Salve
gente! Lo so che era un po’ di tempo che non tornavo con una traduzione e
questa è la primo che traduco nel fandom di Bones...
A
dire la verità l’avevo presa in mano qualche mese fa, ma l’ho finita solo
venerdì per poterla regalare a Little Fanny per il suo compleanno... spero
che le sia piaciuta e che piaccia anche a voi.
NB: la storia contiene
SPOILER per la quarta stagione, ancora inedita in Italia, in quanto è
stata scritta in seguito all’episodio 4x13 The fire in the ice,
quindi, se non volete sapere nulla, fermatevi qui.
A
tutti gli spoilerati, a quelli che seguono la serie in lingua originale e a
quelli che leggono lo stesso… BUONA LETTURA!
Nonna
Minerva
I GET NERVOUS
Tanti auguri, Sis!
La
dottoressa Temperance Brennan vide la testa del suo partner colpire il ghiaccio
con un colpo secco e un’ondata di panico le attanagliò lo stomaco. Rimase
pietrificata sul seggiolino di plastica. Quando si rese conto però che Booth
ancora non si muoveva, saltò subito in piedi.
In
un attimo Brennan era in pista, facendosi strada verso il suo compagno, mentre
il resto della squadra di hockey la fissava confusa.
“Uhm,
dottoressa Brennan?” intervenne Wendell esitante, comparendo pattinando al suo
fianco. “Non penso le sia permesso entrare qui.”
“Il
mio partner è privo di sensi, Wendell. Ha un’idea migliore?” sbottò Brennan
mentre si piegava al fianco di Booth. “Booth?” fece, tentando di svegliare il
compagno, ma senza risultati. Aveva preso una bella botta, evidentemente.
“Booth?
Andiamo, Booth!” Brennan riusciva a sentire il suo cuore battere all’impazzata
e avvertiva un peso depositarsi lentamente sullo stomaco. Razionalmente, era
consapevole che il peggior scenario possibile era una brutta commozione
cerebrale, ma che comunque sarebbe stato bene. La parte non tanto razionale di
lei, tuttavia, sembrava non riuscire a scrollarsi di dosso l’analogia che
l’attuale situazione aveva con quella terribile notte al Checkerbox.
Proprio
come quella notte, Brennan era china su di un Booth privo di sensi, pregandolo
di svegliarsi. Starà bene, non faceva che ripetersi. Ma per quanto provasse ad
essere razionale, non riusciva ad impedire al terrore di prendere il
sopravvento. Aveva perso Booth quella sera, e non aveva intenzione di perderlo
nuovamente.
“Booth,”
tentò nuovamente, per l’ennesima volta. Le sembrava che fosse rimasto privo di
sensi un sacco di tempo, ma in fondo in fondo sapeva che si era trattato solo
di pochi minuti. Vide che iniziava a muoversi, si stava riprendendo. Un’ondata
di sollievo la riscaldò tutta, sarebbe stato bene.
“Bones?”
chiese lui quando aprì gli occhi, fissandola confuso. “Cosa ci fai sul
ghiaccio?”
“Mi
spavento quando cadi e non ti rialzi,” spiegò lei con onestà, e se Booth fosse
riuscito a pensare con chiarezza, ne sarebbe rimasto colpito. Ma viste le
circostanze, si limitò a sorridere incerto mentre Wendell slittava verso di
loro per aiutare Brennan a farlo alzare.
“Non
si preoccupi,” fece Wendell all’agente. “Ho preso il sangue.”
“Ottimo
lavoro, Bones,” fece Booth al tirocinante.
“Co-?
Sono io Bones,” dichiarò Brennan mentre raggiungevano il bordo della
pista. L’agente Perrotta, che aveva assistito all’intera scena, aspettava il
trio al limite del campo.
“Credo
dovremmo accompagnarla all’ospedale, agente Booth. Posso farlo io. Sono certa
che la dottoressa Brennan debba lavorare sui campioni di sangue che Wendell ha
raccolto.”
