare poiché non aveva altre certezze a parte Akemi. Non
aveva più nessuno; specialmente quando la solitudine aveva cominciato a farle
paura e l’unico nome che ricordava era solo quello di uno sconosciuto: Shinichi
Kudo, la sua prima cavia umana. Forse era stata proprio sua sorella a darle la
forza di continuare a vivere, di trovare un’altra ragione per sopravvivere
ancora e l’aveva trovata: far tornare Shinichi Kudo adulto. Solo lei poteva
farlo, dopotutto.
Non
era passato un giorno in cui non pensasse a sua sorella, al fatto che avrebbe
potuto salvarla se fosse stata lì con lei al momento della sua morte e a
rimuginare sulle ultime parole che aveva sentito pronunciare da Akemi, prima di
non rivederla mai più, “Trovati un fidanzato”. Così frivole, ma così tipiche
della sua personalità che a volte, nel pensarci, le strappavano inconsciamente
un sorriso. Aveva avuto proprio un angelo come sorella. Il suo angelo personale
che ancora la vegliava da lassù.
Ai
era ancora ferma su quel molo e uno dei pochi frammenti di ricordo che aveva
della sua infanzia le passarono davanti come un film immortalato nel tempo e
ancora una volta c’era Akemi con lei bambina, sullo sfondo di un bellissimo
rossastro tramonto. Quella volta Shiho era triste perché non era riuscita a
fare amicizia con nessuno dei suoi compagni di classe. Non era compresa da
nessuno e veniva presa in giro per il suo aspetto e la sua intelligenza sopra
la norma. Akemi per consolarla aveva detto alcune parole che erano diventate,
per la scienziata, una sorta di pensiero ricorrente nei momenti in cui si
sentiva male, sola o triste: “Non importa se gli altri non ti accettano per ciò
che sei o ti insultano perché non capiscono quanto tu sia speciale. Fregatene, perché
c’è una persona che ti ama più di chiunque altro al mondo e sono io, la tua
sorellona! Capito? Anche se non dovesse esserci nessuno a capirti o ad amarti,
ci sarò sempre io, che ti voglio bene più di tutti.”
A quel
malinconico ricordo, Haibara sorrise e continuava a tenere quel sorriso tutte
le volte che si soffermava ad ammirare il tramonto che, anche se per pochi
minuti, riportava sempre in vita Akemi nel suo cuore a riscaldarlo teneramente.
Passò
qualche secondo in più. Ai voltò le
spalle a quel posto e momentaneamente a quei ricordi, senza allontanare un unico
pensiero dalla mente “Nessuno mi amerà mai come mi hai amato tu, nee-chan”.
NOTE FINALI: Mi scuso per l’atmosfera triste di
questa breve fanfiction, ma ci tenevo a scrivere un tributo sulle sorelle
Miyano. Spero di non essere stata troppo pesante o noiosa, in ogni caso, grazie
in anticipo a chi leggerà e chi commenterà questa OS. Alla prossima!
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