Brennan
si sentì lievemente offesa nel sentir insinuare che un test del DNA fosse per
lei più importante della salute del suo partner.
“Non
serve che io vada all’ospedale. Sto bene,” comunicò Booth deciso.
“No,
Booth, probabilmente hai una commozione cerebrale. Dovresti davvero vedere un
dottore,” intervenne Brennan dalla sua posizione sotto al braccio di lui. I
loro sguardi si incrociarono per un momento, e persino l’agente Perrotta poteva
vedere che tra i due stavano portando avanti una privata conversazione che non
aveva bisogno di parole. Booth sospirò.
“D’accordo,
andrò,” cedette lui alla fine. “Credi di potermi dare un passaggio, Bones?”
“Naturalmente,”
rispose Brennan con un sorriso nel vedere l’espressione offesa che attraversò
il volto della Perrotta. Sapeva benissimo che Booth, nella sua confusione,
probabilmente aveva chiesto alla prima persona cui aveva pensato, ma non poteva
far a meno di fermare quel piccolo moto d’orgoglio che la colpì al pensiero
che, consapevole o meno, aveva rifiutato l’offerta d’aiuto della collega
dell’FBI. “Wendell, può dare i campioni a Cam quando arriva al laboratorio?”
“Sì,
dottoressa Brennan.”
“Grazie.
Andiamo, Booth.”
“Allora,
sembra che a quell’agente Perrotta sia piaciuto lavorare con noi,” commentò
Brennan rivolta a Booth mentre pattinavano lentamente sulla pista dopo la
chiusura del caso.
“Già,”
concordò lui, tenendo stretta la mano di lei nella sua. Per impedirle di
cadere. Si era ripetuto. Sì, come no.
“Tuttavia,
uhm,” continuò Brennan, “Tu sei l’unico agente dell’FBI con cui voglio
lavorare.”
Booth
le sorrise con dolcezza, chiedendosi per la millesima volta come avesse fatto a
trovarsi con una persona tanto meravigliosa nella sua vita. Era tremendamente
in gamba e lei nemmeno se ne accorgeva. Quel giorno, in modo particolare, Booth
realizzò quanto fosse fortunato ad avere Brennan. Sin dal momento in cui era
caduto durante la partita, si era fatta in quattro per prendersi cura di lui e
praticamente non lo aveva perso di vista un secondo. Sapeva che prendersi cura
di qualcuno non era veramente il suo forte, a maggior ragione era particolarmente
toccato dallo sforzo che lei aveva fatto per poterlo seguire. Ed ora eccoli lì,
soli sulla pista da ghiaccio, tenendosi per mano come fosse naturale. Avrebbe
potuto abituarcisi.
“Mi
dirai quello che ti ha detto Lucky Luciano?” chiese Brennan, mentre Booth
lasciava andare la sua mano e pattinava all’indietro di fronte a lei. Entrambi
sentirono immediatamente la mancanza del contatto.
“Non
è un cantante lirico italiano, Bones,” la corresse Booth con un sorrisino ebete
in viso. “Perché continui a pronunciarlo sbagliato? Lo stai facendo apposta?”
“Mi
piacerebbe sapere quello che ti ha detto,” mormorò Brennan con onestà, tornando
a pattinare al suo fianco, le loro mani che inconsciamente si cercavano. Booth
sapeva di potersi fidare di lei e oltretutto gli riusciva pressoché impossibile
dirle di no. Specialmente quando gli stringeva la mano in quel modo.
“Ha
detto che non sono come il mio vecchio. Ha detto che sono fatto di una pasta
migliore,” cedette alla fine Booth, evitando il suo sguardo. Era consapevole
del fatto che suonasse strano che un giocatore di hockey gli avesse dato un
consiglio mentre era privo di sensi.
“Beh,
non so il tuo vecchio, tuo padre,” commentò Temperance avvolgendo entrambe le
braccia attorno a quello di Booth – da quando cercava così spesso il
contatto fisico? - “Ma penso che tu sia fatto di una pasta molto, molto
buona.”
Il
cuore di Booth si riempì di gioia mentre si voltava per sorridere alla sua
partner. Si stupì di quanto fosse aperta quella sera, una cosa che per lei era
molto rara.
“Hey,
sai una cosa? Dimentica l’agente Perrotta,” le disse, pattinandole nuovamente
davanti, questa volta trascinandola con lui. “Non cambierà nulla tra noi.”
Si
spostò dietro a Brennan, le mani sui suoi fianchi. Era molto felice che
stessero pattinando, perché era sicuro che in qualsiasi altra occasione si
sarebbe preso una sberla per averla afferrata in quel modo. La spinse di fronte
a sé, iniziando a prendere velocità, mentre lei tentava di contraddirlo con la
scienza.
“L’entropia
è una forza naturale che allontana ogni cosa a livello subatomico. Tutto
cambia,” intervenne, animandosi.
“Non
tutto, Bones,” rise lui, spingendola ancora più forte. Lei urlò e Booth tornò
al suo fianco, in modo da stringerle ancora la mano.
“Mi
farai cadere!” gridò Brennan fra le risate mentre l’agente la faceva
volteggiare sul ghiaccio.
“Non
ti farò cadere. Sarò sempre qui.”
Bones
non era molto brava a leggere tra le righe, ma era praticamente certa che non
stessero più parlando di pattinaggio. Mentre rifletteva su questo pensiero,
Booth la fece roteare ancora una volta molto velocemente, ma lei non era
pronta. Perse l’equilibrio e capitolò sul ghiaccio, trascinando l’ignaro
partner con sé.
“Booth!
La tua testa!” esclamò lei dopo che furono caduti entrambi.
“Rilassati,
Bones. Non mi sono fatto niente, sto bene,” la rassicurò, mettendosi a sedere
di fianco a lei.
“Che
ne è stato della tua promessa di non farmi cadere?” fece lei, scherzosamente.
“Ehi,
sei stata tu a far cadere me!” protestò lui, ma dai suoi occhi si capiva che
non era serio.
“Hai
avuto una commozione
cerebrale,
Booth. Forse pattinare senza l’elmetto non è stata una buona idea,” commentò
ridendo, ma lui percepì un velo di apprensione nelle sue parole.
“Mi
dispiace di averti fatti preoccupare oggi, Bones,” si scusò, gli occhi scuri
fissi nell’azzurro dei suoi.
“Non
ero preoccupata,” dichiarò lei, distogliendo lo sguardo.
“Per
un attimo mi è sembrato proprio che lo fossi,” sussurrò lui sfiorandole il
mento con la mano facendole rialzare gli occhi. Lo fissò con aria di sfida per
un secondo prima di arrendersi.
“D’accordo,
forse un pochino lo ero, ma solo perché hai perso i sensi. Come ho detto
prima, mi spavento quando cadi e non ti rialzi.”
Booth
realizzò all’improvviso che Brennan stava ricordando la notte in cui gli
avevano sparato e si biasimò immediatamente per la sua pessima memoria.
“Mi
spiace, Bones. Ti prometto che sarò più attento.” Le assicurò con dolcezza, i
loro sguardi ancora fissi uno sull’altro e i volti decisamente vicini. Rimasero
così per qualche istante, prima che lui abbassasse gli occhi, consapevole che
non avrebbe resistito ancora a lungo all’impulso di baciarla.
“Forza,
alziamoci da qui,” la esortò, mettendosi in piedi e poi voltandosi per
aiutarla.
I
due vacillarono e finirono di nuovo lunghi distesi sul ghiaccio, questa volta
con Booth sopra di lei e la mano che istintivamente si era infilata sotto la
testa della donna per impedirle la botta.
“Tutto
ok?” le chiese, quando vide che dopo qualche secondo lei ancora non si era mossa
e teneva gli occhi chiusi. All’improvviso, Brennan scoppiò a ridere. Lui fece
altrettanto e per un po’ continuarono così a ridere spensieratamente, senza che
nessuno facesse nulla per cambiare la loro attuale posizione. Quando si calmò
un po’, Bones aprì gli occhi, incontrando quelli di lui, facendolo ammutolire,
stupito ancora una volta dalla bellezza di lei. Questa volta non riuscì a
trattenersi e lentamente annientò quella piccola distanza rimasta tra loro,
posando delicatamente le labbra su quelle di lei.
Bones
rispose immediatamente al bacio, tuttavia, quando si rese conto di quello che
stava facendo, si scostò subito.
“E
la linea, Booth?” mormorò, cercando il suo sguardo. Lui avrebbe potuto giurare
d’aver intravisto un lampo di paura attraversarle il volto per un attimo.
“Avevi detto...”
“Lo
so cosa ho detto, Bones, ma pensaci bene. Tu sei stata rapita e sepolta viva,
io sono saltato in aria e mi hanno sparato. Anche se non stiamo insieme, è
evidente per chiunque quanto siamo importanti l’una per l’altro; restando ai
lati di questa stupida linea non proteggiamo nessuno, ci stiamo solo punendo.
Dovesse succedere qualcosa a uno di noi, non voglio pentirmi di non averci mai
nemmeno provato,” spiegò Booth velocemente, rifiutandosi di ponderare le sue parole,
perché sapeva ce se l’avesse fatto, avrebbe perso il coraggio di confessarle ciò
che desiderava dirle da quella che gli sembrava un’eternità. Riusciva quasi a
sentire le rotelle girare a velocità vertiginosa nella brillante testolina
della sua partner e temette stesse cercando un modo per rifiutarlo gentilmente.
“Booth,
io... hai ragione.”
“Davvero?”
chiese incredulo. “Voglio dire, certo che ho ragione.”
“Saremmo
in pericolo in ogni caso, fa parte del nostro lavoro. Ma quando tu sei...
morto, l’unica cosa a cui riuscivo a pensare era tutto quello che avremmo
potuto essere. Nemmeno io voglio avere rimorsi,” concluse Brennan con gli occhi
lucidi.
“Bones,
mi dispiace così ta...”
“Non
ti scusare, Booth. Quello che è fatto è fatto, non è stata colpa tua.
L’importante è che tu sia qui, ora. Anche se mi stai schiacciando,” rise.
Booth
aveva dimenticato che erano ancora distesi sul ghiaccio, tutti aggrovigliati.
“Mi
perdoni,” scherzò, aiutandola ad alzarsi, con successo questa volta. Non appena
fu in piedi la prese tra le braccia e la baciò di nuovo.
“Potrei
decisamente abituarmi a tutto questo,” mormorò lui con dolcezza quando si
separarono, poggiando la fronte su quella di lei. Brennan annuì, perfettamente
d’accordo.
“Giusto
per prestar fede al ‘nulla cambierà fra di noi’,” lo rimproverò Bones.
Booth scoppiò a ridere.
“Non
so te, ma io penso che questo sia decisamente un cambiamento per il meglio.”
“Decisamente,”
concordò Brennan.
“Vuoi
andartene da qui?” chiese lui. “Potremmo fermarci al Diner. Ho proprio voglia
di una fetta di torta in questo momento,” suggerì con un significativo
movimento delle sopracciglia.
“Sta
tentando di sedurmi, Agente Booth?” domandò lei con uno scintillio negli occhi.
“Oh,
assolutamente,” confessò lui, baciandola ancora una volta prima di
accompagnarla fuori dalla pista.
Continuarono
a ridere mentre si avvicinavano al bordo. Oh sì, potevano decisamente abituarvisi.